Il 7 febbraio scorso è uscito presso le edizioni Sainte-Madeleine, per mano dello storico Yves Chiron, la prima biografia di Dom Gérard, morto 10 anni fa, il fondatore e primo abate di Le Barroux. Questo libro continua a far discutere a causa della parzialità e inclinazione dimostrata dall'autore il quale, in quanto storico di vaglia, ci si sarebbe aspettati tracciasse un quadro complessivo il più possibile oggettivo e attinente alla realtà, in particolare riguardo alla grave crisi che la Chiesa stava attraversando negli anni bollenti della rivoluzionaria riforma conciliare.
Anni in cui si svolge appunto la travagliata vicenda di Dom Gérard, il quale in un primo tempo sembrava aver sposato la nobile causa della resistenza al fianco di Mons. Lefebvre, mentre in seguito se ne allontanava preferendo una sorta di compromesso, dichiarato, al fine di diffondere e far incontrare più efficacemente possibile i tesori del monachesimo tradizionale, a scapito però dell'impegnativa difesa ad oltranza della purezza dottrinale. Tale difesa avrebbe richiesto una fermezza, una chiara determinazione, un netto contrasto verso la Roma modernista, cosa che egli detestava e che infine arrivava a definire come "atteggiamento critico, sterile e negativo".
Don Jean-Michel Gleize, professore di ecclesiologia al seminario di Ecône, puntualizza con dovizia di particolari e di riferimenti su questa lacuna dello storico, mettendo in evidenza la più palese contraddizione che caratterizzò l'intento e l'impegno di una vita di Dom Gérard, il quale volendo difendere e diffondere il monachesimo tradizionale con la sua magnifica ricchezza liturgica dovette accettare di accogliere nel suo monastero nientemeno che la nuova Messa, l'ibrido rito di Paolo VI, frutto della collaborazione con gli eretici.
In pratica, traendosi in disparte dalla difesa degli aspetti dottrinali (fino ad accettare e difendere la "libertà religiosa" e in generale il Concilio) per prediligere quelli liturgici, mancò anche questo suo obiettivo, in quanto introdusse nel suo monastero il modernismo liturgico a grave scapito della scelta esclusiva per la Lex Orandi della Tradizione, segno distintivo e insostituibile dell'autentica vita monastica che egli intendeva preservare.
(marius)
1. Dom Gérard, fondatore e abate del monastero Sainte-Madeleine du Barroux, ha lasciato questo mondo dieci anni fa, il 28 febbraio 2008. Ed ecco che Yves Chiron ne pubblica la prima biografia, sottotitolata “Rivolto al Signore”. Derogando alla sua ordinaria riservatezza, lo storico emette in questa occasione, e a più riprese, dei gravi giudizi (1) sulla portata dell’atto delle consacrazioni episcopali compiute da Mons. Lefebvre il 30 giugno 1988. Yves Chiron vi vede “uno scisma”.
Di tale scisma, egli afferma, Dom Gérard non valutò subito la gravità (2). Fu solo il 18 agosto successivo, con una “Dichiarazione” pubblicata nel giornale Présent, che Barroux cominciò a prendere ufficialmente le distanze da Écône (3). Questo allontanamento doveva poi accentuarsi molto rapidamente e condusse Dom Gérard ad adottare un< diverso atteggiamento riguardo alle novità introdotte nella Chiesa dall’ultimo Concilio. A tal punto che accettò di concelebrare, almeno in due occasioni (4) , il santo sacrificio della Messa secondo il Novus Ordo Missæ, un nuovo rito di cui i cardinali Ottaviani e Bacci poterono tuttavia affermare che “si allontana in maniera impressionante, nell’insieme come nel dettaglio” (5) dalla definizione cattolica della Messa, fissata una volta per tutte dal concilio di Trento.
2. Detto per inciso, lo scisma è, anch’esso, un “allontanamento”, proprio come l’eresia. In quali termini? Chi si allontana da chi? L'antica Messa dalla nuova? ... Lo sguardo dello storico qui dovrebbe qui scorgere i suoi limiti – insieme alle ragioni della propria modestia.
