Vasta eco, anche sulla stampa internazionale ha avuto la recente vicenda delle statue nude mimetizzate per l’arrivo del presidente iraniano a Roma. I commenti più benevoli di cittadini offesi nella propria identità culturale hanno evidenziato che una cosa è non mettere in imbarazzo un ospite, altra cosa l'inchinarsi in un contesto di sottomissione verso di lui. Soprattutto perché siamo a casa nostra... finora almeno.
La Bellezza servilmente oscurata e la cultura vergognosamente tradita hanno suscitato le seguenti riflessioni di Enrico Maria Radaelli che volentieri riprendo per condividere.
La Bellezza servilmente oscurata e la cultura vergognosamente tradita hanno suscitato le seguenti riflessioni di Enrico Maria Radaelli che volentieri riprendo per condividere.
Il gesto di nascondere i nudi – codardo nell’obbedienza italiota, prepotente nella richiesta iraniana – offende non solo la civiltà occidentale, intesa come greco-cristiana, che è già cosa abnorme, essendo la civiltà occidentale e i suoi valori fondata sul riconoscimento della dignità della persona umana espressa in tutta la sua bellezza anche sensibile, nella sua armonia, nella sua misura, nella sua grazia; ma offende, più ancora, il vertice altissimo da cui quei valori sono discesi: offende Dio, la Trinità, che nella Chiesa ha dato corpo allo strumento per infondere nei popoli quegli insegnamenti sbocciati nel lento fiorire, appunto, della nostra civiltà.
VENERE OSCURATA, TRINITÀ TRADITA
di Enrico Maria Radaelli
di Enrico Maria Radaelli
23-01-16. Scandalo internazionale. Leggo che per la visita del Presidente della Repubblica iraniano Hassan Rohani il 25 gennaio scorso tutte le statue greche e romane di nudi dei Musei Capitolini della Capitale sono state “oscurate”, cioè nascoste alla sua vista, ingolfandole in enormi scatoloni di legno gessati di bianco, alcune anche spostate in corridoi secondari, chiusa un’intera sala di affreschi del ’600. Le più famose: copia romana ispirata all’originale greco della Venere Cnidia, o Pudica, di Prassitele, la Venere Esquilina, la Leda col cigno, attribuita a Policleto, il Dioniso, o Bacco grande come il naturale, il Giovane genio con cornucopia, e altre.
Qui va fatta prima di tutto un’importante precisazione: ora che la tempesta si è acquietata per qualche tempo, squarciamo i cieli un attimo.
Infatti sono tre, e non solo due, come si potrebbe pensare, le grandi civiltà che si sono scontrate nel fragoroso cortocircuito dato dall’addensamento dell’incandescenza iconica: la Prima civiltà è naturalmente la civiltà della più chiara e felice iconofilia, che da sempre decisamente e puramente possiamo chiamare Civiltà iconofattrice, incardinata com’è, nel decreto divino che ab æterno ha elaborato quella che viene detta “economia della salvezza”, sull’Incarnazione del Verbum: è la civiltà greco-cristiana, è la civiltà che, stretta tutt’intorno alla Chiesa, si concluderà alla fine dei tempi. Da essa esce e si propaga la Bellezza come “splendore della Verità”. Essa infatti sa che i beati, dopo morte, vedranno Dio.
La Seconda civiltà, uscita dalla prima come un malsano oleastro dalle radici dell’olivo greco-cristiano, è una Civiltà aniconica, per non dire iconofobica: è la civiltà islamica, o coranica, che, negando l’Incarnazione, diffida delle immagini, anzi le disprezza. In essa la Bellezza viene nascosta, velata, non coltivata, al più asservita alla dottrina. Essa infatti insegna che anche post mortem nessun uomo vedrà mai Dio.
La Terza civiltà è infine la civiltà di matrice liberaloide e relativistica post-cartesiana, altro malsano oleastro uscito dal primigenio olivo, nella quale la rappresentazione, l’iconografia come tale, le è come scoppiata tra le mani ed essa non ne afferra più il senso, anche se ne va pazza: è la Civiltà iconoscettica, o ultraiconica, se non proprio iconoclasta, che non solo nega l’Incarnazione, ma la combatte fin da dentro la Chiesa, che è a dire inserendosi surrettiziamente nella prima delle tre civiltà, la Civiltà iconica. In essa la Bellezza, persa la Verità che la indicava, dipende dal sopravvento della Diversità. Nessuno poi vedrà mai Dio, perché “Dio non esiste”.
