Oggi si festeggia San Francesco, Patrono d'Italia. Siamo lieti di commemorarlo con un eccellente articolo di Silvio Brachetta pubblicato su Vita Nuova di Trieste. Di seguito trovate un altro articolo, sempre da Vita Nuova, che critica la “rilettura” della Legenda Maior di San Bonaventura nella falsificazione di Vatican Insider.
San Francesco non incontrò il Sultano per dialogare
ma per evangelizzare cercando il martirio
San Francesco non ha mai temuto che il dialogo si potesse trasformare in disputa: «gli eretici si rendevano latitanti», perché «i segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui» (Vita prima XXII).
Si è scritto molto, nell’ultimo decennio, dell’incontro che San Francesco d’Assisi ebbe con il Sultano di Babilonia. Il Poverello si recò in Terrasanta al seguito delle operazioni belliche legate alla Quinta Crociata (1217-1221) e si trovò a predicare il Vangelo alla presenza di Muhammad al-Malik al-Kamil, nipote del Saladino. Molti commentatori hanno cercato di negare o di sminuire la portata della predicazione e di ridurre l’evento ad una sorta di dialogo informale, alla pari, dove il francescano avrebbe assunto il ruolo di ascoltatore delle ragioni altrui.
Questa lettura è però smentita dalle stesse fonti francescane. La Legenda Maior è molto esplicita, nel merito: «Ma l’ardore della carità lo spingeva al martirio; sicché ancora una terza volta tentò di partire verso i paesi infedeli, per diffondere, con l’effusione del proprio sangue, la fede nella Trinità» (IX, 7). San Francesco «predica al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo», con «tanto coraggio», con «tanta forza e fervore di spirito» (IX, 8).
La Vita prima del Celano ha lo stesso tenore: «Chi potrebbe descrivere la sicurezza e il coraggio con cui gli [al Sultano] stava davanti e gli parlava, e la decisione e l’eloquenza con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana?» (n. 57).
Schiettezza francescana
Non ha quindi fondamento l’ipotesi di un dialogo, tra il Santo e il Sultano, avvenuto con la caratteristica di un generico colloquio. Che poi il francescanesimo abbia assunto “da subito“ la forma letteraria dell’esortazione, appare chiaramente dalle fonti. Non si parla di dialogo, nei testi, ma di «predicazione», di «esortazione». I frati sono inviati per predicare, non per dialogare. E non si parla di dialogo, non perché assente, ma in quanto onnipresente in tutta la vicenda francescana. E’ invece assente, nelle fonti, qualsiasi retorica associata al dialogo: i frati e le suore non sono mai stati taciturni e richiamarli al dialogo sarebbe stato del tutto superfluo. Il problema, semplicemente, non si è mai posto.
Le fonti sono un florilegio della parola, scritta e pronunciata: prediche, esortazioni, domande, risposte, epistole, poesie, orazioni, ammonimenti, elogi. E, tuttavia, questa parola non è mai vaniloquio, non è mai ossequio mondano, ma rappresenta una testimonianza, che ha l’unico scopo di presentare la verità di Cristo, senza alcuna reticenza o soggezione umana.
L’intenzione di dare gloria a Dio e ricercare la salvezza delle anime è centrale. Nella Lettera ai reggitori dei popoli, San Francesco fa una supplica, nella quale è contenuto un avvertimento: «Vi supplico perciò […] di non dimenticare il Signore» e «di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di Lui, sono maledetti e saranno dimenticati da Lui». Non c’è la preoccupazione, nel Poverello, di ferire l’interlocutore o d’interrompere il dialogo. C’è semmai un’indole schietta, che nasce nella consapevolezza della propria identità e appartenenza.
La verità è liberante
San Francesco, in particolare, «sapeva non lusingare le colpe, ma sferzarle». Egli, cioè, sapeva «non blandire la condotta dei peccatori, ma abbatterla con dure rampogne»: era un «predicatore della verità» di grande «fermezza di spirito» e fu proprio questa sua attitudine a catturare «gente di ogni età e d’ogni sesso» (LM 12, 8). Lo accompagnavano prodigi e miracoli, poiché il Signore era con lui e lo sosteneva.