Da parte sua, uno dei testimoni della prima ora della battaglia della Tradizione, don Paul Aulagnier, qualifica come “molto grave” il libro di Yves Chiron, a causa di questi giudizi, che si ripetono “non una volta en passant, ma mille volte”, alla guisa di una "tormentosa e penosa" reiterazione (6). Ma chiudiamo qui questa parentesi.
3. Cosa lascia dietro di sé Dom Gérard? Sicuramente, una profonda e vasta influenza, esercitata durante la sua vita sia con la parola che con gli scritti, che ancora perdura tramite l’opera del suo monastero.
Ma questa influenza ha operato, sotto tutti gli aspetti, il vero bene delle anime?
Un fatto rimarrà per sempre innegabile, agli occhi della Storia: fin da quando Dom Gèrard era vivo, Le Barroux si è fatto il difensore del concilio Vaticano II. Dom Gèrard lascia dietro di sé dei discepoli, e questi discepoli sono divenuti i teologi e gli apologeti della libertà religiosa. Il principale tra tutti loro, Padre Basilio Valuet, nel 1998 pubblicò una somma in sei volumi sull’argomento: La libertà religiosa e la Tradizione cattolica. Un caso di sviluppo dottrinale omogeneo nel Magistero autentico (7).
Nella biografia consacrata al fondatore della Fraternità San Pio X, Mons. Tissier de Mallerais evoca “l’ossessione della comunione ecclesiale e benedettina” che finirà con il “consumare poco a poco la capacità di resistenza” del Barroux (8), la capacità di resistere agli errori del Concilio e di conseguenza anche alle riforme deleterie della nuova liturgia.
Mons. Lefebvre aveva d’altra parte additato questa insufficienza fatale fin dall’indomani delle consacrazioni. “Dom Gérard”, rimarcava allora, “finora ha visto solo la liturgia e la vita monastica. Non vede con chiarezza i problemi teologici del Concilio, della libertà religiosa. Egli non vede la malizia di quegli errori. Non è mai stato molto preoccupato per questo. Quello che gli premeva era la riforma liturgica, la riforma dei monasteri benedettini […] Non valutò sufficientemente che proprio quelle riforme che lo avevano portato a lasciare il suo monastero erano la conseguenza degli errori insiti nel Concilio (9)."
4. Infatti esiste un legame molto stretto tra la liturgia e la professione di fede.
Dal giorno in cui perse di vista la malizia di fondo degli errori del Concilio, Dom Gérard s’impegnò sulla via che lo avrebbe portato presto o tardi a trascurare la pericolosità altrettanto profonda, per il suo stesso monastero, della nuova liturgia. Don Paul Aulagnier lo sottolinea a ragione: “Non è forse una modifica fondamentale della vita del monastero quella di farvi celebrare la nuova messa (10)?"
Per guardare nella giusta prospettiva la biografia di Yves Chiron, con l’omaggio di cui essa si vuole espressione, rileggiamo ancora, senza discostarsene di una sola riga, a venticinque anni di distanza, l’Editoriale firmato dallo stesso don Paul Aulagnier, allora Superiore del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X:
“Non era forse sotto la vostra responsabilità di padre, Abbas, Pater” scrive rivolgendosi a Dom Gérard, "di lasciare piuttosto ai vostri monaci un esempio di fermezza, di perseveranza, di fedeltà? (11)”
5. Né fermezza, né perseveranza, né fedeltà potrebbero qui essere senza pecche, poiché Dom Gérard non ha visto “la malizia di questi errori”, errori mortiferi del concilio Vaticano II. “Non è un’inezia ad opporci” diceva ancora Mons. Lefebvre parlando del Concilio.
“Non basta che ci dicano: voi potete dire la vecchia messa [è ciò che dice il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI nel 2007] ma bisogna accettare questo [questo: gli errori del Vaticano II; è ciò che dice la Lettera ai vescovi di Benedetto XVI nel 2009]. No, non è nient'altro che questo ad opporci: è la dottrina. E’ chiaro. È questo che è grave in Dom Gérard, ed è questo che lo ha fatto smarrire. (12)”
L’omaggio postumo richiederebbe qui un po’ di temperanza.
