Sull’argomento ci accingevamo a tradurre una interessante intervista al al Dott. Peter Kwasniewski del Wyoming Catholic College, apparsa su LifeSiteNews, ma questa volta ci ha preceduti padre Scalese, pubblicandola sul suo sito Antiquo robore da cui la riprendiamo.
Vedi nostri precedenti sul blog qui - qui.
Un esperto di liturgia: Le riforme liturgiche del Papa rischiano di riportare i cattolici "agli anni '70"
Quali potrebbero essere le ripercussioni della lettera pubblica con cui Papa Francesco corregge il Cardinal Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto divino, per aver cercato di imbrigliare il nuovo decentramento liturgico del Papa?
Per ampliare la prospettiva sul significato e il possibile impatto della lettera del Papa al Cardinale, abbiamo parlato col Dott. Peter Kwasniewski, scrittore prolifico e conferenziere internazionale sulla liturgia, e allo stesso tempo cantore, direttore del coro e compositore di musica sacra.
Dott. Kwasniewski, qual è, secondo Lei, l’aspetto più significativo della lettera di Papa Francesco al Cardinal Sarah?
L’aspetto di gran lunga piú significativo è lo spiccio accantonamento di Liturgiam authenticam, che è stato il frutto di anni di reazione a enormi difficoltà ed errori da parte di molte traduzioni. La traduzione originaria ICEL [= International Commission on English in the Liturgy] del Messale Romano e di altri libri fu una patetica parodia dei testi originali e portò al radicamento di numerose cattive abitudini mentali e liturgiche (un Vescovo una volta disse a un membro dell’originaria ICEL: «Vedo il dinamismo, ma dov’è l’equivalenza?» [si fa riferimento alla cosiddetta “equivalenza dinamica” in contrapposizione alla “corrispondenza formale”: qui]). Il processo che ha portato alla nuova traduzione inglese sarà pure certamente imperfetto da non pochi punti di vista, ma almeno ha assicurato una sostanziale corrispondenza nella lex orandi. Io ancora noto, quando partecipo a Messe OF [= forma ordinaria del Rito Romano o Novus Ordo], quanto piú ricchi e piú cattolici sono ora i testi, nonostante i loro residui difetti a paragone con il Messale Romano tradizionale. Nella lettera del Papa al Cardinal Sarah, è chiaro che i principi per cui Wojtyla e Ratzinger hanno combattuto vengono ritirati o messi da parte in modo che possiamo tornare agli anni Settanta — “sempre indietro, mai avanti” sembra essere il motto dei progressisti liturgici, che sono bloccati a una certa mentalità da “spirito del Concilio” e non sanno andare oltre la ristretta agenda caratteristica di quella fase.
Potrebbe spiegare per i lettori quali principi di Liturgiam authenticam sono stati cambiati?
Liturgiam authenticam sembra essere stata un tentativo di fermare la balcanizzazione e la banalizzazione del culto che aveva preso il sopravvento in quasi ogni lingua, con la elevata bellezza dei testi liturgici ridotta a caricature da fumetto (p. es., «he took the cup» [letteralmente, “coppa”, ma anche “tazza”, termine con cui si traduceva “calice” nella precedente traduzione] invece di «egli prese questo prezioso calice nelle sue mani sante e venerabili»). Liturgiam authenticam sosteneva che era assolutamente necessario che la Santa Sede avesse l’ultimo controllo sulla traduzione dei libri liturgici, e che il Vaticano poteva e doveva fare la revisione finale dei testi, con la possibilità di cambiarli. Magnum principium e quest’ultimo chiarimento, a dir poco, aprono la porta a un annullamento di quella correzione di rotta a lungo attesa.
Come la Chiesa prega, cosí essa crede. Quali effetti a lungo termine potrebbero avere questi cambiamenti sulla fede dei fedeli?
