A Claudio Magris sono state necessarie ben due pagine del “Corriere della sera” per intimare a quelli di Casapound di lasciar stare il poeta Ezra Pound, perché – sì – aveva orribili idee politiche, ma, afferma il critico triestino, come poeta valeva molto di più. Una colossale e insperata pubblicità per quella formazione politica di destra. [qui un bellissimo articolo di Marcello Veneziani sullo stesso argomento - ndR]
Non entro in questa diatriba. Ma lo strano binomio poesia e politica è molto stimolante e si presta perfino a incursioni ironiche. Sarebbe divertente cercare nella poesia qualche sentenza sull’attualità politica.
Forse si potrebbero applicare al PD o a Forza Italia, per esempio, i più famosi versi di Eugenio Montale: “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe (…)/ Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
Tuttavia il tema è serio. Ha ragione Magris quando spiega che “non è bene chiedere ai poeti indicazioni politiche”. Perché spesso dicono sciocchezze. E ha ragione pure quando osserva che le “affermazioni ideologiche” dei poeti “sono spesso in contrasto con un loro forte e generoso sentimento della vita e dell’uomo”.
Ѐ lunga la lista di poeti e intellettuali del Novecento che hanno aderito a partiti e regimi totalitari eppure poetando diventavano altri uomini e spalancavano gli orizzonti infiniti della condizione umana. Perciò è giusto distinguere.
Tuttavia una cosa sono le ideologie, altra cosa sono gli ideali. Una cosa sono le “indicazioni politiche”, altra cosa è l’anima di un popolo, la sua identità nel mondo, cosa che – della politica – dovrebbe essere sempre la bussola spirituale più nobile.
Ebbene, da questo punto di vista quello italiano è un caso del tutto speciale. Perché – per riconoscimento generale – proprio la poesia, per secoli, è stata la culla della nostra identità nazionale che ha potuto realizzarsi come unità statuale solo nell’Ottocento e nel modo peggiore: con la violenza militare (ma già alla metà del Trecento l’“Universa Sacra Italia” di Cola di Rienzo era un sogno politico).
L’identità di una nazione, spiega il Manzoni, è fatta di “lingua, altare e memorie” e la nostra è l’unica lingua che ha come canone un poema, il più grande dei poemi, la Divina Commedia, quello che dà compimento in sé alle due più grandi tradizioni: la cultura classica e quella cattolica.
La Roma di Virgilio che ha plasmato il mondo dall’Atlantico alla Mesopotamia, e la Roma cristiana che ha illuminato il mondo.
Dante scandalizza gli intellettuali del suo tempo quando dichiara il suo “naturale amore de la propria loquela” ed esalta così “l’italica loquela” che mostra essere capace di dar forma al più sublime dei poemi con parole “piene di dolcissima e d’amabilissima bellezza”.
Così nacque la lingua italiana ed è “una cosa che non si è verificata per nessun’altra letteratura, per alcun altro poeta” (Montano). E l’esaltazione della lingua popolare in Dante va di pari passo con l’ideale del riscatto dell’“umile Italia”. Lo direbbero oggi un populista.
Esagerando Giuseppe Antonio Borgese arrivò a scrivere: “L’Italia non fu fatta da re o capitani; essa fu la creatura di un poeta: Dante. […] egli fu per il popolo italiano quello che Mosè fu per Israele”.
In realtà l’Italia esisteva già da secoli. Ma è vero che qui la poesia è stata subito politica al suo livello più alto perché ha risvegliato un’identità nazionale violentata: “ahi serva Italia di dolore ostello/nave sanza nocchiere in gran tempesta/non donna di provincie, ma bordello”.
Ed è rimasta politica, la poesia, con l’altro gigante, Francesco Petrarca che nella sua struggente e bellissima canzone all’Italia già denuncia, fra le “piaghe mortali” della nostra patria, la sconcertante irresponsabilità delle classi dirigenti delle città italiane, impegnate a sbranarsi fra di loro.
Petrarca ricorda a tutti la grande storia e la grande civiltà di cui sono figli, incitando popoli e governanti d’Italia a liberarsi dei dominatori stranieri e a far pace tra fratelli.