Come si vede, le tre civiltà, o culture, oggi in conflitto, si distinguono nei loro tre diversi atteggiamenti nei confronti dell’immagine per via dei loro tre diversi rapporti con Cristo, perché solo su Cristo, in quanto Verbo incarnato, fanno leva tutti gli atteggiamenti civili e culturali del mondo, come da Sacre Scritture (v. p. es. Ef 1,10 e Col 1,16-7).
Si noti poi che la centralità dell’Incarnazione del Verbum, o Logos, spiega anche dalla parte del pensiero, oltre che da quella estetica, in quali direzioni si inoltrano le direttrici culturali di queste tre civiltà se analizzate considerando il pensiero filosofico: la direttrice di un pensiero realistico nella Civiltà iconofattrice greco-cristiana, che dunque è anche Civiltà logica; quella di una dottrina sospettosa di ogni possibilità filosofica nella Civiltà aniconica islamica, che dunque è anche Civiltà alogica; quella infine di un pensiero scettico, relativista e antimetafisico nella Civiltà iconoclasta liberaloide post-cartesiana, che dunque è anche Civiltà illogica.
Non è la prima volta che l’Occidente si autocensura davanti al prevalere dell’Islam: l’Espresso del 28-01-16 denunciava l’oscuramento da parte di Facebook dell’Apollo sauroctono del Louvre, come pure della copertina del suo primo numero dell’anno, dove compariva un nudo femminile tipo Primavera botticelliana contrapposto a una donna avvolta in un nero velo islamico. Nell’ottobre del 2015, in occasione di una visita a Firenze dello sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, per non urtare la sensibilità sessuofobica dell’arabo i cerimoniali di Palazzo Chigi e di Palazzo Vecchio si premuravano di far ricoprire con paravento gigliato un nudo di Jeff Koons. Non stupisce che nelle cerimonie e nei pranzi ufficiali organizzati per il Presidente Rohani la delegazione italiana, sempre inchinandosi alle scelte cultural-religiose dei suoi Ospiti islamici, con sussiegoso spirito di immolazione optava per non portare in tavola vino alcuno.
Nel frattempo, l’eminentissimo oggetto di tanta inusitata deferenza, nella visita appena conclusa in Vaticano al Sommo Pontefice felicemente regnante, Papa Bergoglio, ecumenicamente dichiarava: « Chiesa, Sinagoga e Moschea devono stare l’una accanto all’altra, questa è la cultura della tolleranza che ci insegna il Corano ».
Durante « i cordiali colloqui – con altrettanto solerte spirito ecumenico si esprimeva infine il comunicato della Sala Stampa vaticana – si sono evidenziati i valori spirituali comuni ».
Valori comuni, si presume, ai due Stati retti dai due importanti capi religiosi, se non persino, possiamo a ragione temere si volesse intendere, valori comuni alle due religioni esattamente in quanto tali: al cristianesimo, cioè, e all’islam.
Proprio così: gli uomini preposti al cerimoniale della Presidenza del consiglio italiana accoglievano la richiesta della delegazione iraniana di “imbraghettare”, anzi proprio di nascondere temporaneamente alcuni tra gli esempi più venusti della nostra civiltà cristiana, che avevano la disgrazia di trovarsi sul percorso dell’Eccellentissimo: in altre parole, gli ultimi eredi della grande civiltà fondata sull’Incarnazione, che è a dire sulla libertà di rappresentazione solo da lì irradiata dell’immagine di Dio e contestualmente di chi, come l’uomo, è stato creato a sua « immagine e somiglianza » (Gn 1,26) – a immagine e somiglianza di Dio –, si affrettavano ad annientare davanti agli occhi dell’alto Ospite ideologicamente pudibondo (= ‘dominato da pudicizia affettata’, o ‘sessuofobia’) quei pregiati e rari gioielli elargiti dalla bontà provvidente di Dio che illustravano, con l’arte di grandi scultori elleni, gli esiti raggiunti in filosofia da altrettanto magni filosofi loro coevi e conterranei da cui avevano raccolto i dati, diciamo così, per dare precisamente quelle forme lì ai loro manufatti, e non altre, per il motivo che si vedrà fra poco.