6. Perché questa inversione? Come è possibile che, nell’estate 1987, dopo aver rifiutato come una rottura l’insegnamento conciliare sulla libertà religiosa (13), Dom Gérard abbia finito per vedervi l’eco della Rivelazione divina? “Credo che ciò che ha contribuito a smarrire Dom Gérard”, spiega Mons. Lefebvre, “sia la sua preoccupazione di aprirsi a tutti quelli che non sono con noi e che possono approfittare anch’essi della liturgia tradizionale. E’ ciò che scriveva in sostanza nella Lettera agli amici del monastero, due anni dopo il suo arrivo al Barroux. «Noi vogliamo provare» diceva «a non avere più questo atteggiamento critico, sterile, negativo. Ci sforzeremo di aprire le nostre porte a tutti coloro che eventualmente pur non avendo le nostre idee, amino la liturgia, al fine di far usufruire anche a loro dei benefici della vita monastica».
Fin da quel periodo, mi ero preoccupato di quello che consideravo come un’operazione molto pericolosa. Era l’apertura della Chiesa al mondo, e si è poi dovuto constatare che è stato il mondo a convertire la Chiesa. Dom Gérard si è lasciato contaminare da quest’ambiente che ha ospitato nel suo monastero (14).”
Ecco qui una legge inscritta nel più profondo della natura umana, essendo l’uomo fatto per vivere in società. La società infatti è quell’ambiente nel quale l’uomo inevitabilmente riceve il proprio modo di pensare e agire, ambiente nel quale difficilmente egli può evitare di assumere i condizionamenti di una parte ricevendo dalle altre i suoi orientamenti fondamentali.
7. Mons. Lefebvre sapeva bene di che cosa parlava, perché aveva ben riflettuto, e la sua riflessione era approdata proprio a questa “Esposizione della situazione riguardante ciò che Roma chiama riconciliazione”, stesa in vista della riunione tenuta al Pointet il 30 maggio 1988 (15). Di fronte all’eventualità di una reintegrazione canonica delle opere della Tradizione, aveva fatto la seguente constatazione:
"Finora eravamo protetti in modo naturale, la selezione si faceva da se stessa per l'esigenza di una frattura con il mondo conciliare; d'ora in poi bisognerà fare dei controlli continui, difendersi senza tregua dagli ambienti romani, dagli ambienti diocesani. È per questo che vogliamo tre o quattro vescovi e la maggioranza nel consiglio romano. Ma fanno orecchie da mercante. Hanno accettato soltanto un vescovo, e sotto minaccia continua, e hanno rimandato la data. Ritengono inconcepibile che li si tratti come un ambiente contaminato, dopo tutto quello che ci accordano. Dunque per noi si pone il problema morale: bisogna assumersi il rischio di contatti con questi ambienti modernisti nella speranza di convertire qualche anima, e con la speranza di proteggersi con la grazia di Dio e la virtù di prudenza, e quindi rimanere uniti a Roma legalmente, secondo la lettera, dato che lo siamo nella realtà e secondo lo spirito? O bisogna prima di tutto preservare la famiglia della Tradizione per mantenere la sua coesione e il suo vigore nella fede e nella grazia, considerando che il legame puramente formale con la Roma modernista non può venire equiparato con la salvaguardia di questa famiglia, la quale rappresenta ciò che resta della vera Chiesa cattolica? Che cosa Iddio, la SS.ma Trinità e la Vergine di Fatima ci chiedono come risposta a questa domanda?”
8. La storia non è mai scritta in anticipo, e di rado si ripete allo stesso modo, tanto le circostanze possono essere mutevoli. Ma le leggi della natura umana non cambiano. Ne derivano sovente delle probabilità piuttosto forti.