Quando leggiamo la frase “legittimi adattamenti”, dovremmo riconoscerla come una specie di linguaggio in codice per un’inculturazione sperimentale che spezza la sostanziale unità del Rito Romano. Anzi, questo è stato già fatto dalle centinaia di traduzioni già esistenti cosí come dalla pletora di opzioni presente nei nuovi libri liturgici, ma nelle recenti mosse vediamo un’accelerazione del regionalismo e del pluralismo.
Le conferenze episcopali hanno già un potere esorbitante, che ha ridotto il ruolo e la responsabilità dei singoli vescovi e del Papa. Esso non si concilia col principio di sussidiarietà, perché ciascun vescovo è sovrano nella sua diocesi e il Papa è sovrano sulla Chiesa intera; le conferenze episcopali sono semplici meccanismi burocratici, che non hanno alcuna funzione, autorità o responsabilità innate. Le si potrebbe paragonare alla differenza fra le singole nazioni sovrane e le Nazioni Unite. Già al Concilio Vaticano II, quando alcuni dei Padri espressero il desiderio che agli episcopati nazionali fosse conferita una maggiore autorità indipendente da Roma, altri Padri risposero dicendo che questo avrebbe frammentato la Chiesa nell’espressione della fede.
Piú profondamente, la messa in questione di Liturgiam authenticam, n. 80 in particolare è una continuazione della recente spiegazione del Papa dello sviluppo dottrinale, dove mette da parte il principio perenne di San Vincenzo di Lerino, spesso citato dai precedenti Papi, che ogni volta che si dice qualcosa di nuovo — e noi potremmo considerare una traduzione liturgica come dire una cosa nuova — dovrebbe sempre essere in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia, dovrebbe cioè esprimere la stessa dottrina, lo stesso significato e lo stesso giudizio. Questo non è assolutamente il modo in cui i progressisti pensano a proposito delle definizioni dogmatiche, degli insegnamenti morali o dei testi liturgici. Tutte queste cose per loro si possono continuamente adattare, cambiare e anche contraddire, a seconda del supposto “progresso” della società, della cultura e della mentalità. Si tratta di un punto di vista intrinsecamente evoluzionistico, debitore di Hegel e di Darwin, dove si può avere un uccello da un pesce. Che questo sia vero o no nel mondo naturale, non è stato mai ritenuto vero a proposito della sacra dottrina.
Dott. Kwasniewski, Lei ha scritto ampiamente sulla crisi liturgica dopo il Vaticano II. Quali prevede potrebbero essere le ripercussioni della lettera del Papa e dei suoi contenuti?
Appellarsi alla “comprensione del testo [liturgico] da parte dei destinatari” rischia di reintrodurre il razionalismo che ha fatto della liturgia cattolica un deserto. La liturgia, come mistero divino e opera di Dio in mezzo a noi, non può essere compresa da nessun uomo e neppure da nessun angelo. Ci sono vari modi [per entrare] nella liturgia, attraverso i cinque sensi e l’intelletto; naturalmente essa dovrebbe offrire ai fedeli delle “maniglie” che essi possono afferrare per seguire i riti che si svolgono. Ma una liturgia che punta a essere semplice e immediatamente comprensibile è destinata all’impoverimento, alla superficialità e alla noia. Non c’è nulla che possa affascinare, sconcertare, stimolare o ricompensare il partecipante. Nella liturgia noi aspiriamo a indossare la mente di Cristo, che è il lavoro di una vita. Dobbiamo passare attraverso l’oscurità e la luce, le idee e i sentimenti, il silenzio, il vuoto, l’autodisciplina, la sofferenza, sostenuti dalle ricche risorse della nostra tradizione bimillenaria. La riduzione della liturgia a una cosa normale, orizzontale, ordinata e di facile “comprensione” è il grande errore e il flagello degli ultimi 50 anni.
