Riprendiamo questa Lettera, pubblicata su Libero di ieri, scritta da Antonio Socci alla figlia Caterina sul tema dell'eutanasia di cui molto si parla in questi giorni soprattutto da parte di chi sceglie la cultura della morte.
Cara Caterina, ieri hai voluto che sulla tua pagina Facebook - sotto la tua foto sorridente - fosse scritto: «La vita è sempre bellissima». E poi le parole del salmo 138: «Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio…».
So che sei addolorata per Fabiano, questo nostro fratello per cui preghiamo e di cui oggi tutti parlano. Pregare per lui è il modo per volergli ancora bene, ma nessuno invita a pregare perché pensano che sia tutto finito e che si tratti solo di invocare leggi che permettano in Italia ciò che fanno altrove. Repubblica titola: «L’addio di Dj Fabo, ora la legge». Ma c’è qualcuno che invece chiede leggi e interventi pubblici a favore di chi vuole vivere e guarire?
La Stampa titola: «Il suicidio di Fabo scuote l’Italia». Purtroppo la vita di tanti che lottano, come te, Caterina, per vivere e per guarire non scuote l’Italia. Eppure la tua grinta, la tua fede e il tuo coraggio sono una luce che illumina tutti quelli che ti conoscono. E quanti altri giovani come te abbiamo conosciuto durante questa nostra avventura.
Chi chiede leggi per sostenere la loro lotta? E chi difende i più piccoli e indifesi che non hanno voce? Chi aiuta, per esempio, una grande donna come Paola Bonzi del «Centro di aiuto alla vita» della Mangiagalli, che ha salvato più di 17mila bambini (e 17mila mamme) dall’aborto? Eppure nessuno è più debole e indifeso di un bambino nel grembo e della sua madre.
Nessuno racconta coloro che aiutano e salvano le vite. Nessuno parla dei tanti - medici o riabilitatori o volontari - che stanno lottando per strappare alla sofferenza, alla malattia o alla morte anche questi territori drammatici dell’esistenza. Noi ne conosciamo tanti e sappiamo che è proprio questo «non arrendersi» che per secoli ha fatto andare avanti la medicina. Altrimenti oggi si morirebbe ancora di morbillo. I media non parlano che di leggi sulla morte. Ma noi vorremo che tutti insieme gridassero: forza, dobbiamo mettercela tutta, cari medici e ricercatori. Con forza e intelligenza andiamo all’assalto della malattia. Strappiamo alla prigionia tanti giovani (o meno giovani) bloccati nel proprio corpo. Ce la possiamo fare. Ci sono già nel mondo nuovi percorsi di recupero molto interessanti e poco conosciuti. Noi impariamo da te, Caterina, dalla tua forza vittoriosa.
L’ALTRO FABIANO
Stamani la tua mamma ti ha letto un articolo dove si spiegava come sono nati gli ospedali: letteralmente inventati dai cristiani. È bene ricordarlo in queste ore in cui, sui giornali, i cristiani vengono rappresentati quasi come sadici che vogliono far soffrire le persone.
Fu un papa che si chiamava come Fabiano, già negli anni della persecuzione (attorno al 240), a istituire i primi servizi di accoglienza. E il primo Concilio che seguì l’Editto di Costantino (il Concilio di Nicea del 325) rese obbligatori per le chiese gli xenodochi, i primi ospedali dove si curavano tutti i malati. Da allora fu un fiorire di ospedali che per tutto il medioevo vennero costruiti come cattedrali. I malati non furono più abbandonati, come nell’antichità, ma ritenuti la carne stessa di Cristo. L’Annuarium statisticum Ecclesiae del 2014 riporta 116.060 strutture sanitarie cattoliche presenti oggi nel mondo. L’esempio di padre Pio dice tutto. Colui che ha vissuto per 50 anni crocifisso ha voluto costruire uno dei più grandi ospedali del meridione: la Casa sollievo della sofferenza.
