Avevo letto su Vatican Insider una "Lettera aperta ai quattro cardinali dei 'Dubia'", scritta dal Sig. Stephen Walford che chiede ai Cardinali di rivedere le loro posizioni per non alimentare il fuoco del dissenso.
Stavo imbastendo una replica alle sofistiche ragioni addotte e ora mi imbatto in questo testo di un autore, che chiede di conservare l'anonimato, pubblicato da Sandro Magister su Settimo cielo. Lo riprendo di seguito. Dovrò darmi il tempo di leggere con più attenzione questa interessante replica e penso che troveremo modo, anche nella discussione e nel confronto reciproco, di formulare una nuova sintesi. Intanto ho aggiunto una nota che ci voleva.
Qui potete consultare l'indice di tutti gli articoli sulla questione. (M.G.)
SE FOSSE COSÌ SEMPLICE RISOLVERE I 'DUBIA',
PERCHÉ IL PAPA NON RISPONDE?
di ***
È stata pubblicata il 27 giugno 2017 su Vatican Insider, alla vigilia del concistoro, una "Lettera aperta ai quattro cardinali dei 'Dubia'", scritta dal Sig. Stephen Walford. In questa lettera si chiede ai Cardinali di rivedere le loro posizioni e di non alimentare il fuoco del dissenso.
Le motivazioni addotte sono di due ordini, che potremmo chiamare materiale e formale:
- Gli argomenti di ordine materiale iniziano dalla presunta "difficoltà" – rinfacciata ai Cardinali – "ad accettare i due autentici interventi di Papa Francesco nei quali afferma che, in alcuni casi, la disciplina dei sacramenti è stata cambiata" e si sviluppano poi in una lunga serie di considerazioni, anche in forma di domanda, tendenti a dimostrare che in nessuna parte di "Amoris laetitia" il Papa avrebbe cambiato qualcuno degli "insegnamenti oggetto degli ultimi quattro 'dubia'".
- Gli argomenti di ordine formale richiamano alcune affermazioni del Magistero circa il primato petrino e giungono alla conclusione che "Papa Francesco – essendo il beneficiario del carisma dello Spirito Santo che lo assiste anche nel magistero ordinario (come ha insegnato San Giovanni Paolo II) – ha legittimamente reso possibile il ricevimento della Santa Comunione da parte dei divorziati risposati i cui casi sono stati attentamente considerati".
Provo a rispondere a queste argomentazioni, partendo dalla seconda serie, in quanto logicamente decisiva: infatti, se tutti gli atti di Magistero fossero sempre chiari e perfetti e godessero – per il solo fatto di essere pronunciati dal Pontefice – della infallibilità (senza considerare, ad esempio, il tenore del documento, le circostanze in cui il pronunciamento è svolto, il fatto che un insegnamento sia relativamente nuovo o reiterato, etc. etc.), ovvero se ogni "flatus vocis" del Romano Pontefice dovesse essere considerato dogma e richiedesse sempre e comunque l'assenso interno dei fedeli, la questione sarebbe chiusa in partenza.
In realtà il Magistero della Chiesa costituisce certamente un unico corpo (contenente ciò che la Chiesa ci propone a credere), di cui tuttavia non tutte le affermazioni hanno lo stesso valore; in altre parole, non tutti i pronunciamenti – sebbene autenticamente proposti – richiedono il medesimo grado di assenso. I "dubia" dei Cardinali servono anche a chiarire che valore possano avere una risposta nel corso di un'intervista su un aereo e una lettera privata ad alcuni Vescovi (indicati dal SIg. Walford quasi come interpretazioni definitive), entrambe non pubblicate sugli "Acta Apostolicae Sedis". Certamente tutte e due sono pronunciamenti del Papa, ma, come afferma "Lumen Gentium" 25, il grado di adesione si deve dedurre "dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi":
Chiediamoci, a mo' di esempio: "Le interviste papali in aereo e le lettere private di un Pontefice esigono – di per sé – lo stesso grado di assenso dell'insegnamento sulla contraccezione proposto da documenti quali 'Casti Connubii', 'Humanae Vitae', 'Familiaris Consortio' etc. oppure si possono nutrire delle perplessità nei confronti delle suddette interviste o lettere"? La risposta ci vien data dal Magistero stesso, a cominciare dall'istruzione "Donum Veritatis" del 1990 "sulla vocazione ecclesaiele del teologo", peraltro citata anche dal Sig. Walford:
Sempre nell'ambito di questo genere di obiezioni, il Sig. Walford si premura di affermare che non è possibile una "correzione formale" del Papa in materia di fede; egli afferma che "In termini di azioni personali come la correzione di San Paolo verso San Pietro, il cui comportamento, secondo San Paolo, era contrario a quello di un Papa, oppure alla peccaminosità dei Papi medievali, allora sì, è possibile una correzione, ma in relazione a questioni di fede o di morale insegnata come parte del magistero non è possibile".
Questa affermazione vien confutata dalla storia della Chiesa, che ci offre il caso di due Papi, il primo condannato, il secondo corretto, per motivi esclusivamente dottrinali.
Il primo Papa pluricondannato fu Onorio I († 638), irreprensibile nella sua vita privata, ma oggettivamente responsabile di aver favorito l’eresia monotelita. Non entriamo nel merito della questione se oggi si possa considerare formalmente eretico o meno; certamente fu scomunicato (post mortem) e ricevette quattro condanne: la prima da parte del Concilio Costantinopolitano III (680–681), la seconda da Papa Leone II (683), la terza dal Concilio di Nicea II (787), la quarta dal Concilio Costantinopolitano IV (869–870).