D’altra parte, alcuni sostengono — e io non so quanto siano fondate le loro affermazioni — che il nuovo processo predisposto da Papa Francesco renderà piú difficile ottenere una nuova traduzione, perché richiederà il consenso unanime dell’intera conferenza episcopale, piuttosto che essere nelle mani di un comitato ristretto che lavora in tandem con la Congregazione per il Culto divino per ottenere l’approvazione di quest’ultima. Se questo è vero, renderà i cambiamenti locali più difficili, il che è probabilmente una cosa buona a questo punto. Sinceramente, non posso immaginare che i vescovi statunitensi vogliano in generale fare un’altra traduzione, o una sostanziale modifica dell’attuale traduzione, così presto dopo che questa è stata promulgata come il risultato finale di un processo irragionevolmente lungo. Penso che non vedremo cambiamenti immediati. Il vero motivo di preoccupazione, mi sembra, è che questo sia un ulteriore elemento in una più vasta campagna per disfare il lavoro riformatore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che è stato, per molti versi, troppo limitato e arrivato in eccessivo ritardo, ma, con tutto ciò, è oggetto di odio accanito da parte di quelli che non hanno mai digerito il “conservatorismo” o addirittura il “tradizionalismo” di Wojtyla e Ratzinger.
C’è qualcos’altro che Lei vorrebbe aggiungere?
Mi viene in mente che c’è qualcosa di importante da dire. Come sapete, il Cardinal Marx ha detto che Magnum principium libera le conferenze episcopali e rende Liturgiam authenticam lettera morta (qui). Il Cardinal Sarah ha dissentito pubblicamente con Marx su questo punto; e ora Papa Francesco manda il segnale che lui sta dalla parte di Marx piuttosto che di Sarah, come precedentemente aveva appoggiato la posizione del Cardinal Kasper sulla comunione ai divorziati risposati. In tal modo, il Papa sta sempre più chiarendo che lui sta fondamentalmente con la gerarchia tedesca, conosciuta per essere una delle più liberali al mondo, sulle questioni scottanti del giorno.
RispondiElimina"Lo schiaffo di Francesco al cardinale Sarah. Il retroscena"
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/10/26/lo-schiaffo-di-francesco-al-cardinale-sarah-il-retroscena/
"Inutile dire che l'oggetto dello scontro tra Francesco e il cardinale Sarah non è marginale, ma tocca i fondamenti della vita della Chiesa, secondo l'antico motto: "Lex orandi, lex credendi".
Perché il "processo" che Francesco vuole mettere in moto è appunto anche quello di mutare, attraverso un decentramento alle Chiese nazionali delle traduzioni e degli adattamenti liturgici, l'assetto complessivo della Chiesa cattolica, trasformandola in una federazione di Chiese nazionali dotate di ampia autonomia, "includente anche qualche autentica autorità dottrinale".
Parole, queste ultime, della "Evangelii gaudium", il testo programmatico del pontificato di Francesco.
Parole anche queste enigmatiche, quando furono pubblicate nel 2013. Ma oggi un po' meno."
C'è un abisso tra questa lettera di Francesco e le calde parole di stima espresse per iscritto al cardinale Sarah, pochi mesi fa, dal "papa emerito" Benedetto XVI. Il quale si diceva certo che con Sarah "la liturgia è in buone mani" e quindi "dobbiamo essere grati a papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della congregazione che è responsabile della celebrazione della liturgia nella Chiesa".
RispondiElimina
RispondiEliminaSi parva licet...il disegno di lungo corso di dissolvere, cominciando dalla liturgia, la Chiesa cattolica unitaria in una c.d. "federazione" di chiese nazionali, mi ricorda quello, anch'esso di lungo corso, di chi sta cercando (e con successo) di dissolvere lo Stato nazionale mediante una c.d. "federazione" di regioni sempre più "autonome" da detto Stato, tanto autonome da sottrargli quasi tutte le competenze e svuotarlo dall'interno.
Z.
Papa Benedetto ha lodato la scelta per lodare lo scelto e vincolare il decisore.
RispondiEliminaMa se il decisore si svincola dalla scelta, resta la lode, ma vien meno il lodato.
A questo punto non si sarebbe più in buone mani, ma in manacce pelose.
San Paolo, lettera ai Romani, Santa Messa odierna.