DOLORE E PIETÀ
Proprio chi ha abbracciato la croce e ha esaltato il valore infinito della sofferenza umana è colui che più ha cercato di alleviare la sofferenza dei fratelli. Perché è dalla pietà e dalla compassione di Gesù, che guariva tutti, che i cristiani hanno imparato ad abbracciare e prendersi cura dei fratelli che soffrono. È dagli ospedali inventati dai cristiani (come le università) che è nata quella medicina che ha vinto tante malattie. È stato il cristianesimo il vero illuminismo. Ma oggi chi si unisce a noi cristiani nell’incitare ricercatori e medici a non arrendersi? Chi chiede leggi e fondi per combattere le malattie più invalidanti?
LA SCORCIATOIA
Una «legge per la morte» è una scorciatoia che fa risparmiare soldi…. Ma che tristezza. E poi questi media che parlano sempre di stupidaggini e - un quarto d’ora all’anno - si occupano della morte, ma solo in questi termini gelidi, per rivendicare dallo stato una legge per la morte. Nessuno mai che s’interroghi sul senso della vita e sul mistero del nostro destino eterno. Eppure è ciò che caratterizza la condizione umana. Lo testimonia tutta la letteratura e l’arte. Tutti desideriamo essere felici, ma senza dimenticare nulla, nemmeno la malattia e la morte. Abbiamo fame e sete di un significato, il desiderio di una felicità che sia per sempre. Ma c’è una terribile censura sulla grande promessa che ci è stata fatta nel Vangelo: «Il centuplo quaggiù e la vita eterna». Come se il Re dei Cieli non fosse mai venuto qui sulla terra. Come se non fosse morto e risorto per noi, vincendo così la morte. Come vedi, Caterina, nemmeno i preti e i vescovi ne parlano più. Il vescovo di Roma - che si tiene alla larga dalla difesa della vita - non parla nemmeno della vita eterna. Non ne parla mai. Parla delle questioni sociali come l’emigrazione, della acque reflue, dell’inquinamento, della spazzatura, di zanzare e vermi. Ma l’umanità è stata abbandonata da chi avrebbe dovuto annunciare la grande speranza, da chi avrebbe dovuto donare a tutti notizia di Gesù, la nostra gioia.
LA GRANDE FORZA
Io e tua madre siamo sempre commossi quando - a chi ti chiede se sei felice - tu rispondi decisa (col tuo linguaggio): «Sì!». E sappiamo perché rispondi così. Perché sei amatissima. Perché Gesù è qui. Con noi. E non ci abbandona mai. È la nostra forza e il nostro conforto. È Lui che ci sostiene in questa lotta. Ed è con Lui che saremo poi nell’eternità, insieme a tanti altri amici. Per la grande Festa.
La vita quaggiù è una preparazione alla vera Vita. Ma nessuno più lo sa. E la si butta via o la si spende male. Si trascorrono le giornate come fossimo sassi trascinati dalla corrente del fiume. E nessuno conosce persone diverse che vivono una vita appassionata, piena di significato e di gioia. Magari proprio cercando di alleviare le sofferenze dei fratelli. Anche qui ci sono testimonianze bellissime. Chi parla delle centinaia di suore e missionari che sono andati perfino a vivere nei lebbrosari (noi abbiamo amici così) e a prendersi cura dei più dimenticati nei lazzaretti del mondo? Non sono solo delle suore di Madre Teresa. Ce ne sono tanti altri.
LE SUORE DI BOLOGNA
O chi parla - per venire dalle nostre parti - della storia che abbiamo scoperto a Bologna qualche anno fa (nella Bologna del XX secolo) dove decine e decine di giovani suore, dopo la Prima Guerra mondiale, andarono volontariamente a prendersi cura dei malati di Tbc in un ospedale fuori città, contraendo loro stesse il virus e morendo in gran numero? Erano giovane ragazze. È una storia di cui nessuno sapeva niente e - anche oggi che ne abbiamo scritto - sembra non interessi a nessuno. I miti che oggi vengono celebrati stanno piuttosto a cantare sul palcoscenico o a correre sul campo di calcio. E nessuno racconta i volti di quelle giovani ragazze, la loro passione per la vita, cioè per Cristo, la loro compassione per i sofferenti. È la storia di un grande amore che illuminerebbe il nostro mondo. Farebbe capire la maestà della vita e il suo senso.