Rimanere integri in un ambiente contaminato è molto spesso un’impresa votata al fallimento, un sogno impossibile. Fu il sogno di Dom Gérard, e fu pure il suo scacco. Dopo aver dichiarato che il suo rifiuto dello “scisma” e la sua integrazione nella Confederazione benedettina non erano accompagnati “da alcuna contropartita dottrinale o liturgica”, e che “nessun silenzio sarebbe stato imposto alla sua predicazione antimodernista” (16), in capo a qualche anno Dom Gerard doveva dichiarare:
“Noi accettiamo tutto il magistero della Chiesa, di ieri, di oggi e di domani. Eccone la prova: abbiamo redatto e pubblicato nel 1993 l’opera "Sì, il Catechismo della Chiesa cattolica è cattolico!" in risposta a coloro che vi ravvisano l’esposizione della fede modernista della Chiesa conciliare (17). Se rifiutassimo davvero quasi tutto il Concilio, ci saremmo presi la briga di difendere questo catechismo, una magnifica sintesi di tutta la dottrina della Chiesa, includendo necessariamente il Concilio Vaticano II (18)?"
9. Dunque, “Che ne è di questa fedeltà?”, è ancora don Paul Aulagnier a porre la questione. Perché qui ci sono i fatti. Dom Gérard non ha trasmesso fedelmente le tradizioni della sua famiglia monastica. La specificità della sua opera non fu “l’attaccamento alla dottrina monastica come l’avevano vissuta Padre Muard, Dom Romain Banquet e Madre Marie-Cronier”, né “l’attaccamento alla liturgia tradizionale (19)”. No, perché un tale attaccamento ha il dovere di escludere le novità contrarie alla fede e al culto della Santa Chiesa cattolica.
Lontano in ugual modo sia dall’adulazione che dall’animosità (20), lo storico ha il dovere di essere giusto e di rendere al Padre di Barroux ciò che merita. Il libro di Yves Chiron mette in evidenza gli aspetti belli e nobili della vita di Dom Gérard. Ma vi manca il grande rimprovero, che una Storia degna di tale nome non potrà ignorare a lungo: quello di avere alla fine abbassato la guardia davanti all’ “Eresia del XX secolo”.
Don Jean-Michel Gleize
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NOTE
(1) Per esempio, p- 462, a proposito del discorso pronunciato da Dom Gérard a Barroux, domenica 2 agosto 1987 oppure a p. 486-487 quando riferisce della cerimonia della consacrazione, che si svolse giovedì 30 giugno 1988 a Écône.
(2) CHIRON scrive: “ Non è sicuro che il giorno delle consacrazioni Dom Gérard abbia ancora totalmente misurato la gravità dell’atto compiuto da Mons. Lefebvre” (p. 487)
(3) CHIRON, p. 497-502.
(4) YVES CHIRON lo testimonia, p. 575-576. Il lettore potrà riferirsi ai due articoli du Michel Beaumont pubblicati nella rivista Fideliter, “La dégringolade de Dom Gérard” (numero 107 di settembre-ottobre 1995, p. 52-55) e “Les concélébrations de Mgr Wach et de Dom Gérard” (numero 108 di novembre-dicembre 1995, p. 42-47).
(5) CARDINALI OTTAVIANI E BACCI, “Prefazione a Papa Paolo VI” nel Breve esame critico del Novus Ordo Missæ, Écône, p. 6
(6) PAUL AULAGNIER, Recensione del libro d’Yves Chiron nella Rivista Item del 28 aprile 2018.
(7) Su tale questione, il lettore potrà riferirsi ai numero di marzo e ottobre 2014 del Courrier de Rome. PADRE BASILIO continua la sua opera ed il risultato è stato pubblicato in questi ultimi anni presso le Edizioni Artège: Quel œcuménisme? La difficulté d’unir les chrétiens (2011); L’Eglise au déFI DES RELIGIONS: Évangelisation,, conflit ou dialogue? (2013)
(8) BERNARD TISSIER DE MALLERAIS, Marcel Lefevbre, une vie, Clovis, 2002, p. 548.
(9) MONS. LEFEVBRE, “Porrò delle condizioni ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma” in Fideliter n°66 di novembre-dicembre 1988, p. 14.
(10) PADRE PAUL AULAGNIER, Recensione del libro di Yves Chiron nella Rivista Item del 28 aprile 2018.
(11) PADRE PAUL AULAGNIER, “Colui che mi ha consegnato a te è colpevole di un peccato maggiore”, Editoriale pubblicato nel numero 96 della rivista Fideliter di novembre-dicembre 1993, p. 1-6.
