Nulla è più importante nella vita di un cattolico della santa Eucaristia. Il Decreto del Concilio Vaticano II sulla vita e il ministero sacerdotale, ispirandosi ad un testo di S. Tommaso, dichiara: «nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create». Lo stesso testo continua così: «per questo l'Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, ricevendo l'eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel corpo di Cristo».
La santa Eucaristia è il mistero per eccellenza della fede. Mediante l'azione della Santa Messa, Cristo, assiso in gloria alla destra del Padre, discende sugli altari delle chiese e delle cappelle di tutto il mondo per rendere nuovamente presente il suo sacrificio sul Calvario, sacrificio unico con il quale l'uomo è salvato dal peccato e perviene alla vita in Cristo grazie all'effusione dello Spirito Santo. È mediante la santa Eucaristia che la vita quotidiana di un cattolico riceve simultaneamente ispirazione e forza.
Unito con tutto il cuore a Cristo nel sacrificio eucaristico, il cattolico fervente non è chiamato che ad essere una cosa sola con lui in ogni istante di ognuna delle sue giornate, portando la Croce e partecipando, così, all'opera incessante e senza prezzo del suo Amore puro e generoso per tutti gli uomini, oltre ogni frontiera. Ricevendo dal cuore Eucaristico di Gesù l'alimento celeste del suo Corpo, del suo Sangue, della sua Anima e della sua Divinità, riceviamo la forza per vivere in modo straordinario le circostanze ordinarie della vita quotidiana. È per questo che, al di là dell'obbligo grave di partecipare ogni domenica al Santo Sacrificio della Messa, i cattolici sono invitati a partecipare, se possibile, alla Santa Messa tutti i giorni.
PROFONDA RIVERENZA PER LA SANTA EUCARISTIA
A partire dal momento in cui si è compresa la realtà della santa Eucaristia – cioè che si tratta del Corpo, del Sangue, dell'Anima e della Divinità di Cristo donati all'uomo come pane celeste per sostenerlo spiritualmente nel suo pellegrinaggio terreno e come pegno del suo destino alle nozze celesti dell'Agnello (Ap XIX, 9) – si comincia anche a comprendere la profonda riverenza che occorre per trattare e ricevere la santa Eucaristia. Così, lungo i secoli, i fedeli hanno fatto la genuflessione arrivando davanti al Santissimo Sacramento e si sono inginocchiati in adorazione davanti alla Presenza Reale di Nostro Signore nella santa Eucaristia. Allo stesso modo, salvo circostanze straordinarie, solo il sacerdote o il diacono toccavano la santa Ostia o il calice del Preziosissimo Sangue. Uno dei ricordi più commoventi della mia infanzia è la grande delicatezza verso il Santissimo Sacramento che mi hanno insegnato i miei genitori, il nostro parroco e le suore delle nostre scuole cattoliche. Mi ricordo in particolare le indicazioni minuziose circa la riverenza dovuta alla Presenza Reale, che mi sono state date prima di essere ammesso ad aiutare il sacerdote come chierichetto.
I segni della Fede eucaristica si manifestavano allo stesso modo nella bellezza dell'architettura e degli arredi delle chiese e delle cappelle, nella qualità degli ornamenti, dei vasi sacri e della biancheria per il sacrificio eucaristico, e nella lingua e musica speciali - o, piuttosto, sacri - utilizzati nel Culto divino.
Col riservare attenzione al corpo e al Sangue di Cristo, la Chiesa si è sempre preoccupata di imitare in primo luogo l'esempio di Maria, sorella di Lazzaro, che ha unto Gesù con oli preziosi proprio prima della sua Passione e Morte. Quando Giuda, il traditore, contestò questo gesto di profonda venerazione e d'amore, trattandolo come uno spreco di risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per occuparsi dei poveri, Nostro Signore rispose che Maria aveva agito in modo giusto e nobile, testimoniando la riverenza per il suo Corpo, che Egli doveva sacrificare per la salvezza eterna del genere umano (Gv 12,1-8).