RispondiElimina... parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza.
A Come infatti avete messo le vostre membra
a servizio dell’impurità e dell’iniquità,
per l’iniquità,
B così ora mettete le vostre membra
a servizio della giustizia,
per la santificazione.
A Quando infatti eravate schiavi del peccato,
B eravate liberi nei riguardi della giustizia.
A Ma quale frutto raccoglievate allora
da cose di cui ora vi vergognate?
A Il loro traguardo infatti è la morte.
B Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio,
raccogliete il frutto per la vostra santificazione
B e come traguardo avete la vita eterna.
A Perché il salario del peccato è la morte;
B ma il dono di Dio è la vita eterna
in Cristo Gesù, nostro Signore.
La vita di fede è tutto uno scegliere tra A e B... Non è indifferente scegliere A o B.
C'è qualcuno, seguace di chi inchiodava manifesti alla porta della chiesa di Wittenberg, che ritiene indifferente ragionare come A o come B, perchè basta "avere fede". In chi?
Se uno rischia di vendere indulgenze, l'altro è certamente un venditore di fumo, sprigionato dalle fiamme (certe) in cui rischiano di finire certi bei ragionamenti...
E' ridicola.
RispondiEliminaEcce Ancilla Domini.
Ecco la Serva del Signore.
Serva in portoghese si dice "Servidora". PERò "SERVIDORA", è il termine portoghese per indicare il ..vaso da notte!
"...il nuovo processo predisposto da Papa Francesco renderà piú difficile ottenere una nuova traduzione, perché richiederà il consenso unanime dell’intera conferenza episcopale, piuttosto che essere nelle mani di un comitato ristretto che lavora in tandem con la Congregazione per il Culto divino per ottenere l’approvazione di quest’ultima..."
RispondiEliminaTutto dipende dal tipo di conferenza episcopale. Le conferenze smaniose troppe ne faranno di traduzioni, con la scusa di raggiungere l'equivalenza dinamica che i 'loro' tempi richiedono. Cioè quelli della eiaculazione precoce.
Stavolta il Papa non è accusabile di irenismo, relativismo, pauperismo, peronismo, panteismo, o di un altro degli innumerevoli ismi che i suoi discorsi spesso costeggiano per la disperazione di noialtri conservatori che vorremmo come unico ismo il catechismo. «Il paradiso non è un luogo da favola e nemmeno un giardino incantato», ha detto il Santo Padre in udienza e non è una forzatura rispetto a quanto fissato nel Nuovo Testamento. Gesù cita il paradiso una volta sola, promettendolo al Buon Ladrone poco prima di spirare, e senza specificare alcunché. San Paolo dedica alla beatitudine eterna qualche parola in più, nella Seconda Lettera ai Corinzi, facendoci sapere che si trova «al terzo cielo». Nulla di materiale, sembra di capire, bensì qualcosa di etereo. Stavolta nelle parole di Papa Francesco è impossibile anche agli osservatori più malevoli cogliere divergenze con i predecessori: in un documento di Papa Benedetto XII, Quattordicesimo secolo, è scritto che «le anime di tutti i fedeli morti sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli». E se ci sono i santi angeli di sicuro non ci sono le 72 vergini invece presenti nel materialissimo paradiso islamico. «Fanciulle dal seno ricolmo, mai prima toccate da uomini» si legge nei versetti più allettanti del Corano, e finché leggiamo noi scettici, consapevoli dell'invenzione diciamo letteraria, non c'è nessun problema, ma quando a leggere sono giovani ingenui e frustrati, magari aizzati da imam facinorosi, ecco che il problema può diventare esplosivo. Chissà quanti fra i terroristi suicidi che hanno insanguinato l'Occidente dall'11 settembre si sono gettati nell'inferno di fuoco da loro stessi scatenato immaginando, negli ultimi istanti, il premio dell'orgiastico paradiso di Maometto. Chiedo preventivamente e cattolicamente perdono per quanto sto per dire: se il problema del paradiso