Il secondo Papa, che errò in alcuni dei suoi atti di magistero ordinario, fu Giovanni XXII (1249-1334. Egli venne ammonito dal nipote, il Card. Bertrand du Pouget (1280–1352), e così poté ritrattare, poco prima di morire, alcune affermazioni che oggi sarebbero considerate eretiche: Giovanni XXII aveva infatti sostenuto, in tre omelie pronunciate ad Avignone tra il 1 novembre 1331 e il 5 gennaio 1332, che le anime dei giusti non sarebbero ammesse alla visione beatifica subito dopo la morte o dopo aver terminato il Purgatorio, ma solo dopo la Resurrezione e il Giudizio universale. Anche in questo caso il motivo della correzione fu esclusivamente dottrinale.
Dobbiamo anche dire che il motivo per cui Pietro meritò l'ammonizione da parte di San Paolo, non fu solo "in termini di azione personale"; si trattò di un vero scandalo in materia di fede, in quanto il comportamento del primo Papa – sebbene egli stesso avesse le idee ben chiare (infatti si comportava da ipocrita; cf. Gal 2, 13) – non era secondo la verità del Vangelo (Gal 2, 14): avrebbe potuto indurre a credere che alcuni precetti della legge mosaica detenessero ancora una qualche forza obbligante, e che i pagani dovessero vivere alla maniera dei Giudei.
In ogni caso, i quattro Cardinali non hanno minimamente accennato, né nei "dubia", né nella ultima lettera e richiesta di udienza, ad una possibile correzione; essa è, almeno per ora, più una preoccupazione di una certa frangia di ultra-allineati, che dei Cardinali stessi. [Qui è opportuno chiarir meglio: vedi nota 1 -ndR]
È evidente che questi ultimi non hanno certo piacere di andare verso una qualsiasi forma di scontro, ma cercano piuttosto, in tutti i modi, di parlare col Papa, per risolvere nella carità tutta la questione.
*
E ora prendiamo in esame gli argomenti del Sig. Walford, secondo i quali le preoccupazioni e i "dubia" dei Cardinali sarebbero infondati. Per far questo, mi limito a rispondere ad una serie di domande che l'autore della lettera pone ai cardinali stessi, verso la fine del suo testo.
D. 1 – "Era scandaloso il fatto che Dio usasse una prostituta pagana impenitente, Rahab, per aiutare 'la storia della salvezza'?".
R. – L'aiuto di Rahab a "la storia della salvezza" non è dovuto al fatto che fosse prostituta. Da questo fatto si può dedurre invece che anche le prostitute (per di più infedeli) possono fare opere buone, con l'aiuto della grazia attuale; ma ciò non implica che Rahab, pur avendo collaborato alla storia della salvezza, avesse avuto in quel momento la grazia santificante (condizione oggi imprescindibile per potere accostarsi all'Eucarestia).
D. 2 – "Era scandaloso il fatto che Gesù rimanesse in attesa di una donna adultera presso il pozzo di Giacobbe e che le concedesse immediatamente la grazia dell’evangelizzazione? Era scandaloso il fatto che non le dicesse di lasciare l’uomo con cui stava o di vivere come fratello e sorella?".
R. – Il fatto riportato indica che chi è in stato di peccato può parlar bene di Gesù Cristo, e che non è richiesto essere in stato di grazia per farlo; al contrario è insegnamento costante della Chiesa che bisogna essere in stato di grazia per poter fare la Santa Comunione. Così insegnava San Giovanni Paolo II: "Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, 'si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale' (Ecclesia de Eucharistia 36)".
D. 3 – "Era scandaloso il fatto che Gesù avesse inserito un nuovo canone nella legge di Mosè per salvare una donna adultera dalla sentenza che meritava? In questo caso, lo spirito della legge ha superato quello della legge scritta per portarla alla salvezza?".
R. – Lo spirito della legge ha perfezionato l'antica legge scritta, per portare alla salvezza quella donna, non semplicemente sottraendola alla lapidazione, ma liberandola anche dalla morte eterna.
Per questo Gesù non si è limitato a rimandarla libera, ma le ha anche detto di "non peccare più"; e così le ha garantito che non sarebbe più stata in condizione di non poter far altro che peccare.
La nuova legge dello Spirito infatti fa compiere tutti gli atti salutari, nonostante la debolezza dell'uomo dopo il peccato originale. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, al § 1972, "la Legge nuova è chiamata […] legge di grazia, perché, per mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire", quindi anche quella di non peccare più e di non commettere adulterio.
D. 4 – "Che cosa otteniamo spiritualmente nel combattere contro quelle anime piene di grazia appartenenti ai divorziati e risposati che sinceramente desiderano l’unione sacramentale con Gesù? Crediamo che non sia possibile ottenere nulla per loro? Le parole di Gesù: 'Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori' (Gv 6, 37) non valgono dunque per loro?".
R. – In primo luogo è da dimostrare che le anime dei divorziati risposati conviventi "more uxorio" siano piene di grazia. Questa affermazione ci fa pensare che il SIg. Walford non abbia ben chiara la distinzione tra grazia attuale (grazia che muove i peccatori a compiere buone azioni, preparandoli alla giustificazione, non necessariamente conseguita per il fatto di compiere i suddetti atti), e grazia santificante.
Inoltre, ribadire a tutti i cari fratelli che non sono in grazia di Dio che non possono ricevere la Santa Comunione non implica che si combatta contro di essi: come non combatteva contro di loro Benedetto XVI, quando affermava in "Sacramentum Caritatis" che "i divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l'impegno educativo verso i figli" (sottolineatura nostra) .
