Le sofferenze sia fisiche che psicologiche, possono essere fronteggiate con tutte le cure palliative - che sono altra cosa dall'accanimento terapeutico - e con tutta l'amorevolezza della vicinanza e dell'accompagnamento.
Ѐ arbitrario sostenere che essere intubati, sedati, ecc. renda la vita non degna di essere vissuta.
In primo luogo perché afferma la superiorità di una posizione etica sull'altra, stigmatizzando quella di chi non considera mai la vita indegna. La dignità non sta nell'assenza di sofferenza o di bisogno ma nel modo in cui si accetta e ci si fa carico di situazioni difficili, sia subendo che accompagnando. Ѐ certo doloroso e impegnativo, moralmente e materialmente, ma appartiene all'uomo redento che vive ogni situazione in atteggiamento di 'offerta', fatto forte dalla grazia che lo rende possibile.
In secondo luogo perché ne conseguono soluzioni drastiche nei confronti del malato, magari accampando anche ragioni economiche in termini di costi materiali, quando il 'costo' spirituale non ha prezzo nell'economia della salvezza. Chi non ci crede resta libero di scegliere una fine accelerata; ma resta una scelta personale che non può diventare legge per tutti e non può coinvolgere lo stato che si sostituisce alla coscienza umana. Perché non può essere altrettanto libero chi crede e fa la scelta opposta?
Inoltre è un comportamento che offende moltissimi malati (e spesso anche i loro familiari) che, pur in situazioni difficili, non ritengono indegna la loro vita, ma preziosa fino alla fine naturale.
Oltretutto non si può conoscere la vita interiore delle persone, valutandola solo da un punto di vista materialista. Non possiamo sapere che esperienze siano loro riservate. Personalmente ho vissuto una situazione di rianimazione nella quale il mio nucleo di coscienza c'era e non dico altro. Ci sono molte testimonianze di persone 'uscite' da stati vegetativi, alcuni ritenuti irreversibili, che dicono di esser state consapevoli di ciò che avevano intorno, soprattutto delle persone che si prendevano cura di loro. Non possiamo sapere se malati come il piccolo Charlie "sentano" i genitori, chi se ne prende cura e cosa provino. Non possiamo sapere neppure che fine abbia ogni loro istante vissuto su questa terra, su un piano metafisico che ormai tutti sembrano accantonare. Ciò che non si conosce dovrebbe rendere almeno prudenti e, se c'è da scommettere, bisognerebbe farlo a favore della vita e non della morte.
Non mettiamo dunque in relazione la sofferenza con la dignità della vita. Chi soffre non è meno degno di vivere di chi non soffre. E chi sostiene che un certo tipo di sofferenza rende la vita indegna decida per sé e non pretenda di farlo per gli altri.
Vorrei dire una cosa. Magari sbaglio, e allora mi corriggerete. Dato per scontato che l'Occidente è ormai lacerato irrimediabilmente da un terrificante nichilismo passivo, pongo due domande:
RispondiElimina1) Siamo sicuri che l'assolutismo "pro-life" non sia, in radice, un terrore della morte? Siamo sicuri che tutto questo amore della vita non sia egoismo, talora, e addirittura, a volte, rifiuto della Provvidenza?
2) Non c'è forse una differenza sostanziale tra uccidere e lasciar morire? La vita, certamente, ha significato; ma la morte forse ne ha di più.
Grazie,
Marco
"La vita, certamente, ha significato; ma la morte forse ne ha di più."
EliminaPerché lo crede?
Da Il Cammini dei Tre Sentieri:
RispondiElimina1)Il sostegno vitale in quanto alimentazione e idratazione non può mai essere tolto, altrimenti si pratica un’eutanasia passiva.
2)Non è eutanasia, invece, rinunciare all’accanimento terapeutico. L’accanimento terapeutico, però, si verifica quando le terapie (terapie, non sostegno vitale!) risultano essere oggettivamente sproporzionate alla gravità della patologia.
3)Nel sostegno vitale è inclusa anche la ventilazione artificiale, ma questa, a differenza dell’alimentazione e dell’idratazione, può essere tolta in caso di morte imminente.
4)Il caso del piccolo Charlie richiede l’uso della ventilazione artificiale. Ma Charlie non è in imminente pericolo di morte.
5)Si sbaglierebbe se s’insistesse sulla questione della cura sperimentale americana. A riguardo la notizia ufficiale è che tale cura effettivamente non può essere utilizzata per il caso specifico del piccolo Charlie.
