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venerdì 27 aprile 2018

L’egemonia di sinistra ha creato un deserto e l’ha chiamato cultura

Ѐ un articolo del 2015, ma dai contenuti di grande interesse e attualità.

Ma è vera o falsa la leggenda dell’egemonia culturale di sinistra? Cos’era e cosa resta oggi di quel disegno di conquista e dominio culturale? In principio l’egemonia culturale fu un progetto e una teoria che tracciò Gramsci sulla base di due lezioni: di Lenin e di Mussolini, via Gentile e Bottai.

La tesi di fondo è nota: la conquista del consenso politico e sociale passa attraverso la conquista culturale della società. Poi fu Togliatti che, alla caduta del fascismo, provò su strada il disegno gramsciano e conquistò gruppi di intellettuali, spesso ex fascisti, case editrici e luoghi cruciali della cultura. Ma il suo progetto non bucò nella società che aveva ancora contrappesi forti, dalle parrocchie all’influenza americana, dai grandi mezzi di comunicazione come la Rai in mano al potere democristiano ai media in cui prevaleva l’evasione.

La vera svolta avviene col ’68: l’egemonia culturale non si identifica più col Pci, che pure resta il maggiore impresario, ma si sparge nell’arcipelago radicale di sinistra. Quell’egemonia si fa pervasiva, conquista linguaggi e profili, raggiunge la scuola e l’università, il cinema e il teatro, pervade le arti, i media e le redazioni.

In che consiste oggi l’egemonia culturale? In una mentalità dominante che eredita dal comunismo la pretesa di Verità Ineluttabile (quello è il Progresso, non potete sottrarvi al suo esito). Quella mentalità s’è fatta codice ideologico e galateo sociale, noto come politically correct, intolleranza permissiva e bigottismo progressista.

Chi ne è fuori deve sentirsi in torto, deve giustificarsi, viene considerato fuori posto e fuori tempo, ridotto a residuo del passato o anomalia patologica. Ma lasciamo da parte le denunce e le condanne e poniamoci la domanda di fondo: ma questa egemonia culturale cosa ha prodotto in termini di opere e di intelligenze, che impronta ha lasciato sulla cultura, la società e i singoli?

Ho difficoltà a ricordare opere davvero memorabili e significative di quel segno che hanno inciso nella cultura e nella società. E il giudizio diventa ancor più stridente se confrontiamo gli autori e le opere a torto o ragione identificate con l’egemonia culturale e gli autori e le opere che hanno caratterizzato il secolo.

Tutte le eccellenze in ogni campo, dalla filosofia alle arti, dalla scienza alla letteratura, non rientrano nell’egemonia culturale e spesso vi si oppongono. Potrei fare un lungo e dettagliato elenco di autori e opere al di fuori dell’ideologia radical, un tempo marxista-progressista, se non contro.

L’egemonia culturale ha funzionato come dominazione e ostracismo ma non ha prodotto e promosso grandi idee, grandi opere, grandi autori. Anzi sorge il fondato sospetto che ci sia un nesso tra il degrado culturale della nostra società e l’egemonia culturale radical. I circoli culturali, le lobbies e le sette intellettuali dominanti hanno lasciato la società in balia dell’egemonia sottoculturale e del volgare.

E l’intellettuale organico e collettivo ha prodotto come reazione ed effetto l’intellettuale individualista e autistico che non incide nella realtà ma si rifugia nel suo narcisismo depresso. Ma perché è avvenuto questo, forse perché ha prevalso un clero intellettuale di mediocri funzionari, anche se accademici?

Ci è estraneo il razzismo culturale, peraltro assai praticato a sinistra, non crediamo perciò che sia una questione «etnica» che riguarda la razza padrona della cultura. Il problema è di contenuti: l’egemonia culturale non ha veicolato idee, valori e modelli positivi ma è riuscita a dissolvere idee, valori e modelli positivi su cui si fonda la civiltà.