“Ultimi eredi della civiltà cristiana”, dico, cioè di quella grande, unica e progrediente civiltà che, incardinata com’è precisamente sull’Incarnazione, è perciò incardinata sul riconoscimento della dignità specifica del corpo umano così come lo conosciamo quale sede perfetta in ogni sua parte dell’accoglienza fisica del Logos divino, che si umiliò nell’uomo passando appunto per la sua carne mortale, così da poterla recuperare, redimere, liberare “dall’interno”, fino a farla risorgere a una vita nuova, cioè diversa (v. Rm 6,4), oltre la morte, a una vita persino divina, a quella vita cioè cui proprio con quel corpo lì l’uomo era ab æterno predestinato.
Le statue delle Veneri, degli Apolli, delle Lede, dei Bacchi e di ogni altra figura umana idealizzata in dèi e dee, hanno direttamente a che fare con l’Incarnazione del Figlio di Dio, e così pure ne ha a che fare, ma per l’opposto, la nozione pudibonda coranica, che ne è una delle più decise negatrici.
Le Autorità Vaticane e Iraniane sostengono poter concordare che « Chiesa, Sinagoga e Moschea » possano « stare l’una accanto all’altra », come dicono, in una sinergia di « valori spirituali comuni »; ma i portatori di parte coranica di detti « valori spirituali » pretendono di proteggere gli occhi e la mente affettatamente pudichi del loro “principe” proprio nel preciso annientamento dei « valori spirituali » di parte cristiana.
Annientamento, perché non c’è un valore che sia uno, dei cristiani, che sia in comune con uno degli islamici.
E dico “valori spirituali cristiani”, e non solo, genericamente, “valori spirituali occidentali”, perché, come appena accennato, il nudo greco, l’arte greca tutta – poi la romana che ne dipende – è la manifestazione visiva e tattile degli esiti culturali e filosofici raggiunti da quei popoli, specie con Socrate, Platone e Aristotele, esiti chiamati poi dai Padri della Chiesa præambula fidei (preamboli della fede) come rileva anche san Tommaso (p. es. in S. Th., II-II, 2, 3-4): conoscenze razionali cui l’uomo giunge con gli strumenti della ragione e la cui identificazione permette e garantisce la ragionevolezza della fede.
Tra le più importanti di queste conoscenze razionali abbiamo la certezza della libertà personale (quindi la responsabilità del peccato), l’immortalità dell’anima, l’esistenza di Dio come creatore, legislatore e giudice, gli universali (cioè le nozioni astratte), l’idealità, i trascendentali (cioè quei concetti che hanno la stessa estensione dell’essere: l’ente, l’unità, l’altro, il bene, la verità, la bellezza) e altre cose così.
Gli artisti dell’Ellade raccolsero nella loro arte tutti questi concetti metafisici e altri simili, compiendo insieme due operazioni: se ne servirono e li manifestarono. Non esisterebbe l’arte argiva quale noi la conosciamo, fondata cioè sui rapporti aurei, e che per questo chiamiamo “classica”, se non fosse stata impanata e cotta nel forno della metafisica dei filosofi sopra visti, e fra poco ne vedremo il motivo.
Quando parliamo di fede, parliamo però solo della fede cristiana, cioè di quanto insegnato unicamente dalla Chiesa: i præambula fidei, infatti, in quanto ‘introduttori alla fede’ sono patrimonio esclusivo della Chiesa, non di altre nozioni religiose, che non sanno, non vogliono e non possono vedere in essi le basi che invece la Chiesa proprio in essi sa esaltare per dare ragionevolezza alla fede, perché negli articoli di fede delle altre nozioni religiose, p. es. nell’islamica, non si trovano i dati che si trovano nell’Incarnazione, p. es. la nozione di libertà umana, di dignità della persona, di amore di caritas, tanto per dirne tre L’Incarnazione, il Cristo, è il crinale, l’unico crinale, e sicuro crinale, che divide i valori buoni dai cattivi: di qua gli uni, di là gli altri.