In questo senso, sono stato sempre molto ispirato dall'esempio di san Francesco d'Assisi, che ha praticato la massima austerità nella sua vita religiosa di consacrato, ma insistendo sempre perché si riservasse la massima cura ad onorare il Santissimo Sacramento, anche in modo sontuoso, e a non utilizzare che i materiali più preziosi per il culto eucaristico. San Francesco non ha esitato ad ammonire i sacerdoti (obbligati dal loro ufficio a rendere onore al Santissimo Sacramento) circa la loro mancanza di riguardo verso questa realtà, sacra fra tutte.
COME SI RICEVE IL CORPO DI CRISTO
Fra tutti i ricchi aspetti della Fede e della pratica eucaristiche, è certamente fondamentale il modo in cui i fedeli ricevono il Corpo di Cristo nella santa Comunione. Al momento della santa Comunione, il fedele, ben consapevole della sua indegnità e pentendosi di tutti i suoi peccati, si presenta davanti al Signore che, nel suo amore senza fine e senza misura, offre il suo Corpo come alimento celeste affinché noi lo riceviamo.
Mi ricordo bene, nella mia infanzia, la diligenza di cui davano prova i miei genitori, così come i sacerdoti e le suore della scuola cattolica, per preparare i bambini a ricevere per la prima volta la santa Comunione. Mi sovvengono anche i frequenti richiami alla riverenza e all'amore che dovevamo dimostrare ricevendo la santa Comunione e facendo il ringraziamento subito dopo la ricezione del sacramento.
All'epoca della mia prima comunione, il 13 maggio 1956, la santa Ostia si riceveva alla balaustra, sulla lingua e in ginocchio, con le mani ricoperte da una tovaglia. Questo modo di ricevere la santa Comunione mi ha sempre colpito come la più alta espressione dell'infanzia spirituale insegnata da Nostro Signore (Mt 18,1-4), e di cui santa Teresa di Lisieux è una delle figure più notevoli. Proprio in quel periodo della mia vita, mio padre era gravemente malato ed era costretto a letto in casa. Morì nel mese di luglio 1956. Ricordo la grande preparazione e l'attenzione che egli manifestava ogni volta che il sacerdote veniva a portargli la santa Comunione. Si preparava una piccola tavola di fianco al suo letto, con un crocifisso, dei ceri e una tovaglia speciale. Si accoglieva il sacerdote in silenzio alla porta con un cero acceso e, anche se mio padre non poteva alzarsi, tutti restavano in ginocchio durante la cerimonia.
Anni più tardi, nel maggio 1969, è stata autorizzata la pratica di ricevere la Comunione in mano, a discrezione delle Conferenze episcopali, in parallelo con la pratica plurisecolare di ricevere la Comunione direttamente sulla lingua. Uno degli argomenti avanzati per introdurre la seconda opzione era l'esistenza di un uso antico di ricevere la santa Comunione in mano. Nello stesso tempo, l'istruzione della Congregazione per il Culto Divino, che permetteva la pratica della ricezione della santa Comunione in mano, sottolineava il fatto che la tradizione plurisecolare di ricevere la Comunione sulla lingua doveva essere preservata a motivo del rispetto dei fedeli verso la santa Eucaristia che questa pratica esprime. In questo senso, è interessante notare che il Papa Paolo VI (durante il cui pontificato è stato dato il permesso di ricevere la santa Comunione in mano), nella sua lettera enciclica Mysterium Fidei sulla dottrina e il culto del Santissimo Sacramento, promulgata quattro anni prima della concessione del permesso, si riferisce a un costume antico dei monaci che vivevano in solitudine, nonché dei cristiani perseguitati, secondo il quale essi prendevano la santa Comunione con le loro proprie mani. Tuttavia, il Papa aggiunge subito che questo riferimento ad un uso di altri tempi non rimette in questione la disciplina che si è diffusa in seguito circa il modo di ricevere la santa Comunione.