D. 5 – "Che cosa è cambiato dall’affermazione del Santo Papa Pio IX, secondo cui i matrimoni civili per i cattolici sono 'nient’altro che un disonorevole e letale concubinaggio' (Allocuzione 'Acerbissimum vobiscum'), a Papa Benedetto XVI che afferma che le sofferenze di queste persone sono un 'dono per la Chiesa' (Incontro Mondiale delle Famiglie, 2 giugno 2012)?".
R. – Le due affermazioni non sono contraddittorie, ma esprimono concetti diversi: le parole di Benedetto XVI ci insegnano che la sofferenza – data dalla consapevolezza di essere in peccato e di non poter accostarsi alla S. Comunione – può essere unita alle sofferenze di Cristo; da tutte queste sofferenze unite possono scaturire le grazie attuali sufficienti per muovere la volontà del peccatore stesso, in modo che egli possa un giorno vivere in grazia di Dio. Del resto Benedetto XVI, dal cui cuore è sgorgata questa altissima considerazione, non la considerava una premessa per potersi accostare ai Sacramenti in stato di peccato.
______________________________________In realtà il Magistero della Chiesa costituisce certamente un unico corpo (contenente ciò che la Chiesa ci propone a credere), di cui tuttavia non tutte le affermazioni hanno lo stesso valore; in altre parole, non tutti i pronunciamenti – sebbene autenticamente proposti – richiedono il medesimo grado di assenso. I "dubia" dei Cardinali servono anche a chiarire che valore possano avere una risposta nel corso di un'intervista su un aereo e una lettera privata ad alcuni Vescovi (indicati dal SIg. Walford quasi come interpretazioni definitive), entrambe non pubblicate sugli "Acta Apostolicae Sedis". Certamente tutte e due sono pronunciamenti del Papa, ma, come afferma "Lumen Gentium" 25, il grado di adesione si deve dedurre "dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi":
Chiediamoci, a mo' di esempio: "Le interviste papali in aereo e le lettere private di un Pontefice esigono – di per sé – lo stesso grado di assenso dell'insegnamento sulla contraccezione proposto da documenti quali 'Casti Connubii', 'Humanae Vitae', 'Familiaris Consortio' etc. oppure si possono nutrire delle perplessità nei confronti delle suddette interviste o lettere"? La risposta ci vien data dal Magistero stesso, a cominciare dall'istruzione "Donum Veritatis" del 1990 "sulla vocazione ecclesaiele del teologo", peraltro citata anche dal Sig. Walford:
"Può tuttavia accadere che il teologo si ponga degli interrogativi concernenti, a seconda dei casi, l'opportunità, la forma o anche il contenuto di un intervento. II che lo spingerà innanzitutto a verificare accuratamente quale è l'autorevolezza di questi interventi, così come essa risulta dalla natura dei documenti, dall'insistenza nel riproporre una dottrina e dal modo stesso di esprimersi […]. In ogni caso non potrà mai venir meno un atteggiamento di fondo di disponibilità ad accogliere lealmente l'insegnamento del Magistero, come si conviene ad ogni credente nel nome dell'obbedienza della fede. Il teologo si sforzerà pertanto di comprendere questo insegnamento nel suo contenuto, nelle sue ragioni e nei suoi motivi. A ciò egli consacrerà una riflessione approfondita e paziente, pronto a rivedere le sue proprie opinioni ed a esaminare le obiezioni che gli fossero fatte dai suoi colleghi. Se, malgrado un leale sforzo, le difficoltà persistono, è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall'insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l'insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato" (sottolineature nostre).Inoltre Papa Francesco, al § 2 di "Amoris laetitia", scrive:
"La complessità delle tematiche proposte ci ha mostrato la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali. La riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza".In base ai testi esaminati possiamo dire che, se è necessario approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, e se è possibile ad un semplice teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall'insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato, quanto ciò potrà esser compiuto lecitamente da membri della Chiesa docente, per di più Cardinali, cioè i primi consiglieri del Papa?
Sempre nell'ambito di questo genere di obiezioni, il Sig. Walford si premura di affermare che non è possibile una "correzione formale" del Papa in materia di fede; egli afferma che "In termini di azioni personali come la correzione di San Paolo verso San Pietro, il cui comportamento, secondo San Paolo, era contrario a quello di un Papa, oppure alla peccaminosità dei Papi medievali, allora sì, è possibile una correzione, ma in relazione a questioni di fede o di morale insegnata come parte del magistero non è possibile".
Questa affermazione vien confutata dalla storia della Chiesa, che ci offre il caso di due Papi, il primo condannato, il secondo corretto, per motivi esclusivamente dottrinali.
Il primo Papa pluricondannato fu Onorio I († 638), irreprensibile nella sua vita privata, ma oggettivamente responsabile di aver favorito l’eresia monotelita. Non entriamo nel merito della questione se oggi si possa considerare formalmente eretico o meno; certamente fu scomunicato (post mortem) e ricevette quattro condanne: la prima da parte del Concilio Costantinopolitano III (680–681), la seconda da Papa Leone II (683), la terza dal Concilio di Nicea II (787), la quarta dal Concilio Costantinopolitano IV (869–870).
Il secondo Papa, che errò in alcuni dei suoi atti di magistero ordinario, fu Giovanni XXII (1249-1334. Egli venne ammonito dal nipote, il Card. Bertrand du Pouget (1280–1352), e così poté ritrattare, poco prima di morire, alcune affermazioni che oggi sarebbero considerate eretiche: Giovanni XXII aveva infatti sostenuto, in tre omelie pronunciate ad Avignone tra il 1 novembre 1331 e il 5 gennaio 1332, che le anime dei giusti non sarebbero ammesse alla visione beatifica subito dopo la morte o dopo aver terminato il Purgatorio, ma solo dopo la Resurrezione e il Giudizio universale. Anche in questo caso il motivo della correzione fu esclusivamente dottrinale.