Per cui non è affatto vero che « Chiesa, Sinagoga e Moschea » abbiano « valori spirituali comuni »: non ce n’hanno neanche uno, a partire dal valore “Dio”, reale e vero solo se si intende il Dio trinitario rivelato dal Cristo.
Il gesto di nascondere i nudi – codardo nell’obbedienza italiota, prepotente nella richiesta iraniana – offende non solo la civiltà occidentale, intesa come greco-cristiana, che è già cosa abnorme, essendo la civiltà occidentale e i suoi valori fondata sul riconoscimento della dignità della persona umana espressa in tutta la sua bellezza anche sensibile, nella sua armonia, nella sua misura, nella sua grazia; ma offende, più ancora, il vertice altissimo da cui quei valori sono discesi: offende Dio, la Trinità, che nella Chiesa ha dato corpo allo strumento per infondere nei popoli quegli insegnamenti sbocciati nel lento fiorire, appunto, della nostra civiltà.
Dalla Trinità, ho detto, perché se non ci fosse la Trinità non ci sarebbe la civiltà: non ci sarebbe il pensiero, il logos, e non ci sarebbe la sua manifestazione, l’immagine del logos.
Perché non ci sarebbero il pensiero e la sua manifestazione? Perché è solo il Dio trinitario che genera nel Figlio il Pensiero, il Logos, e la sua manifestazione, l’Imago, o Volto.
San Tommaso, in S. Th., I, 34, 2, ad 3, del Figlio di Dio elenca ben quattro “nomi”, le sue quattro divine qualità sostanziali: il nome prima di tutto, appunto, di Figlio, che assicura che la generazione del Verbo dalla somma realtà della Mente del Padre è una generazione di realtà da realtà (“Dio da Dio”, ente da ente); poi il nome di Pensiero, o Logos, o Verbum, che assicura che quella è una generazione intellettuale; poi il nome di Imago, Immagine, o Volto, che assicura che quella è una generazione in cui il Generato è della stessa natura del Generante, Copia perfetta dell’Originale; il nome infine di Luce, o Splendore, con cui come fiamma si irradia la visibilità intellettiva del Figlio al Padre e del Padre al Figlio.
L’Incarnazione non è solo il cardine ontologico su cui è fondato l’universo, creato da Dio in vista dell’esaltazione di suo Figlio Gesù Cristo; non è solo poi il cardine religioso che lega l’uomo a Dio; non è solo infine il cardine redentivo che salva chiunque e solo chi crede (o gli crederebbe se gli fosse annunciato nelle giuste condizioni) in Gesù Cristo come Figlio di Dio (v. Gv 3,18), ma è anche il cardine culturale che incivilisce i popoli e porta loro la ragione, la conoscenza, la bellezza, la verità, la bontà, la pace e l’unità.
L’Incarnazione porta Dio sulla terra (cosa che non avviene con alcun’altra nozione religiosa) e con ciò porta sulla terra le sue qualità, le qualità di Dio: p. es. la verità, garantita dall’essere Egli il Logos stesso (« Io sono la via, la verità, la vita », Gv 14,6); o la bellezza, o armonia, perché Egli è l’Imago, il Volto di Dio (« Chi vede me vede colui che mi ha mandato », Gv 12,45, o anche « Il Figlio è l’immagine del Dio invisibile », Col 1,15 e « Il quale [Gesù] è l’immagine di Dio », II Cor 4,4); o, ancora, la capitale virtù dell’obbedienza amorosa, detta anche ‘amore di caritas’, perché Egli è il Figlio (« Ogni cosa tua è mia e ogni cosa mia è tua », Gv, 17,10 e « Come tu, Padre, sei in me e io sono in te… », Gv, 17,21); o infine la conoscenza, per il quarto nome, posto che Egli è la « vera Luce che illumina ogni uomo » (Gv 1,9) e la « Luce del mondo » (Gv 8,12).
Da tutto questo capiamo che qui, in questi quattro nomi, sta la causa del legame strettissimo che stringe la filosofia greca, con tutti quei concetti realistici e fecondi, alla coeva sua arte: i nudi di Venere (la greca Afrodite), di Apollo, di Leda, di Dioniso eccetera, sono la trasposizione artistica – l’imago greca – di quel pensiero – il logos greco – che pone l’uomo nell’idealità perfetta che sa accomunare tutti gli uomini negli universali di uno stesso pensiero bello, armonico, pacifico, integro, chiaro, veridico e misurato.