Ogni istante della nostra esistenza è prezioso. Ed è affacciato sull’eternità. Ci giochiamo quaggiù il nostro destino eterno: o una gioia senza fine o una sofferenza senza limite. O il Paradiso o l’Inferno. Gli ecclesiastici pavidi non hanno più il coraggio di dirlo, perché si vergognano di Cristo, ma - come dice il Vangelo - lo gridano le pietre delle nostre cattedrali che non a caso hanno spesso accanto a sé gli ospedali medievali (a Siena è così). Cosicché il dolore umano e la bellezza, abbracciate dalla carità e dalla liturgia, guardavano tutte al volto del Salvatore gridando: «Vieni a salvarci».
di Antonio Socci
"Papa Francesco ci vuole traghettare dalla religiosità alla fede", così ora dicono. Tant'è che questa frase mi è stata di stimolo per scrivere quanto segue:
RispondiEliminahttp://traditioliturgica.blogspot.it/2017/03/religione-o-fede-vero-o-falso-dilemma.html
Buona lettura.
Se la « presa di posizione » in favore de..... .....avremmo visto da parte loro una lotta decisa contro la.......
RispondiEliminaNon c’è stato assolutamente nulla di tutto questo.
Avremmo visto ......inviare decine di migliaia di....
Non c’è stato assolutamente nulla di tutto questo.
Avremmo ricevuto quotidianamente notizie sulla loro lotta contro la ........, sui
successi di questa lotta, sulla sospensione della ............
Non c’è stato assolutamente nulla di tutto questo.
Se a S.Pietroburgo ........non avremmo preso il potere .
Non c’è stato assolutamente nulla di tutto questo.
Dal discorso di Lenin
Purtroppo attorno ai sofferenti oggi ci sono più avvoltoi che persone oranti. Se uno si sente amato, non viene fatto sentire un peso per la sanità, trova dei sacerdoti pronti a parlargli del Paradiso e pregare per lui, amici e parenti che portano aiuto, preghiere e conforto, non desidera suicidarsi. Certo in una società atea, dove il senso del sacrificio è sparito, dove non c'è posto per dedicarsi ai più deboli, dove si parla sempre di deficit, dove si perde l'umanità per diventare solo dei consumatori o dei consumati, la malattia, diventa qualcosa di non tollerabile. Se solo i sacerdoti ricordassero quanto sia bello il Paradiso e tremendo l'Inferno e quanta dignità ha un'anima che soffre sul calvario con Gesù, perchè questa sofferenza non è mai inutile, se offerta, ma porta doni grandiosi per se e per gli altri. Invece gli avvoltoi vogliono toglierci l'ultima e forse l'unica occasione per guadagnare il Paradiso e non basta vogliono farci disperare, ma anche creare nuovi assassini tra i medici. Perchè nessuno dice in TV che quando uno Stato offre alle persone il suicidio assistito, impone ai medici di diventare assassini.
RispondiEliminaCi alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata...Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto. Giovanni Paolo II
RispondiEliminaNon c’è stato nulla di tutto questo. Almeno per questo i cristiani ( tutti ) si dovrebbero consorziare .
" Perché è dalla pietà e dalla compassione di Gesù, che guariva tutti, che i cristiani hanno imparato ad abbracciare e prendersi cura dei fratelli che soffrono. È dagli ospedali inventati dai cristiani (come le università) che è nata quella medicina che ha vinto tante malattie."
RispondiElimina"E' dalla pietà e compassione di Gesù", che è nata una medicina diversa da quella antica e diversa da quella a noi contemporanea, tesa alla conoscenza del meccanismo, per guarire, per conoscere, per appropriarsi del segreto della Vita. Nella medicina senza Gesù, è molto rara la vera compassione e molto frequente l'amore per il proprio lavoro ben fatto. Anche il diavolo cura, mi disse un'amica. Sì, anche il diavolo cura. Anche molto bene, nel meccanismo. Ma la vita, tra il prima e il dopo la malattia, rimane la stessa anzi c'è un indurimento del cuore e della mente, dove tutti medici, pazienti e parenti si sentono confermati come i vincitori. Gesù si è accostato e nessuno l'ha notato. Perdendo Gesù, perdiamo la nostra umanità, tanto decantata a parole e sconosciuta nei fatti. Perchè nei fatti rigettiamo il dolore, come inutile; perchè nei fatti disconosciamo l'amore, di cui tanto parliamo, come sacrificio, nostro ed altrui, il solo che dà corpo e forma all'amore stesso, rendendolo sacro. La Vita riposa in questa sacralità.Quando vediamo solo il meccanismo, inceppato, stacchiamo la spina. Coerentemente. La Vita, che permea il meccanismo, se ne va, portando con sé il suo mistero, manifesto, che non si è voluto vedere, né visto lo si è voluto accettare.