Dobbiamo anche dire che il motivo per cui Pietro meritò l'ammonizione da parte di San Paolo, non fu solo "in termini di azione personale"; si trattò di un vero scandalo in materia di fede, in quanto il comportamento del primo Papa – sebbene egli stesso avesse le idee ben chiare (infatti si comportava da ipocrita; cf. Gal 2, 13) – non era secondo la verità del Vangelo (Gal 2, 14): avrebbe potuto indurre a credere che alcuni precetti della legge mosaica detenessero ancora una qualche forza obbligante, e che i pagani dovessero vivere alla maniera dei Giudei.
In ogni caso, i quattro Cardinali non hanno minimamente accennato, né nei "dubia", né nella ultima lettera e richiesta di udienza, ad una possibile correzione; essa è, almeno per ora, più una preoccupazione di una certa frangia di ultra-allineati, che dei Cardinali stessi. [Qui è opportuno chiarir meglio: vedi nota 1 -ndR]
È evidente che questi ultimi non hanno certo piacere di andare verso una qualsiasi forma di scontro, ma cercano piuttosto, in tutti i modi, di parlare col Papa, per risolvere nella carità tutta la questione.
*
E ora prendiamo in esame gli argomenti del Sig. Walford, secondo i quali le preoccupazioni e i "dubia" dei Cardinali sarebbero infondati. Per far questo, mi limito a rispondere ad una serie di domande che l'autore della lettera pone ai cardinali stessi, verso la fine del suo testo.
D. 1 – "Era scandaloso il fatto che Dio usasse una prostituta pagana impenitente, Rahab, per aiutare 'la storia della salvezza'?".
R. – L'aiuto di Rahab a "la storia della salvezza" non è dovuto al fatto che fosse prostituta. Da questo fatto si può dedurre invece che anche le prostitute (per di più infedeli) possono fare opere buone, con l'aiuto della grazia attuale; ma ciò non implica che Rahab, pur avendo collaborato alla storia della salvezza, avesse avuto in quel momento la grazia santificante (condizione oggi imprescindibile per potere accostarsi all'Eucarestia).
D. 2 – "Era scandaloso il fatto che Gesù rimanesse in attesa di una donna adultera presso il pozzo di Giacobbe e che le concedesse immediatamente la grazia dell’evangelizzazione? Era scandaloso il fatto che non le dicesse di lasciare l’uomo con cui stava o di vivere come fratello e sorella?".
R. – Il fatto riportato indica che chi è in stato di peccato può parlar bene di Gesù Cristo, e che non è richiesto essere in stato di grazia per farlo; al contrario è insegnamento costante della Chiesa che bisogna essere in stato di grazia per poter fare la Santa Comunione. Così insegnava San Giovanni Paolo II: "Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, 'si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale' (Ecclesia de Eucharistia 36)".
D. 3 – "Era scandaloso il fatto che Gesù avesse inserito un nuovo canone nella legge di Mosè per salvare una donna adultera dalla sentenza che meritava? In questo caso, lo spirito della legge ha superato quello della legge scritta per portarla alla salvezza?".
R. – Lo spirito della legge ha perfezionato l'antica legge scritta, per portare alla salvezza quella donna, non semplicemente sottraendola alla lapidazione, ma liberandola anche dalla morte eterna.
Per questo Gesù non si è limitato a rimandarla libera, ma le ha anche detto di "non peccare più"; e così le ha garantito che non sarebbe più stata in condizione di non poter far altro che peccare.
La nuova legge dello Spirito infatti fa compiere tutti gli atti salutari, nonostante la debolezza dell'uomo dopo il peccato originale. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, al § 1972, "la Legge nuova è chiamata […] legge di grazia, perché, per mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire", quindi anche quella di non peccare più e di non commettere adulterio.
D. 4 – "Che cosa otteniamo spiritualmente nel combattere contro quelle anime piene di grazia appartenenti ai divorziati e risposati che sinceramente desiderano l’unione sacramentale con Gesù? Crediamo che non sia possibile ottenere nulla per loro? Le parole di Gesù: 'Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori' (Gv 6, 37) non valgono dunque per loro?".
R. – In primo luogo è da dimostrare che le anime dei divorziati risposati conviventi "more uxorio" siano piene di grazia. Questa affermazione ci fa pensare che il SIg. Walford non abbia ben chiara la distinzione tra grazia attuale (grazia che muove i peccatori a compiere buone azioni, preparandoli alla giustificazione, non necessariamente conseguita per il fatto di compiere i suddetti atti), e grazia santificante.
Inoltre, ribadire a tutti i cari fratelli che non sono in grazia di Dio che non possono ricevere la Santa Comunione non implica che si combatta contro di essi: come non combatteva contro di loro Benedetto XVI, quando affermava in "Sacramentum Caritatis" che "i divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l'impegno educativo verso i figli" (sottolineatura nostra) .
D. 5 – "Che cosa è cambiato dall’affermazione del Santo Papa Pio IX, secondo cui i matrimoni civili per i cattolici sono 'nient’altro che un disonorevole e letale concubinaggio' (Allocuzione 'Acerbissimum vobiscum'), a Papa Benedetto XVI che afferma che le sofferenze di queste persone sono un 'dono per la Chiesa' (Incontro Mondiale delle Famiglie, 2 giugno 2012)?".