Da questa completa libertà di parola, da questa padronanza di dire la verità in ogni dove, sgorgava a fiumi la «laetitia» francescana. Letizia di amare, di sentirsi amato, di vedere realizzarsi l’opera di Gesù¹, «via, verità e vita», di non preoccuparsi degli schiaffi ricevuti e delle persecuzioni. Più che aiutare i poveri, fu povero lui stesso. Più che amare la cavalleria, fu cavaliere lui stesso. Per questo motivo Pio XII ne ammirò l’«anima di cavaliere» (Discorso, 5 maggio 1940 [qui]). Più che dare disposizioni, operava lui stesso, non ammettendo nulla tra il dire e il fare: “E’ da compiangere – diceva il Poverello – quel predicatore che con la malvagità della vita distrugge quanto ha edificato con la verità della dottrina» (LM VIII, 2).
San Francesco non ha mai temuto che il dialogo si potesse trasformare in disputa, anche se nessuno era tentato di correggerlo: «gli eretici si rendevano latitanti», perché «i segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui» (Vita prima XXII).
Un articolo sorprendente di Gianni Valente vorrebbe “rileggere” la Legenda Maior di San Bonaventura e il racconto che lì viene fatto dell’incontro tra San Francesco e il Sultano.
Siamo arrivati a questo punto di cecità. È difficile crederlo, ma è scritto nero su bianco, qui. Non è vero – secondo Gianni Valente di Vatican Insider – quello che ha scritto San Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior. San Bonaventura, cioè, è un bugiardo quando riporta quello che San Francesco disse al Sultano: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, da’ ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (IX, 8).
Non può essere avvenuto questo – scrive Valente – perché il Poverello non era mica un integralista, un fanatico, uno che appartiene ai «circoletti clericali che funestano l’attuale stagione ecclesiale». Anzi, questi «circoletti» avrebbero l’intenzione di arruolare San Francesco nelle loro «guerricciole pseudo-dottrinali», allo scopo di falsificarne la figura. Valente si guarda bene dal citare San Bonaventura e la sua Legenda Maior. L’episodio del Sultano – si limita a scrivere – sarebbe un testo di «cronaca circolante sui siti muscolari della galassia “cristianista”», inventato da un certo «Fra Illuminato».
E rincara: «La credibilità di tale versione dell’incontro, con San Francesco votato a “dimostrare” la gloria di Dio sottoponendosi a una specie di ordalia, è sempre stata confutata dagli studiosi delle fonti francescane». Cioè, gli studiosi avrebbero confutato San Bonaventura e la Legenda Maior, scritta invece dal Dottore Serafico proprio come testo ufficiale del francescanesimo! E chi sarebbero semmai questi studiosi? Che peso avrebbero i loro studi, nel caso in cui avrebbero davvero voluto confutare uno dei più grandi Dottori della Chiesa?
Valente derubrica il lavoro di chi si permette di parlare del San Francesco storico e reale nella categoria delle «baruffe pseudo-teologiche da social media», che vedono fronteggiarsi buonisti e integralisti. Mette tutti nello stesso calderone. Eppure è proprio Valente che butta tutto in baruffa. Non dimostra niente. Bacchetta molto. Cerca d’inventare, anche se lo nega, un San Francesco che non predica, ma dialoga amabilmente. Una persona tiepida, insomma. E questo tiepidume dovrebbe convincere i musulmani alla conversione.
Valente tenta di dire che la Regola “non bollata” è a favore dei frati tiepidi, poiché non prevede che essi «facciano liti o dispute» coi saraceni. È ovvio che non lo preveda: chi non ha la santità di San Francesco, essendo mediocre, trasforma la disputa in lite, la predicazione in polemica. È proprio quello che fa Valente: azzanna chi critica i buonisti, accusati ingiustamente di «manipolazioni che trasformerebbero l’Alter Christus d’Assisi in un frate debosciato e vigliacco». E, invece, il rischio buonista sta tutto qui.