(12) MONS. LEFEBVRE, “Porrò le mie condizioni ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma” in Fideliter n° 66 di novembre-dicembre 1988, p. 14.
(13) Cf. CHIRON, p. 462: “La nuova dottrina consiste nel lasciare l’errore pullulare col pretesto della libertà.”
(14) MONS. LEFEBVRE, “Porrò le mie condizioni Ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma” in Fideliter.
(15) Cfr. Fideliter numero fuori serie 29-30 giugno 1988 e Mons. Bernard Tissier de Mallerais, Mons. Lefebvre, una vita, Clovis, 2002, pp. 587-589.
(16) Dichiarazione del 18 agosto 1988, citata da Chiron, p. 498.
(17) Allusione al numero della rivista Fideliter n° 91 di gennaio-febbraio 1993, che pubblicò i due articoli “Il Catechismo della nuova età dell’uomo”, pp. 3-7, di don Michel Simoulin, allora Direttore del Seminario San Pio X di Écône e “Mons. Lefebvre giudica il Nuovo Catechismo”, pp. 8-12, di don Alain Lorans, allora Rettore dell’Istituto San Pio X di Parigi.
(18) “Risposta a René Rémond” apparsa in Ouest France dell’11 e 12 febbraio 1995, e riprodotta in Fideliter n° 105 di maggio-giugno 1995, p. 70.
Mi sapete dire perché Padre Jean de Belleville, primo discepolo di dom Calvet si è staccato dall'abbazia di Le Barroux per fondare in Italia a Villatalla i benedettini dell'immacolata? Sta continuando la fondazione di Villatalla?
RispondiEliminahttps://www.europacristiana.com/il-falso-storico-di-yves-chiron/
RispondiEliminaVedi anche...
RispondiEliminahttps://www.europacristiana.com/il-falso-storico-di-yves-chiron/
https://www.riscossacristiana.it/rivolto-al-concilio-quando-dom-calvet-abbandono-da-via-della-tradizione-difesa-da-monsignor-lefebvre-di-don-jean-michel-glaize/
https://www.radiospada.org/2018/07/verso-il-capitolo-quel-revisionismo-su-mons-lefebvre/
Bisognerebbe nei seminari fare delle rassegne di come i grandi errori siano iniziati spesso da un'inezia, da gentilezza, da quella che si credeva essere buona educazione.
RispondiEliminaRicordare che il male non si presenta mai come tale ma, come un bene immediato. Credo che questa messa in guardia sulle cose della vita debba essere presente nel curriculum di ogni seminario.
Vivendo in un convento, cioè in una comunità chiusa, è facile che l'opposizione tacita di pochi finisca con il diventare esplicita in quelli che colgono l'inespresso di chi gli vive accanto.
"...d'ora in poi bisognerà fare dei controlli continui, difendersi senza tregua dagli ambienti romani, dagli ambienti diocesani..."
Questo stato di all'erta continuo ora si è tacitamente diffuso tra tutti coloro che hanno perso fiducia nei loro pastori, di questo posso essere testimone. Brutta, triste, defatigante esperienza. Malsana.
RispondiEliminaLa trahison de Mgr Lefebvre par dom Gérard, habilement "retourné" par Joseph Ratzinger, aura été un des coups les plus durs portés contre le mouvement traditionaliste en France. Depuis lors, l'abbaye du Barroux, qui avait largement bénéficié de l'aide spirituelle et matérielle du fondateur d'Écône, a beaucoup perdu de son prestige. Personnellement, je n'y suis jamais retourné. L'abbé actuel est parfaitement dans la ligne de Vatican II et ne manque jamais d'attaquer la FSSPX quand il en a l'occasion. C'est tout dire.
Un commento a questo post:
RispondiEliminahttp://traditioliturgica.blogspot.com/2018/07/spigolature.html
Grazie per l'attenzione.
@ anonimo delle 15.55:
RispondiEliminaIl p.Jean ed i confratelli si staccarono dal monastero del Barroux proprio per l'ostilità crescente di quest'ultimo nei confronti della FSSPX, verso cui i monaci di Villatalla nutrono invece stima.