Segnalo:
RispondiElimina"AMORIS LAETITIA. FATE VOBIS ERA UN BUON VESCOVO, SI DICEVA. MA NON SI PARLAVA DI PAPI"
http://www.marcotosatti.com/2017/03/02/amoris-laetitia-fate-vobis-era-un-buon-vescovo-si-diceva-ma-non-si-parlava-di-papi/
Come dicevo più sotto, dalle mie parti, fatta eccezione di Mons. Huonder prossimo ala partenza, le "jeux sont faits", la lettura progressista è adottata , come dice il mio vescovo mons. Morerod: "più ci si avvicina ai casi particolari e meno i principi generali si applicano", la Parola del Signore declassata a principio generale.
RispondiElimina@ Sembra l'eccezione al principio generale ma è un principio generale di segno contrario
L'eccezione scandalosa autorizzata da Papa Francesco in AL, si presenta come eccezione del caso particolare nei confronti della norma generale. Ma è così? In genere si invoca l'equità nel caso particolare, quando occorra applicare in modo morbido la norma generale, che apparirebbe troppo dura, se seguita alla lettera. Ma qui, concedendo la possibilità della Comunione a chi vive scientemente in peccato mortale e non manifesta intenzione di pentirsi e mutar vita, cosa mai successa prima nella storia della Chiesa, il Papa fa del caso di vita particolare l'applicazione di un principio generale del tutto nuovo: ci è lecito fare la Comunione pur essendo e restando in peccato mortale!
Come ognun può vedere, questo principio è del tutto opposto a quello finora vigente, che è assolutamente proibito fare la Comunione in peccato mortale (peccato di sacrilegio). I due principi sono tra loro opposti ed inconciliabili. Quello introdotto da Papa Francesco rappresenta una accettazione del Male e del Vizio, un tradimento smaccato della fede, l'abominio che si è insediato in luogo alto, per usare le parole del Profeta.
La disapplicazione del "principio ortodosso" al caso particolare viene pertanto fatta in nome di un principio ad esso contrario, che rappresenta una vittoria del principio del Male all'interno della Chiesa, dentro i Sacramenti.
La frase del vescovo Morerod denota anche mancanza del senso del diritto: i principi non sono fatti per non applicarsi ai casi particolari. Esistono proprio per potersi applicare ad essi, mediantge un processo di individualizzazione che si attua con l'applicazione delle norme, delle leggi e consuetudini. La non-applicazione del principio generale può esistere solo come caso isolato, eccezionale, per ragioni di equità ( come eccezione che confermi la regola, come si suol dire, non che ne dimostri l'inapplicabilità).
Quando poi i "principi" vengono dalla Verità Rivelata, essi non consentono eccezioni: l'indissolubilità del matrimonio non è un principio negoziabile, nemmeno indirettamente. PP
Il 2 marzo 1956 muore a Roma il Professor Eugenio Pio Zolli, nato Israel. Dopo aver ricoperto la carica di Rabbino Capo di Roma, dal 1940 al 1943, per la meditazione delle Sacre Scritture e anche mosso dalla venerazione verso l’allora regnante Papa Pio XII, Vicario di quel Cristo che sempre più lo chiamava a sè, si convertì alla Fede Cattolica e il 13 febbraio 1945, ripudiando la perfidia giudaica, ricevette il santo Battesimo in santa Maria Maggiore per le mani di Mons. Luigi Traglia e fu incorporato al Corpo Mistico di Gesù Cristo.
RispondiElimina"Da allora fu un fiorire di ospedali che per tutto il medioevo vennero costruiti come cattedrali. I malati non furono più abbandonati, come nell’antichità, ma ritenuti la carne stessa di Cristo."