Ѐ il modello della sublime poesia civile italiana che attraversa i secoli, accenderà gli animi e poi troverà in Leopardi l’altro gigante che, nel 1818, con la poesia “All’Italia” entusiasmerà i patrioti italiani.
Come scrisse Pietro Giordani all’amico Giacomo: “La tua canzone gira per questa città come fuoco elettrico: tutti la vogliono, tutti ne sono invasati”.
Anche Leopardi ricorda la grandezza della storia dell’Italia e la miseria della sua attuale sottomissione agli stranieri, paragonandola a una bella donna fatta schiava e incapace di reagire ai padroni.
Qualcuno potrebbe a questo punto ritenere che la poesia italiana sia clamorosamente identitaria, populista e sovranista. In effetti è così.
Ma la prospettiva va rovesciata. Ѐ la politica italiana che si è trovata oggi, di nuovo, davanti alle grandi scelte ideali che accesero gli animi dei nostri poeti: la patria, l’indipendenza, l’identità e la sovranità del popolo italiano.
Antonio SocciDa “Libero”, 29 ottobre 2018
Scusate l'intermezzo ,
RispondiEliminainserisco un articolo che personalmente trovo alquanto sciapetto ( con poco sale ), avente l'intento di far deridere una persona ,in questo caso un funzionario della Repubblica Italiana solamente perche' bene educata dai suoi genitori .
Alberto Bagnai, l'euroscettico ispirato dal Cielo .
L'economista e senatore della Lega nei talk show si comporta come un monsignore: quando parlano gli altri, li ascolta indulgente, anche se non ne apprezza neppure una parola; quando parla lui, sfoggia molta pacatezza.
DI GUIDO QUARANTA
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2018/10/30/news/alberto-bagnai-l-euroscettico-ispirato-dal-cielo-1.328198
Significato di " bene educato ":
Che dal comportamento dimostra di aver ricevuto una buona educazione, di aver appreso le regole della buona creanza; ammodo, compito, garbato, perbene.
Significato di " male educato" :
Che ha ricevuto una cattiva educazione e si comporta abitualmente in maniera giudicata scorretta; screanzato, villano , che ha modi sgarbati e incivili .
Lo avevo letto e ho subito pensato che, se arrivano a scadere in queste uscite da quattro soldi, significa che non hanno argomenti per confutare le sapienti affermazioni dell'economista.
RispondiEliminaFuori Tema
RispondiEliminaPost dal quale è possibile scaricare la dispensa per la liturgia latina tradizionale odierna (2 novembre):
https://traditioliturgica.blogspot.com/2018/11/dispensa-per-la-liturgia-romana-del-2.html
Grazie per l'attenzione.
RispondiEliminaL'unità d'Italia fatta nel modo peggiore con la violenza militare, una condanna "politicamente corretta".
Lo ribadisce Socci. Certo portando mazzi di fiori e cucinando pappe del cuore non si sarebbe mai fatta. Dopodomani, è un secolo dal 4 novembre 1918, capitolazione dell'Austria-Ungheria, il cui esercito, già in crisi, crollò nella battaglia di V. Veneto, contro gli italiani e i loro alleati. Il 4 novembre si concluse il riscatto dell'Italia dalle plurisecolari dominazioni straniere, con il raggiungimento dell'arco alpino sino all'Istria, le nostre frontiere naturali.
Sarebbe stato bello, certamente, unificarsi senza rivoluzioni, guerre civili e guerre. Ma la storia, si sa, non è pascolo per le anime belle e la politica ancor meno.
L'Austria-Ungheria deteneva quasi la metà della pianura padana e influiva su tutti gli altri Stati, compreso quello del Papa. Non avrebbe mai mollato l'osso, se non costretta dalla "forza militare", come la chiama Socci. Così iniziarono le guerre del Risorgimento, non tanto per unificare l'Italia quanto per liberarla dal dominio straniero e dar vita ad una sorta di confederazione, secondo il progetto neo-guelfo: gli Asburgo ci stavano sul groppone dalla metà del Cinquecento, prima spagnoli poi austriaci, in coppia con i Borboni. Gli Asburgo-Lorena, cui le Potenze diedero in omaggio il Granducato di Toscana, da loro amministrato come un feudo austriaco, ci portarono la Massoneria in casa: uno dei loro principi si era fatto iniziare a Londra e poi trapiantò la Setta a Firenze.
