Paola Liberace ci spiega come fare a riconsegnare l’educazione in mano ai genitori, altro che Welfare State.
Nel dibattito pubblico si possono constatare degli assunti da tutti asseriti senza bisogno alcuno di fornirne ragione, delle “verità” che nessuno osa contestare e che mettono magicamente d’accordo tutti. Una di queste è: “Servono più asili nido!”. Ogni qualvolta si affrontino tematiche attinenti la maternità, il welfare per le famiglie, la questione demografica, etc. non c’è politico, giornalista, opinionista che non si trovi d’accordo nel sentenziare “Servono più asili nido!”. Il più laicista dei radicali e il navigato democristiano, la femminista marxisteggiante e l’ex missino passando per ogni altra declinazione del vasto spettro ideologico sono tutti perfettamente concordi sul punto: “Servono più asili nido!” Chi li vorrà pubblici e gratuiti, chi espressione della libera iniziativa privata, chi per “liberare” le donne e chi per favorire la natalità ma tutti sicuri e convinti che “Servono più asili nido!”.
Così quando mi è capitato tra le mani il volumetto “Contro gli asili nido. Politiche di conciliazione e libertà di educazione”, essendo per natura un bastiancontrario, non ho saputo resistere e me lo sono letto d’un fiato. Il libro è agile, 82 pagine in tutto, edito da Rubettino nel 2009. Autore non è un pericoloso reazionario magari appartenente a qualche gruppetto tradizionalista, non è neppure un Amish dell’Ohio (curiosamente tradotto in italiano) ma una giornalista de Il Sole 24 ore, sposata con due figli, Paola Liberace. E, come non bastasse, il volume è prefato dall’onorevole Valentina Aprea di Forza Italia, insegnante, dirigente scolastico e allora Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
Si legge con piacere per chiarezza e serenità nell’esporre argomenti sempre suffragati da dati e riferimenti precisi. Interessante come l’Autrice riconduca il modello che vuole “asili nido per tutti” alla DDR (la Germania Est socialista) sottolineando come siano stati proprio i regimi comunisti a pensare l’accudimento e l’educazione dei bambini sottratta ai genitori e affidata a strutture pubbliche. Nel 1989 nella DDR gli asili nido accoglievano l’80% dei bambini, le scuole materne il 95%. Da anni, senza dirlo apertamente, si sta proponendo il modello DDR all’Italia! Scrive a commento la Liberace: “L’opzione unica e incondizionata per gli asili nido […] avrebbe l’effetto di istituzionalizzare – come nel precedente della DDR – la lontananza dei bimbi dai genitori, sin dai primi mesi. Ci troveremmo di fronte alla manifestazione su larga scala di conseguenze psicologiche e sociali ancora non perfettamente note; e laddove siano già state indagate, come abbiamo visto, i risultati sono tutt’altro che confortanti. Prepariamo la strada a una generazione senza famiglia” (p. 34).
Conseguenze psicologiche e sociali … perché non dimentichiamo che è profondamente innaturale sottrarre un bimbo alle cure materne per affidarlo a strutture artificiali come asili e simili. Un tempo nessuna persona di buon senso avrebbe accettato per i propri figli ciò che oggi è considerato grande progresso sociale; gli asili (nido e non) non nascono infatti come opportunità perfettiva per i bimbi delle famiglie “normali” ma come estrema ratio filantropica per sottrarre all’abbandono e al degrado i figli delle operaie più povere e disagiate nei quartieri industriali delle periferie sub-urbane, l’ideologia socialista ne ha poi fatto un mezzo per collettivizzare la cura e l’educazione dell’infanzia, noi europei d’oggi riusciamo persino a vedervi un optimum educativo. Ciò che nacque come estrema alternativa alla strada e all’abbandono oggi è presentato come meta da agognare rivendicandone il diritto: “diritto ad asili nido per tutti!”.
Si è completamente perso di vista l’ordine naturale delle cose per il quale i figli debbono essere curati, accuditi ed educati dai genitori e non da strutture pubbliche. E per curare, accudire ed educare è necessario che i genitori stiano con i figli, che i figli crescano in famiglia! Ecco allora la parte propositiva del libro: un modello di società che rimetta al centro la famiglia, il ruolo educativo dei genitori, la maternità che non si esaurisce nel parto ma è missione di cura e di formazione dei figli.