6)Bisogna invece insistere su un altro punto e quindi riflettere sulla motivazione delle sentenze finora emesse: evitare al bambino sofferenze inutili. Ora, dal momento che non si tratta di un caso di accanimento terapeutico, questo evitare sofferenze inutili ha un significato molto preoccupante e inaccettabile.
7)Si vuol far saltare la sofferenza quando non c’è speranza di guarigione, in nome di un’autodeterminazione libertaria-individualista, che poi (come insegnano i casi di eutanasia ai bambini in Belgio e in Olanda) si tramutano nel loro contrario, ovvero in una completa disponibilità della vita individuale da parte dello Stato.
8)Insomma, il caso del piccolo Charlie ci fa capire che si vuole affermare il diritto di non soffrire.
9)Ma non ci si accorge che quando si nega il dovere (avete capito bene: il dovere!) di vivere, si va a negare anche il diritto di vivere. Anche questa è la menzogna della categoria filosofica della modernità che ha voluto far precedere, in nome dell’ideologia liberale e individualista, i diritti ai doveri.
10)Se non c’è più il dovere di vivere, non c’è nemmeno il diritto di vivere. Rimane solo il diritto di non-soffrire. Se si è adulti e non si hanno capacità d’intendere, si può decidere da sé. Se si è invece infanti o anziani con demenza o malati in coma, devono decidere altri o lo Stato.
11)Il caso del piccolo Charlie è inoltre emblematico per un’altra questione: la relativizzazione della volontà dei genitori. Nel caso specifico la Famiglia non solo è stata relativizzata, ma in un certo qual modo anche “accusata” e “condannata”.
12)I giudici inglesi e della Corte Europea hanno deciso che il bambino non può continuare a soffrire inutilmente. Pertanto, di converso, i giudici sono convinti che i genitori avrebbero deciso di farlo soffrire inutilmente e quindi sarebbe giusto togliere loro la patria-potestà. Il messaggio che passa è che amare i figli, volere che vivano, tentare di fare di tutto, credere in una concezione della vita non conforme ai canoni dell’individualismo autodeterministico significherebbe non essere “bravi genitori”.
13)Si tratta di un pericolo che ormai la Famiglia sta correndo in tutti i campi. In Norvegia (Il Cammino dei Tre Sentieri ne ha già parlato) sono stati tolti i figli a dei genitori perché accusati di averli educati troppo cristianamente.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
La società del post umano si presenta col suo volto ferino senza più bisogno di maschere.
RispondiEliminaEnzo Pennetta
1) Siamo sicuri che l'assolutismo "pro-life" non sia, in radice, un terrore della morte? Siamo sicuri che tutto questo amore della vita non sia egoismo, talora, e addirittura, a volte, rifiuto della Provvidenza?
RispondiEliminaSe per 'assolutismo pro-life' intendi l'accanimento terapeutico, in questo senso sono d'accordo.
Non c'è forse una differenza sostanziale tra uccidere e lasciar morire? La vita, certamente, ha significato; ma la morte forse ne ha di più.
Il 'lasciar morire' quando la situazione è gravemente e irrimediabilmente compromessa non è certo 'uccidere', ma affidarsi e accettare le evenienze naturali.
'Uccidere', ad esempio, può essere anche togliere la nutrizione, che non è ascrivibile a terapia, ma ad atto naturale.
In che senso però la morte avrebbe più significato?
Entrambe le affermazioni sono ambigue perché possono essere interpretate nel senso che ho dato io ma possono anche essere messe in campo a sostegno della scelta pro-morte.
In che senso però la morte avrebbe più significato?
RispondiEliminaIn due sensi:
1) Che il senso della vita è la morte;
2) Che pochi vivono, mentre tutti muoiono.
1) Ma sarà il contrario? Tanto più sarà vero per un cristiano.
Elimina2) E dunque ne consegue che può morire ciò che non è mai vissuto?
Od invece, muoiono tutti quelli che vivono?
La decisione ultima non spetta mai ai medici. La vita data dai genitori resta nella sfera dei genitori e venendo in natura prima dello Stato, la vita stessa non può soggiacere allo Stato che è formazione non naturale sorta dopo la vita e la medesima famiglia naturale. I medici stabiliscono soltanto un rapporto fiduciario con i genitori. Nulla più.
RispondiEliminaIl cristiano è per la speranza contro ogni speranza. Il miracolo lo insegna. La ragione dice no, la fede dice sì. Il medico laico si fonda sulla ragione; il medico cattolico sulla fede contro ogni sensatezza della ragione. Non per ignorare la ragione ma per ricondurla alla ragionevolezza della fede.
Quella di Charlie è una storia che deve sembra lontana dal nostro contesto sociale, ma potrebbe diventare realtà anche in Italia se venisse approvata la legge sulle DAT attualmente in discussione al Senato.
