Un primo approccio tratto da Radioromalibera, per i lettori che hanno chiesto approfondimenti sulla preghiera mentale, sulla meditazione, via maestra per la contemplazione.
Per la preparazione immediata alla preghiera, due atteggiamenti sono particolarmente utili: il primo è il ricordo della Maestà di Dio e mettersi alla sua presenza il secondo è il ricordo del nostro nulla. Per il primo basta normalmente uno sguardo verso il Crocifisso; per il secondo, la considerazione dei nostri peccati.
La conoscenza e l’amore nella meditazione
Posuit tenebras latibulum suum: Dio si avvolge di tenebre come Suo nascondiglio, cioè per costringere l’uomo a cercarLo con lo sforzo della sua intelligenza. È questa ricerca che costituisce il fine proprio della meditazione. Il lavoro principale spetta all’intelligenza, il cui ruolo è di illuminare la volontà per condurla all’amore. Perciò, san Paolo scrive nell’epistola ai Colossesi (2.2) che i suoi discepoli, oltre ad essere istruiti nella Carità, ‘acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza’.
Se la prima parte della preghiera mentale in genere e della meditazione in particolare è conoscere Dio, la seconda parte è amarLo. Senza l’amore la meditazione è sterile. San Paolo (I Cor 13,2) dice: ‘Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, ma non avessi la carità, non sono nulla’.
L’amore è il fine della preghiera, com’è il fine della vita interiore tutta intiera ed il fine della nostra vita cristiana quaggiù e nel Cielo. ‘Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente’ (Lc. 10.27).
L’oggetto della meditazione
La meditazione si basa sulla lettura, ma quale lettura è adatta per la meditazione? Le vite dei santi, i trattati spirituali dei dottori della Chiesa come sant’Agostino, san Bernardo, san Bonaventura (nella foto); gli scritti dei mistici come santa Geltrude e santa Teresa, l’Imitazione di Cristo, ma soprattutto le opere sulla Vita e la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Dal tempo dei Padri del deserto, infatti, la lettura classica per la meditazione, alla quale san Benedetto ha dato il nome di Lectio Divina, è la Sacra Scrittura stessa.
La Sacra Scrittura è l’opera più utile alla meditazione, perché tratta direttamente dell’oggetto della preghiera, cioè Nostro Signore Gesù Cristo Stesso. Difatti in queste pagine ispirate e composte dallo Spirito Santo si trova Nostro Signore Stesso, nascondendosi nell’Antico Testamento sotto le figure le più pellegrine e le storie le più diverse, e rivelandosi nel Nuovo Testamento nella piena luce del giorno, perché è il fine proprio dell’Incarnazione di rivelarci Dio.
Secondo il Deuteronomio (32.13), Dio vuole che il Suo popolo raccolga il miele dalla rupe e l’olio da una roccia durissima. Questa rupe da cui bisogna raccogliere la dolcezza è Nostro Signore Gesù Cristo; la roccia durissima su cui bisogna raccogliere l’olio, che è l’unzione della vera devozione, è ciò che manifesta Gesù Cristo ossia il corpo della Dottrina Cattolica, che nel suo splendore e nella sua inassalibile solidità assomiglia ad una roccia di diamante. Solo su questa base si può erigere quella casa o torre forte e stabile, che è la preghiera fervente ed efficace.
Se non meditiamo sul Signore Stesso, rischiamo di perderci nei sogni, nel sentimentalismo e nell’illusione. In una parola, la lettura adatta ci serve sia come oggetto di meditazione, sia come scudo contro le distrazioni.
La Sacratissima Umanità di Gesù Cristo costituisce l’oggetto più nobile che l’intelligenza umana si possa proporre e ad essa si applica la parola seguente del profeta Geremia (9.23): ‘Così, dice il Signore, non si vanti il saggio della sua saggezza e non si vanti il forte della sua forza, non si vanti il ricco delle sue ricchezze, ma chi vuol gloriarsi si vanti di questo: di sapere chi sono Io e di conoscere Me’.