La Liberace parla, ad esempio, di un welfare che sussidi le mamme che scelgono di non lavorare fuori casa per dedicarsi alla cura dei figli e, scrive, sondaggi alla mano: “messi [i genitori] di fronte a un’alternativa realmente aperta, questi preferirebbero allevare personalmente i loro bambini” (p. 39). È proprio un altro modello, un’altra idea di società! E và ben oltre la questione degli asili nido, porta con sé il principio non negoziabile della competenza genitoriale dell’educazione riconoscendo che “l’educazione dei figli spetti in ultima istanza ai genitori […] che hanno indiscutibilmente l’ultima parola sull’allevamento dei figli” (p. 42). È il principio a base della scuola parentale e dell’homeschooling.
“Disfarsi dei figli, magari per affidarli allo Stato, non può e non deve restare l’unica alternativa” (p. 55), così Paola Liberace presenta “la donna a casa con i bambini” (p. 43) non come un tuffo nel passato ma, piuttosto, come un ritorno al futuro in un nuovo modello capace di conciliare famiglia e lavoro rispettando la maternità, il diritto/dovere dei genitori ad educare i figli, il diritto dei figli a crescere in famiglia con le cure di mamma e papà. La Liberace parla così di un welfare che sostenga la scelta “casalinga” delle mamme (la Dottrina sociale della Chiesa ha sempre insegnato la doverosità del “salario familiare”), di una organizzazione del lavoro che favorisca il tele-lavoro da casa o la micro imprenditorialità domestica (una mamma che resta a casa coi figli ma non rinuncia alla sua professionalità e dedica qualche ora al giorno al lavoro non-familiare dovrebbe essere agevolata), di un fisco pensato a favore delle famiglie.
Purtroppo anche noi cattolici, in questi ultimi decenni, siamo caduti nell’inganno socialdemocratico facendo nostra una idea di welfare che, se analizzata, si rivela in verità incompatibile con la Dottrina sociale della Chiesa perché incompatibile con l’antropologia cristiana. Anche sul tema “asili nido” e più in generale della cura e dell’educazione dell’infanzia non sono pochi gli abbagli in casa cattolica, anche per paura d’andar contro corrente. Dovremmo invece rimettere al centro i diritti/doveri della famiglia, il principio non negoziabile della competenza genitoriale alla educazione dei figli, il valore sociale della maternità, la diversità complementare di uomo e donna, di marito e moglie, di padre e madre, la nobiltà della vita domestica che per una moglie e madre può costituire una vera e propria vocazione.
Ciò detto non trovo miglior conclusione che ringraziare Paola Liberace per il coraggioso volumetto, invitare tutti a leggerlo e lasciare a lei l’ultima parola: “Le radici della cosiddetta emergenza educativa sono qui. […] Per arrestare la deriva è indispensabile tornare alle sue radici; restituire alla famiglia la responsabilità di educatrice che le compete […] Il miglior antidoto all’emergenza educativa è la presenza costante e avvertita della famiglia: soprattutto nel momento cruciale della prima infanzia, in cui tutti gli altri successivi saranno fondati. È qui che bisogna agire, se si vuole innescare un cambiamento. Essere genitori è una questione di libertà e di responsabilità […] Mettere padri e madri in condizioni di operare una scelta effettiva, considerando la possibilità di seguire personalmente i figli, vuol dire riconoscere loro la responsabilità della decisione, mettendoli di fronte all’onere della genitorialità. Perché fare un figlio significa molto più che mettere al mondo un nuovo individuo, trasmettergli il cognome, allattarlo a oltranza, magari per poi affidarlo alle puericultrici di Stato. Così come fare un padre e una madre significa molto più che spingerli a procreare, tra una timbratura di cartellino e l’altra, magari assicurando loro che potranno contare su una rete capillare di asili nido pubblici. La vita dei figli è legata alle scelte dei genitori che li hanno messi al mondo: dipende da loro, ben oltre la rescissione del cordone ombelicale. Genitori si diventa realizzando che i figli sono affare proprio: un affare impossibile da delegare, da accantonare, da far passare in secondo piano. Nessun’altra esigenza – quella collettivista, quella produttiva, quella emancipazionista – può essere anteposta al diritto dei bambini di crescere nell’equilibrio, nella serenità e nell’amore: un diritto che nessuna legge sancisce, ma che solo la libertà e la responsabilità della mamma e del papà possono difendere” (pp. 80-82).