R. – Le due affermazioni non sono contraddittorie, ma esprimono concetti diversi: le parole di Benedetto XVI ci insegnano che la sofferenza – data dalla consapevolezza di essere in peccato e di non poter accostarsi alla S. Comunione – può essere unita alle sofferenze di Cristo; da tutte queste sofferenze unite possono scaturire le grazie attuali sufficienti per muovere la volontà del peccatore stesso, in modo che egli possa un giorno vivere in grazia di Dio. Del resto Benedetto XVI, dal cui cuore è sgorgata questa altissima considerazione, non la considerava una premessa per potersi accostare ai Sacramenti in stato di peccato.
Considerazioni finali
- – La lettera del Sig. Walford contiene gravissime imprecisioni e travisamenti, sia nella sua sintesi circa l'obbedienza al Magistero, sia negli argomenti portati a sostegno delle sue obiezioni e domande ai quattro Cardinali.
- – Gli errori sono anche di natura logica, in quanto, come abbiamo visto, traggono conclusioni più ampie delle premesse: cosa c'entra, ad esempio, la prostituta Rahab con i divorziati civilmente risposati? Si tratta di un caso completamente diverso.
- – Al pari di tutti coloro che vogliono coprire ad oltranza le ambiguità dottrinali presenti in "Amoris laetitia", anche il Sig. Walford ripropone il falso dilemma "Comunione sì – Misericordia / Comunione no – durezza di cuore", quando invece è misericordia spiegare a chi vive in stato di peccato perché non può accostarsi ai Sacramenti dei vivi. "Misericordia e verità s'incontreranno" (Sal 84 (85), 11).
A meno che non si voglia accusare di esser stato poco misericordioso proprio quel Papa che ha introdotto la festa della Divina Misericordia, che è stato portato in Paradiso ai primi vespri di quella stessa festa – segno di gradimento del Cielo – e che però ha sempre ribadito che chi vive in stato di peccato non può comunicarsi. - – E poi, diciamo la verità, se fosse così semplice risolvere i "dubia" dei Cardinali, perché il Papa non li riceve e non risponde? E se "Amoris laetitia" fosse così chiara come la presenta il Sig Walford, perché abbiamo tante indicazioni pastorali, di intere conferenze episcopali, così contrastanti?
1. Nota di Chiesa e post-concilio
Di fatto in una intervista a Edward Pentin, corrispondente romano di NCRegister il Cardinale Raymond Leo Burke ha affermato che i cardinali stanno prendendo in considerazione l'idea di una “correzione formale”, nel caso il Papa dovesse mancare di rispondere alle loro perplessità. Successivamente lo ha confermato, e poi anche ribadito a più riprese, spiegando che un tale atto di correzione formale, pur essendo qualcosa di raro nella vita della Chiesa, non è senza precedenti.
Nel XIV secolo Papa Giovanni XXII venne pubblicamente sfidato da cardinali, vescovi e teologi laici dopo aver negato la dottrina secondo la quale le anime dei giusti sono ammesse alla visione beatifica dopo la morte, insegnando invece che essa è rimandata fino alla risurrezione generale alla fine dei tempi. Infine Papa Giovanni ritrattò la sua posizione, in parte grazie al fatto che teologi dell'Università di Parigi avevano pubblicato una lettera congiunta, che professava totale obbedienza al papa, pur facendogli presente che il suo insegnamento contraddiceva la fede cattolica.
Burke ha definito la procedura del correggere gli errori di un pontefice un "modo di salvaguardare il suo ufficio e il relativo esercizio.
Ed ha chiarito: "Tutto ciò nell' assoluto rispetto per l'ufficio del Successore di Pietro".
Indubbiamente si tratta di una questione spinosa che il Card. Burke e i suoi confratelli intendono gestire con la massima correttezza. I tempi si allungano e rendono la vicenda sempre più sconcertante. In ogni caso, in una più recente occasione, il card. Burke così si è espresso: “Non dobbiamo far altro che sanare la situazione, ancora una volta in modo rispettoso; il che semplicemente significa formulare la risposta alle domande [dei dubia] in base all'insegnamento costante della Chiesa e renderla nota pubblicamente per il bene delle anime”.
la lettera aperta di Stephen Walford è un misto di ignoranza e ingenuità. non ci sarebbe neanche da rispondere a tale lettera.
RispondiEliminaPare scritta dal Turiferario maggiore......doncicciopapa mai risponderà come mai dirà nulla che possa interferire coi powers that be, meglio fare il sindacalista rosso anni '50 quando si diceva A dda' venì il baffone......intanto ha già venduto la Pell prima dell'orso......
RispondiEliminaDopo solo una rapida lettura, pensieri formatisi in questi ultimi anni:
RispondiElimina1) abbiamo fondamentalmente due tipi di maestri, quelli che partono dal pensiero e quelli che partono dal cuore. Le due strade in teoria sono entrambe lecite se nei risultati quella del pensiero passa per quella del cuore e se quella del cuore passa per quella del pensiero; questo prima che entrambe diventino operative in parole, azioni, fatti.
1a)Le due strade teoriche, nei fatti, si manifestano in persone diverse; persone diverse che presentano, sulla loro strada, una gamma infinita di possibilità; possibilità tra le quali trovare l'equilibrio; equilibrio che è verità in sè.
Nessun maestro si muove solo con il suo pensiero e/o con il suo cuore, ma poggia anche sul lascito dei maestri che l'hanno preceduto. Quindi punti di partenza diversi; necessità di completare il percorso,pensiero-cuore e/o cuore pensiero, prima di agire; la scorta cibo di cui nutrirsi durante il percorso, cioè il lascito,la dispensa, che altri,quelli che l'hanno preceduto, hanno messo a disposizione dei posteri.