Non ha funzionato sul piano costruttivo, sono naufragate le sue utopie, a partire dal comunismo; ma ha funzionato sul piano distruttivo. Se l’emancipazione è stata il suo valore fondante e la liberazione il suo criterio principe, il risultato è stato una formidabile, quotidiana demolizione di culture e modelli legati alla famiglia, alla natura, alla vita e alla nascita, al senso religioso e alla percezione mitica e simbolica della realtà, al legame comunitario, alle identità e alle radici, ai meriti e alle capacità personali.

È riuscita a dissolvere un mondo, a deprimere ed emarginare culture antagoniste ma non è riuscita a generare mondi nuovi.

Il risultato di questa desertificazione è che non ci sono opere, idee, autori che siano modelli di riferimento, punti di partenza e fonti di nascita e rinascita. L’egemonia culturale ha funzionato come dissoluzione, non come soluzione.

Oggi il comunismo non c’è più, la sinistra appare sparita ma sussiste quella cappa asfissiante anche se è un guscio vuoto di idee, valori, opere e autori.

Il risultato finale è che l’egemonia culturale è un potere forte con un pensiero debole (e non nel senso di Vattimo e Rovatti); mentre l’albero della nostra civiltà, con le sue radici, il suo tronco millenario e le sue ramificazioni nella vita reale, è un pensiero forte ma con poteri deboli in sua difesa. La prima è una chiesa con un episcopato in carica e un vasto clero ma senza più una dottrina e una religione; viceversa la seconda è un pensiero forte, con una tradizione millenaria, ma senza diocesi e senza parrocchie…

Così viviamo una guerra asimmetrica tra un potere forte ma dissolutivo e una civiltà non ancora decaduta sul piano spirituale ma inerme e soccombente sul piano pratico e mediatico. La prevalenza odierna della barbarie di ritorno deriva in buona parte da questo squilibrio tra una cultura egemone ma nichilista e una civiltà perdente o forse già perduta.

La rinascita ha due avversari: la cultura nichilista egemone e il nichilismo senza cultura della volgarità di massa.
Marcello Veneziani, Il Giornale 8 febbraio 2015

12 commenti:

  1. Cinema, musica, spettacolo in generale, sono stati, a mio parere, gli strumenti dei guastatori.I libri che assolutamente si dovevano leggere in massima parte non erano italiani e gli italiani non li hanno mediamente mai letti (il fatto che gli italiani siano dei lettori scarsi, spesso li ha salvati dalla corruzione mentale;esempio di come i vizi, entro certi limiti, concorrano a mantenere sani e virtuosi).
    Invece lo spettacolo è entrato a gamba tesa nella corruzione nazional popolare. Oggi ancor di più, tanto da aver sfondato la barriera che teneva al riparo l'infanzia. Lo spettacolo necessita un gran ripulisti ed investimenti totali di vite serie dedicate a questa bonifica che non potrà che durare decenni e decenni e decenni. L'arte in generale è spesso legata a doppio filo allo spettacolo e non gode nè ottima, nè buona salute. Qui occorrono generazioni di eroi, tipo Alfie che di giorno in giorno, carico della sua croce, combatte come un leone. Mi vado convincendo che in quel bambino il Signore nostro Gesù Cristo, ha posto una grande anima. Abbiamo bisogni di tali anime, preghiamo NSGC di mandarcene ancora molte e cominciamo a studiare ed imitare quelle che già sono tra noi.