RispondiEliminaSocci fa sua una discutibile affermazione bergogliana attribuendone un'origine medievale?
http://www.asianews.it/notizie-it/Corte-suprema-indiana-nega-l%E2%80%99aborto-di-un-bambino-Down.-Medico-cattolico:-l'aborto-non-%C3%A8-mai-la-scelta-migliore-40085.html
RispondiEliminaMarius, devo capire che metti in dubbio che nel medioevo la creazione di ospedali è strettamente legata alla Chiesa cattolica?
RispondiEliminaLuisa, no di certo!
RispondiEliminaMi riferisco piuttosto al concetto del povero come carne di Cristo.
In questa fugace uscita di Socci il concetto non mi preoccupa. Era la sottolineatura data da Bergoglio, abbinata dal concomitante concetto di Cristo-peccato, che ha suscitato i nostri distinguo.
RispondiEliminaQuando i vescovi tuonavano contro l'eutanasia
RispondiEliminadi Clemens August Graf von Galen
«Anche in Westfalia vengono ora compilate liste di quei pazienti che in quanto 'connazionali improduttivi' devono essere rimossi e, in breve tempo, uccisi». È inimmaginabile quale imbarbarimento dei costumi porta con sé questa dottrina. Guai all'uomo e al nostro popolo tedesco se non si cambia strada. Così parlava ai suoi cristiani di Münster il vescovo von Galen.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-quando-i-vescovi-tuonavano-contro-l-eutanasia-19129.htm
@ I malati nell'antichità venivano abbandonati?
A quale antichità ci si riferisce? L'affermazione, fatta così, in assoluto, non è esatta. Grecia: "Fin dai tempi più antichi troviamo in Grecia la medicina esercitata come professione speciale...Ma poiché le malattie, e le malattie contagiose o epidemiche soprattutto che menavano strage nella città e nell'intero paese, erano considerate come punizioni e flagelli mandati dagli Dei, così agli Dei si chiedevano pure i suggerimenti e i rimedi per la guarigione. In tal modo l'ufficio del medico venne in parte a confondersi con quello del sacerdote e le cure furono fatte più col mezzo di preghiere, sacrifici e scongiuri che non con rimedi terapeutici. S'innalzarono templi agli Dei salutari, principalmente ad Asclepio divinizzato. Presso il tempio sorsero edifici appositi per accogliervi e curarvi gli ammalati, detti Asclepiei, specie di case di cura. Quivi le pratiche igieniche e terapeutiche si intrecciavano con le superstizioni religiose...[C'era la prassi del 'sonno ipnotico'procurato all'ammalato, i cui sogni venivano poi interpretati dai sacerdoti, in modo da suggerire la cura adatta per guarire, cura consistente per lo piu' in purgativi, salassi, fregagioni e bagni]" (Vigilio Inama, Antichità greche, pubbliche, sacre e private, Cisalpino-Goliardica, 1976, rist. anast. ediz. Hoepli del 1924, pp. 231-233).
Nella più arretrata società romana dei primi secoli sembra si seguisse un sistema simile, anche se più rozzo.
Tutto ciò non è paragonabile alle istituzioni create in questo campo dalla Chiesa, a partire dal Medioevo. Però che i malati venissero nell'antichità "abbandonati" non lo si può dire.
Nel IV secolo fu istituito a Roma un medico pubblico col titolo di archiatra, che aveva l'obbligo di curar tutti e i poveri gratuitamente. Tale medico esisteva già da tempo nelle provincie orientali dell'impero (U. E. Paoli, Vita romana. Usi, costumi, istituzioni, tradizioni, 1962, Oscar Mond., 1990, p. 184). Dal III a. C. cominciò a penetrare in Roma l'inflenza positiva della medicina greca. Annota il Paoli: "..un carattere della Roma repubblicana [era quello di] organizzarsi in modo da bastare a tutto con i mezzi propri. Nelle case dei signori vi erano schiavi medici e schiave medichesse [per curare le donne]. Vi erano inoltre i medici addetti alle cure degli schiavi e, dove gli schiavi erano numerosi come di solito nella villa rustica, vi era l'ospedale degli schiavi, il valetudinarium"(ivi, pp. 189-90). Historicus
Completo quanto scritto da Historicus, ricordando l' Asclepion di Epidauro, un vero e proprio "health resort" con tutte le migliori conoscenze e tecniche medico-saniarie di allora.
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