Il logos filosofico di Socrate, Platone e Aristotele trapassa nell’imago artistica di Fidia, Prassitele e Policleto i concetti di veridicità, di integrità, di misura, di identità, di idealità, sicché si fa strada nell’altissima cultura artistica greca imperniata sulla proporzione aurea una speciale virtù, tra tutte, che la pone a sublime ancella alla metafisica della realtà da cui sgorga e che a sua volta le fa nascere dal più profondo del cuore il desiderio di esprimerla.
Quale virtù? La purissima virtù della schiettezza.
Negli agorà e nei sacelli dei templi achei sono alzati alla venerazione dei popoli i marmi di dèi e dee, di eroi e atleti nella loro più schietta e pura nudità perché il logos metafisico insegna a quei popoli, con la fisica e la filosofia della natura che essi più di ogni altro seppero prendere dal verso giusto, la realtà culturale e spirituale altissima in cui vivono e cui tendono: l’uguaglianza di tutti gli uomini nella comune idealità armonica, il bene della carne che ricopre il bene dell’intelletto, la distinzione tra il virile maschile e la venustà femminile, la somiglianza dell’uomo a Dio, e infine, integra e misurata, tra molti altri valori che si potrebbero ancora elencare, la somma libertà del puro intelletto che guarda il proprio corpo con sguardo sincero e schietto: sarà poi l’Incarnazione in Gesù Cristo e la sua Risurrezione a innalzare questi alti e realistici valori e portarli a completa antesi [fioritura - ndR] quale la aprirà Giotto nel Rinascimento del gran Fiore toscano.
E ora che sappiamo come sono nati, da quali vette filosofiche, e non solo da quali genialità di scalpello, quei veri e propri inni allo splendor humanitatis così sconsideratamente imbraghettati, cioè ideologicamente distrutti, sarà certo più chiaro il motivo per cui la Terza delle tre civiltà enumerate all’inizio stia vigliaccamente retrocedendo, dopo esser venuta a patti, relativista com’è, con la prepotenza della Seconda, in modo che a farne le spese, a essere annientata dal patto scellerato, sia ancora una volta la Prima, ossia l’unica vera.
Retrocede dunque, vile e vana, la Civiltà iconoscettica, o ultraiconica, la Civiltà liberaloide post-cartesiana, a motivo appunto della sua ideologia scettica e relativistica che le fa perdere in primo luogo la propria identità, poi l’identità dei valori che dovrebbe proteggere, poi dei valori che dovrebbe rigettare. Essa non riconosce nei nudi delle statue greche i valori che hanno, perché con essi dovrebbe riconoscere il valore “Dio” da cui quelli provengono.
Avanza così, possente e prepotente, la Civiltà aniconica, o iconofobica, con i suoi disvalori che qualche equivalenza con il relativismo della laicissima iconoscettica ce l’hanno, basta chiamarli pragmatismo, o arbitrarismo, o “dittatura del pensiero unico”, detto politically correct, ma dovrebbe esser detto piuttosto culturally correct, perché è la libertà culturale a essere violentata, in entrambi i sistemi, oleastri che da se stessi, a mille anni di distanza uno dall’altro, in due diversi modi ma con lo stesso fine si sono scrollati di dosso il Logos.
Stritolata tra la ritirata dell’una e l’avanzata dell’altra, le perdite sono tutte e solo della Civiltà iconofattrice, della Civiltà che ha scalpellato i candidi marmi a colpi di armonia, misura, idealità, libertà, umanità.
Sicché, richiudendo ora quel varco nei cieli che avevamo aperto per capire cosa davvero stava succedendo dietro quel pulviscolo di confusione che si era sollevato in Campidoglio il 25 gennaio, dovrebbe essere chiaro finalmente quanto stia retrocedendo l’Occidente davanti all’islam, e quanto la nostra civiltà stia abiurando a se stessa, quanto stia fuggendo.