Meditando sulla Sacratissima Umanità di Nostro Signore ci uniamo a Lui e siamo portati a praticare tutte le Sue virtù, come leggiamo nel libro della Sapienza (15.3): ‘Conoscere Voi, infatti, è giustizia perfetta, conoscere la Vostra potenza è radice di immortalità’.
Ma, oltre a questo, la meditazione sulla Sua Sacratissima Umanità ci porta alla Sua Divinità, la divinità di cui abbiamo tutti sete e non c’è altra via a Dio, perché Nostro Signore Gesù Cristo Stesso ci dice: ‘Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me’. ‘Ego sum ostium’ dice il Signore: ‘Io sono la porta’. Egli è la porta per cui bisogna passare tramite i Sacramenti e tramite la nostra preghiera, per raggiungere Dio, per unirci a Dio, perché Egli è l’Uomo – Dio e, come ci dice san Paolo nell’epistola ai Colossesi (2.3-9): ‘In Lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità’.
E così il Prefazio di Natale può essere inteso anche in riferimento alla preghiera mentale: ‘Per il mistero del Verbo Incarnato una nuova luce della Vostra gloria ha brillato agli occhi della nostra mente, così che, conoscendo Dio visibilmente, siamo rapiti tramite Lui all’amore delle cose invisibili’.
Ogni azione, ogni parola che sia simbolo di Nostro Signore Gesù Cristo, manifestato nella Sacra Scrittura, ci porta ad imitarLo e ad unirci a Lui, ma niente fa questo con più grande potenza che la Sua Passione e Morte. In una parola, la meditazione di Cristo Crocifisso è il segreto della santità, come anche della vera devozione e gioia spirituale. Il profeta Isaia ci insegna: ‘Attingerete acque con gioia alle sorgenti del Salvatore’. Le acque sono le lagrime della compunzione; attingerle alle sorgenti del Salvatore significa considerare le Sue Sante Piaghe, dalle quali si è riversato il Suo Sangue Preziosissimo in flutti sul mondo.
Lasciando tutta la scienza umana imparata ai piedi dei maestri più illustri, l’apostolo Paolo dichiara di ‘non sapere altro se non Gesù Cristo e Questi crocifisso’ e la dottrina unanime di tutti i maestri della vita sovrannaturale, fin dall’origine del Cristianesimo, è che la meditazione sulla Passione del Signore sia la pratica più adatta per avanzare sulle orme della santità e per raggiungere la vera contemplazione.
Scrive il venerabile Louis de Blois: ‘In essa si trova una dolce consolazione per l’anima, un incendio inestinguibile del Divin Amore, un balsamo per tutte le sofferenze, la sorgente dove attingiamo tutte le virtù e il modello di ogni perfezione’.
Scrive santa Camilla Battista da Varano: ‘La memoria della Passione di Cristo è come un’arca dei tesori celesti, una porta che dona l’accesso per entrare a gustare il glorioso Gesù ed una perfetta maestra di tutte le arti spirituali: una fonte inesauribile d’acqua viva, un pozzo profondissimo dei segreti di Dio’.
Meditiamo un giorno sulla Sua agonia nell’orto del Getsemani, un altro giorno sulla flagellazione, un altro sulla crocifissione; torniamo nel corso del giorno alla scena che abbiamo meditato la mattina e ricordiamo alle tre del pomeriggio ciò che ha fatto a quell’ora sul monte Calvario per amore nostro.
Meditiamo sull’Uomo sofferente, che è allo stesso tempo Dio, quell’immensa, eterna, incomprensibile, onnipotente Maestà Incarnata, secondo le parole attribuite a san Bonaventura: ‘Passiamo dalla porta della Sua umanità per raggiungere la Sua divinità, affinché possiamo conoscerLo e amarLo in tutto ciò che ha detto, ha fatto e soprattutto in tutto ciò che ha sofferto; non aveva altra intenzione che questo: di mostrarci quanto ci ama e di chiamarci ad amarLo in cambio della nostra eterna beatitudine’.