Il monastero a Villatalla continua, ora sono in 5. Purtroppo qui in Italia c'é scarso interesse per la vita monastica in genere, e questo é un pessimo sintomo di correlativa scarsa fede. Preghiamo perché nascano queste vocazioni: eremi e monasteri sono il cuore pulsante della Chiesa, quelli fedeli alla Tradizione ovviamente, e si capisce da qui perché in essa c'è questa spaventosa crisi.
Il link al sito web dei Benedettini dell'Immacolata é il seguente: www.benedectins-de-immaculee.com
Le parole di Leone XIII, mentre citava papa Felice III (. . . e che Bergoglio non ha mai letto?): Non resistere all’errore è approvarlo, non difendere la verità è ucciderla. Chiunque manca di opporsi a una prevaricazione manifesta, può essere considerato un complice occulto.
RispondiEliminaBen hanno fatto, quindi, questi parrocchiano ad abbandonare la chiesa durante l’omelia di questo prete immigrazionista incallito e nemico della Verità :
https://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/don-federico-pompei-attacca-salvini-fedeli-lasciano-chiesa-2899372/amp/
"I laici devono protestare, far sentire la loro voce. Ogni volta che un prete indegno si serve della santa Messa per tenere arringhe politiche, per diffondere concetti non cattolici, come purtroppo avviene ormai ovunque, essi devono contestare quel prete. Quando don Olivero ha detto ai fedeli che non avrebbe fatto loro recitare il Credo, perché lui non ci crede, i fedeli avrebbero dovuto uscire dalla chiesa. Questi preti infedeli devono trovare la ferma opposizione dei cattolici, altrimenti la loro impudenza non avrà limiti. E l’osceno affresco del duomo di Terni, che celebra il peccato, va distrutto. E se Paglia esalta le virtù di Pannella, un coro di fischi lo deve sommergere…"
(parte conclusiva di un interessante articolo del professor Francesco Lamendola: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2521_Lamendola_Processare_Gesuiti.html )
“bisogna assumersi il rischio di contatti con questi ambienti modernisti nella speranza di convertire qualche anima, e con la speranza di proteggersi con la grazia di Dio e la virtù di prudenza, e quindi rimanere uniti a Roma legalmente, secondo la lettera, dato che lo siamo nella realtà e secondo lo spirito? O bisogna prima di tutto preservare la famiglia della Tradizione per mantenere la sua coesione e il suo vigore nella fede e nella grazia, considerando che il legame puramente formale con la Roma modernista non può venire equiparato con la salvaguardia di questa famiglia, la quale rappresenta ciò che resta della vera Chiesa cattolica? Che cosa Iddio, la SS.ma Trinità e la Vergine di Fatima ci chiedono come risposta a questa domanda?”
RispondiElimina“le leggi della natura umana non cambiano. Ne derivano sovente delle probabilità piuttosto forti.
Rimanere integri in un ambiente contaminato è molto spesso un’impresa votata al fallimento, un sogno impossibile. Fu il sogno di Dom Gérard, e fu pure il suo scacco”
Questo mi sembra il nodo cruciale. Questa la più grande tentazione dei cristiani di più alto grado, gerarchico e anche spirituale, vagliati dal demonio a uno a uno, come tutti. Non più la carne. Ma lo spirito. La tentazione di aggregarsi, di non esporsi, di stare in equilibrio. Di non scandalizzare. Soprattutto di non dividere, di non dividersi. Dal mondo, in primo luogo ed in un primo momento (CVII). Dalla gerarchia ecclesiastica abbracciata ed inquinata dal mondo, dopo. Ora. La pace e l’unione, prima della verità e a prescindere dalla verità. Cioè dalla fede integra.
Il nostro Dio fatto uomo però ce l’ha detto che non può essere conciliato l’inconciliabile. E che la verità è inconciliabile con l’errore. O con Lui o contro di Lui. Tutti gli equilibrismi sono destinati ad essere annegati dall’acqua che si insinua nella breccia lasciata aperta.