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  2. Riflessione per tutti compresi quelli che vivono nelle tenebre .27 aprile, 2018 11:00

    In questa carrellata di partiti e singoli esponenti politici impegnati a fare qualcosa per la vita di un piccolo condannato a morte - detenuto in ospedale da un potere che impedisce ai genitori di farlo curare altrove - si sarà notata l’assenza totale o, meglio, il silenzio assordante di celebri cantori dell’autodeterminazione quali Marco Cappato ed Emma Bonino, invece sempre così zelanti quando si tratta della “libertà” di dare la morte con l’eutanasia, il suicidio assistito o l’aborto. Né si è sentita una parola a difesa della vita di Alfie da organizzazioni quali Amnesty International, Save the Children o Unicef, il che non sorprende alla luce di una morale di fondo che è opposta a quella cristiana. Questo per ricordare che accanto alla buona volontà mostrata dai partiti citati (assente anche il Movimento 5 Stelle), serve la formazione e la riscoperta di un’autentica CULTURA DELLA VITA , laddove sia chiaro il legame tra creatura e Creatore, perché non ci si debba più basare su iniziative spesso inevitabilmente estemporanee e si proteggano i piccoli che ci sono stati affidati.

    Ermes Dovico
    http://lanuovabq.it/it/la-politica-si-muove-ma-in-ordine-sparso

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  3. Il vero distruttore della cultura, intesa anche come tradizioni familiari e popolari, è stato un certo Silvio Berlusconi con le sue TV commerciali a partire dagli anni 80/90 (telenovelas e soap operas americane, spettacolini insulsi ecc.). Gli italiani hanno abboccato ed anche la TV pubblica lo ha seguito su quella strada. Fa specie che l'unica emittente che aveva mantenuto una certa dignità fosse la comunista RAI 3 (p.es. le trasmissioni e produzioni di Lorenzo Minoli), per altro con delle quote di ascolto relativamente modeste.

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  4. Da come parlano e da quel che predicano/dicono
    siamo in grado di riconoscere i massoni che oramai sono dappertutto ..
    Gli Erodi si sono moltiplicati a dismisura , siate saggi o giudici della terra , lasciatevi correggere

    E ora siate saggi, o sovrani;
    lasciatevi correggere, o giudici della terra;
    servite il Signore con timore
    e rallegratevi con tremore. Sal.2

    Padre Santo , Dio Onnipotente , donagli il timore e il tremore .
    Offriamo sacrifici , Lodiamo il Signore .

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  5. Infatti ,
    non abbiamo letto i libri ma abbiamo ampiamente imitato e adottato i comportamenti ammanniti dai mezzi di comunicazione .

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  6. è facile essere d'accordo con la linea dell'articolo. Ci sono però alcune osservazioni da fare sulla tempistica.
    Il controllo da parte del partito comunista sulla cultura del nostro paese è decisamente precedente al 1968.Vi ricordo che già dal 1948 stalin ordinò ai suoi adepti di tener sotto osservazione la cultura scientifica in italia. Non dimentichiamoci che se Stalin riuscì a costruire la sua atomica lo dovette alla fuga in urss di un fisico italiano che era già stato collaboratore di Fermi e che aveva fatto parte dei ragazzi di via panisperna.
    passando alle facoltà letterarie, ricordo che nel 1968 molte cattedre erano già occupate da professori comunisti. Emblematico il caso di enrico fenzi, elegante studioso del petrarca, ma nel contempo membro attivo delle brigate rosse.
    quando scoppiò il 68 mi fu detto che i pasti agli occupanti della facoltà di fisica della mia città furono pagati dal partito comunista.

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  7. Ringrazio e prego perche' si insista sul tema della cultura coinvolgendo in un megadibattito inizialmente tutte le testate "sorelle" per estenderlo poi a tutti quelli di buona volonta' che vogliano veramente riflettere onestamente sul tempo presente , le responsabilita' della politica , della Chiesa , di tutti.....in quale direzione , verso quale futuro ?