islamico è l'eccesso di promessa, quello del paradiso cristiano è l'eccesso di vaghezza. «Il posto più bello che esiste» lo ha definito Papa Francesco con un'espressione che a noi poveri mortali dice tutto e dice niente. Il problema è antico visto che pure Cirillo di Gerusalemme, un Santo e un Dottore della Chiesa, mica un Vito Mancuso, quando entra nei celestiali dettagli comincia a balbettare. Commentando il Padre Nostro scrive che i cieli «potrebbero essere anche coloro che portano l'immagine del cielo tra i quali Dio abita e si muove». Potrebbero. Forse. Chissà. Chi ci capisce è bravo. Mentre quando autori biblici e commentatori e artisti affrontano l'inferno ecco che le immagini subito si stagliano. Provate a ricordare una terzina di Dante o un'incisione di Gustave Doré: nove su dieci riguarderà l'oltretomba. E innanzitutto Gesù è molto più esaustivo quando parla del luogo della perdizione eterna, la più volte citata Geenna dove finiranno nel fuoco non soltanto i corpi, anche le anime. Stavolta le parole del Papa non sono opinabili e infatti per concludere io mi rivolgo ai preti, ai predicatori: quando ci parlate del paradiso siete poco persuasivi e allora parlateci dell'inferno, sarete più convincenti.
RispondiElimina(Camillo Langone)
Anche se complesse, le cose possono essere molto semplici e si formulano con alcune domande: che formazione umanistica ha il clero odierno? Eccezioni a parte non ha alcuna formazione umanistica ed è destinato ad averne sempre meno per cui a queste persone il mondo greco-latino non dice assolutmente nulla!
RispondiEliminaFedeltà ai testi originali (latini, immagino) non può significare nulla perché la lingua latina (come quella greca) non sono viste quali veicoli di sapienza ma come lingue morte e sepolte!
Inoltre, il clero odierno ha una mentalità sempre più inclusiva: nel culto bisogna esprimere la sensibilità del nostro tempo, le varie mentalità delle genti, ecc. Questo significa che, anche qui, non esiste una scala valoriale, un discernimento spirituale tra ciò che può essere colto e ciò che deve essere tralasciatato (la spiritualità oramai è stata ammazzata e sostituita con la sociologia!).
Posti questi due principi, uniti con un razionalismo teologico molto orizzontalista, è ovvio che si ricade negli anni '70, anzi direi molto peggio: li si supera ampiamente!
Si è dunque creata, e con il Vdr si è rinvigorita, una "Chiesa larga" all'interno del mondo cattolico, larga nelle sue valutazioni e nelle sue visioni teologico-morali. Questa "Chiesa larga" non può che essere nemica della tradizione perché quest'ultima è costituzionalmente su ben altri fronti e ha riferimenti completamente opposti alla prima.
Probabilmente il Vdr pensa che, aprendo la diga, le acque della "Chiesa larga" o prima o poi trascineranno via ogni residuo di tradizione nel mondo Cattolico.
Fatto sta che l'ultima parola non può averla di certo lui.
Tralasciando la mondanizzazione lei che è un esperto di liturgia non crede che questa delibera ricalchi la situazione pre tridentina della Chiesa in occidente con oltretutto a maggior ragione la sua varietà e diversità rituale? Questo decentramento alle chiese nazionali infondo c'è sempre stato nella chiesa antica o sbaglio?
EliminaDAVIDE TROIANO
RispondiEliminaChe cos'è allora il Paradiso? Essere come gli angeli, nella luce del Signore per sempre
Papa Francesco avrebbe detto che cosa non è. Ma cos'è allora? Non sembra chiaro che cosa voglia dire nemmeno il commento di C. Langone, che forse vuol essere di tipo ironico, pur senza prender il Papa di petto. Forse il Papa voleva dire che il Paradiso non presenta nulla di materiale o di magico. Non chiarisce. Ma nemmeno Langone è soddisfacente (se il suo discorso non è ironico) circa gli accenni a paradiso e inferno dei Vangeli. Accenni sobri ma non oscuri.