Dopo il fallimento della I guerra d'indipendenza (1848-49), dovuto anche alla latitanza del Pontefice e del Borbone, si capì che l'indipendenza dallo straniero si sarebbe potuta realizzare solo sotto la guida di una monarchia capace di unificare il Paese, da sola o con l'ausilio di un alleato più forte, come poi avvenne, sfruttando l'ardente desiderio del Napoleonide di modificare a favore della Francia lo statu quo stabilito a Vienna nel 1815.
Si continua a criticare, e anche giustamente per certi aspetti, l'uso della violenza nel nostro Risorgimento e unificazione. Ma bisognerebbe anche guardare con un minimo di realismo ai fatti e alle situazioni storiche. Magari ristudiarseli.
Quante nazioni si sono unificate, senza dover ricorrere alla violenza? Ci dimentichiamo la Crociata contro gli Albigesi? Iniziò per motivi religiosi, sterminò gli albigesi con il ferro e il fuoco, e finì con i re di Francia che se ne fecero i paladini e incamerarono tutto il sud-est del Paese, fino ad allora relativamente indipendente e gravitante verso la Catalogna.
E se vorremo riacquistare oggi la nostra sovranità contro l'Unione Europea corruttrice e l'Islam invasore, come poter credere che ciò avverrà senza esser costretti a combattere?
Viviamo in questo mondo, "regno del principe di questo mondo", non nelle sfere dell'Empireo.
Historicus
L'articolo potrebbe essere anche condivisibile sotto taluni aspetti, specialmente quelli riguardanti la letteratura in lingua toscana, ma vi si trovano delle prese di posizione (almeno suggerite) che sono realmente antistoriche e, quel ch'è peggio, non riflettono una concezione cristiana della geopolitica.
RispondiElimina"In realtà l’Italia esisteva già da secoli". In che senso esisteva già da secoli (prima di Dante, ndr)? Come penisola? Allora esisteva già da millenni! Come stato? Impossibile, lo "stato" modernamente inteso non esiste prima del Seicento. Come entità quantomeno etnico-culturale unitaria? Non è mai esistita, né mai esisterà, nonostante le pretese ottocentesche.
Anche sostenere che la romanizzazione della penisola fu in un certo senso la creazione di un'unità italiana è quantomeno antistorico, e contrastante con il romanocentrismo che era alla base della concezione degli antichi. Al di fuori dell'Urbe, non vi furono cives romani, ma socii o cives italici, con trattamenti e diritti ben differenti! E anche dopo la concessione della cittadinanza agl'italici, solo in seguito alla guerra sociale agl'inizi del I secolo a.C., non possiamo comunque ardire di considerarli come un'entità culturale unitaria (altrimenti, coll'editto di Caracalla, dovremmo considerare tutto il territorio dell'Impero come un'entità culturale unitaria!). Né la romanizzazione intervenuta nel tempo può essere argomento valido, imperocché furono parimenti romanizzati, ad esempio, la Gallia e il Nordafrica; comunque il sostrato etnico (che rimane primariamente importante specie quando si considera la popolazione e non semplicemente il governo) resta quello proprio, non diventa certo "per magia" latino. Per questo, quando il Manzoni accenna alla guerra greco-gotica, e si riferisce alle genti della penisola intera come "il volgo gravato dal nome latino / che un'empia vittoria conquise e tien chino", commette comunque un abuso storico, pur in un passo di poesia a mio parere straordinario.