1b)L'annosa questione dei 'tempi cambiati'. In questo ambito, in particolare, non è cambiato niente dacché mondo è mondo. Chiunque in qualsiasi tempo viva, in qualsiasi luogo viva, queste problematiche deve affrontarle con tutto il suo essere, corpo, anima e spirito. Sempre. Nessuno escluso. Neanche i vergini. Dov'è il problema? Il problema sta nella verifica, onesta e provata; quando in libertà il maestro dice sì, il ricettario della nonna è giusto, allora, il maestro ha verificato l'esattezza del lascito, del cibo di cui si è nutrito. Solo allora è maestro a pieno titolo.Mi fermo un secondo sul termine 'provata'. Se voglio verificare la forza di gravità, non ho bisogno di buttarmi dalla finestra. Mi è sufficiente l'osservazione dei gravi che sempre verso il basso vanno. Se uno non osserva attentamente fuori di sè, finisce con l'osservare troppo se stesso e non riesce più ad orientarsi. Si confonde. Rischia di dar credito alle voci del mondo ed infine a dar ragione alle voci mondane; ritiene così che le ricette della nonna non siano più valide, che debbano essere aggiornate. Tutta questa storia dell'aggiornamento, in ogni campo,a mio parere, dipende da mancanze, nel consacrato cattolico ( di cui sto parlando),avvenute nelle sua formazione essenzialmente in tre ambiti: a)conoscenza di se stesso; b) osservazione attenta del mondo e degli esseri umani a lui intorno; c) conoscenza della dottrina e storia della Chiesa(data la vastità del campo,meglio lavorare su pochissimi libri VALIDI, che appassionino, per lunghi periodi della vita).
2)riguardo alla eucarestia, mi son posta la domanda: ma, prima del divorzio, della separazione costoro erano assidui? Li ha portati alla conversione il compagno/a? Mi sono data queste risposte: se erano sinceramente assidui, la grazia di stato non ha funzionato. E qui sappiamo a Chi rivolgerci. Il compagno/a li ha portati alla conversione. A sé. Un qualsiasi credente riporta la pecorella al suo ovile. Credo. I figli nati. Prima che nascano figli ci sono tanti passaggi intermedi, anche quelli dell'ultimo istante. Insomma i conti non mi tornano. A meno che non si abbia una visione magica del rito, tipo fa bene alla pelle. Non so, c'è qualcosa che non capisco. Il sesso che trascende? Sinceramente ho l'impressione di quei ragazzini che vogliono tutto, la botte piena e la moglie ubriaca.Non è detto che alcuno debba sposarsi, nè in Chiesa, nè con altro rito, nè in comune.Anche chi non si è mai sposato ha vissuto con i suoi genitori, quindi un'idea, se non subito, poi se l'è fatta della vita matrimoniale. Nessuno si sposa non sapendo quello che fa. Un po' tutti lo sanno. Non manca la preparazione sessuale, quella c'è sempre stata anche quando non c'era. Le compagne della scuola di suore, una miniera. E non credo che ragazzini siano stati da meno. Alla fine ritengo gran parte di questo problema, una montatura.
RispondiEliminaQui c'è da lottare, non solo e semplicemente da "resistere" (che mi rimanda tra l'altro alla resistenza partigiana da cui discendono gli attuali portatori di bandiere arcobaleno), l'articolo contiene a mio avviso qualcosa che va oltre l'ignoranza e l'ingenuità, qui c'è un linguaggio volutamente ambiguo con cui vengono posti i quesiti. Anche i tedeschi frocchiano liberamente da oggi,impugniamo il Rosario come una spada, non è più tempo di cerchiobottismi!
RispondiEliminaSì vuole porre da solo a confronto con cinque Dubia, perfetti nella formulazione razionale e dottrinale, redatti da quattro Principi della Chiesa che in quanto a preparazione teologica e canonica sono maestri, che presuntuosa ingenuità.
RispondiEliminaI Dubia sono una spada tagliente posta come segno di Contraddizione, li giri e li rigiri, ma questa spada continua il suo lavoro di penetrazione nell'eresia della Chiesa.
RispondiEliminaBergoglio ne répondra jamais aux "Dubia" pour au moins deux raisons :
1) Il se moque des objections fondées sur la "Vérité" des Évangiles ou sur la Tradition. Pour lui, comme pour le nouveau général des jésuites, il est impossible de savoir ce que le Christ a vraiment enseigné. A l'époque, "les magnétophones n'existaient pas" (sic). Quant à l'enseignement de la Tradition, il n'a pas de valeur pour notre temps, où tout est nouveau, et où tout exige "des réponses nouvelles".
2) L'orgueil aveugle Bergoglio. Comme tous les despotes, il croit que le monde commence avec lui. S'opposer à lui, c'est insulter l'avenir. Il est l'avenir. C'est le sens nouveau qu'il donne à l'infaillibilité pontificale.
Les quatre Cardinaux peuvent attendre longtemps…
Invece di mettere a tacere i 4 cardinali, perché Francesco non fa sentire la sua voce contro l'omicidio deliberato del piccolo Charlie? Di fronte a un abominio del genere un Santo Padre dovrebbe GRIDARE! Francesco invece, di solito così loquace, non spende una parola.
RispondiEliminaDa ordinamenti statali che impedivano ai genitori di sopprimere un figlio siamo passati a un ordinamento sovranazionale che impedisce ai genitori di salvare la vita di un figlo! È veramente la contro-Creazione di cui parla il cardinal Caffarra! E Francesco? Zitto. Comincio davvero a dubitare che questo sia un papa. Forse aveva ragione Socci.
