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domenica 30 giugno 2019

Non c'è 'pastorale' che regga, se fa passare in secondo piano l'amore per Cristo e la necessità di consolarLo.

L'insulto ha spezzato il mio cuore e venni meno;
speravo compassione, ma invano; consolazione, 
ma non ne trovai." (Ps 68, 21)

Carissima redazione,
sono un vostro lettore. Vorrei sottoporvi una breve riflessione relativa a fatti recenti. Grazie per la vostra attenzione.

Questo è il mese del Sacro Cuore di Gesù e dovrebbe ricordarci che l'amore per Cristo è l'apice del cattolicesimo. Ama Dio e ama il prossimo tuo; ma prima c'è Dio: l'amore per Dio, d'altronde, definisce cosa è il vero amore per il prossimo. Ce lo ripetono in mille salse: la carità menzionata da San Paolo, l'amore prima della Legge... Tutto vero; a patto che tutto scaturisca dall'amore per Dio. Dunque mettiamo l'amore per Dio sopra tutto! Un amore spontaneo, che sgorga da sé nel nostro cuore.

Eppure durante questo mese il Sacro Cuore viene costantemente sfregiato, insieme a quello di Maria, da parate blasfeme, implicitamente ed esplicitamente. Ora: se amate vostro padre e vostra madre e li oltraggiano gravemente in pubblico, tanto da farli soffrire, la vostra prima preoccupazione non è consolarli? Quanto più questo è vero e necessario per il Padre e la Madre celesti? Quanti santi ci hanno insegnato l'importanza di consolare Cristo? Certo è un concetto che può essere difficile da comprendere razionalmente, in quanto Dio è perfetto e non ha bisogno delle sue creature, ma deriva dal mistero dell'Incarnazione. Il "sensus fidei" della gente comune lo comprende benissimo e ciò non è affatto in contrasto, anzi, con il Magistero della Chiesa.

Allora qui cadono i bluff e i discorsi ipocriti di tanti. Non c'è pastorale che regga, se fa passare in secondo piano l'amore per Cristo e la necessità di consolarLo. Io vedo fedeli che questo lo comprendono benissimo e soffrono, certi anche fisicamente, nel vedere le continue blasfemie a cui Cristo e Sua Madre sono sottoposti. Non oso immaginare quali siano le sofferenze delle tante anime-vittima, capaci di un'adesione incredibile alle sofferenze di Cristo, che sono certamente anche oggi sparse per il mondo anche se non le vediamo.

Dunque come fanno ad essere così insensibili preti, vescovi e lo stesso Papa? Al punto che non solo fanno finta di non vedere cosa sta succedendo, ma addirittura impediscono ai fedeli di assecondare la necessità di esprimere pubblicamente il proprio amore filiale... Ma non fu il Papa, qualche anno fa, a dire "Se uno offende mia madre io gli do un pugno?". Stanno offendendo la Nostra Madre Celeste, gravemente, insieme al suo Divino Figlio! Non si tratta di dar pugni, ma di stringersi attorno a Cristo e Maria pregando: nelle chiese e fuori dalle chiese, lungo le strade e nelle piazze. Se non lo facciamo, oltre all'omissione grave di per sé, cosa penseranno di noi atei e pagani? “Vedete? A parole dicono che Cristo è il Figlio di Dio e che lo amano sopra ogni cosa, ma quando altri lo offendono non fanno niente, si girano dall'altra parte. Come si può dare fiducia a questa gente?”. E così l'"evangelizzazione per imitazione", anche questa tanto esaltata a parole, finisce nella pattumiera.

Non dovremmo dirvelo noi fedeli: dovreste essere voi pastori a parlare apertamente in pubblico, con viso dolente, e poi scendere in processione in testa ai cortei! Come potete pensare di nascondervi dietro discorsi fumosi e barcollanti interviste ai giornali sulla necessità di "includere"? Ripeto: l'Amore per Cristo viene prima di tutto! E solo da quello può scaturire il vero amore per il prossimo. Come potete non rendervi conto che il vostro atteggiamento non solo vi accusa dinanzi a Dio, ma vi smaschera anche davanti agli uomini!