Poi, "a voler dir lo vero", il Manzoni riteneva che l'Italia andasse dalle Alpi sino allo stretto, non ritenendo la Sicilia parte dell'Italia; identicamente, quando si leggono Dante e Petrarca e i loro accenni all'Italia, è antistorico e antirealistico leggerli in una funzione patriottica tarata sul modello d'Italia che abbiamo adesso (ch'è frutto dell'evoluzione irredentista d'inizio Novecento di un'idea nata agl'inizi dell'Ottocento da basi giacobine, poi fatta propria, con sottofondo culturale ovviamente diverso, dai romantici). Erano i testi scolastici e accademici della propaganda sabauda che sostenevano queste risibili tesi per giustificare la conquista della penisola; tali testi erano giustamente avversati per il loro ideologismo, in primis dalla Chiesa!
[continua...]
[continuazione]
RispondiEliminaSpiace appunto che chi ha a cuore la difesa della fede scada in queste posizioni che sono sempre appartenute a nemici della Chiesa! Citare Leopardi a sostegno della propria tesi (ancorché, insegna S. Tommaso, la verità provenga dallo spirito da chiunque sia detta) non è un buon biglietto da visita per un cattolico; o meglio, citare il Leopardi del 1818, non ancora ateo ma già sulla strada, e comunque di tendenze progressiste; ricordo che appena tre anni prima il giovane Giacomo Taldegaldo aveva scritto un'orazione "agl'Italiani per la liberazione del Piceno", in cui invece esprimeva posizioni completamente opposte, più conformi ai sani principi della Reazione cattolica trasmessigli dal padre, il conte Monaldo Leopardi, eccelso letterato e uomo di cultura, ingiustamente sottovalutato nel canone degli autori italiani, che sulla politica, la rivoluzione e il "patriottismo" ha scritto molto, e in termini che oggi definiremmo anacronisticamente antirisorgimentali.
Piccolo appunto, da parte di chi, pur avendo una stima e una venerazione profondissima "dell'alma Roma e di suo impero / [...] la quale e 'l quale, a voler dir lo vero / fu stabilita per lo loco santo / u siede il successor del maggior Piero", etnicamente non si sente in alcun modo erede dell'Impero Romano (culturalmente sì, ma culturalmente tutto l'Occidente dipende dalla cultura greco-romana e cristiana), bensì di una millenaria Repubblica Patrizia.
RispondiEliminaNon è mai esistita un'identità culturale italiana? I Romani non hanno davvero unificato l'Italia?
--I Romani l'hanno unificata l'Italia rispettando in buona misura le autonomie locali. Più tardi Augusto creò il sistema municipale. Durante la guerra annibalica apparve un sentimento nazionale romano-italico, già presente nel resistere a Pirro. I Romani riuscirono là dove gli altri popoli italici erano falliti. L'Italia era in preda all'anarchia, concupita dagli Stati ellenistici, dai Cartaginesi, aperta alle invasioni dall'arco alpino (nel 400 aC inizia quella dei Galli, che distrussero lo Stato etrusco nella pianura padana e alla fine avrebbero occupato anche l'Etruria, se i romani non li avessero vinti e poi contrattaccati a casa loro). Lo Stato etrusco subì anche la pressione dei Sanniti, che gli strapparono la Campania e premevano verso le coste, anche verso il Lazio. La lotta loro con Roma era da potenza a potenza e vinse Roma. La lotta con Cartagine per il dominio della Sicilia era inevitabile, la Sicilia è l'antemurale d'Italia contro l'Africa. Annibale iniziò la guerra avendo come obiettivo la conquista dell'Italia e la disstruzione dello Stato romano-italico. FEce accordi con il re di Macedonia perché attaccasse l'Italia dalla Puglia, sulle orme di Pirro. Insomma, senza la vittoria di Zama, l'Italia sarebbe diventata un satellite cartaginese, africanizzata, con una federazione italica-fantoccio per soddisfare i traditori come i Capuani, e con ampi territori concessi agli ancora barbari Celti. Prendersela con la "centralizzazione romana" è cosa veramente antistorica, è l'ideologia delle piccole patrie c.d. "nazionalità spontanee", senza un vero Stato, una concezione a dir poco ingenua, ricicciata con la rinascita del particolarismo italico, rimesso in auge dall'antifascismo e dalla decadenza generale della cultura.