RispondiEliminaDietro tutto ciò vediamo troneggiare i 'protocolli' che sono quei pezzi di carta che dicono al medico il da farsi davanti ad una malattia, ai suoi sintomi, al suo risanamento.
RispondiEliminaMa questi pezzi di carta dicono anche che lo stato, che ha abilitato il dottor xy, non si fida della sua preparazione, della sua capacità di tenersi aggiornato, della sua capacità di anamnesi, di diagnosi, di terapeuta proprio e solo del paziente hz.
Questi 'protocolli dicono che non c'è da fidarsi del paziente hz, perchè non si esprime adeguatamente riguardo ai sintomi che ha, non ricorda o non vuol ricordare la storia delle sue malattie, della sua famiglia e men che meno parlare del suo stile di vita.
La scienza vede il meccanismo e solo se il meccanismo funziona parla di vita. La vita è qualcosa di molto più grande del meccanismo e ad un tempo molto più piccolo, impalpabile, non misurabile, non quantificabile. Occorre finezza, delicatezza, di cui non siamo più capaci, per imparare di nuovo ad osservare la vita nella sua completezza. Charlie sta offrendo a tutti noi la possibilità di aprire gli occhi sulla Vita. Mi auguro che Charlie, di dieci mesi, possa suggerire a qualche medico di guardare oltre i protocolli, di guardare in quella piccolezza, oltre il meccanismo che le macchine stanno sostituendo, chissà che il Buon Dio non premi la costanza di quel medico, mostrandogli la via stretta, nell'impalpabile, nel non quantificabile, che porta alla sua guarigione. Sono certa che è possibile. Molto difficile. Molto. Non impossibile. Con l'aiuto del Signore e dei suoi Angeli.
Leggo e vi giro:
RispondiElimina«Ma la tesi, affermata dai giudici dell’Alta Corte britannica, secondo cui il “protocollo” prescritto per il piccolo Charlie costituisce di per sé una “tutela” dei suoi interessi, senza che né lui né i genitori possano esprimersi in proposito, chiude definitivamente il discorso del diritto soggettivo alla vita in nome della dignità e del valore di ogni persona, per lasciare il dominio assoluto ad un’ingegneria sociale intenta a rimodellare la società secondo un concetto astratto, aprioristico, di quali siano gli interessi e di quale sia il bene delle persone. Una concezione in cui le persone stesse non rappresentano ormai che numeri, cumuli di dati e statistiche, quantità di cui si può disporre secondo quella che viene considerata volta per volta la massima utilità sociale».
Il nazionalsocialismo tedesco programmò e praticò quello che in codice venne definita Operazione T4. Una vera e propria eutanasia di Stato che avrebbe causato circa 70 mila morti, in gran parte disabili fisici e mentali, ma anche mutilati, persone con la sindrome di Down o affette da malattie degenerative.
RispondiEliminaLa voce più autorevole che si levò contro questa vergogna fu quella del vescovo cattolico di Münster, Clemens August Graf von Galen, che in una sua predica, datata 3 agosto 1941, disse queste parole su cui in queste ore è importante meditare:
«(…) Da qualche tempo ci giunge notizia che, in case di cura e istituti per disabili mentali, i pazienti già da lungo tempo malati e che forse sembrano incurabili vengono soppressi coercitivamente, per ordine di Berlino. Regolarmente, dopo breve tempo i parenti ricevono comunicazione che il malato è deceduto, che il cadavere è stato cremato e che è possibile farsi recapitare le ceneri. In generale domina il sospetto, vicinissimo alla certezza, che questi numerosi decessi inattesi di malati di mente non avvengano in modo naturale, ma vengano causati di proposito secondo il principio per cui si pensa di poter sopprimere le cosiddette vite indegne di essere vissute, cioè uccidere esseri umani innocenti quando si pensi che la loro vita non sia più di valore per il Popolo e lo Stato. È un insegnamento spaventoso, che legittima l’omicidio di innocenti, e che fondamentalmente ammette l’uccisione forzata dei non più abili al lavoro, degli storpi, dei malati incurabili, degli anziani (…).»
«Come ho saputo da fonti affidabili, ora anche nelle case di cura e negli istituti della Provincia di Vestfalia vengono redatte delle liste [di eliminazione NdT] (…).