Negando il San Francesco di San Bonaventura (ma anche del Celano, ad esempio), Valente celebra il buonismo, il dialogismo, il relativismo e il tiepidismo, tanto cari ai nemici dell’evidenza.
* * *
Vatican Insider falsifica San Francesco d’Assisi
Un articolo sorprendente di Gianni Valente vorrebbe “rileggere” la Legenda Maior di San Bonaventura e il racconto che lì viene fatto dell’incontro tra San Francesco e il Sultano.
Siamo arrivati a questo punto di cecità. È difficile crederlo, ma è scritto nero su bianco, qui. Non è vero – secondo Gianni Valente di Vatican Insider – quello che ha scritto San Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior. San Bonaventura, cioè, è un bugiardo quando riporta quello che San Francesco disse al Sultano: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, da’ ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (IX, 8).
Non può essere avvenuto questo – scrive Valente – perché il Poverello non era mica un integralista, un fanatico, uno che appartiene ai «circoletti clericali che funestano l’attuale stagione ecclesiale». Anzi, questi «circoletti» avrebbero l’intenzione di arruolare San Francesco nelle loro «guerricciole pseudo-dottrinali», allo scopo di falsificarne la figura. Valente si guarda bene dal citare San Bonaventura e la sua Legenda Maior. L’episodio del Sultano – si limita a scrivere – sarebbe un testo di «cronaca circolante sui siti muscolari della galassia “cristianista”», inventato da un certo «Fra Illuminato».
E rincara: «La credibilità di tale versione dell’incontro, con San Francesco votato a “dimostrare” la gloria di Dio sottoponendosi a una specie di ordalia, è sempre stata confutata dagli studiosi delle fonti francescane». Cioè, gli studiosi avrebbero confutato San Bonaventura e la Legenda Maior, scritta invece dal Dottore Serafico proprio come testo ufficiale del francescanesimo! E chi sarebbero semmai questi studiosi? Che peso avrebbero i loro studi, nel caso in cui avrebbero davvero voluto confutare uno dei più grandi Dottori della Chiesa?
Valente derubrica il lavoro di chi si permette di parlare del San Francesco storico e reale nella categoria delle «baruffe pseudo-teologiche da social media», che vedono fronteggiarsi buonisti e integralisti. Mette tutti nello stesso calderone. Eppure è proprio Valente che butta tutto in baruffa. Non dimostra niente. Bacchetta molto. Cerca d’inventare, anche se lo nega, un San Francesco che non predica, ma dialoga amabilmente. Una persona tiepida, insomma. E questo tiepidume dovrebbe convincere i musulmani alla conversione.
Valente tenta di dire che la Regola “non bollata” è a favore dei frati tiepidi, poiché non prevede che essi «facciano liti o dispute» coi saraceni. È ovvio che non lo preveda: chi non ha la santità di San Francesco, essendo mediocre, trasforma la disputa in lite, la predicazione in polemica. È proprio quello che fa Valente: azzanna chi critica i buonisti, accusati ingiustamente di «manipolazioni che trasformerebbero l’Alter Christus d’Assisi in un frate debosciato e vigliacco». E, invece, il rischio buonista sta tutto qui.
Negando il San Francesco di San Bonaventura (ma anche del Celano, ad esempio), Valente celebra il buonismo, il dialogismo, il relativismo e il tiepidismo, tanto cari ai nemici dell’evidenza.
San Francesco d'Assisi, San Giovanni Battista, San Tommaso Moro (e l'elenco potrebbe continuare all'infinito) non sono più santi della nuova Chiesa bergogliana (o meglio di quella fedele allo spirito del CVII, attuato interamente da Bergoglio), troppo integralisti e divisivi, troppo legati a precetti, divieti, comandamenti, che scagliavano come pietre contro poveri fratelli indifesi (Erode Antipa,il Sultano Malik al Kamil, Enrico VIII); avrebbero dovuto "curare le ferite, le fragilità del loro prossimo, accompagnare i fratelli feriti negli ospedali da campo, saper discernere i motivi che spingevano Erode, Malik ed Enrico ad agire come agivano, senza pretendere di convertirli (il proselitismo? ha, che brutta parola !). Per fortuna che adesso sulla neochiesa aleggia lo spirito di Marco Pannella (così Mons. Paglia), di Emma Bonino, di Eugenio Scalfari, e iu risutati si vedono bel nuovo caste bergogliano: mons. Ricca, padre James Martin, mons. Capozzi, mons. Charamsa ecc. ecc. ecc..