Le questioni aggiuntive poi sono veramente gustose: un tentativo, peraltro puerile (perché il tizio che ha scritto a Magister le ha affrontate a modo), di sviare il discorso dai cinque punti fondamentali.
RispondiEliminaI turiferari paiono sempre più nervosi. Due giorni fa su Avvenire hanno ribattuto a due articoli di Riscossa Cristiana e LNBQ:
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/papa-francesco-don-fabioe-le-loro-scelte-prese-a-pretesto
Due argomenti secondari, sui quali non ci sarebbe neanche da dibattere. Però, se si prendono la briga di citare i "tradizionalisti", forse non sono solo quattro gatti... Quattro gatti si ignorano.
il card. Burke così si è espresso: “Non dobbiamo far altro che sanare la situazione, ancora una volta in modo rispettoso; il che semplicemente significa formulare la risposta alle domande [dei dubia] in base all'insegnamento costante della Chiesa e renderla nota pubblicamente per il bene delle anime”
RispondiEliminaAndando per gradi, quello che dice il Card. Burke è senza dubbio lo step successivo allo stallo attuale.
Speriamo che non intenda solo e semplicemente riaffermare la retta dottrina! una cosa simile non solo sarebbe inutile, ma anche controproducente. Perché?
Perché si ridurrebbe a rivendicare alla verità sì un diritto di cittadinanza, ma accanto alla falsità: il modernismo (che è il riferimento filosofico-esistenziale di Bergoglio) già contempla e comprende e propugna questa possibilità.
In tal modo ciascuno la potrebbe intendere come vuole:
in Polonia così, a Malta cosà, e così via...
e perché no? n'est-ce pas?
Per i 4 cardinali così, per la maggioranza cosà.
Ebbè? ciascuno è libero di scegliere, no?
Per scongiurare questo rischio, occorre che la prospettata azione non consista unicamente in una risposta in linguaggio teologico ai 5 dubia (i quali sono pure, come è giusto, espressi in termini rigorosamente teologici) ma che sia pure corredata da una impugnazione chiara e netta, espressa in modo accessibile a tutti, sia degli errori contenuti nell'Amoris Laetitia, sia delle sue ambiguità, sia degli errori diffusisi in seguito alla sua promulgazione.
Stringi stringi in conclusione dovrebbe apparire a chiare lettere anche che i divorziati-risposati sessualmente attivi sono in stato di peccato mortale di adulterio e che quindi non possono accedere alla S.Comunione.
Se un docente a scuola vuol fare capire la sua spiegazione senza essere frainteso, deve sia affermare il vero, sia negare il corrispondente falso che, come egli ben sa, alberga nelle menti dei suoi discenti, altrimenti il falso rischierebbe di poter continuare a convivere con la verità, la quale però rimarrebbe lettera morta.
RispondiEliminaBergoglio est le premier pape du transchristianisme. Comme on est déjà loin, avec lui, du catholicisme !
C'est ce que peu de gens comprennent.
Je ne suis même pas sûr que nos quatre courageux cardinaux, traditionalistes à leur manière, l'aient eux-mêmes tout à fait compris.
Ce qui ne diminue en rien, évidemment, la valeur et la grandeur de leur combat, qui est celui de la Vérité, mais qui doit désormais s'attaquer aussi, pour ne pas passer, aux yeux de l'opinion facilement manipulable, pou un simple combat d'arrière-garde, à la problématique du transchristianisme, que Bergoglio et ses amis se consacrent désormais à mettre en place et dont "Amoris lætitia" n'est qu'une étape parmi d'autres.
Transchristianisme / transhumanisme, c'est tout un. C'est l'idéal même de la maçonnerie.
RispondiEliminaSe i 4 Cardinali si limitassero a riaffermare la retta dottrina, sarebbe inutile?
Non credo. Dipende dal modo nel quale la riaffermazione verrebbe fatta. Facendola in modo compiuto, la loro III dichiarazione dovrebbe, secondo logica, affermare quanto segue:
1. Dato il silenzio prolungato dell'ex-S. Uffizio (Mueller) e del Papa, espressamente menzionati, alle loro richieste, i 4 Cardinali si vedono costretti (dallo stato di necessità in cui versano le anime) a definire loro la retta dottrina della Chiesa sul matrimonio e l'Eucarestia, e le conseguenti verità cattoliche nella fede e nella morale, basandosi sul magistero di sempre. 2. Ciò fatto, dichiarano che le interpretazioni erronee circolanti vanno condannate perché erronee nella fede, sospette di eresia, eretiche (a seconda). Ragion per cui, quei chierici e fedeli che le condividessero (in parole e opere) commetterebbero consapevolmente peccato mortale, dal momento che ora, con la dichiarazione dei 4 Cardinali, sono stati messi sull'avviso. (Questo tipo di "correzione" lo facevano in passato i singoli vescovi nelle loro diocesi, con lettere pastorali).
E'evidente che, per avere efficacia, il III passo dei 4 Cardinali deve contenere una chiara condanna degli errori circolanti, non può limitarsi a ribadire la vera dottrina.
Le conseguenze di tutto ciò sarebbero rivoluzionaria per l'attuale Chiesa: 1. i 4 Cardinali, invocando legittimamente lo stato di necessità, si sostituirebbero al Papa latitante nel confermare nella fede i fratelli, delegittimandolo sul piano morale, in quanto Papa. 2. Finirebbe finalmente il vuoto di autorità che, nel governo della Chiesa, dura da quando Papa Roncalli ha svirilizzato il magistero, dichiarando che la Chiesa doveva sostituire la "medicina della misericordia" (si intende, quella nuova della VIA LARGA) alle condanne degli errori.