La mia mente, il mio cuore e le mie preghiere questa sera sono rivolti al capitolo generale della FSSPX. Faccio mie le parole di S. Giovanni della Croce “Se l’Ordine arrivasse a uno stato tale che, nei capitoli, nelle riunioni e in altre occasioni, i più importanti tra i suoi membri non osassero dire ciò che è appropriato, in nome della carità e della giustizia, per debolezza, pusillanimità o per timore di irritare il superiore, e così rimanere senza incarichi (che è un’ambizione normale), allora si ritenga l’Ordine come perduto e totalmente dissolto”».
Nella consapevolezza che “San Giovanni della Croce fu il solo che osò parlare chiaramente prima e durante quel Capitolo Generale; il che gli valse di non essere confermato nelle sue funzioni e di essere relegato in un monastero isolato in Andalusia, in cui morì poco dopo, maltrattato dai suoi stessi confratelli. Nondimeno, un tale sacrificio permise in seguito alla Riforma teresiana del Carmelo di resistere alle pretese di Padre Doria”.
Sia fatta la volontà di Dio.
Anna
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0633_Intervista_Lefebvre_genn_1991.html
RispondiElimina"Fideliter: Quando si vede che Dom Gérard e la Fraternità San Pietro hanno ottenuto di conservare la liturgia e il catechismo, senza aver concesso nulla – essi dicono – certuni, che sono turbati perché si trovano in una difficile situazione con Roma, alla lunga possono essere tentati di riunirsi a loro volta per stanchezza. «Si può arrivare – dicono – ad intendersi con Roma senza concedere nulla».
Mons. Lefebvre: Quando dicono che hanno concesso nulla, è falso. Essi hanno abbandonato la possibilità di contrastare Roma. Non possono dire più niente. Devono tacere, dati i favori che sono stati loro accordati. Adesso è loro impossibile denunciare gli errori della Chiesa conciliare. Essi aderiscono molto dolcemente, non foss’altro che per la professione di fede chiesta loro dal cardinale Ratzinger. Io credo che Dom Gérard sia sul punto di far pubblicare un piccolo libro redatto da uno dei suoi monaci sulla libertà religiosa, dove egli cerca di giustificarla.
Dal punto di vista delle idee, essi virano molto dolcemente e finiscono con l’ammettere le false idee del Concilio, perché Roma accorda loro qualche favore per la Tradizione. È una situazione molto pericolosa.
Nel corso dell’udienza concessa a Dom Gérard e ad una delegazione dei monaci di Le Barroux, il Papa ha espresso il desiderio di vederli evolvere sempre di più….e che evitino di fare in modo che le riforme conciliari siano sottovalutate, perché sono state accordate loro delle eccezioni alla regola liturgica del Concilio. È anche necessario che facciano uno sforzo per far rientrare tutti coloro che non sono ancora all’ubbidienza del Santo Padre.
Sono stati fatti loro degli inviti pressanti ed è proprio in questo che sta lo scopo dei privilegi che sono stati loro accordati.
È per questo che Dom Gérard ha scritto alla Madre Anne-Marie Simoulin, al Padre Innocent-Marie, ai Cappuccini di Morgon e ad altre persone per provare perfino di arrivare fino a me. Al suo ritorno da Roma egli ha lanciato quest’offensiva per tentare di convincere tutti quelli che non lo seguono a seguire il suo esempio e a riunirsi a Roma.
Tutto quello che è stato loro accordato, è stato concesso al solo scopo di fare in modo che tutti quelli che aderiscono o sono legati alla Fraternità, se ne allontanino e si sottomettano a Roma…
Fideliter: Nei confronti di Dom Gérard e di altri, Lei ha detto: «Hanno tradito. Oggi danno la mano a quelli che demoliscono la Chiesa, ai liberali, ai modernisti». Non è un po’ severo?
Mons. Lefebvre: Ma no. Essi si sono appellati a me per quindici anni. Non sono stato io che sono andato a cercarli. Sono loro che sono venuti da me per fare delle ordinazioni, per chiedermi degli appoggi, l’amicizia dei nostri sacerdoti e perfino l’apertura dei nostri priorati per essere aiutati finanziariamente. Si sono serviti in tutto di noi fin quando hanno potuto. ...