don Samuele Cecotti - Fonte
Benissimo. E oltre agli asili nido, mettiamo nel calderone pure la scuola a tempo pieno, altro modo per tenere i figli lontano dalle famiglie e più tempo sotto l'indottrinamento statale.
RispondiEliminaOOOHHH!!! finalmente qualcuno che la pensa come me. Sono anni che mi meraviglio (non molto in realtà) per il fatto che persino l'associazione Famiglie numerose si batte, non perchè il ruolo di mamma e casalinga venga finalmente riconosciuto, ma per avere più asili nido. una bestialità! Come si può chiedere per i nostri figli l'asilo piuttosto che una mamma presente a casa? Tutti i governi che si succedono da anni, non hanno mai pensato a dare un sostegno alle donne che decidono di fare le mamme e le casalinghe. Ci fanno pagare l'assicurazione annuale dicendo che ci riconoscono lavoratrici (ma devi morire o rimanere invalida a vita per avere qualcosa) nessuno però ha mai pensato a darci almeno il diritto ad una pensione. No più asili nido, ma più dignità alle mamme che fanno figli e li vogliono crescere ed educare personalmente.
RispondiEliminaRicorderete certamente la “performance” dell’Arcivescovo di Palermo, mons. Lorefice (quello che ha cacciato don Minutella perché non più “una cum” con la chiesa di Bergoglio) che, inforcata una bicicletta, con i paramenti vescovili indosso, ha trasformato la chiesa in una specie di Velodromo Vigorelli.
RispondiEliminaEbbene, il solerte parroco di Crespano del Grappa (ridente paesotto al confine tra le provincie di Treviso, Vicenza e Belluno), don Francesco, ha pensato bene di porsi anch’egli sulla scia di questa specie di liturgia catto-sportiva. Dovendo celebrare le nozze di un giocatore di pallacanestro con la sua dolce metà, ha preparato loro una bella sorpresa: entrati in chiesa, i futuri sposi si sono trovati di fronte ad un canestro da basket, collocato nel bel mezzo della navata centrale. Passato il primo momento di sbigottimento, lo sposo si è visto offrire da don Francesco un bel pallone, affinché provasse a fare canestro; malgrado l’emozione del momento, è riuscito nell'intento, e la cerimonia ha potuto aver luogo; i due sono così stati uniti in matrimonio nel nome del Pa…, ehm, nel nome del Pallone, del Canestro e del Prosecco (che sempre “spirito” è, anche di altro genere). Chissà se, in caso di mancato canestro, don Francesco avrebbe rinviato le nozze all’inizio del prossimo campionato di basket? In una “Chiesa in uscita” (di cervello ?) c’è da aspettarsi questo ed altro.