Già il 26 luglio avevo inoltrato una accorata protesta scritta all’Amministrazione della Provincia di Vestfalia, che sovrintende a questi istituti. Non vi è stato nessun seguito! (…) Quindi dobbiamo tenere conto del fatto che i poveri e indifesi malati, presto o tardi, vengano soppressi. Perché? (…) Si giudica così: essi non possono più produrre beni e sono come una macchina che non funziona più, sono come un vecchio cavallo che si è azzoppato senza poter guarire; sono come una mucca che non dà più latte. Che si fa con questa vecchia macchina? Viene demolita. Che si fa con un cavallo zoppo, con un capo di bestiame improduttivo? No, non spingerò all’estremo il paragone – tanto è spaventosa la sua chiarezza! Ma qui non si tratta di macchine, non si tratta di un cavallo, o di una mucca (…).No! Qui si tratta di esseri umani, di nostri simili, nostri fratelli e sorelle! Povere persone, poveri malati, improduttivi, a mio parere! Ma con ciò il diritto alla vita viene loro tolto? Tu hai, o io ho il diritto alla vita finché siamo produttivi? Finché veniamo riconosciuti come produttivi da qualcuno?
Quando si dispone e si utilizza il principio che si possa uccidere il nostro fratello „improduttivo“ allora guai agli invalidi, che hanno impiegato, sacrificato e perso nel processo di produzione la loro forza e le loro ossa sane! Quando è permesso di eliminare a forza il nostro fratello improduttivo, allora guai ai nostri soldati, che fanno ritorno in Patria come feriti gravi di guerra, come storpi e come invalidi!! Una volta ammesso che gli uomini abbiano il diritto di uccidere fratelli “improduttivi“, – anche se per il momento ciò riguarda solo poveri e indifesi malati di mente – allora è consentito l’omicidio di tutti gli esseri umani “inutili”, cioè dei malati incurabili, degli storpi inabili al lavoro, degli invalidi civili e di guerra. Allora è consentito l’omicidio di noi tutti quando saremo diventati vecchi, segnati dagli anni e improduttivi. (…)
Allora nessuno è più sicuro della propria vita».
Più notiize apprendo su Charlie, e più la storia (che seguo da mesi) puzza. Di "malpractice", di volersene lavare le mani, di soldi, di rifiuto ideologico, di accanimento, si, ma all'omicidio...
RispondiEliminaPiù la rimestano e più m...a sale a galla.
Che orrore.
Idratare, alimentare e far respirare un paziente NON e' accanimento terapeutico, e' prendersene cura. Nessuno sopravvive a lungo, se è veramente terminale, solo perché "attaccato alle macchine". Ci sono processi cellulari, tissutali, che le macchine, per quanto moderne, non riescono a mantenere o riprodurre. E' il mistero della vita. O il miracolo della vita. Non siamo in grado di creare la vita, se non da cellule già vive, e quindi non creiamo ( creazione è ex nihilo). E quindi non siamo in grado di conservarla, se l'organismo è ormai avviato alla morte in modo irreparabile. Solo un miracolo può invertire il corso delle cose. Se si vive, attaccati alle macchine, è perche' quel momento non è ancora arrivato. E se in quelle condizioni si soffre, allora si è ancora vivi.
Charlie soffre ? Se si, allora sente, il suo cervello non e' completamente " andato". Ed allora lo curi, gli allievi la sofferenza, finché il suo
corpo, DA SOLO, non si avviera' alla fine. Ed allora, macchine o non macchine, dottori o non dottori, genitori o non genitori, tutto finirà.
ma il tutto, naturalmente, costa, denaro e risorse, anche umane. Ed è allora più facile farlo fuori, che chiedere più soldi per questi casi, più risorse, più personale.
Se invece Charlie non soffre, allora cade la motivazione del ricorso ai giudici da parte dei medici inglesi, e più palesi sono allora i motivi prettamente utilitaristici della richiesta ai giudici.
Per chi scrive che la morte ha più senso della vita: perché non si suicida ?
http://www.antoniosocci.com/piccolo-charlie-popolo-della-vita-messo-scacco-bergoglio-suo-ostinato-silenzio/
RispondiEliminaQui c'è un bimbo di cui medici, giudici hanno decretato l'omicidio impedendogli perfino di tentare una possibile cura. Di fronte al Male allo stato puro, Assoluto, manifestato da questa tragedia mettersi a filosofeggiare cercando delle scusanti - sulla pelle e dolore altrui poi - significa già diventarne complici, accettare una aberrazione come questa e tutto ciò che ne può conseguire. E che vogliono conseguire. Inoltre perchè i nazisti sono stati condannati dal mondo per pratiche come questa e i nuovi Padroni del Mondo che fanno la stessa identica cosa vengono esaltati come paladini dell'umanità? Di nuovo anche in questo caso Tirannia Orwelliana. Qui si sta col Bene o si sta col Male non sono possibili insulse, biascicanti vie di mezzo fatte di se e ma.