Dell'Inferno Gesù si è limitato a dire che è un fuoco che brucerà in eterno assieme a chi vi sarà gettato dentro (da Lui stesso, in quanto Cristo giudice). Nelle parabole parla anche di "tenebre esteriori e stridor di denti".
Del paradiso sappiamo, sempre da Gesù, che non vi saranno più differenze tra uomini e donne, marito e moglie, saranno come gli angeli del Signore. Realtà puramente spirituale ma ben al di là della spiritualità della quale possono esser capaci gli uomini.
S. Paolo (2 Cr, 12 1 ss.) rivelò di esser stato rapito in Paradiso e di avervi avuto visioni ineffabili "che non è dato all'uomo di poter esprimere". In effetti, come esprimere con parole umane simili realtà sovrannaturali? IMpossibile. Ma non si tratta di una visione confusa o incerta. Sappiamo quanto basta. E'la religiosità popolare ad aver elaborato descrizioni complicate dell'aldilà, soprattutto dell'Inferno.
Il Paradiso è la realtà sovrannaturale ed eterna della presenza di Dio ("che abita una luce inaccessibile" 1 Tm 6, 16), della Santissima Monotriade, alla quale saranno ammessi i Beati: per l'eternità nella luce sovrannaturale della Divinità, come gli angeli. Espressa in simboli, tale realtà si arricchisce di immagini, di non facile interpretazione come si può vedere nei capitoletti finali dell'Apocalisse, ove compare la visione della Gerusalemme celeste. Chiara è comunque la descrizione della futura felicità dei Beati, "il Signore Iddio splenderà su di loro e regneranno nei secoli dei secoli"(Ap 22, 5).
Il Paradiso è un luogo sovrannaturale, come l'Inferno. Ma Papa Francesco lo fa capire che si tratta di una realtà sovrannaturale e di un luogo, sempre sovrannaturale, non di una realtà della nostra coscienza, che resta nell'anima dopo la morte? Forse vuole eliminare l'idea che il Paradiso sia un "luogo", il che sarebbe contro il sentire della Chiesa.
PP
Fuori tema ma non troppo :
RispondiEliminaChe pena !
http://www.lanuovabq.it/it/giornalisti-banditi-e-leditto-soviet-di-modena
OT: La Francia fa rimuovere la Croce dalla statua di San Giovanni Paolo II
RispondiEliminaIl Consiglio di Stato francese ordina la rimozione di una croce da un monumento su una pubblica piazza in Bretagna: violerebbe la laicità dello Stato.
La Chiesa insegna direttamente ed indirettamente, in maniera esplicita ed implicita, gli effetti del suo ribaltamento sono manifesti ovunque.
RispondiEliminaLNBQ, Rino Cammilleri, IL GIUDICE E IL KILLER DI MONOPOLI
In nome del reato che non c'è più
EDITORIALI 27-10-2017
Nulla di più grande, figlioli, dell'eucarestia! Pesate tutte le buone opere del mondo e poi una comunione ben fatta; Sarà come pesare un granello di polvere e una montagna
RispondiElimina(San Giovanni Maria Vianney). Ave Maria
Quando di "balcanizzazione" non si parlava:
RispondiElimina"[Il latino...] è un chiaro e nobile indizio dell’unità e un efficace antidoto contro tutte le corruzioni della pura dottrina".
(Papa Pio XII)
Contro-rivoluzione liturgica – Il caso “silenziato” di Padre Calmel
RispondiElimina“Mi attengo alla Messa tradizionale…, quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo, conformemente ad un uso plurisecolare. Rifiuto dunque l’Ordo missae di Paolo VI.
Perché? Perché, in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente, permessa o voluta dal Papa attuale, e che riveste, per il momento, la maschera dell’Ordo Missae del 3 aprile 1969. È diritto di ogni sacerdote rifiutare di portare la maschera di questa rivoluzione liturgica. E stimo mio dovere di sacerdote rifiutare di celebrare la messa in un rito equivoco.
Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante … allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno. Come accettare di rendersene complici?
Mi chiederete: mantenendo, verso e contro tutto, la Messa di sempre, hai riflettuto a che cosa ti esponi? Certo. Io mi espongo, per così dire, a perseverare nella via della fedeltà al mio sacerdozio, …Io mi espongo altresì a rassicurare dei fedeli smarriti, tentati di scetticismo o di disperazione. Ogni sacerdote, in effetti, che si mantenga fedele al rito della Messa codificata da San Pio V, ….permette ai fedeli di partecipare al santo Sacrificio senza alcun possibile equivoco; di comunicarsi, senza rischio di essere ingannato, al Verbo di Dio incarnato e immolato, reso realmente presente sotto le sacre Specie. Al contrario, il sacerdote che si conforma al nuovo rito, composto di vari pezzi da Paolo VI, collabora per parte sua ad instaurare progressivamente una messa menzognera dove la Presenza di Cristo non sarà più autentica, ma sarà trasformata in un memoriale vuoto; …Il rifiuto di collaborare all’instaurazione rivoluzionaria di una messa equivoca, orientata verso la distruzione della Messa, a quali disavventure temporali, a quali guai potrà mai portare… il Signore ci dice così tranquillamente: “Colui che perde la sua vita in questo mondo per causa mia, la salverà per la vita eterna”.
Anna (segue)
Riconosco senza esitare l’autorità del Santo Padre. Affermo tuttavia che ogni Papa, nell’esercizio della sua autorità, può commettere degli abusi d’autorità. Sostengo che il papa Paolo VI ha commesso un abuso d’autorità di una gravità eccezionale quando ha costruito un nuovo rito della messa su una definizione della messa che ha cessato di essere cattolica. “La messa – ha scritto nel suo Ordo Missae – è il raduno del popolo di Dio, presieduto da un sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore”. Questa definizione insidiosa omette a priori ciò che fa la Messa cattolica, da sempre …perché per la Messa cattolica …il memoriale è di tal natura che contiene realmente il sacrificio della Croce, perché il Corpo e il Sangue di Cristo sono resi realmente presenti in virtù della duplice consacrazione. Ora, mentre ciò appare così chiaro nel rito codificato da San Pio V da non poter esser tratti in inganno, in quello fabbricato da Paolo VI rimane fluttuante ed equivoco. Parimenti, nella Messa cattolica, il sacerdote non esercita una presidenza qualunque: segnato da un carattere divino che lo introduce nell’eternità, egli è il ministro di Cristo che fa la Messa per mezzo di lui…. Orbene, mentre ciò è certamente evidente nel rito della Messa prescritta da San Pio V, è invece dissimulato se non addirittura eliminato nel nuovo rito.
RispondiEliminaLa semplice onestà quindi, ma infinitamente di più l’onore sacerdotale, mi chiedono di non aver l’impudenza di trafficare la Messa cattolica, ricevuta nel giorno della mia ordinazione. Poiché si tratta di essere leale, e soprattutto in una materia di una gravità divina, non c’è autorità al mondo, fosse pure un’autorità pontificale, che possa fermarmi. D’altronde, la prima prova di fedeltà e d’amore che il sacerdote deve dare a Dio e agli uomini è quella di custodire intatto il deposito infinitamente prezioso che gli fu affidato quando il Vescovo gl’impose le mani. È anzitutto su questa prova di fedeltà e d’amore che io sarò giudicato dal Giudice supremo. Confido che la Vergine Maria, Madre del Sommo sacerdote, mi ottenga la grazia di rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco. Tuus sum ego, salvum me fac (sono tutto vostro, salvatemi)”.