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  8. Riflessione e azione .27 aprile, 2018 12:39

    Più le verità sono ovvie e più preoccupa se non vengono rispettate e seguite perché significa che le nostre categorie mentali e morali stanno cambiando in peggio.
    Mons. Giampaolo Crepaldi
    http://www.lanuovabq.it/it/la-societa-che-ha-condannato-a-morte-alfie-ha-vita-breve

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  9. nella tarda primavera del 1968 ci fu il cedimento delle istituzioni.
    uno sconosciuto ministro democristano, tal fiorentino sullo, con una iniziativa personale ed unilaterale, che dimostrava la pochezza della sua cultura, trasformò la seria conclusione dei corsi di studi secondari, in una specie di lotteria che tolse ogni serietà all'esame di maturità e diminuì considerevolmente la serietà di tutto il corso di studi.
    non ricordo che si fosse levato qualche dissenso da parte dell'intera classe docente.
    se fossero esistiti dei blog come questi, a quei tempi, forse i docenti avrebbero potuto far sentire la loro voce.
    ma,l'altro strumento utilizzato dalla sinistra, nel contempo, cioè i sindacati confederali, cercavano di strozzare economicamente i docenti proponendo dei contratti che livellavano i lavoratori della scuola, ponendo sullo stesso piano i bidelli, i maestri e i docenti delle scuole secondarie.
    anche in questo caso i governi a maggioranza democristiana non fecero nulla per opporsi ai sindacati di sinistra.

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  10. Marcello Veneziani:
    ...
    Aiutaci a capire il caos governativo. Su Il Tempo hai scritto, da una parte, che i grillini sono il peggiore dei mali e che il Governo dovrebbe farlo Pirandello. Come la vedi? Soprattutto, che fine fa il centrodestra?

    Nella partita triangolare che stiamo vivendo finire fuori gioco o al centro del gioco è cosa di un attimo. I perdenti di ieri diventano con facilità i vincenti di oggi per essere poi gli esclusi di domani. Siamo in una fase pirandelliana, finora dettata da un solo punto fermo: si tratta di tre poli scapoli, che non possono ammogliarsi tra loro, o se pensano di farlo risultano perdenti e non sanno dove andare a vivere insieme (prendi Renzi-Berlusconi). La follia è che tutto questo si sapeva già dai tempi della legge elettorale. E il rimedio è solo là, un dispositivo che premi chi ha preso più voti, o che consenta con un doppio turno di andare al ballottaggio tra i primi due. Ma non si farà, si aspetta solo che muoia politicamente uno dei tre. Sulla carta, il centrodestra resta il più forte, ma è un cartello elettorale non un’intesa politica, ha leader declinanti o inadeguati, e un popolo senza una sintesi al vertice

    Oggettivamente… a destra e a manca, a centrocampo e ai lati, non mi pare ci siano personaggi politici, per così dire, illuminati. Dove sta il virus, il veleno: l’assenza patente di cultura politica, di cultura tout court?

    L’assenza a mio parere dipende da due ingredienti carenti: manca la selezione e manca la motivazione. Ovvero mancano i criteri con cui si forma, si fonda, si seleziona una classe dirigente con i suoi leader (fondazioni, scuole, partiti e movimenti vivi, luoghi in cui si distinguono e si valorizzano le capacità). E manca la motivazione grande, ideale, culturale, politica, la ragione per cui ciascuno contribuisce alla battaglia senza considerarsi il terminale, l’utilizzatore finale, ma solo un leader al servizio di una causa che lo trascende, lo precede e gli sopravvive. Il virus è tutto in quel combinato disposto letale che uccide passato e futuro, passione e qualità.

    Ti fanno Ministro della cultura, cosa fai?

    Mi dimetto. La politica non ti farebbe fare nulla, ti ridurrebbe a un ruolo nella migliore delle ipotesi ornamentale. L’economia ti priverebbe di fondi perché c’è sempre un’altra priorità rispetto alla cultura, dovresti gestire solo i tagli. E i media, l’episcopato degli intellettuali organici, le associazioni mafiose che dominano nella cultura, mi massacrerebbero perché di destra. Tempo perso, vita sprecata.

