Riprendo da La Civiltà Cattolica uno stralcio della conversazione intrattenuta da Bergoglio con i gesuiti che lo attendevano in Nunziatura in occasione del viaggio in Romania (31 maggio-2 giugno), nella quale risponde ad alcune domande in un clima familiare e disteso. Non faccio commenti se non che nelle pieghe delle sue risposte, a prescindere dai sofismi e dalle banalizzazioni, si riconosce quanto abbia delle cose una visuale autocentrata...
Aggiungo, di seguito, il passaggio del discorso ai Nunzi apostolici del 13 giugno scorso in cui fa riferimento anche ai blog... Parla di critiche alle spalle, ma scambia per critiche malevole anche quelle rispettose costruttive e non anonime nonché ricche di motivazioni, che ignora sistematicamente, oltre a disprezzarle in discorsi indiretti che, come tali, sono sempre malsani.
Aggiungo, di seguito, il passaggio del discorso ai Nunzi apostolici del 13 giugno scorso in cui fa riferimento anche ai blog... Parla di critiche alle spalle, ma scambia per critiche malevole anche quelle rispettose costruttive e non anonime nonché ricche di motivazioni, che ignora sistematicamente, oltre a disprezzarle in discorsi indiretti che, come tali, sono sempre malsani.
Ha preso la parola p. Marius Talos, che ha chiesto: «Oltre a ricevere apprezzamenti, noi gesuiti a volte siamo oggetto di critiche. Come dobbiamo comportarci in tempi difficili? Come restare al servizio di tutti in momenti di turbolenza?».
Che cosa fare? Ci vuole pazienza, ci vuole hypomonē, cioè il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita. Occorre portare sulle proprie spalle il peso della vita e delle sue tensioni. Lo sappiamo che occorre procedere con parresia e coraggio. Sono importanti. Tuttavia ci sono tempi nei quali non si può andare troppo avanti, e allora bisogna avere pazienza e dolcezza. (…) Io penso la Chiesa come ospedale da campo. La Chiesa è tanto ferita, e oggi è pure tanto ferita da tensioni al suo interno. Mitezza, ci vuole mitezza! E ci vuole davvero coraggio per essere miti! Ma bisogna andare avanti con la mitezza. Questo non è il momento di convincere, di fare discussioni. Se uno ha un dubbio sincero, sì, si può dialogare, chiarire. Ma non rispondere agli attacchi. (…)
Che cosa ha fatto Gesù nel momento della tribolazione e dell’accanimento? Non si metteva a litigare con i farisei e i sadducei, come aveva fatto prima quando loro tentavano di tendere tranelli. Gesù è rimasto in silenzio. Nel momento di accanimento non si può parlare. Quando è in atto la persecuzione, restano da vivere la testimonianza e la vicinanza amante nella preghiera, nella carità e nella bontà. Si abbraccia la croce.
Il Provinciale chiede: «Ci parli delle consolazioni che la stanno accompagnando».
Mi piace questo linguaggio! Non mi chiedi che cosa possiamo fare qua o là. Mi chiedi delle consolazioni e delle desolazioni. La precedente era una domanda sulle desolazioni, questa è una domanda sulle consolazioni. L’esame di coscienza deve dare conto di questi moti dell’anima. Quali sono le vere consolazioni? Quelle nelle quali il passo del Signore si fa presente. Dove io trovo le più grandi consolazioni? Nella preghiera il Signore si fa sentire. E poi le trovo con il popolo di Dio. (…)
Vi dirò un aneddoto. A me piace fermarmi con i bambini e gli anziani. Una volta c’era una vecchia. Aveva gli occhi preziosi, brillanti. Io le ho chiesto: «Quanti anni ha?». «Ottantasette», mi ha risposto. «Ma che cosa mangia per stare così bene? Mi dia la ricetta», le dico. «Di tutto! – mi risponde – E i ravioli li faccio io». Le dico: «Signora, preghi per me!». Lei mi risponde: «Tutti i giorni prego per lei!». E io per scherzare le chiedo: «Mi dica la verità: prega per me o contro di me?». «Ma si capisce! Io prego per lei! Ben altri dentro la Chiesa pregano contro di lei!». La vera resistenza non è nel popolo di Dio, che si sente davvero popolo. L’ho scritto nell’Evangelii gaudium. Ecco, io trovo le consolazioni nel popolo di Dio. E anche il popolo di Dio è una vera cartina di tornasole: se si sta davvero con il popolo di Dio, si capisce se le cose vanno bene o no.