4 commenti:


  1. Non si rendono conto, se non si rendono conto, perché non hanno da tempo più la fede.
    Non si spiega altrimenti. Infatti insegnano un errore dopo l'altro.
    Così hanno deformato anche il concetto dell'amore per il prossimo, dal quale
    si toglie in genere la proposizione "per l'amor di Dio". Noi cattolici dobbiamo amare
    il prossimo per amor di Dio più che per se stesso. "Per se stesso", meriterebbe
    forse di essere amato? E lo meriteremmo noi, peccatori come siamo, di esserlo
    agli occhi del nostro prossimo? Ma con l'aiuto della Grazia possiamo giungere
    a vedere il prossimo con quella sovrannaturale carità nella quale consiste
    l'autentico amore cristiano per il prossimo.
    Invece, la Gerarchia odierna ci insegna ad amare il prossimio in nome della dignità
    dell'uomo, della sua "sublime dignità", come dice il Concilio, in quanto con l'Incarnazione
    il Verbo si sarebbe "in un certo modo" (ma anche senza lo "in certo modo") "unito ad
    ogni uomo". In questo grave errore è la radice teologica dell'errato modo odierno di concepire l'amore per il prossimo. La conseguenza ne è, la riduzione dalla Chiesa ad opera di mera assitenza sociale, senza escludere risvolti politici eversivi, ben noti.
    La divinizzazione dell'uomo comportata da questo errato modo di intendere l'Incarnazione, spiega anche l'indifferenza per le offese al Sacro Cuore di Gesù e a Maria.
    Accanto alle spiegazioni teologiche, ci sono anche constatazioni più terra terra da fare:
    appare ormai evidente, alla luce di quello che le cronache ci costringono a vedere, che nel clero e negli ordini femminili sono da decenni entrate persone che non avrebbero mai dovuto entrarvi, uomini e donne senza vocazione, spinte non dall'amor di Dio ma dall'odio per la Chiesa.

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  2. Dalla «Lettera alla madre» di san Luigi Gonzaga
    (Acta SS., giugno, 5, 878)

    CANTERÒ SENZA FINE LE GRAZIE DEL SIGNORE!
    Io invoco su di te, mia signora, il dono dello Spirito Santo e consolazioni senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovavo ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora.
    La carità consiste, come dice san Paolo, nel «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che sono nel pianto» (Romani 12,15). Perciò, madre illustrissima, devi gioire grandemente perché, per merito tuo, Dio mi indica la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo. Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.
    O illustrissima signora, guardati dall'offendere l'infinita bontà divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che con la sua intercessione può venire incontro alle tue necessità molto più che in questa vita.
    La separazione non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti all'autore della nostra salvezza godremo gioie immortali, lodandolo con tutta la capacità dell'anima e cantando senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro e inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremmo.
    Ho detto queste cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima signora, e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come un evento gioioso. E tu continua ad assistermi con la tua materna benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro l'amore ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.

    Nota biografica - Nel 1590/91 una serie di malattie infettive uccisero a Roma migliaia di persone, inclusi i papi (Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV). Luigi Gonzaga, insieme a san Camillo de Lellis e ad alcuni confratelli gesuiti, si prodigò intensamente ad assistere i più bisognosi. Luigi, malato da tempo, dovette dedicarsi solo ai casi con nessuna evidenza di contagiosità, ma un giorno, trovato sulla strada un appestato, se lo caricò in spalla e lo portò in ospedale. Pochi giorni dopo morì, all'età di soli 23 anni.

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  3. OT:
    La svendita continua:
    https://www.radiospada.org/2019/06/reliquie-di-s-pietro-allo-scismatico-bartolomeo-di-costantinopoli/

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  4. Sabino Paciolla: Mons. Nicola Bux perché a suo parere l’Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo dell’Amazzonia ha ricevuto così tante critiche?

    Mons. Nicola Bux: La risposta l’ha data in certo senso recentemente papa Benedetto: è l’ennesimo tentativo di “creare un’altra Chiesa, un esperimento già fatto e fallito”. I chierici non si pongono la grande domanda alla base del cristianesimo: che cosa ha portato veramente Gesù a noi, se – come possiamo constatare – non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Gesù Cristo è venuto a portare Dio in terra, affinché l’uomo trovi la via del Cielo: e per questo ha fondato la Chiesa. Invece i chierici odierni si occupano della terra come se fosse la patria permanente dell’uomo. Il sintomo? Non parlano dell’anima e quindi della sua salvezza. Giunge così a maturazione la crisi dell’idea di Chiesa, denunciata da Joseph Ratzinger nel celebre Rapporto sulla fede. La Chiesa non più considerata corpo mistico di Cristo e popolo di Dio ordinato alla salvezza, ma fenomeno sociologico; così essa deve occuparsi di economia, ecologia e politica, dove al massimo potrebbe intervenire solo per un giudizio morale. Qui, si può osservare l’influenza del modernismo: l’adattamento del vangelo al modus hodiernus di pensare e di agire: – si dice: i tempi sono cambiati – un nuovo dogma, che però non risponde alle domande: chi ha deciso che i tempi sono cambiati? E poi: è sempre buono il cambiamento?

    https://www.sabinopaciolla.com/mons-bux-linstrumentum-laboris-amazzonia-e-criticato-perche-e-lennesimo-tentativo-di-creare-unaltra-chiesa-un-esperimento-gia-fatto-e-fallito/

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