Questo è uno di quei pensieri sotterranei che per molti anni è stato ricacciato sempre nel fondo, ogni volta che faceva capolino alla luce del sole. Non basta, comunque da se stesso, questo pensiero per ricucire lo sbrego familiare. Lo sbolognamento del figlio, neonato o giovanetto, è entrato nel DNA del genitore contemporaneo, vuoi causa lavoro, vuoi perché l'infante deve socializzare, vuoi perché gli amichetti, vuoi perché così fan tutti, vuoi perché i genitori così respirano...Dietro tutte queste cause, secondarie ed in parte di maniera aggiornata, ne esiste una ed una sola che sta alla radice di tutte le altre: perché mi sposo? Da qui parte tutto il resto. Abbiamo visto in questi anni che il 'mi piace' non funziona, essendo un metro di valutazione legato al presente e alle imprevedibili lune seguenti. Nel matrimonio, a suo fondamento deve esserci molto altro che unisce, una consapevolezza intuitiva di 'è lui', 'è lei' con una ferrea determinazione ad essere uniti, fianco a fianco, per l'intera vita qualsiasi evento questa porti con sè, sia una nidiata di bambini, sia la sterilità perpetua. Essendo comunque un salto nel buio bendati, non è possibile affrontarlo da soli se non in ginocchio davanti a Dio Uno e Trino, chiamando Lui a testimonio ed aiuto perenne. Fatta questa veloce ed incompleta premessa, per il momento terrei da parte anche la paghetta per la mamma che è in casa, se manca il sostegno del marito che non vede, non capisce, non comprende il lavoro-amore-sacrificio della moglie per crescere i figli che son anche suoi,infatti a lungo andare lo Stato potrebbe anche corrispondere uno stipendio manageriale alla madre che sta a casa ma, non sortirebbe nulla di buono. Occorre altro. Più volte ho sentito ironicamente citare gli ' Amish dell’Ohio ' a sproposito. Non so quasi nulla di tutte le loro vicende nei secoli ma, so che hanno un forte identità religiosa. E qui per noi casca l'asino, per noi che non abbiamo più una identità religiosa e ci permettiamo di ridicolizzare chi è riuscito a mantenerla nel tempo. Solo una Fede granitica, riesce a vedere la vita come una prova immane che si svolge sotto gli occhi del Signore che atterra e suscita, che affanna e che consola. I figli sono stati e sono abbandonati in tanti modi, non solo dalle operaie, dalle prostitute ma, anche da artisti, da borghesi, da nobili nelle mani di balie, tate, governanti di rango. Quindi il discorso comincia a farsi più complesso, perchè non si tratta solo di fare figli, preferisco dire: accettare i figli che il Buon Dio manda ma, anche accudirli, curarli e dare loro un'educazione che regga i marosi del mondo. Il compito è immane, quasi impossibile se entrambi i genitori si reggono solo su se stessi. Certo si può far bene anche senza tanti soldi ma, in questo caso bisogna saper fare molto con le proprie mani ed avere una visione alta del lavoro, che può venir solo dal sapersi impegnati in un compito divino.Poi venga pure l'aiuto dello Stato, sotto forma di assegni familiari o stipendio alla madre, ricordando però che un buon padre ed una buona madre non si misurano dal loro portafoglio vuoto o pieno. Quindi accogliere il bambino è il primissimo passo e subito inizia non solo il suo allevamento ma, anche la sua educazione. Ed entrambi i genitori, su questi due temi, devono essere un cuor solo, un'anima sola. In modo particolare se la mamma sta a casa. Oggi i padri, posti a confronto sul lavoro con tante signore e signorine graziose e leziosamente rampanti,o sono rocce o gelatine, quindi basta un soffio e il castello crolla travolgendo tutti nella rovina. Devo averlo già scritto ma, lo ripeto, un giorno seduta in metropolitana un giovane marito parlava con un collega, spiegandogli che avevano deciso con la giovane moglie che lei sarebbe rimasta a casa, era semplice e felice nel tono di voce, spiegando in lungo ed in largo la bellezza di questa loro comune decisione 'contro-corrente', il collega era ammutolito, si trovava davanti ad una terra sconosciuta, non aveva più parole.
RispondiEliminaSono state " costruite /programmate " generazioni che rifuggano dalle responsabilita'.
RispondiEliminaCome ? Con la femminilizzazione della societa' .
Il fine ? Sempre quello : il nuovo ordine mondiale in cui si debba essere fratelli ( con le buone o con le cattive ).
Per chi vuol saperne di piu' basta che ascolti due interessantissime conferenze che spiegano il fenomeno , tenute dal Prof. D'Amico e messe a disposizione dall'Associazione Oriente Occidente in cui il Prof.D'amico offre anche qualche suggerimento ai genitori che vogliano essere tali , ( non amici ma genitori ) , responsabili secondo il disegno di Dio e volti a crescere futuri padri e madri responsabili...
TeleMaria 049 - L'eclissi del padre: matriarcato e distruzione della civiltà (prima giornata)
https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=Ly2_Ww8DTFA
TeleMaria 050 - L'eclissi del padre: matriarcato e distruzione della civiltà (2a giornata)
https://www.youtube.com/watch?v=qH-7pO7bwN0
Gli asili nido, nati nel secolo scorso per supplire all'assenza della mamma costretta a lavorare, sono stati descritti sempre più dai convincitori sociali in un'esigenza imprescindibile del bambino, che 'deve socializzare'.