Non è con gioia che abbiamo avuto delle difficoltà con Roma. Non è per piacere che abbiamo dovuto batterci. Noi l’abbiamo fatto per dei principii, per conservare la fede cattolica. E loro erano d’accordo con noi. Collaboravano con noi. E poi all’improvviso si abbandona la vera battaglia per allearsi con i demolitori, col pretesto che è stato loro accordato qualche privilegio. È inammissibile.
Praticamente, essi hanno abbandonato la battaglia per la fede. Non possono più attaccare Roma.
È quello che ha fatto anche il Padre de Blignières. È cambiato completamente. Lui, che aveva scritto un intero volume per condannare la libertà religiosa, adesso scrive a favore della libertà religiosa. Non è serio. Non si può più contare su uomini così, che non hanno capito alcunché della questione dottrinale.
In ogni caso, io ritengo che commettano un grave errore. Essi hanno peccato gravemente agendo come hanno fatto, scientemente e con una disinvoltura inverosimile…"
Anna
Da leggere e meditare, una voce che grida nel deserto, ascoltiamola ! :
RispondiEliminahttps://stmarcelinitiative.com/email/it-commenti-eleison-di-mons-williamson-dlxxiii-573.html
“Amoris laetitia” giunge a dire che anche vivendo esteriormente in una condizione di peccato oggettivo, a motivo delle attenuanti si può essere in grazia e perfino “crescere nella vita di grazia” (n. 305). È chiaro che se le cose stanno così, l’interruzione fra sacramento e agire morale, già prima evidenziata, porta ad esiti sovrapponibili alla concezione luterana del “simul iustus et peccator” condannata dal Concilio di Trento.[…] In questo modo si può essere al tempo stesso giusti (davanti a Dio, invisibilmente) e peccatori (davanti alla Chiesa, visibilmente). Le opere rischiano di non avere più alcun rilievo nel “discernimento” della grazia.
RispondiEliminahttp://www.sabinopaciolla.com/meiattini-amoris-laetitia-fede-ridotta-a-etica/
RispondiEliminaLa couverture du livre d'Yves Chiron montre un dom Gérard crispé, anxieux… Curieuse illustration de la "paix" bénédictine…
Padre Jean non si è staccato dalle Barroux perché pensava di diventare il nuovo abate?
RispondiEliminaC'è in Italia qualche monastero benedettino tradizionale di italiani?
RispondiEliminaMolto interessante; sono disponibili sue opere in italiano?
RispondiElimina@ Roberto 10 luglio 2018 07:52
RispondiEliminaDi don Gleize in italiano si può trovare...
su questo blog cercando sul motore di ricerca interno:
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/search?q=gleize
sul sito della Fraternità SPX:
https://www.sanpiox.it/component/search/?searchword=gleize&searchphrase=all&Itemid=149
Non mi risulta che in Italia ci sia un monastero tradizionale con monaci italiani. Ma direi che non é il caso di fare distinzioni di nazionalità quando si ė tra cattolici, ancor meno quando si é in un monastero o convento. San Benedetto aveva tra i suoi monaci anche non pochi Goti, ad esempio.
RispondiEliminaI Benedettini dell'Immacolata attendono a braccia aperte le vocazioni italiane, non intendono certo costituire un'isola francofona a sé stante. Il problema é che di italiani decisi a diventare monaci non ce ne sono, é un problema soprannaturale di fede anzitutto (l'americanismo attivista ha impregnato diverse generazioni di cattolici, che non comprendono piú il valore della vita monastica ed eremitica). E poi c'è il timore delle rinunce e dei sacrifici che la vita monastica ed eremitica comporta. Comunque, preghiamo perché ci sia chi ascolti la chiamata di Dio a questa forma di vita consacrata, ne va del bene spirituale di tuttavia Chiesa.
Fa impressione che padre Jean, il primo discepolo dell'abate Calvet, abbia lasciato Le Barroux (non so se ancora in vita dom Calvet) per dissensi con la nuova linea del nuovo padre abate ... Spero non abbia lasciato perché volesse diventare lui abate.
RispondiEliminaCondivido in pieno il commento di Sacerdos quidam. Spero che gli italiani e i monasteri italiani si diano una svegliata dal letargo che li avvolge. Bisogna ripartire ritornando nel solco della tradizione ricercando unicamente Dio e servendo Lui solo in verità.
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