Un gesuita ungherese, p. Mihály Orbán, chiede: «In questa regione noi abbiamo una parrocchia con tedeschi, ungheresi e romeni e greco-cattolici. Voglio parlarle di un problema che riguarda la famiglia: la nullità dei matrimoni. È difficile gestire i processi di nullità. Non si arriva mai alla fine. So che lei ha parlato ai vescovi italiani di questo, ma come fare? Mi sembra che molti vivano senza poter arrivare alla fine del processo. I tribunali diocesani non funzionano».
Sì. Anche papa Benedetto ne aveva parlato. Tre volte, se ben ricordo. Ci sono matrimoni nulli per mancanza di fede. Poi magari il matrimonio non è nullo, ma non si sviluppa bene per l’immaturità psicologica. In alcuni casi il matrimonio è valido, ma a volte è meglio che i due si separino per il bene dei figli. Il pericolo in cui rischiamo sempre di cadere è la casistica. Quando è incominciato il Sinodo sulla famiglia, alcuni hanno detto: ecco, il Papa convoca un Sinodo per dare la comunione ai divorziati. E continuano ancora oggi! In realtà, il Sinodo ha fatto un cammino nella morale matrimoniale, passando dalla casistica della Scolastica decadente alla vera morale di san Tommaso. Quel punto in cui nell’Amoris laetitia si parla di integrazione dei divorziati, aprendo eventualmente alla possibilità dei sacramenti, è stato elaborato secondo la morale più classica di san Tommaso, quella più ortodossa, non secondo la casistica decadente del «si può o non si può». Ma noi sul problema matrimoniale dobbiamo uscire dalla casistica che ci inganna. Sarebbe più facile a volte dire «si può o non si può», o anche «va’ avanti, non c’è problema». No! Si devono accompagnare le coppie. Ci sono esperienze molto buone. Questo è molto importante. Ma servono i tribunali diocesani. E ho chiesto che si faccia il processo breve. So che in alcune realtà i tribunali diocesani non funzionano. E ce ne sono troppo pochi. Il Signore ci aiuti! [....]
5 - Il Nunzio è uomo del Papa
In quanto Rappresentante Pontificio il Nunzio non rappresenta sé stesso ma il Successore di Pietro e agisce per suo conto presso la Chiesa e i Governi, cioè concretizza, attua e simboleggia la presenza del Papa tra i fedeli e le popolazioni. È bello che in diversi Paesi la Nunziatura viene chiamata “Casa del Papa”.
Certamente ogni persona potrebbe avere delle riserve, simpatie e antipatie, ma un buon Nunzio non può essere ipocrita perché il Rappresentante è un tramite, o meglio, un ponte di collegamento tra il Vicario di Cristo e le persone a cui è stato inviato, in una determinata zona, per la quale è stato nominato e inviato dallo stesso Romano Pontefice.
La vostra missione, dunque, è molto impegnativa perché richiede disponibilità e flessibilità, umiltà, impeccabile professionalità, capacità di comunicazione e di negoziazione; richiede frequenti spostamenti in automobile e lunghi viaggi, cioè vivere con la valigia sempre pronta (nel nostro primo incontro vi dissi: la vostra è una vita da nomadi).
Essendo inviato del Papa e della Chiesa, il Nunzio dev’essere predisposto per i rapporti umani, avere una naturale inclinazione per le relazioni interpersonali, cioè essere vicino ai fedeli, ai sacerdoti, ai Vescovi locali, e anche agli altri diplomatici e ai governanti.
Il servizio del Rappresentante è anche quello di visitare le comunità dove il Papa non riesce a recarsi, assicurando loro la vicinanza di Cristo e della Chiesa. Così San Paolo VI scrisse: «È, infatti, evidente che al movimento verso il centro e il cuore della Chiesa deve corrispondere un altro moto, che dal centro si diffonda alla periferia e porti in certo modo a tutte e singole le Chiese locali, a tutti e singoli i Pastori e i fedeli la presenza e la testimonianza di quel tesoro di verità e di grazia, di cui Cristo Signore e Redentore Ci ha resi partecipi, depositari e dispensatori. Mediante i Nostri Rappresentanti, che risiedono presso le varie Nazioni, noi ci rendiamo partecipi della vita stessa dei Nostri figli e quasi inserendoci in essa veniamo a conoscere, in modo più spedito e sicuro, le loro necessità e insieme le aspirazioni».[5]
Essendo “Rappresentante”, il Nunzio deve continuamente aggiornarsi e studiare, in modo da conoscere bene il pensiero e le istruzioni di chi rappresenta. Ha anche il dovere di aggiornare e informare continuamente il Papa sulle diverse situazioni e sui mutamenti ecclesiastici e sociopolitici del Paese a cui inviato. Per questo è indispensabile possedere una buona conoscenza dei suoi costumi e possibilmente della lingua, mantenendo la porta della Nunziatura e quella del suo cuore sempre aperte a tutti.