La pratica tradizionale si comprende meglio alla luce dell'ermeneutica della riforma nella continuità, contrapposta all'ermeneutica della discontinuità e della rottura, di cui ha parlato il Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Natale 2005 alla Curia romana. Nell'ermeneutica della continuità, l'unica Chiesa «cresce nel tempo e (…) si sviluppa, rimanendo però sempre la stessa». Così, la pratica tradizionale di ricevere la santa Comunione manifesta una crescita ed uno sviluppo tanto della Fede eucaristica, quanto delle espressioni di riverenza verso il Santissimo Sacramento. Si potrebbe dire a proposito del modo tradizionale di comunicarsi ciò che il Papa Benedetto XVI diceva a proposito dell'Adorazione eucaristica nell'Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis: «l'Adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della Chiesa».
ABUSI LITURGICI CONTRO IL SANTISSIMO SACRAMENTO
Sfortunatamente, l'iniziativa di ristabilire l'uso antico sopraggiunse proprio in un momento in cui numerosi abusi liturgici avevano gravemente sminuito la riverenza e la devozione dovute al Santissimo Sacramento. Inoltre, il periodo conosceva una secolarizzazione e un relativismo crescenti, i cui effetti furono devastanti nella Chiesa. Per di più, la "restaurazione" di questa pratica fu incompleta, perché si limitò alla ricezione della Comunione in mano, senza però includere gli altri ricchissimi dettagli dell'uso antico. In esito a tutto ciò, la ricezione della santa Comunione è diventata l'occasione di negligenze - anzi, addirittura di vere e proprie irriverenze - e, in qualche caso particolarmente deplorevole, il Santissimo Sacramento ricevuto in mano non viene consumato, ma, al contrario, assoggettato a varie forme d'abuso, fino al caso estremo in cui qualcuno porta via il Corpo di Cristo per profanarlo più tardi nel corso di una "messa nera". Nella mia personale esperienza pastorale, i casi in cui la santa Ostia era stata lasciata in un libro di canti o in qualche altro posto, o anche portata a casa per la devozione privata - mi spiace doverlo segnalare - non sono stati rari. È ugualmente triste aver visto abbastanza spesso alcuni comunicanti strapparmi letteralmente l'Ostia dalle mani piuttosto che ricevere il Corpo di Cristo in modo conveniente.
MONS. ATHANASIUS SCHNEIDER
Mons. Athanasius Schneider, esemplare pastore d'anime, ha affrontato con amore coraggioso l'attuale situazione della ricezione della santa Comunione nel rito romano [vedi qui - qui]. Prendendo spunto dalla sua personale e ricca conoscenza della fede e della pratica eucaristiche nel periodo della persecuzione nel suo paese natale, è stato spinto a studiare in profondità l'antico uso di ricevere la santa Comunione in mano, così come il suo attuale ripristino. In modo chiaro ed accurato, Mons. Schneider spiega con che cura la pratica antica intendeva evitare tutto ciò che potesse suggerire l'auto-comunione, sottolineando l'aspetto infantile della Comunione; ed impedire che anche un solo frammento andasse perduto, e, così, fosse suscettibile di profanazione. Egli descrive anche brevemente le tappe dell'introduzione dell'uso attuale, che differisce in misura rilevante dalla vecchia pratica dell'antichità.
Mons. Schneider presenta poi, accuratamente, le conseguenze più gravi dell'attuale pratica di ricezione della Comunione in mano:
- la riduzione o la scomparsa di ogni gesto di riverenza e di adorazione;
- l'utilizzo, per ricevere la santa Comunione, di un gesto abitualmente adibito alla consumazione degli alimenti ordinari, dal che deriva una perdita di Fede nella Presenza Reale, soprattutto tra i bambini e i giovani;
- l'abbondante perdita di frammenti della santa Ostia e la loro conseguente profanazione, soprattutto quando nella distribuzione della santa Comunione manchi il piattello;
- un altro fenomeno che si diffonde sempre più: il furto delle Sacre Specie.
Prendendo in considerazione tutte queste conseguenze, Mons. Schneider dice a buon diritto che la giustizia – cioè il rispetto del diritto di Cristo di essere ricevuto nella santa Comunione con la riverenza e l'amore che Gli convengono, e di quello dei fedeli di ricevere la santa Comunione in un modo che esprima al meglio l'adorazione reverenziale – esige che la pratica attuale della ricezione della Comunione nel rito romano sia seriamente studiata in vista di una riforma il cui bisogno si fa pesantemente sentire.