--Circa l'identità culturale italiana, bisognerebbe leggere Otto Vossler, L'idea di nazione dal Rousseau al Ranke (1937), tr. it. Sansoni, 1949, il capitolo: "L"Italia e la rivoluzione francese", pp. 92-104, dove l'Autore ci ricorda il carattere mediocre delle aristocrazie municipali italiane nel 700, disarmate e amanti del quieto vivere. Nella prima metà del 700 l'Italia aveva dovuto subire varie guerre condotte dalle grandi Potenze sul suo territorio indifeso, per i loro interessi e infischiandosene altamente delle ripetute proteste del Papa, che parlò di martirio "per neutralitatem". Poi vennero 50 anni di pace: 'La nazione godeva di un'esistenza idillica comoda e seducente, ma priva di qualsiasi ideale, di qualsiasi tratto grandioso, di un contenuto o di una volontà morale [questo il punto]: insomma si vegetava"(op. cit., p. 96). C'era anche molta povertà ma non si moriva di fame. Bisognerebbe forse rileggere le acute osservazioni di Leopardi sui costumi degli italiani del suo tempo. Poi arrivò Napoleone, un turbine, che scassò tutto e l'Italia cominciò a smettere di "vegetare". Dopo le ruberie e gli ammazzamenti iniziali, i francesi fecero risorgere in noi lo spirito militare e ordinamenti statali all'altezza. Voss mostra anche come il tentativo napoleonico di sottometterci culturalmente sia fallito per la resistenza degli uomini di cultura italiani, che si appoggiavano alla plurisecolare tradizione nazionale per respingere il tentativo di gallicizzarci: la cultura ci univa contro lo straniero
--Monaldo Leopardi rimane un pensatore modesto in se stesso. Forse sarebbe meglio leggere o rileggere autori come Tocqueville, Taine, tanto per rifarsi la bocca. O il Taparelli d'Azeglio, però del trattato sul diritto naturale.
--Manzoni aveva ragione sulla Guerra Gotica, che ci ha rovinato per secoli.
Historicus
Irredentismo veneto? Perché in Italia abbiamo anche questo, oltre agli anti-italiani sinistri europeisti o mondialisti apolidi. Non ci facciamo mancare niente...
RispondiEliminaVe lo dico in francese classico...MERDE ALORS...
RispondiEliminaQuesta cosa mi fa veramente girare le balle...😠 ma non si può pretendere di meglio da sinistri esseri che sputano quotidianamente in faccia all'Italia e popolo annesso...
Chiamassero le loro preziose "risorse" la prossima volta che ci sarà un casino qualsiasi, un'alluvione, una frana...un SINISTRO appunto...sai che risate...
Iena ferocis.
A cento anni dalla fine della Grande Guerra, Firenze rifiuta il raduno degli Alpini”. Cosi Jacopo Alberti, consigliere regionale della Lega in Regione Toscana, attacca il Comune di Firenze e la stessa Regione facendo sapere che hanno negato il permesso al raduno nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini previsto nel 2020.
“Dario Nardella e Enrico Rossi hanno dimostrato, dicendo ‘no’ al raduno degli Alpini, che per loro, la storia ha vittime di serie A e vittime di serie B e che gli eroi che hanno combattuto per la liberta’, se sono italiani, non contano”, dice Alberti criticando fortemente la decisione del Comune di Firenze e della Regione.
https://www.francescostorace.eu/firenze-rossa-dice-no-agli-alpini/
A Historicus
RispondiEliminaNessuno se la prende con la "centralizzazione romana", che cpsì definita pare semplicemente la forma politica centralista; io ho parlato di "romanocentrismo", che negli ambienti accademici è comunemente impiegata per descrivere la mentalità con cui il Romano (non ogni romano: nella letteratura Cornelio Nepote è un buon esempio di intellettuale contrario alla visione romanocentrica) si pone rispetto all'altro. E comunque, non c'è alcuna forzatura ideologica, né me la prendo con nessuno, cerco di porre dei fatti. Può essere sicuramente interessante la riflessione su Zama, ma non la vedo determinante.
