Il 4 febbraio prossimo il giudice onorario darà lettura della sua sentenza nei confronti di Danilo Quinto, accusato di diffamazione dai Radicali per aver usato in un suo libro l’espressione “servo sciocco” nei confronti di un loro esponente.
Pur dissentendo dall'uso di toni offensivi, non possiamo non riconoscere come a volte la vis polemica possa prendere la mano nelle dispute culturali e politiche, soprattutto quando, come nel caso di Danilo Quinto, si è trattato di una presa di distanza che ha comportato un distacco traumatico da una realtà che lo ha visto coinvolto per molti anni della sua vita. Circa i toni, ci sovviene un precedente analogo: il 28 febbraio 2015, sbagliando s’intende, Matteo Salvini ha usato lo stesso termine nei confronti di Matteo Renzi suo avversario politico, in un comizio a Roma: “Renzi servo sciocco di Bruxelles!”, ha tuonato dal palco, a piazza del Popolo.
Sappiamo che l’epiteto deriva dalla Commedia dell’Arte e vuol deridere chi non si renderebbe conto di fare il gioco altrui, di esser menato per il naso da altri più furbi di lui. Per quanto infelicemente impiegato nella circostanza di cui al giudizio, siamo convinti della buona fede di Danilo: non crediamo egli volesse effettivamente denigrare, diffamare né veramente offendere.
Abbiamo fiducia nei giudici, ci affidiamo al loro senso dell’equità, alla loro comprovata capacità di giudicare anche al di là della stretta norma, valutando il caso umano dell’imputato in tutta la sua complessa e spesso drammatica realtà.
Rivolgiamo ai lettori di questo blog l’appello di pregare assieme a noi ininterrottamente la Santissima Vergine e tutti i Santi, affinché la vicenda processuale di Danilo possa concludersi nel miglior modo per lui.
Maria Guarini, amministratore di Chiesa e PostconcilioPaolo Pasqualucci
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