L'imam di Lugano Jelassi invita gli islamici ad andare in chiesa il 28 agosto.
Dopo il vile assassinio di un sacerdote cattolico in una chiesa vicino a Rouen, il 26 luglio scorso, il Consiglio francese del culto musulmano aveva invitato i responsabili delle moschee, gli imam e i musulmani a recarsi a messa domenica 31 luglio in segno di solidarietà e cordoglio. Un invito che venne seguito in vari Paesi europei, e non solo in Francia, e che in nome del dialogo e della fratellanza venne accolto positivamente da più parti, anche se non da tutti i fedeli cattolici, molti dei quali hanno imparato a essere diffidenti nei confronti dell’Islam e non vedono di buon occhio l’ ”usurpazione” dei loro luoghi di culto da parte di fedeli di una religione cristianofoba, in nome della quale negli ultimi decenni milioni di cristiani residenti in terre islamiche sono stati uccisi, perseguitati o costretti a emigrare. Mettetevi ad esempio nei panni dei cristiani d’Oriente che han trovato rifugio in Ticino: al loro posto cosa pensereste se in chiesa vi trovaste di fianco un barbuto islamista, rappresentante di quella religione d’odio e di violenza che ha perseguitato voi, la vostra famiglia e la vostra comunità, obbligandovi ad abbandonare il vostro Paese d’origine?
L’appello dell’imam Jelassi ai musulmani del Ticino
Appello dell'imam Jelassi, 23.8.2016 sul GdP, il quotidiano cattolico della Diocesi di Lugano |
Mi riferisco in particolare all’appello diffuso in questi giorni dall’imam della Lega dei musulmani in Ticino, Samir Radouan Jelassi, il quale ha invitato i musulmani residenti nel nostro Cantone a recarsi “liberamente e silenziosamente nelle chiese in cui si celebrano delle messe”, domenica 28 agosto, come segno del loro dolore per le stragi commesse da terroristi “che usurpano il nome dell’Islam” e come attestazione di vicinanza ai cristiani. Nel suo comunicato non si legge però alcuna autocritica sulle responsabilità dell’Islam, e dei suoi libri sacri, nell’infinita serie di atti terroristici di matrice islamica degli ultimi anni e nella persecuzione dei cristiani. Insomma, per Jelassi l’Islam è una religione di pace e chi uccide nel nome di Allah non c’entra nulla con l’Islam e ne usurpa il nome ...: ma questo imam l’ha mai letto il Corano e la storia di Maometto o ci prende tutti per fessi?
Da notare che Jelassi ha operato e opera in ambienti che sono vicinissimi ai Fratelli Musulmani, il pericoloso movimento islamista di recente dichiarato fuorilegge in Egitto, che predica il ritorno alle origini dell’Islam e l’instaurazione della sharia in tutto il mondo, che in Europa e altrove si dà da fare per evitare l’integrazione dei musulmani nella società occidentale (ad esempio predicando l’obbligo di portare il velo per le donne e favorendo il comunitarismo) e che è considerato il principale responsabile della diffusione del fondamentalismo islamico nel mondo. È quindi anche in quest’ottica che mi son chiesto quale doppio fine potesse celare l’appello di Jelassi.
A messa con il burqa? La legge lo permette...
L'imam Jelassi |
Una mossa per islamizzare le chiese cattoliche?
Qualcuno potrebbe pensare che il sottoscritto esageri con la diffidenza e con la cultura del sospetto nei confronti dell’Islam. E allora, per spiegare un altro possibile doppio scopo celato nell’invito di Jelassi, cedo la parola a uno dei maggiori esperti di islamologia a livello internazionale : Samir Khalil Samir, arabo, egiziano e gesuita (come Papa Francesco), docente di storia della cultura araba e di islamologia presso l’università di Beirut e presso il Pontificio istituto orientale di Roma, il quale nel novembre del 2006 aveva tenuto alla Facoltà di teologia di Lugano un corso sull’Islam della durata di tre giorni ( al quale avevo preso parte). Nel libro “Cento domande sull’Islam”, edito nel 2002, Padre Samir rispondeva a una raffica di domande postegli da due giornalisti. Interpellato sul dialogo fra cristiani e musulmani, egli, dopo aver espresso perplessità su un certo modo di dialogare che non porta ad alcun risultato perché per non offendere l’interlocutore mira a schivare le questioni più delicate anziché affrontarle di petto, ha aggiunto:
“Altrettanto equivoci, e spesso dannosi al fine di una reciproca chiarezza, si sono rivelati alcuni comportamenti pratici adottati negli anni scorsi, quasi sempre in buona fede ma con una forte dose di ingenuità o con scarsa coscienza di ciò che si andava facendo. In nome della solidarietà, della fratellanza o della “fede nell’unico Dio” sono stati concessi locali parrocchiali o addirittura spazi nelle chiese alle comunità musulmane per la preghiera, dimenticando che per i seguaci di Maometto questo può significare, più che un favore, una resa, una sorte di abdicazione alla propria fede e un implicito riconoscimento della superiorità dell’islam. Né va dimenticato che secondo il pensiero islamico un luogo reso sacro all’islam non si può più sconsacrare e viene considerato, anche se implicitamente e senza una formalizzazione di tipo giuridico, una sorte di proprietà islamica.”
Attenti dunque ai lupi travestiti da agnelli che intendono marcare ed espandere il loro territorio...
Giorgio Ghiringhelli
Occorre chiarire la differenza tra bontà e buonismo. Il secondo a parer mio è molto vicino a conformismo, ad ipocrisia. Da non dimenticare: chi tradì, baciò.
RispondiEliminaNon è nemmeno buonismo, è pura cretineria
RispondiEliminaBeh, se proprio dibbiamo trovare il termine giusto non è né buonismo né cretineria ma igniranza e dunque mancanza di fede o apostasia.
RispondiEliminae non è certo ignoranza innocente, ma cecità volontaria poichè si tratta di pastori mal-docenti del Gregge certo reso ignaro di Dottrina dopo 50 anni di disinformatja e Messe-banchetti NO, e quindi inerme di fronte allo tsunami di eresie, quella che non vuol conoscere nè inchinarsi alla Verità, che è una sola: Cristo Figlio di Dio nella SS.ma Trinità.
RispondiEliminaSono maturati così i nefasti frutti dei fraterni meetings di Assisi 1986-2002-2011, spuntati sull'albero "ecumenismo conciliarv2ista = cerchiamo ciò che ci unisce", quell'idea perniciosa già condannata da Pio XI.