IL DIRITTO DI CRISTO
Un aspetto del tutto preminente della trattazione di Mons. Schneider riguarda il diritto di Cristo, lo ius Christi. Ricordandoci l'umiltà totale dell'amore di Cristo che si dona a noi nella piccola Ostia, fragile per natura, Mons. Schneider richiama la nostra attenzione sul grave obbligo di proteggere ed adorare Nostro Signore. Infatti, nella santa Comunione, Egli, a motivo del Suo amore incessante e incommensurabile per l'uomo, si fa il più piccolo, il più debole, il più delicato fra noi. Gli occhi della Fede riconoscono la Presenza Reale nei frammenti, anche nei più piccoli, della santa Ostia, e ci conducono, così, all'Adorazione amorosa.
Non mi resta che ringraziare Mons. Athanasius Schneider per il suo minuzioso studio della questione della ricezione della santa Comunione, espressione preminente della fede eucaristica. Il suo studio è pieno del più profondo amore di Gesù Eucaristia, amore nel quale egli è stato formato in un'epoca in cui la Chiesa era sotto i colpi della persecuzione nel suo paese. Spero che il contenuto di questo volume ispiri nel lettore una Fede eucaristica sempre più profonda e più ardente. Spero anche che questo libro fornisca l'occasione di rinnovare il modo di ricezione della santa Comunione, disciplina che dispone il comunicante a riconoscere pienamente il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Cristo e, così, a ricevere Gesù Eucaristia con una riverenza ed un'adorazione amorose. È in questa ricezione reverenziale e amorosa di Nostro Signore nella santa Comunione che dobbiamo attingere la forza di trasformare e rinnovare le nostre vite personali e la società, con la forza del vangelo, come facevano i primi cristiani.
Possa la lettura approfondita del libro di Mons. Schneider portare i fedeli, al momento della santa Comunione, a riconoscere la Presenza Reale del Signore risuscitato e a far loro le parole di San Giovanni Evangelista a San Pietro, quando il Signore risuscitato apparve ai discepoli sulle rive del lago di Tiberiade nel corso della pesca miracolosa: «È il Signore!» (Gv 21,7).
Raymond Leo Burke, cardinale - Fonte
Domanda retorica: Ma con tutto quel che si è scritto di cattolico sulla Ss.ma Eucaristia prima del 1962, e in particolare dopo i documenti magisteriali del Concilio Tridentino, che bisogno c'è di citare il Vaticano II?
RispondiEliminaSi continua ad appigliarsi a qualche passo ortodosso del Vaticano II, legittimando con esso gli errori e le deviazioni che ha determinato e di cui è stato origine.
Non si vuol proprio capire?
Baronio,
RispondiEliminaci sono due generazioni cresciute a pane e concilio, che non è eliminabile. Inoltre, come hanno giustamente dichiarato mons. Schneider e anche mons. Gherardini, leggerlo in continuità è possibile; ma vanno prese tutte le parti commestibili e scartate quelle innovative ambigue o rivoluzionarie. E' quello che il card. Burke sta facendo.
Lo dimostrano anche le sue affermazioni che non ritengono vincolanti la Evangelii Gaudium, l'Amoris Laetitia e la Nostra Aetate, ad esempio.
Occorre partire da qui per iniziare a "ripareggiare" la verità. Compito la cui conclusione spetta solo ad un futuro papa.
Basta vedere le ultime nomine de Papà per capire come sarà il prossimo!
RispondiEliminahttp://www.maurizioblondet.it/miracolo-eucaristico-brasile-lassunta/#comments
RispondiElimina“Perché mi hai veduto tu hai creduto; beati quelli che credono pur senza avere visto”.
Burke si riferisce a CORPUS CHRISTI di Schneider o ad un altro libro? Don Pompei a suo tempo aveva caricato https://www.youtube.com/watch?v=8lKNvpu401Q che resta ancora bellissimo e attualissimo..
RispondiElimina@mic sono "spianato" sulla tua linea.
RispondiEliminaPurtroppo il grosso problema dei non-modernisti è che sono divisi in 50mila sfumature di tradizione. Non va bene. E' una specie di "celodurismo" bossiano che non porta da nessuna parte.
Matteo D