L’Occidente ha paura. Fugge, l’Occidente. E queste paure e fughe l’Occidente ha perché ha abbandonato Dio, non ne vuole più sapere, vuole essere libero di metter su la propria civiltà etsi Deus non daretur, “Come se Dio non ci fosse”. Naturalmente, non è che Dio stia a guardare da lontano, o, peggio, sia girato dall’altra parte: Dio, la ss. Trinità, nella Persona precisamente del Figlio, Immagine, Verbo e Splendore della Civiltà iconica, logica e splendente di ogni gioia e pace, è presente quanto mai, vivo quanto mai, potente quanto mai: qui nel mondo quanto mai.
Non lo sentite? Non lo vedete? « Uomini di poca fede » (Mt 7,26): « Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto » (Lc 11,9-10). Toc-toc.
E. M. R.
A parte che dubito che a Dio interessino le statue greco romane nude, a parte che ci fu chi già in passato vestì i dipinti di Michelangelo nella cappella Sistina, il problema sta piuttosto, nella falsa pudicizia dei nostri governanti: si vergognano dei nudi delle statue poi, lasciano girare nudi quelli dei gay prade, permettono che le città siano ibrattate di manifesti volgari e pornografici, insozzano le scuole con insegnamenti contro la purezza. Avrebbero dovuto mettere un burqua integrale con occhiali neri, ai loro ospiti, perchè anche il sol girare per le strade offende la decenza.
RispondiEliminaGRAZIE, Professore, e GRAZiE, Mic
RispondiEliminaRr
RispondiEliminaE la moda indecente, le donne che vanno in giro per le citta' d'estate mostrando l'ombellico come niente fosse, e quello che si vede sulle spiagge? Si scoprono puritani solo per render omaggio al formalismo dei maomettani, qui persiani, pensando di garantire cosi' anche gli affari miliardari che si stanno trattando con loro? La mancanza di dignita' dei nostri dirigenti: tabe ereditaria di un ceto di governo che ha dietro di se' i secoli di servilismo dei piccoli Stati preunitari nei confronti degli stranieri. Bisogna riconoscere che Renzi, per quanto pessimo sul piano dei valori non negoziabili, sta cercando di non farsi mettere i piedi in testa da Bruxelles per quanto riguarda la questione dell'immigrazione (aprono procedure di infrazione solo cntro di noi quando dovrebbero farlo anche per altri paesi a cominciare dalla Germania, che ha centinaia di migliaia di non registrati in casa). Ma perche' poi chinare il capo di fronte agli iraniani? Non gli stavano bene i nudi artistici al seguace di Maometto? Si annullava la visita ai Musei Capitolini. A. R.
Sicuramente il Patriarca di tutte le Russie, a questo proposito, e a tanti altri propositi, farà a Francesco I e speriamo anche unico, una bella lavata di Capo!
RispondiEliminaRenzi che fa la voce grosa con Bruxelles? LOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLL!
RispondiEliminaDa scompisciarsi dal ridere.
Rr
Sciocchino il commento che accenna a un Dio che non può interessarsi ai nudi greci: leggesse filosofi come san Giustino martire, afferrerebbe meglio la previdenza di Dio nel seminare di praeambula fidei la strada dove poi passerà il suo Cristo.
RispondiEliminaLa Bellezza è un attributo di Dio. Di più: è consustanziale a Dio. Tomisticamente, la Bellezza è claritas, integritas, debita proportio. L'islamismo rifiuta la Bellezza, così come la rifiuta la modernità, per cui la Bellezza corrisponde con l'informe, l'osceno, il volgare, l'orrido, l'oscuro, l'in-significante. Nulla è più emblematico della "perdita di Dio" della perdita della Bellezza. Cercate la Bellezza, troverete Dio.
RispondiEliminaPlatone ed Aristotele affermavano che attributo primo dell'Essere è il Bene ed il Bbello, che per i Greci erano la stessa cosa, quindi "dio" non poteva che essere buono, bello e vero.
RispondiEliminaSe non ci fossero stati i "preambula fidei", non sarebbe stato possibile costruire la teologo già dalla metafisica. Forse anche il Vangelo di Giovanni sarebbe iniziato in modo diverso.
Rr
Platone ed Aristotele affermavano che attributo primo dell'Essere è il Bene ed il Bbello, che per i Greci erano la stessa cosa, quindi "dio" non poteva che essere buono, bello e vero.