RispondiElimina
RispondiEliminaE' da compiangere, ha detto giustamente S. Francesco, quel predicatore che con la malvagità della vita contraddice (e distrugge, per la gente) la santità della dottrina che predica.
------
Oggi abbiamo "predicatori" che eccellono nella malvagità della dottrina: Papi che fanno l'elogio ripetuto di Lutero e delle sue eresie, esaltano in tutti i modi le false religioni, definendo "una sciocchezza" il convertire i popoli a Cristo - che sembrano intenti a distruggere il matrimonio cattolico in nome di una falsa misericordia, autorizzando gli adulteri a comunicarsi pur restando nel peccato; vescovi che falsificano apertamente i Sacri Testi, come il segretario della CEI, che ha raccontato ai giovani, non molto tempo fa, aver l'intercessione di Abramo salvato Sodoma dalla distruzione!
Sulla vita di tutti questi Chierici corruttori della fede non sta a noi indagare, ma certo cosa pensare di tutti quegli ecclesiastici dalla pastorale così lassista, così aperta all'accettazione non solo delle debolezze ma persino delle aberrazioni del nostro tempo?
Guai a loro, la cui ignoranza dei Sacri Testi e della Dottrina deve essere abissale. Ecco come andranno a finire, se non si pentiranno e non torneranno alla fede:
"Poiché, se noi cadiamo nel peccato [di apostasia] volontariamente, dopo aver ricevuto la piena conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per tali peccati, ma solo l'attesa angosciosa del giudizio e la vampa di un fuoco, che divorerà i ribelli. Colui che ha violato la legge di Mosé, sulla deposizione di due o tre testimoni, è messo a morte senza pietà: di qual supplizio più atroce pensate voi, non sarà degno colui, che avrà calpestato il Figlio di Dio e reputa come immondo il sangue della sua alleanza, col quale è stato santificato, e avrà fatto oltraggio allo Spirito della grazia? Noi ben conosciamo quel Dio che ha detto: - A me la vendetta! Io darò la retribuzione. E ancora: - Il Signore giudicherà il suo popolo! E'cosa terribile cadere nelle mani del Dio vivente!" (Ebrei, 10, 26-31).
E noi, lasciati come a noi stessi dal tradimento di troppi pastori, tuttavia non disperiamo, forti nella fede e nella speranza: "Il Signore sa liberare dalla prova gli uomini pii e riserbare gli empi per esser puniti nel giorno del Giudizio, specialmente quelli che seguono la carne nei suoi desideri immondi e disprezzano l'autorità"( 2 Pietro, 2, 9-10).
PP
Programma : "Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà".
RispondiEliminahttp://rozaniecdogranic.pl/o-rozancu-do-granic
Stiamo andando verso la protestizzazione della liturgia? Verso l`abolizione del Sacrificio?
RispondiEliminaMolte delle parole e dei gesti del papa attuale e della gerarchia sembrano indicarlo.
Penso alla Missa in Coena Domini e alle novità che Bergoglio ha introdotto (http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20160106_decreto-lavanda-piedi_it.html) , Bergoglio non la celebra più con i sacerdoti ma in privato con uomini e donne e poco importa la loro religione, alle sue risposte nel tempio luterano, alla libertà lasciata alle Conferenze episcopali per tradurre e contestualizzare il Messale, ecc, ecc.
Socci riprende un testo di Benedetto XVI alla luce del quale possiamo anche leggere le applicazioni ( perchè già siamo alle applicazioni) dell`Amoris laetitia:
http://www.antoniosocci.com/benedetto-xvi-spiegato-confutato-anticipo-certe-idee/
L'esatto contrario di qto asserito ieri dall'erudito Tornielli su La Stampa!