    Negli ‘Imperdonabili’ stili i ritratti di alcuni maestri ‘sconvenienti’ (non usi l’abusato ‘cattivi’). Qual è il ritratto che hai ideato con più divertimento? Qual è stato il tuo personale maestro ‘sconveniente’? Ormai, di fatto, anche tu sei un maestro ‘sconveniente’, nonostante te…

    Molti ritratti ho scritto con piacere e partecipazione, e credo che si veda. Non riesco, come Filomena Maturano, a dire quale dei cento autori mi stia più a cuore, perché sono tutti (o meglio molti di loro, alcuni sono fratellastri, figliastri, patrigni) piezz e’ core… Certo, i più “divertenti” sono quelli dedicati agli autori brillanti, per una ragione “omeopatica”: Kraus e Longanesi, Flaiano e Montanelli, e così via. I letterati sono trattati in chiave letteraria, i pensatori in chiave filosofica…
    http://www.marcelloveneziani.com/lo-scrittore/interviste/mi-fanno-ministro-mi-dimetto-sarebbe-tempo-perso-vita-sprecata

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  11. Due citazioni di Gramsci che mostrano maggiore dignità di quella degli attuali servi dell'usura;

    L'UTERO IN AFFITTO. «Il dottor Voronof ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società. Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch’essi, prodotto genuino dell’azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti. (…) La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno». (l’Avanti! 6 giugno 1918)

    LA “ROTTAMAZIONE”. «Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa… Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente» (Quaderni)

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  12. Rispetto per Gramsci

    Nonostante il suo marxismo, la sua teoria della rivoluzione attraverso la conquista dell'egemonia nella società, il suo materialismo storico, la chiusura al cristianesimo, Gramsci era un osservatore acuto della realtà sociale e della storia. E nell'intimo onesto.
    Nemmeno da paragonare ai venditori ambulanti attuali.
    Le sue interpretazioni storiche e teorie sono sempre tese a giustificare la rivoluzione marxista come evento ed anzi processo storico ineluttabile, prospettiva che non si può certo condividere.
    Però le sue analisi sull'intellettuale "organico" e sul ruolo del partito politico (rivoluzionario) come "moderno Principe", le sue riflessioni sulla storia, offrono molti spunti di riflessione, anche per chi non condivide il suo marxismo.

    "La formazione degli intellettuali tradizionali è il problema storico più interessante. Esso è certamente legato alla schiavitù del mondo classico e alla posizione dei liberti [schiavi affrancatisi, spesso uomini di cultura] di origine greca e orientale nell'organizzazione sociale dell'impero romano.
    Il mutamento della condizione della posizione sociale degli intellettuali a Roma dal tempo della Repubblica all'Impero (da un regime aristocratico-corporativo a un regime democratico-burocratico) è legato a Cesare che conferì la cittadinanza ai medici e ai maestri delle arti liberali affinché abitassero più volentieri a Roma e altri vi fossero richiamati [cita Svetonio, Ces., 42] [..]". [..] Da questa "centralizzazione di grande portata" ha inizio "quella categoria di intellettuali "imperiali" a Roma, che continuerà nel clero cattolico e lascerà tante tracce in tutta la storia degli intellettuali italiani, con la loro caratteristica di "cosmpolitismo" fino al '700".
    "Questo distacco non solo sociale ma nazionale, di razza, tra masse notevoli di intellettuali e la classe dominante dell'Impero romano si riproduce dopo la caduta dell'Impero tra guerrieri germanici e intellettuali di origine romanizzati, continuatori della categoria dei liberti. Si intreccia con questi fenomeni il nascere e lo svilupaarsi del cattolicesimo e dell'organizzazione ecclesiastica che per molti secoli assorbe la maggior parte delle attività intellettuali ed esercita il monopolio della direzione culturale [...] In Italia il fatto centrale è appunto la funzione internazionale o cosmopolita dei suoi intellettuali che è causa ed effetto dello stato di disgregazione in cui rimane la penisola dalla caduta dell'Impero romano al 1870" (Quaderni - Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura - è l'ediz. Einaudi, curata da Togliatti, 1949, 1966, pp. 13-14). PP

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