Rispettare il diritto di emigrare, rendere possibile il diritto a non emigrare, non esiste un diritto assoluto di emigrare, verificare le migrazioni col realismo cristiano, su di esse le speculazioni sono tante. Possiamo riassumere così le quattro regole che il Vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi ha elencato e spiegato nell’ultima parte del suo importante discorso per il Te Deum di ringraziamaento per la fine dell’anno civile 2016, pronunciato nella cappella civica della Beata Vergine del Rosario.
Carissimi fratelli e sorelle,
volgendo lo sguardo ora ai problemi che hanno toccato il nostro vivere civile nel 2016, dobbiamo ricordare in modo particolare quello connesso alle migrazioni, anche qui a Trieste motivo di non poche preoccupazioni e di un acceso dibattito pubblico, che ha visto la nostra Chiesa impegnata in prima linea a fronteggiarne gli aspetti connessi all’emergenza umanitaria. In un quadro che resta carente e deficitario di credibili linee di intervento su questo tema scottante sia a livello nazionale sia a livello europeo, è bene dotarsi di un qualche criterio per il discernimento.
Primo criterio è che esiste il diritto ad emigrare, a fronte di persecuzioni politiche o religiose, di guerre, di degrado o di povertà endemica o di sottosviluppo che impediscono la sopravvivenza o la condizionano a sofferenze sproporzionate.
Se esiste quindi un diritto ad emigrare va tenuto anche presente che c’è anche, e forse prima, un diritto a non emigrare. L’emigrazione non deve essere forzata, costretta o addirittura pianificata. Questo criterio è molto importante perché ad esso sono collegati dei doveri. Il dovere della comunità internazionale di intervenire sulle cause prima che sulle conseguenze.
Un altro criterio è che se esiste un diritto ad emigrare non esiste però un diritto assoluto ad entrare in ogni caso in un altro Paese. In altri termini, i Paesi di destinazione hanno il diritto di governare le immigrazioni e di stabilire delle regole per l’accesso e l’integrazione degli immigrati nella loro società. E tra i criteri per la difesa del bene comune nelle politiche immigratorie c’è anche il dovere di salvaguardare la propria identità culturale.
Un altro criterio è il realismo cristiano, che significa vedere che dietro le migrazioni non ci sono solo legittimi bisogni, ma anche reti di sfruttamento delle persone e disegni di destabilizzazione internazionale, questi ultimi perseguiti tramite l’esecuzione di spaventosi atti terroristici, perpetrati anche recentemente sul suolo europeo da fondamentalisti islamici. [Fonte]
OT
RispondiEliminahttp://www.catholicworldreport.com/2018/01/01/cardinal-brandmuller-reflects-on-luther-amoris-laetitia-the-dubia-and-current-situation/
Questo articolo meritava una maggiore visibilità. E' stato fagocitato dalla cronaca.
RispondiElimina... e dal grande interesse suscitato dai precedenti.
RispondiEliminaMessaggio di Natale: il vangelo del migrante secondo Francesco
RispondiEliminadi Francesca de Villasmundo
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2284_De-Villasmundo_Messaggio_di_Natale.html
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/agrigento-scritte-sataniche-scuola-e-crocifissi-bruciati-1480052.html
RispondiEliminahttp://www.ilgiornale.it/news/politica/donne-sinistra-prone-allislam-inaccettabile-1479889.html
Bonino salvata da Tabacci.
RispondiEliminahttps://giulianoguzzo.com/2018/01/05/bonino-salvata-da-tabacci-ma-chi-salvera-noi/#more-12883