Se lei ama formarsi sul pensiero liberale, dei quali Vossler e Tocqueville sono esponenti, o sul positivismo di Taine, io personalmente opero altre scelte.
Sicuramente Manzoni ha ragione sulla guerra greco-gotica, che portò carestie, crisi e rovina alla penisola con conseguenze secolari, e senza che si riuscisse a ricostruire veramente l'Impero Romano in quelle terre; del Manzoni (che, ribadisco, è il mio letterato italiano preferito) critico solo l'estensione di "volgo gravato del nome latino" a tutta la popolazione della penisola.
A mic
Io non sono un irredentista veneto (esiste questa categoria?). Non sono nemmeno un indipendentista in senso stretto. E tantomeno voglio essere affiancato alla "genìa a Cristo odiosa" che lei ha citato. Non mi lamento di vivere in Italia e nel mio piccolo (il voto e poco altro) mi adopero perché rivendichi la sua sovranità nonostante i poteri sovranazionali che spingono per affossarla. Quindi non ho alcun interesse ad andare contro l'Italia, e comunque non amo particolarmente l'attivismo politico. Ma da storico devo adoperarmi perché sia riconosciuta la verità storica, senza che si creda alle mistificazioni ideologiche che hanno purtroppo caratterizzato la storiografia italiana postunitaria. Ribadisco, lo faccio senza alcun interesse politico, ma per amor di verità. Si può sentirsi italiani e difendere l'Italia anche riconoscendo che è una costruzione ottocentesca, ma non si può sostenere che storicamente sia altro.
A Historicus
RispondiEliminaNessuno se la prende con la "centralizzazione romana", che cpsì definita pare semplicemente la forma politica centralista; io ho parlato di "romanocentrismo", che negli ambienti accademici è comunemente impiegata per descrivere la mentalità con cui il Romano (non ogni romano: nella letteratura Cornelio Nepote è un buon esempio di intellettuale contrario alla visione romanocentrica) si pone rispetto all'altro. E comunque, non c'è alcuna forzatura ideologica, né me la prendo con nessuno, cerco di porre dei fatti. Può essere sicuramente interessante la riflessione su Zama, ma non la vedo determinante.
Se lei ama formarsi sul pensiero liberale, dei quali Vossler e Tocqueville sono esponenti, o sul positivismo di Taine, io personalmente opero altre scelte.
Sicuramente Manzoni ha ragione sulla guerra greco-gotica, che portò carestie, crisi e rovina alla penisola con conseguenze secolari, e senza che si riuscisse a ricostruire veramente l'Impero Romano in quelle terre; del Manzoni (che, ribadisco, è il mio letterato italiano preferito) critico solo l'estensione di "volgo gravato del nome latino" a tutta la popolazione della penisola.
A mic
Io non sono un irredentista veneto (esiste questa categoria?). Non sono nemmeno un indipendentista in senso stretto. E tantomeno voglio essere affiancato alla "genìa a Cristo odiosa" che lei ha citato. Non mi lamento di vivere in Italia e nel mio piccolo (il voto e poco altro) mi adopero perché rivendichi la sua sovranità nonostante i poteri sovranazionali che spingono per affossarla. Quindi non ho alcun interesse ad andare contro l'Italia, e comunque non amo particolarmente l'attivismo politico. Ma da storico devo adoperarmi perché sia riconosciuta la verità storica, senza che si creda alle mistificazioni ideologiche che hanno purtroppo caratterizzato la storiografia italiana postunitaria. Ribadisco, lo faccio senza alcun interesse politico, ma per amor di verità. Si può sentirsi italiani e difendere l'Italia anche riconoscendo che è una costruzione ottocentesca, ma non si può sostenere che storicamente sia altro.