RispondiEliminaQuesto porta molte giovani madri (ho conosciuto numerosi casi da vicino, così come conosco educatrici di questa fascia d'età) a rinunciare alla cura di nonne e di altre parenti/amiche, spesso considerate a priori 'superate e vizianti' per optare per la vita di comunità per il loro bambino.
Esito (99,9% dei casi): il bambino si ammala ogni tre per tre a causa del suo sistema immunitario, ancora immaturo, esposto a troppi agenti patogeni, con raffreddori e bronchiti A RIPETIZIONE. E poiché il bambino per rientrare in comunità deve risanarsi presto, l'antibiotico è d'ordinanza, quando la cosa si sarebbe potuto risolvere tenendo il bambino a casa un po' più a lungo, con cure meno drastiche (non commento l'ultima tendenza di molti pediatri giovani, quella di associare subito all'antibiotico anche un preparato CORTISONICO per evitare gli spasmi).
Altro inconveniente, molto lamentato dalle giovani mamme: il bambino che torna spesso a casa con i segni di morsi profondi ricevuti dai coetanei (dati non per cattiveria, ovviamente, ma perché molti dei bimbi del nido sono nell'età in cui imparano a mordere, oltre che con la 'stizza' nelle gengive per via della dentizione, e le educatrici fanno quello che possono nel sorvegliarli).
Il tutto per la 'modica' retta mensile da 550 a 700 euro, secondo quanto prevede la fornitura dell'asilo nido: pannolini sì o no, eccetera, salvo aumenti degli ultimi periodi (rette che comunque non coprono il costo effettivo della frequenza, una parte del quale ricade inevitabilmente nella fiscalità generale pagata dai cittadini).
Ovvio che, quando il bambino rimane a casa per malattia o altro (talvolta per mesi interi) la retta va versata ugualmente per intero per via della conservazione del posto al nido, mentre la mamma o il papà hanno dovuto comunque ricorrere all'aiuto di nonne e zie per non continuare a consumare giorni di ferie al lavoro.
Il tutto non mi sembra un grande affarone, soprattutto alla luce della fatto che la prima vera socializzazione nel bambino inizia a quattro anni (ma ben venga l'inizio della scuola materna a tre anni, al raggiungimento dell'autonomia di linguaggio, sfinterica, di gioco, eccetera).
Quanto sopra è detto nel massimo rispetto delle mamme che dell'asilo nido non possono fare davvero a meno per motivi concreti e non fantasociali.
RispondiElimina"Matriarcato e distruzione della civiltà"
Giusto. Ma più che matriarcato direi "ginecocrazia". Le donne emancipate di oggi, che sono la gran parte delle donne, non sono "madri"; non lo sono e non vogliono esserlo.
Hanno separato il sesso dall'amore, al modo dei libertini. Si inteneriscono per gli animali e i loro cuccioli. L'omosessualità non è per loro un problema, anche se a praticarla deve esser sempre una minoranza, magari non tanto piccola, oggi.
Vedono nell'uomo un nemico da combattere e possibilmente da dominare, in tutti i modi.
Mi viene in mente la famosa frase del defunto leader algerino Boumedienne che, negli anni Settanta addirittura, disse che i musulmani avrebbero invaso il Nord del Mondo e l'avrebbero dominato con il numero. "Vi domineremo con il ventre delle nostre donne", disse.
Fu profeta, bisogna ammetterlo, a nostro disdoro. Le "nostre donne", invece, come usano e da anni il loro ventre? Gli aborti calano ma le nascite continuano a calare. Vuol dire che le nostre donne usano le pillole abortive.
L'uso immorale e osceno del ventre delle "nostre donne" lo vediamo decantato nelle litanie ributtanti e blasfeme cantate per dileggio dalle femministe perugine davanti a una delle entrate della Cattedrale di Perugia, l'8 marzo, festa della donna.