RispondiEliminahttp://www.lastampa.it/2017/10/04/vaticaninsider/ita/commenti/san-francesco-il-sultano-e-le-fake-news-del-2acGPkVt36cJOP0WgAgc0H/pagina.html
https://www.youtube.com/watch?v=7bUuzZ3jm7A
RispondiEliminaCome ho avuto modo di dire in altra circostanza, questa crisi è una crisi di santi. .
RispondiEliminaLo accompagnavano prodigi e miracoli, poiché il Signore era con lui e lo sosteneva e gli eretici non si avvicinavano neppure a disputare con lui perché sapevano che veniva da Dio. Stessa cosa, se leggete la vita di San Benedetto scritta da San Gregorio Magno. Anche gli imperatori lo temevano. Oggi abbiamo lodevoli sacerdoti e laici che si prodigano per la difesa della dottrina Cattolica e ringraziamo il Signore di questo, ma immaginiamo se ci fosse un Santo a fare questo. Immaginiamo Bergoglio, kasher, daneel, schomborg, Marx, zuppi, etc, devianti ad un Santo di Dio, accompagnato dalla potenza di Dio, dotato di introspezione, lettura dei cuori, di fare miracoli...avrebbero un santo timore di Dio, avrebbero timore e o scapperebbero o si convertirebbero e la gente normale accorrerebbe a frotte
RispondiEliminaL'ultimo "santo di Dio" è stato Santo Padre Pio. Morto, mi sembra, nel 1968.
Il Concilio Vat. II ha fatto tabula rasa, il deserto. La "accomodata renovatio" della vita monastica, da esso promossa, l'ha semplicemente dissolta. Così come ha distrutto i Seminari.
E non poteva essere diversamente, visto che il Concilio è dominato da un "Controspirito" (mons. Gherardini) che non ha ovviamente nulla a che vedere con lo Spirito Santo.
PP
Collegato a quanto detto più sopra:
RispondiEliminahttp://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/
Non dovrebbe sorprendere che Jorge Bergoglio, il papa della religione universale e inclusiva, di "una sorta di Chiesa universale a forma di poliedro della quale la Chiesa cattolica sia solo una faccia, alla pari delle altre Chiese e denominazioni" , inviti giovani di altre religioni e anche atei, che quell`incontro si inserisca "nel cammino di preparazione alla prossima assemblea dell’ottobre 2018, che avrà per tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale" non sembra porre problemni agli organizzatori:
RispondiEliminahttps://ilsismografo.blogspot.ch/2017/10/vaticano-il-papa-annuncia-una-riunione_5.html
Il papa riabilita Lercaro e Prodi è felicissimo perchè:
RispondiElimina"il Papa ci ha mandato un arcivescovo meraviglioso», perchè «l’attuale arcivescovo di Bologna e il Papa non hanno fatto una scelta escludente, hanno presentato il Vangelo nella sua radicalità. Non lo presentano in modo accusatorio o escludente. E’ sempre un invito attivo, è più una spinta che un ammonimento».
Ancora la favola di una Chiesa dura e senza cuore e di un Vangelo che aspettava Jorge Bergoglio per essere correttamente interpretato.
http://www.lanuovabq.it/it/poveri-pane-e-parola-il-papa-riabilita-lercaro
Grazie Maria.
RispondiEliminaProdi.....bel cattolico...adulto....mas so ne faceva sedute spiritiche e in una di queste gli dissero dove era moro...ricordiamoci di di è questa gente è cosa ha fatto..nessun riconoscimento, nessuna legittimazione, nessun inchino...
RispondiEliminaGrazie Maria.
RispondiEliminaGrazie a te, Silvio, per il tuo prezioso lavoro, che che merita di essere diffuso e condiviso.
Anche il tuo.
RispondiEliminaVatican Insider falsifica San Francesco d’Assisi
RispondiEliminaUn articolo sorprendente di Gianni Valente vorrebbe “rileggere” la Legenda Maior di San Bonaventura e il racconto che lì viene fatto dell’incontro tra San Francesco e il Sultano.