Non entro nel merito della discussione, piuttosto oziosa, circa l'esistenza passata e presente dell'Italia, la sua legittimità storica, la credibilità o meno di una cultura unitaria. Mi limito a sottolineare il fatto che l'Unità è stata compiuta da forze che erano, in stragrande maggioranza, anticattoliche e massoniche. Basti pensare alle leggi Siccardi (1850) e poi Rattazzi (1855) che espropriarono i beni ecclesiastici (incamerati, cioè rubati dallo Stato laico-massonico), sciolsero ordini religiosi come agostiniani, benedettini, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani, francescani ecc. (I gesuiti erano già stato sciolti prima). Plebisciti falsati, votanti con le baionette sabaude puntate alla schiena. Dinastie centenarie e cattolicissime che governavano pacificamente i loro popoli cacciate e sostituite da prefetti ottusi, in prevalenza massoni e che non capivano neppure la lingua delle popolazioni. E poi ancora l'aggressione allo Stato della Chiesa, il sacco di Roma del 1870. I mestatori protestanti con le loro bibbie falsificate entrati a Roma immediatamente dietro i bersaglieri. I conventi e le chiese del sud incendiati, frati e suore massacrati durante la guerra al presunto brigantaggio. In tutta la seconda parte dell'ottocento, giornali cattolici proibiti e chiusi, sacerdoti, persino vescovi incarcerati. Massoni che, con l'appoggio delle autorità, tentano di buttare nel Tevere la venerabile salma di Pio IX (che l' "Eroe dei due mondi", il "primo massone d'Italia", sì, Garibaldi aveva definito "un metro cubo di letame"). Preti intimiditi dalle autorità civili, le loro prediche spiate e controllate, i cattolici presenti nelle amministrazioni o nelle Forze Armate impediti e minacciati (come il beato Faà di Bruno) e costretti alle dimissioni. Illustri scienziati, come lo stesso Faà di Bruno, riconosciuti all'estero ma boicottati in Italia (non divenne mai professore ma rimase sempre, diremmo oggi, "ricercatore" perché era cattolico). Ogni accenno alla religione proibito in tutte le scuole di ogni grado. Ancora agli inizi del novecento, manifestazioni religiose come le processioni proibite dall'autorità e assaltate fisicamente dai massoni. Seminaristi costretti al servizio militare e cappellani militari non riconosciuti.
RispondiEliminaSolo la Conciliazione del 1929 pose fine a questo conflitto ignorato e dimenticato tra lo Stato e il popolo cristiano.
Oggi l'Italia, nel bene e nel male, c'è, anche se minacciata nella sua esistenza dall'invasione afro-musulmana, dall'Unione Europea e dalla mondializzazione. Sì, qualche legittimo rimpianto per il mio Imperial Regio Lombardo-Veneto io ce l'ho, ma riconosco che la razionalità geo-politica deve prevalere sui sentimenti del cuore anche se questi mi raccontano una verità storica fatta di ordine, di buona amministrazione, di rispetto dei valori cattolici e tradizionali.
Però, perché negare che il risorgimento non fu affatto quel santino da sussidiario ottocentesco o da libro Cuore? E che tra i suoi obiettivi ci fu anche un gigantesco tentativo, parzialmente fallito, di scristianizzazione dell'Italia?.
Silente
Nonostante tante discussioni, l’Italia, anche geneticamente parlando, non è un miscuglio di genti diverse. Anche se si riconoscono caratteristiche genetiche un po’ diverse tar Nord e Sud, si tratta di “gradienti”, cioè non differenze qualitative, ma solo quantitive. Se è vero che i Siciliani hanno qualche “gene” medio-orientale ( i Sicani erano Fenici): è minoritario, cosi come è minoritario nei Settentrionali l’elemento “nordico”, d’ oltralpe. Sto semplificando, altrimenti diventa troppo difficile03er chi non conosce la materia.
RispondiEliminaL’ unica popolazione italica ed italiana molto diversa è costituita dai Sardi, ma non quelli coe me della costa, ma quelli dell’interno, i Barbaricini. Essi conservano ancora oggi le caratteristiche geniche dei protoEuropei, quelli sopravvissuti all’ultima glaciazione
all’arrivo di popolazioni medio-orientali, ma soprattutto a quello degli ( Indo) europei o Ariani, che dir si voglia.
Quindi l’Italia non è un’ “espressione geografica”, ma è “una d’arme,di sangue e di cor”. Purtroppo stiamo tornando ad essere un “volgo disperso,che nome non ha”.