Il fatto fu riportato da il Giornale del 15 marzo scorso, con il titolo: "Litanie femministe choc,sfregio alla Cattedrale: 'Vulva carnosa, godiamo'. "Una ventina di donne, scriveva il giornale, ragazze e attiviste disposte in piazza IV novembre, con tanto di megafono e ricalcando le sacre litanie, inneggiano alla "vulva" in tutte le sue forme di fronte all'entrata laterale della chiesa". Il video della disgustosa performance è stato fatto da un cittadino, da una finestra prospicente la chiesa e diffuso su WhatsApp e sugli smartphone. "Vulva umidissima, godi con noi", si sente ripetere come una litania dalle donne al megafono mimando con le braccia il triangolo della vagina. Le invocazioni sono le più disparate ed imbarazzanti [...Guarda il video-dice il testo- e ne riporta alcune, che non riproduco]. L'articolo si chiudeva menzionando "l'irritazione del mondo cattolico" per il grave episodio, irritazione che però trapelava "in sordina". Ovviamente.
Una ventina di depravate, d'accordo. Tuttavia rappresentative del clima nel quale stiamo vivendo, di un costume diffuso, del degrado giunto ormai a livelli spaventosi.
La questione morale non è meno importante di quella economica e di quella dell'immigrazione. Nella questione morale rientra la lotta alla corruzione dei costumi, della quale il femminismo è da sempre componente essenziale. Ma nel Contratto tra 5stelle e Lega la questione etica è stata forzatamente messa tra parentesi. La Lega è riuscita comunque a mettere Fontana a ministro della famiglia, e certamente lui qualcosa contro le aberrazioni dominanti comincerà a fare, se non altro indirettamente, operando a favore della famiglia secondo natura. Già riuscire in questo significa contrastare il femminismo, l'omosessualismo, l'abortismo, etc. Per ora dobbiamo accontentarci di questo, che non sarebbe poco, nel quadro attuale.
PP
Credo che ognuno debba riprendere il suo ruolo. Ora siamo nel demoniaco. Maschi e femmine sono diventati solo strumenti sessuali.In questa situazione non si costruisce nulla, tanto meno una famiglia. La donna è stata abbandonata a se stessa, e l'uomo fa la donna. A Roma c'è una via che si chiama via delle zoccolette, poca discosta un'altra via delle convertite. Forse più di un secolo fa nella strada delle zoccolette era situato un bordello con giovani prostitute, da cui il nome della strada, poco discosto un convento nel quale confluirono nel tempo alcune delle prostitute; lì queste donne trovavano ricovero, veniva loro insegnato un mestiere con il quale vivere dignitosamente per tutta la vita ed incontravano anche il Signore al quale donarono tutto l'amore che gli uomini avevano calpestato.Molte di queste convertite tornarono nel mondo completamente cambiate, altre presero i voti e restarono. Il nome della strada delle convertite ricorda questo completo ribaltamento della vita, durato poi fino ad una santa morte. Questo per dire cosa? Per dire che allora, forse metà '800, a Roma esisteva la Chiesa, sale e lievito,così che anche il mestiere antico quanto il mondo poteva essere trasformato in santità da semplici suore che erano in grado di far amare la castità, il pudore, il rispetto di sè e dell'altro, portando incontro alle loro ospiti NSGC che le avrebbe guidate sulla Via della Verità e della Vita. Oggi la chiesa è assente ed il vuoto da lei lasciato l'ha occupato il demonio.
RispondiEliminaECCO A VOI LA PEDOFILIA, PUDICAMENTE NORMALIZZATA COME "AMORE INTERGENERAZIONALE"
RispondiEliminaRicordate quando dicevamo che i libricini gender per bambini erano il preludio della pedofilia? Abbiamo preso insulti e querele. Qualcuno è finito sotto processo.
Poi, pian piano, le ideologie, dopo aver preparato il terreno, hanno fatto il passetto.
Ed ecco a voi il libro per bambini "Alfie's home", ordinabile su Amazon.it a 13 euro.
Un bel libricino colorato, con tante belle figure, dove il piccolo Alfie racconta che lo zio Pete viene spesso a trovarlo e lo ascolta, è tanto gentile con lui e lo fa sentire amato.