Siamo arrivati a questo punto di cecità. È difficile crederlo, ma è scritto nero su bianco, qui. Non è vero – secondo Gianni Valente di Vatican Insider – quello che ha scritto San Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior. San Bonaventura, cioè, è un bugiardo quando riporta quello che San Francesco disse al Sultano: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, da’ ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (IX, 8).
Non può essere avvenuto questo – scrive Valente – perché il Poverello non era mica un integralista, un fanatico, uno che appartiene ai «circoletti clericali che funestano l’attuale stagione ecclesiale». Anzi, questi «circoletti» avrebbero l’intenzione di arruolare San Francesco nelle loro «guerricciole pseudo-dottrinali», allo scopo di falsificarne la figura. Valente si guarda bene dal citare San Bonaventura e la sua Legenda Maior. L’episodio del Sultano – si limita a scrivere – sarebbe un testo di «cronaca circolante sui siti muscolari della galassia “cristianista”», inventato da un certo «Fra Illuminato».
E rincara: «La credibilità di tale versione dell’incontro, con San Francesco votato a “dimostrare” la gloria di Dio sottoponendosi a una specie di ordalia, è sempre stata confutata dagli studiosi delle fonti francescane». Cioè, gli studiosi avrebbero confutato San Bonaventura e la Legenda Maior, scritta invece dal Dottore Serafico proprio come testo ufficiale del francescanesimo! E chi sarebbero semmai questi studiosi? Che peso avrebbero i loro studi, nel caso in cui avrebbero davvero voluto confutare uno dei più grandi Dottori della Chiesa?
Valente derubrica il lavoro di chi si permette di parlare del San Francesco storico e reale nella categoria delle «baruffe pseudo-teologiche da social media», che vedono fronteggiarsi buonisti e integralisti. Mette tutti nello stesso calderone. Eppure è proprio Valente che butta tutto in baruffa. Non dimostra niente. Bacchetta molto. Cerca d’inventare, anche se lo nega, un San Francesco che non predica, ma dialoga amabilmente. Una persona tiepida, insomma. E questo tiepidume dovrebbe convincere i musulmani alla conversione.
Valente tenta di dire che la Regola “non bollata” è a favore dei frati tiepidi, poiché non prevede che essi «facciano liti o dispute» coi saraceni. È ovvio che non lo preveda: chi non ha la santità di San Francesco, essendo mediocre, trasforma la disputa in lite, la predicazione in polemica. È proprio quello che fa Valente: azzanna chi critica i buonisti, accusati ingiustamente di «manipolazioni che trasformerebbero l’Alter Christus d’Assisi in un frate debosciato e vigliacco». E, invece, il rischio buonista sta tutto qui.
Negando il San Francesco di San Bonaventura (ma anche del Celano, ad esempio), Valente celebra il buonismo, il dialogismo, il relativismo e il tiepidismo, tanto cari ai nemici dell’evidenza.
http://www.vitanuovatrieste.it/vatican-insider-falsifica-san-francesco-dassisi/
E' evidente un attacco alla missione Francescana in Egitto. per Valente sono in un vicolo cieco e detta la correzione formale !! Ovvio che è un chiaro avvertimento ai francescani di quel Paese che stanno disattendendo, secondo Valente ma evidentemente anche per i suoi padroni, quel che aveva iniziato il Papa. Valente non vuole arrendersi alla realtà, che quella visita non ha inciso per niente o poco nella vita delle comunità cattoliche egiziane, se non parole di circostanza e che i cattolici in Egitto hanno una storia ed una cultura ed una fede che mal si adatta a queste nuove interpretazioni.
RispondiEliminaHermann Sta
Ma quand'è che a Vatican Insider la faranno finita di manipolare la verità? Tutte le volte vengono smentiti ma continuano a rifarlo.
RispondiEliminaPaola
Ma di che vi meravigliate? E' evidente che vogliono far scendere il livello di s.Francesco d'Assisi, se mai cio' fosse possibile, a quello di un qualunque pacioso e semi-idiota seguace di Bergoglio, il quale, assumendone il nome, tra l'altro, lo ha profanato purtroppo. Dall'Alter Christus al Gesu'II di A.Socci!
RispondiElimina