Possiamo meditare sulla nostra incorporazione in Cristo e sul Suo ruolo nella nostra vita cristiana, la Sua vita, i Suoi misteri, soprattutto la Sua dolorosa Passione e la Sua Carità nella Santissima Eucaristia. Possiamo meditare sull’inabitazione delle Tre Persone Divine nella nostra anima e sulla Loro azione paterna su di noi; o sulle preghiere vocali come il Pater Noster, l’Ave Maria e l’Adoro Te devote, che ci conducono all’amore, alla gratitudine e alla conformità alla Volontà di Dio.
Si può anche meditare sulla Santissima Vergine Maria, gli Angeli e i santi che ci conducono a Dio o sulla penitenza, la mortificazione, il peccato e i Novissimi, come mezzi per unirci a Nostro Signore Gesù Cristo e per assicurarci la grazia di una buona morte e un bel posto in Paradiso vicino a Lui.
Un altro oggetto di meditazione consiste nelle virtù del Signore, dove offriamo al Padre il tesoro infinito delle perfezioni di Quel Suo Figlio, in Cui Lui ha messo tutto il Suo compiacimento. E questo lo facciamo in compensazione ed in espiazione della nostra povertà e delle nostre concupiscenze: gli sguardi e le parole inutili, le nostre molteplici ricerche di sensualità,…
Presentiamo a Dio il comportamento della Sacratissima Umanità del Signore, che esercitava sui Suoi sensi l’intero dominio ed era infinitamente perfetto in tutte le Sue parole come in tutte le Sue azioni. Per compensare la nostra tiepidezza, offriamo questo Cuore in Cui bruciava sempre la fiamma di uno zelo così puro e una sì ardente carità. Cercheremo di entrare in questo Cuore e di farci uno con Esso, cercheremo di sciogliere nel Suo ardore la durezza del nostro cuore, di appropriarci dei Suoi propri moti, desideri, slanci e delle Sue intenzioni, per spogliarci di noi stessi e per poter dire, in verità, con l’Apostolo Paolo: ‘Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me’ (Gal. 2.20).
Meditiamo sulle virtù di Nostro Signore anche per poterle imitare, per rafforzare la determinazione dell’anima e per confermarla nelle virtù che desidera praticare. Così la preghiera, invece di rimanere nel campo intellettuale o sentimentale, diverrà la fonte di progressi spirituali. Così consideriamo le virtù non in modo astratto, secondo la pratica dei moralisti pagani, ma come animate, colorate e vissute nella Persona del nostro modello divino. Così esse eserciteranno sul cuore un’attrazione più potente. Come si legge nel Cantico dei Cantici: “Attirati dietro a voi, corriamo verso la fragranza dei vostri profumi”.
Possiamo scegliere una virtù che dovremmo particolarmente praticare, soprattutto quella opposta al nostro difetto dominante. Questo difetto dominante è l’ostacolo principale ai progressi dell’anima nelle vie che conducono a Dio. Questo difetto dissimulato con attenzione e fortemente radicato nella volontà, tiene l’anima inchiodata a terra. Quando abbiamo identificato questo nostro difetto dominante, sceglieremo una scena del Vangelo per la nostra meditazione, dove brilla particolarmente la virtù opposta del Signore. Per esempio, nel presepio di Betlemme brillava particolarmente la povertà, nella casa di Nazaret la Sua obbedienza, nelle lunghe orazioni di notte il Suo amore per la solitudine, nell’espulsione dei venditori dal tempio il Suo zelo per la gloria del Padre, nella Sua delicatezza verso santa Maria Maddalena la Sua misericordia, nell’istituzione della Santa Eucaristia la Sua Carità, nel lavare i piedi dei discepoli la Sua umiltà.
Scrive la beata Maria Maddalena Martinengo a proposito della meditazione: ‘Questo è uno specchio nel quale si mira Dio come un oceano di tutta la santità; qui l’anima orante si specchia e rispecchia, mira ed ammira una sì incomprensibile bontà, l’ama, l’adora, la prende per esemplare e modello d’ogni sua operazione. In questo specchio ancor voi altre vedrete e conoscerete ogni vostro difetto; e se, con fedeltà vera e solida, persevererete a rimirarvi in quello, resterete finalmente limpide come un cristallo; perché lo specchio è Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo perfettissimo, anzi la perfezione stessa’.