E qualche volta lo zio Pete va a letto col nipote.
"Una notte mentre mi stava portando, ha cominciato a toccare le mie parti private. Dopo un po' mi ha convinto a toccarr e a giocare con le sue. Sembrava strano, spaventoso e anche un po' piacevole. Mi ha detto che era ok, che significa che mi vuol bene davvero.
Tutto questo è continuato per diversi mesi. Mi ha detto 'questo è il nostro segreto speciale'".
Più avanti nel libricino Alfie va dal counselor dove apprende che lo zio Pete ha fatto una cosa brutta, e quest'ultimo piange e chiede scusa, e Alfie si sente molto sollevato.
Ma ovviamente tutta la colpa di quanto accaduto è dei genitori che lavoravano troppo e dedicavano poco tempo ad Alfie.
So che non mi credete.
Leggete da voi stessi.
Voglio però che si sappia che noi NON PERMETTEREMO QUESTO SCEMPIO.
NOI DIFENDEREMO I NOSTRI FIGLI DA QUESTE MANI SACRILEGHE.
LA PEDOFILIA È UN CRIMINE VERGOGNOSO E INEMENDABILE, E CHIUNQUE TENTI DI SDOGANARLA SARÀ PERSEGUITO CON TUTTA LA FORZA DI CUI UN PAESE CIVILE È CAPACE.
Simone Pillon
Sì , " Ariconsolate cò l'ajetto" !
RispondiEliminaTe poi fa' tutte le foto che te pare ma......la verita' non e' questa
Commercio di organi , commercio di uteri , commercio di africani ....commercio di commerci
https://www.facebook.com/associazionetriarii/photos/pcb.769814503213242/769806733214019/?type=3&theater&ifg=1
RispondiEliminaquesta campagna di corruzione è iniziata da parecchi anni
Un suo veicolo è stato (ed ancora è) la cosiddetta "arte contemporanea", decaduta in forme di "non arte" che lasciano largo spazio al sudicio, al volgare, al pornografico, al perverso di ogni tipo, al blasfemo e chi più ne ha più ne metta.
Trovo questo ritaglio tra i miei appunti, da una rivista francese.
"Fare un panorama della c.d. "arte contemporanea" non è facile [tra gli esempi portati dal libro in questione troviamo]: una vetrina riempita di pillole farmaceutiche da D. Hirst venduta per 13,3 milioni di euro il 21 giugno 2007; il creatore di happening cinese Zhu Yu che divora in pubblico dei feti di bambini (p. 122) e l'happening di Chris Ofili con la S. Vergine coperta d'escrementi d'elefante, esposta dal famoso Saatchi alla Royal Academy di Londra (p. 202). Troviamo poi, a p. 115, la mostra "Présumés innocents", a Bordeaux, ottobre 2000: gli insegnanti della città e dei dintorni erano stati invitati a condurvi gli allievi, senza dubbio per ampliare la loro cultura. Vi si poteva vedere, tra altre esibizioni eiusdem farinae, un video di Elke Krystufek che mostrava "l'artista" mentre si masturbava con un cetriolo prima di cucirsi il sesso [se masturbant avec un concombre avant de se coudre le sexe]. Diversi genitori protestarono e una associazione per la lotta alla pedofilia sporse querela per la diffusione di immagini a carattere pedopornografico e corruzione di minore. Ma il ministro, M. Renaud Donnedieu de Vabres dichiarò, su 'Libération': 'E'importante lasciare all'artista quel supplemento di libertà in più rispetto ai comuni mortali, affinché possa rappresentare e denunciare i mali della società". Per il ministro, evidentemente, la masturbazione aveva un'alta funzione civica e morale..."
(Fonte: Kostas Mavrakis, L'art n'est pas mort. Aude de Kerros l'a rencontré, recensione al libro della critica d'arte Aude de Kerros, L'Art Caché, Eyrolles, 2007, apparsa nel semestrale: 'Conflits Actuels. Revue d'étude politique', X, n. 19, 2007-1, pp. 156-7).
Sunt lacrimae rerum.
Però adesso abbiamo un governo in Italia che, inaspettatamente, comincia in qualche modo a reagire.
PP