RispondiEliminaSe non ci fossero stati i "preambula fidei", non sarebbe stato possibile costruire la teologo già dalla metafisica. Forse anche il Vangelo di Giovanni sarebbe iniziato in modo diverso.
Rr
Era per dire che non credo che la SS.Trinità sia offesa perchè si coprono delle statue, non penso che Dio venga scosso da questo, penso sia più offensivo verso la SS.Trinità l'impudicizia permessa, legalizzata, che invade strade, scuole, giornalai e ogni angolo in cui ci si gira. Era per sottolineare ancora di più l'assurdità del bigottismo liberale, dell'ipocrisia politica.
RispondiEliminaVabbè c'è anche da dire che S.Giustino martire se da importanza ai preambula fidei dice pure che lui per essere trovato cristiano combatte le dottrine di Platone, non perchè ritenga che siano diverse da quelle di Cristo, ma perchè non sono del tutto simili. Il Cristianesimo è l'unica filosofia completa e veritiera a cui affidarsi.L'atributo del Bello e del buono di Dio ci viene già dalla ricerca del bello delle opere classiche, ma non credo si possa definire le statue greco romane il vesillo della SS.Trinità, il cui oscuramento determina offesa a Dio. Il vero simbolo della bellezza cristiana credo sia nel Cristo inalzato sulla croce (che viene ultimamente sempre più coperto)e nella figura della Madonna. La perfezione, l'armonia, la proporzione, delle figure classiche è il preambolo, ma la vera belezza ora la conosciamo ed è questa quella che oggi viene più nascosta, anche dentro le chiese purtroppo, con lo sdegno di pochi.
RispondiEliminaAcutissimo come sempre l’occhio del professor Radaelli.L’Occidente fugge.Se fugge per paura, questo sarebbe già il segno che un generale scatto di coscienza è avvenuto. A me sembra che il cittadino di questo Occidente sia ormai paragonabile a quei protagonisti di un raccontino di Giovannino Guareschi del 1940. Un tizio sale su un taxi in una Milano triplamente oscurata e dalla notte e dall’oscuramento antiaereo e dalla nebbia che si può tagliare a coltellate. Il tizio si complimenta col tassista, è stupefatto nel vederlo guidar la macchina con tanta disinvoltura. A sua volta l’autista tempera i complimenti del cliente dicendo che la sua è solo ordinaria amministrazione; orientarsi in quelle tenebre è come essere una dattilografa che non guarda la sua macchina da scrivere : « noi conosciamo Milano come voi conoscete le vostre tasche ». Però alla fine della corsa, il tizio, poveraccio, viene scaricato nei paraggi di Porta Ticinese invece che a casa sua a Lambrate e s’accorge di non essere a casa solo quando tenta d’infilare la chiave nel portone. Questo per dire che l’uomo europeo è composto da cafoni sicuri di sè che vanno senza conoscere dove vanno e da creduloni che seguono i cafoni ; faciloni ciechi di superbia che guidano altri bonaccioni.Gente così non vede più né la realtà né l’inganno. Per venire alle statue: che delle statue siano visibili o invisibili, utili o inutili, belle o brutte, che importa a costoro? Quelle statue sono state velate da guide zelanti in ecumenismo e affari. Loro hanno ereditato quel patrimonio senza sforzo alcuno. Guide del genere, nel caos generale, condurrano bonaccioni e creduloni là dove non si sa e « dove non passa un tassì neppure a pagare la corsa una lira al centimetro ». Siamo a fine corsa? Se sì, ...alziamo il bavero(preghiamo)aspettando la luce del giorno.
RispondiElimina.L'atributo del Bello e del buono di Dio ci viene già dalla ricerca del bello delle opere classiche, ma non credo si possa definire le statue greco romane il vesillo della SS.Trinità, il cui oscuramento determina offesa a Dio
RispondiEliminaNon mi pare che dall'articolo si possa dedurre che le statue greche e romane siano il vessillo della SS. Trinità. Esse sono comunque portatrici di quella Bellezza che appartiene al Pulchrum Bonum Verum della filosofia greca inserito nei "preambula fidei" di Giustino. Punto