In alternativa, possiamo meditare sulla virtù divina, cioè la virtù tale e quale la si trova in Dio, fonte di ogni perfezione. Là brilla nella sua purezza essenziale, nella sua bellezza primordiale ed eclatante. Da lì sgorga per gettarsi sulla gerarchia degli esseri creati: gli Angeli, gli uomini, ma soprattutto sull’Uomo-Dio, il Verbo Incarnato, immagine del Padre, splendore della Sua gloria e figura della Sua sostanza.
La virtù divina, noi la adoriamo e la ammiriamo per provocare nel nostro cuore uno slancio che ci porti ad un sacrificio più generoso della nostra vita a Dio.
L’oggetto più adatto della meditazione è Nostro Signore Gesù Cristo Stesso.
Possiamo meditare sulla nostra incorporazione in Cristo e sul Suo ruolo nella nostra vita cristiana, la Sua vita, i Suoi misteri, soprattutto la Sua dolorosa Passione e la Sua Carità nella Santissima Eucaristia. Possiamo meditare sull’inabitazione delle Tre Persone Divine nella nostra anima e sulla Loro azione paterna su di noi; o sulle preghiere vocali come il Pater Noster, l’Ave Maria e l’Adoro Te devote, che ci conducono all’amore, alla gratitudine e alla conformità alla Volontà di Dio.
Si può anche meditare sulla Santissima Vergine Maria, gli Angeli e i santi che ci conducono a Dio o sulla penitenza, la mortificazione, il peccato e i Novissimi, come mezzi per unirci a Nostro Signore Gesù Cristo e per assicurarci la grazia di una buona morte e un bel posto in Paradiso vicino a Lui.
Un altro oggetto di meditazione consiste nelle virtù del Signore, dove offriamo al Padre il tesoro infinito delle perfezioni di Quel Suo Figlio, in Cui Lui ha messo tutto il Suo compiacimento. E questo lo facciamo in compensazione ed in espiazione della nostra povertà e delle nostre concupiscenze: gli sguardi e le parole inutili, le nostre molteplici ricerche di sensualità,…
Presentiamo a Dio il comportamento della Sacratissima Umanità del Signore, che esercitava sui Suoi sensi l’intero dominio ed era infinitamente perfetto in tutte le Sue parole come in tutte le Sue azioni. Per compensare la nostra tiepidezza, offriamo questo Cuore in Cui bruciava sempre la fiamma di uno zelo così puro e una sì ardente carità. Cercheremo di entrare in questo Cuore e di farci uno con Esso, cercheremo di sciogliere nel Suo ardore la durezza del nostro cuore, di appropriarci dei Suoi propri moti, desideri, slanci e delle Sue intenzioni, per spogliarci di noi stessi e per poter dire, in verità, con l’Apostolo Paolo: ‘Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me’ (Gal. 2.20).
Meditiamo sulle virtù di Nostro Signore anche per poterle imitare, per rafforzare la determinazione dell’anima e per confermarla nelle virtù che desidera praticare. Così la preghiera, invece di rimanere nel campo intellettuale o sentimentale, diverrà la fonte di progressi spirituali. Così consideriamo le virtù non in modo astratto, secondo la pratica dei moralisti pagani, ma come animate, colorate e vissute nella Persona del nostro modello divino. Così esse eserciteranno sul cuore un’attrazione più potente. Come si legge nel Cantico dei Cantici: “Attirati dietro a voi, corriamo verso la fragranza dei vostri profumi”.