Anna (segue)
Contro coloro che raccomandavano l’obbedienza cieca alle autorità, egli mostrava il dovere dell’insurrezione. “…Rimettersi alla grazia di Dio non significa non far nulla. Significa invece fare, rimanendo nell’amore, tutto ciò che è in nostro potere […]. A chi non abbia meditato sulle giuste insurrezioni della storia, come la guerra dei Maccabei, le cavalcate di santa Giovanna d’Arco, la spedizione di Giovanni d’Austria, …io rifiuto il diritto di parlare di abbandono cristiano […] l’abbandono non consiste nel dire: Dio non vuole la crociata, lasciamo fare ai Mori. Questa è la voce della pigrizia”.
RispondiEliminaNon si può confondere l’abbandono soprannaturale con una supina obbedienza. “Il dilemma che si pone a tutti – avvertiva padre Calmel – non è di scegliere tra l’obbedienza e la fede, ma tra l’obbedienza della fede e la collaborazione con la distruzione della fede”. Tutti noi siamo invitati a fare “nei limiti che ci impone la rivoluzione, il massimo di ciò che possiamo fare per vivere della tradizione con intelligenza e fervore. Vigilate et orate”.
“Il modernismo fa camminare le sue vittime sotto il vessillo dell’obbedienza , ponendo sotto sospetto di orgoglio qualunque critica delle riforme, in nome del rispetto che si deve al papa, in nome dello zelo missionario, della carità e dell’unità”.
Quanto al problema dell’obbedienza in materia liturgica, padre Calmel osservava: “La questione dei nuovi riti consiste nel fatto che sono ambivalenti: essi perciò non esprimono in modo esplicito l’intenzione di Cristo e della Chiesa. La prova è data dal fatto che anche gli eretici l’usano con tranquillità di coscienza, mentre rigettano e hanno sempre rigettato il Messale di san Pio V”.“Bisogna essere o sciocchi o paurosi (o l’uno e l’altro insieme) per considerarsi legati in coscienza da leggi liturgiche che cambiano più spesso della moda femminile e che sono ancora più incerte”.
Nel 1974 in una conferenza diceva: “La Messa appartiene alla Chiesa. La nuova Messa non appartiene che al modernismo. Mi attengo alla Messa cattolica, tradizionale, gregoriana, poiché essa non appartiene al modernismo […]. Il modernismo è un virus. È contagioso e bisogna fuggirlo. La testimonianza è assoluta. Se rendo testimonianza alla Messa cattolica, occorre che io mi astenga dal celebrarne altre. È come l’incenso bruciato agli idoli: o un grano o nulla. Dunque, nulla”.
da http://www.sanpiox.it/articoli/crisi-nella-chiesa/1238-contro-rivoluzione-liturgica-il-caso-silenziato-di-padre-calmel
Anna (fine)
Carissima Anna,
RispondiEliminalo avevamo pubblicato qui
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/02/resistenza-di-padre-roger-thomas-calmel.html
@ Mic:
RispondiEliminarepetita iuvant ;)
Evidenzio:
"in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente...Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante … allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno.
il sacerdote che si conforma al nuovo rito, composto di vari pezzi da Paolo VI, collabora per parte sua ad instaurare progressivamente una messa menzognera dove la Presenza di Cristo non sarà più autentica, ma sarà trasformata in un memoriale vuoto; …
... una messa equivoca, orientata verso la distruzione della Messa"
Preticamente siamo quasi al traguardo.
Anna
Se era equivoca fin dalla "riforma" di Paolo VI, figuriamoci con ciò che si prospetta...
RispondiElimina"... quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo,..."
RispondiEliminaCodificare e fabbricare sono i due verbi che, a parer mio, chiariscono e sintetizzano il nocciolo della questione. Interessante guardare le due etimologie: codex e faber.
http://blog.messainlatino.it/2017/10/preghiera-perche-i-lavoratori-autonomi.html#more
RispondiEliminaCosa si puo' commentare ... che siamo alla coriandolizzazione della CC ? Che siamo alla filiale della cgil ?C'e' da sprofondare per la vergogna !!
Boh ?!?
RispondiEliminahttps://www.theguardian.com/news/2017/oct/27/the-war-against-pope-francis?CMP=share_btn_tw