RispondiEliminaMiles
Ecco un pezzo dell'intervista fatta dalla La Nuova Bussola Quotidiana a Piero Santantonio, Presidente di Mitocon Onlus che da dieci anni si occupa di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ricerca per le malattie mitocondriali.
RispondiElimina"Un bambino piccolissimo come Charlie potrebbe avere la possibilità di migliorare e recuperare almeno in piccola parte alcune delle funzionalità. Di questo non si è tenuto conto così come non si è tenuto conto che la famiglia a spese proprie sarebbe stata in grado di farsi carico della prosecuzione delle cure in via sperimentale". - alla affermazione del giornalista: Eppure la sentenza della Cedu dice che i medici hanno detto che non è alcun margine di miglioramento… Santantonio risponde: "Mi permetto di dissentire. A metà giugno è appena terminato il convegno internazionale dei mitocondrologi che si svolge a Colonia ogni tre anni. Ebbene: si sono detti tutti disponibili a studiare il caso per proseguire con la possibilità di testare le terapie. E’ un abominio dire che non ci sono speranze. - Continua - La soluzione di supplementazione con nucleotidi per la sintesi delle proteine potrebbe supplire il deficit mitocondriale. Ci sono tanti studi in materia e molti risultati incoraggianti. Il problema semmai è l’opposto. Quello che non ci siano pazienti disposti a sottoporvisivi, ma questo accade in tutte le sperimentazioni medico-scientifiche. Nel caso di Charlie c’era la massima disponibilità a farlo. Ecco perché mi chiedo: perché?" - il giornalista chiede: anche in italia? - Piero Santantonio risponde: "Sì. A Firenze abbiamo seguito un caso simile, anche se non uguale, però è un caso grave che appartiene alla stessa famiglia della patologia di Charlie. Ecco perché invece dico che una speranza c’è. Lo stesso accade a Barcellona dove la supplementazione ha dato risultati concreti e incoraggianti."
Non è possibile permettere un ABOMINIO del genere!!!!
No, non è possibile che la nostra società stia toccando così il fondo del barile! Scusate ma non riesco a farmene una ragione.
Era veramente inaudito pensare che non ci fossero studi, ricerche, sperimentazioni in atto e che nulla potesse essere fatto. Allora il problema è un altro: costoro, vista la gravità della malattia, vista la semplicità dei genitori, vista la loro povertà, c'è stata una colletta mondiale per reperire i soldi se non erro, hanno pensato che era proprio "l'ideale" per far passare questo " caso lacrimoso" come locomotiva della eutanasia "pietosa" infantile. Chiudo.
RispondiElimina“La cultura della morte”: un ritratto della nostra società
RispondiEliminahttps://cristianesimocattolico.wordpress.com/2017/06/13/la-cultura-della-morte-un-ritratto-della-nostra-societa/
Ci hanno tolto l’amore per la sofferenza.
RispondiEliminaPer chi conosce la parola di Gesù e la dottrina cattolica, sa che la sofferenza e la croce portano a Dio che è la cosa più importante, la salvezza dell’anima è la sola cosa che conta davvero.
Un disabile ad esempio nella sua difficilissima situazione é però in una condizione migliore per evitare vizi, lussuria, vanità e tanti peccati carnali, se un disabile conosce la parola di Gesù sa come la sofferenza lo aiuta a stare meglio con Dio, pregando ed offrendo la sua sofferenza per i peccati commessi dall’uomo.
Certo questo discorso non verrà capito in un mondo dove conta troppo l’immagine e la vanagloria e dove la cristianità è ormai rinnegata.
Chi cerca il senso della vita nella vanità,nei soldi, nella lussuria avrà sempre un vuoto interiore, avrà sempre un vuoto da riempire.
Il senso della vita è lodare Gesù Dio in ogni momento seguendo la sua parola.
Sia lodato Gesù Cristo
Il mistero dell’amore è più grande del mistero della morte
RispondiEliminaOscar Wilde
"per la prima volta nel nostro ordinamento sta passando una legge che afferma in modo esplicito il principio della disponibilità della vita umana contro quello della sua indisponibilità."
RispondiEliminahttp://www.iltimone.org/36262,News.html
"per la prima volta nel nostro ordinamento sta passando una legge che afferma in modo esplicito il principio della disponibilità della vita umana contro quello della sua indisponibilità.
RispondiEliminaIn assoluto, la vita umana non è indisponibile. Pena di morte, legittima difesa, etc.
Ovviamente, ciò non c'entra nulla col caso del piccolo.