Possiamo scegliere una virtù che dovremmo particolarmente praticare, soprattutto quella opposta al nostro difetto dominante. Questo difetto dominante è l’ostacolo principale ai progressi dell’anima nelle vie che conducono a Dio. Questo difetto dissimulato con attenzione e fortemente radicato nella volontà, tiene l’anima inchiodata a terra. Quando abbiamo identificato questo nostro difetto dominante, sceglieremo una scena del Vangelo per la nostra meditazione, dove brilla particolarmente la virtù opposta del Signore. Per esempio, nel presepio di Betlemme brillava particolarmente la povertà, nella casa di Nazaret la Sua obbedienza, nelle lunghe orazioni di notte il Suo amore per la solitudine, nell’espulsione dei venditori dal tempio il Suo zelo per la gloria del Padre, nella Sua delicatezza verso santa Maria Maddalena la Sua misericordia, nell’istituzione della Santa Eucaristia la Sua Carità, nel lavare i piedi dei discepoli la Sua umiltà.
Scrive la beata Maria Maddalena Martinengo a proposito della meditazione: ‘Questo è uno specchio nel quale si mira Dio come un oceano di tutta la santità; qui l’anima orante si specchia e rispecchia, mira ed ammira una sì incomprensibile bontà, l’ama, l’adora, la prende per esemplare e modello d’ogni sua operazione. In questo specchio ancor voi altre vedrete e conoscerete ogni vostro difetto; e se, con fedeltà vera e solida, persevererete a rimirarvi in quello, resterete finalmente limpide come un cristallo; perché lo specchio è Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo perfettissimo, anzi la perfezione stessa’.
In alternativa, possiamo meditare sulla virtù divina, cioè la virtù tale e quale la si trova in Dio, fonte di ogni perfezione. Là brilla nella sua purezza essenziale, nella sua bellezza primordiale ed eclatante. Da lì sgorga per gettarsi sulla gerarchia degli esseri creati: gli Angeli, gli uomini, ma soprattutto sull’Uomo-Dio, il Verbo Incarnato, immagine del Padre, splendore della Sua gloria e figura della Sua sostanza.
La virtù divina, noi la adoriamo e la ammiriamo per provocare nel nostro cuore uno slancio che ci porti ad un sacrificio più generoso della nostra vita a Dio.
https://www.maurizioblondet.it/la-liberta-opinione-la-intendono-libertari/
RispondiEliminahttp://www.valeursactuelles.com/societe/interview-alexandre-del-valle-letrange-syndrome-de-stockholm-des-occidentaux-94589
RispondiEliminaPer chi inizia a fare meditazione è essenziale iniziare, se è possibile, con meditazioni già svolte da altri.
RispondiEliminaIn tal modo leggendone una al giorno imparerà in pratica come meditare, e si accorgerà che non è affatto complicato, anzi.
A questo proposito, in rete si può scaricare gratuitamente, ad esempio, il volume del Beato Giacomo Alberione "Brevi meditazioni per ogni giorno dell'anno", edito nel 1948 e ristampato pochi anni fa, a questo link:
http://operaomnia.alberione.org/download/pdf/bm00.pdf
Si tratta, come dice il titolo, di meditazioni quotidiane, svolte secondo lo schema classico.
Unica cosa, non dare troppo retta alle note del curatore 'vaticansecondista', che a volte cercano di edulcorare il dettato originale dell'Autore.
@ Sacerdos quidam,
RispondiEliminaquesto contributo quasi quotidiano al blog può essere assimilato ad una preparazione alla meditazione? O forse meglio alle opere che si vorrebbero buone? Grazie.
http://www.marcotosatti.com/2018/04/09/gaudete-et-exsultate-ma-non-se-siete-contemplativi-o-di-clausura/
RispondiElimina“Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. "
Se le cose stanno così come io le ho interpretate sara' contenta la mia collega di ufficio che ogni volta che parliamo di suore risponde digrigando " vadano a lavorare ".
Non erano le Suore di clausura “Come le radici di un albero, le cui esistenze nascoste portano vita ai rami, alle foglie e ai frutti , rinunciando a tutto in favore dell'umanita' " ?
@ Irina:
RispondiEliminaPotrebbe anche esserlo, comunque si tratterebbe appunto di una preparazione.
Il testo di cui ho dato il link può essere a mio avviso molto utile a tutti, richiede solo la buona volontà di dedicare almeno 15 o 20 minuti ogni giorno a raccogliersi davanti a Dio.