Certamente, una "correzione" così fatta (l'unica che avrebbe senso, a mio avviso) creerebbe un putiferio nella Chiesa visibile e darebbe forse inizio a quella crisi istituzionale che sta maturando da sin troppo tempo. Si creerebbe una profonda spaccatura e in un primo momento la maggioranza starebbe con il Papa, con i kasper, i Forte, etc. Ma questo non deve preoccuparci.
Un'azione così decisa potrebbe scuotere il Papa e fargli capire che sta sbagliando? Difficile crederlo, allo stato attuale, anche se lo si spera sempre.
In ogni caso, il dado è tratto, i 4 Cardinali stanno tenendo il campo, speriamo non vacillino adesso e non presentino un documento troppo "leggero". PP
'Ai teologi attuali'
RispondiEliminaAlain Besancon:
"Le posizioni 'eretiche' sono come quelle 'erotiche':hanno in comune il numero ristretto e lo spirito di ripetizione. Dopo le eresie dei primi secoli, sono sempre le stesse che si ripetono, anche se i teologi attuali sono convinti di essere originali. Ma sono come i libertini che, a letto, credessero di poter inventare cose nuove".
(da V. Messori,la sfida della fede,p.326, Sugarco Edizioni, 2008)
"Se i 4 Cardinali si limitassero a riaffermare la retta dottrina, sarebbe inutile?
RispondiEliminaNon credo. Dipende dal modo nel quale la riaffermazione verrebbe fatta."
È esattamente quel che penso anch'io
Il fuoco del dissenso è stato Francesco ad accenderlo. Se vi è una definizione di fede e di morale a seguire nella AL non se può spiegare come è possibile la Conferenza episcopale tedesca avere una definizione e la Conferenza episcopale della Polonia avere una definizione di tutto opposta alla tedesca. In fondo l'atteggiamento del Papa rifiuta la natura del primato petrino al dare agli altri il potere che è proprio di S. Pietro ed è stato esercizio daí suoi sucessori per più di 1965 anni.
RispondiEliminaA proposito di Mueller: ex-capo della CDF. L'incarico scadeva oggi, ed è stato rimosso con più velocità di quanta non ne abbiano i medici inglesi per finire Charlie. Chi ci toccherà ora? Forte? Schönborn?
RispondiEliminahttps://www.corrispondenzaromana.it/licenziato-da-papa-francesco-il-cardinale-muller/
- Flatus vocis: vox caesaris? Quanta confusione fra i giannizzeri del Bergoglio bifronte, pendolanti fra un osanna al monarca parlamentare ed un osanna al monarca assoluto.
RispondiElimina- "Le sofferenze di queste persone sono un 'dono per la Chiesa": "Le parole di Benedetto XVI ci insegnano che la sofferenza – data dalla consapevolezza di essere in peccato e di non poter accostarsi alla S. Comunione – può essere unita alle sofferenze di Cristo". Ben detto! A conferma, ecco di seguito una miscellanea di cattoliche affermazioni del Cardinale Angelo Scola sulla "umana sofferenza e l’opera del Redentore" pronunciate nel 2009, quindi in epoca non bergogliana!
"La sofferenza dell’uomo, investita dall’amore del Crocifisso, diventa a sua volta feconda. La sofferenza è in grado di mutare le sorti della storia personale e sociale, perché partecipa della Redenzione di Gesù. Il Redentore ... ha compiuto un’opera di totale immedesimazione nella sofferenza, illuminandone il significato profondo: la collaborazione alla Sua redenzione del mondo. La sofferenza di Cristo è, quindi, inclusiva, cioè consente l’accesso alle altre sofferenze, che possono, in unione con la sua, espiare in modo vicario. "La sofferenza del mondo ci unisce al cuore di Dio."
Secondo Il Sismografo, il nuovo capo della CDF sarebbe Luis Francisco Ladaria Ferrer:
RispondiEliminahttp://ilsismografo.blogspot.it/2017/07/vaticano-il-gesuita-luis-ladaria.html
La correzione di S. Paolo a S. Pietro offre una perfetta analogia con quanto accade oggi. S. Pietro ha ricevuto una rivelazione in sogno dove le carni che erano state proibite della legge erano stati purificati dal Signore e non erano più proibite; nel Concilio di Gerusalemme, presieduto da S. Pietro, gli apostoli hanno deciso che la legge e altri aspecti del giudaismo non dovevano essere insegnati o imposti ai gentili. Dopo questo S. Pietro se trova davanti una situazione concreta dove pensava che la rivelazione ricevuta e la definizione fatta non se applicava. Se trovava con gentili e giudei insieme e ha deciso di non manggiare le carni proibite della legge per non scandalizare i giudei, ma scandalizava i gentili. S. Paolo vede questo atteggiamento repreensibile di S. Pietro e lo correge per il bene della Chiesa. Quindi, in questo caso non aveva una situazione concreta dove se poteva avere una eccezione a regola. Analogamente ci sono milenni di insegnamenti del magistero che proibiscono la comuhione ai divorziati risposati. Come è possibile che solo adesso se ricerche una situazione concreta dove ci sia una eccezione alla regola? Difficile non vedere in questi atteggiamenti analoghi un'affermazione di che la definizione ha validità per alcuni e per gli altri no.
RispondiEliminaCommento di speranza sulla nomina alla CDF da parte del buon Carradori:
RispondiEliminahttp://traditiocatholica.blogspot.com/2017/07/la-santa-normalita-e-la-nomina-di-luis.html