È inconciliabile, quindi, l’essere Rappresentante Pontificio con il criticare alle spalle il Papa, avere dei blog o addirittura unirsi a gruppi ostili a Lui, alla Curia e alla Chiesa di Roma.
(dal discorso ai Nunzi apostolici del 13 giugno scorso)
* * *
[....]5 - Il Nunzio è uomo del Papa
In quanto Rappresentante Pontificio il Nunzio non rappresenta sé stesso ma il Successore di Pietro e agisce per suo conto presso la Chiesa e i Governi, cioè concretizza, attua e simboleggia la presenza del Papa tra i fedeli e le popolazioni. È bello che in diversi Paesi la Nunziatura viene chiamata “Casa del Papa”.
Certamente ogni persona potrebbe avere delle riserve, simpatie e antipatie, ma un buon Nunzio non può essere ipocrita perché il Rappresentante è un tramite, o meglio, un ponte di collegamento tra il Vicario di Cristo e le persone a cui è stato inviato, in una determinata zona, per la quale è stato nominato e inviato dallo stesso Romano Pontefice.
La vostra missione, dunque, è molto impegnativa perché richiede disponibilità e flessibilità, umiltà, impeccabile professionalità, capacità di comunicazione e di negoziazione; richiede frequenti spostamenti in automobile e lunghi viaggi, cioè vivere con la valigia sempre pronta (nel nostro primo incontro vi dissi: la vostra è una vita da nomadi).
Essendo inviato del Papa e della Chiesa, il Nunzio dev’essere predisposto per i rapporti umani, avere una naturale inclinazione per le relazioni interpersonali, cioè essere vicino ai fedeli, ai sacerdoti, ai Vescovi locali, e anche agli altri diplomatici e ai governanti.
Il servizio del Rappresentante è anche quello di visitare le comunità dove il Papa non riesce a recarsi, assicurando loro la vicinanza di Cristo e della Chiesa. Così San Paolo VI scrisse: «È, infatti, evidente che al movimento verso il centro e il cuore della Chiesa deve corrispondere un altro moto, che dal centro si diffonda alla periferia e porti in certo modo a tutte e singole le Chiese locali, a tutti e singoli i Pastori e i fedeli la presenza e la testimonianza di quel tesoro di verità e di grazia, di cui Cristo Signore e Redentore Ci ha resi partecipi, depositari e dispensatori. Mediante i Nostri Rappresentanti, che risiedono presso le varie Nazioni, noi ci rendiamo partecipi della vita stessa dei Nostri figli e quasi inserendoci in essa veniamo a conoscere, in modo più spedito e sicuro, le loro necessità e insieme le aspirazioni».[5]
Essendo “Rappresentante”, il Nunzio deve continuamente aggiornarsi e studiare, in modo da conoscere bene il pensiero e le istruzioni di chi rappresenta. Ha anche il dovere di aggiornare e informare continuamente il Papa sulle diverse situazioni e sui mutamenti ecclesiastici e sociopolitici del Paese a cui inviato. Per questo è indispensabile possedere una buona conoscenza dei suoi costumi e possibilmente della lingua, mantenendo la porta della Nunziatura e quella del suo cuore sempre aperte a tutti.
È inconciliabile, quindi, l’essere Rappresentante Pontificio con il criticare alle spalle il Papa, avere dei blog o addirittura unirsi a gruppi ostili a Lui, alla Curia e alla Chiesa di Roma.
(dal discorso ai Nunzi apostolici del 13 giugno scorso)
Mi risulta che non faccia ciò che dice, che risponda cioè ad alcuno sui dubbi su di lui, sinceri. A meno che consideri i dubia dei cardinali, le richieste dei teologi ecc, come di persone non sincere, il che sarebbe falso . Quindi ciò che dice è contraddetto da sé stesso.
RispondiEliminaBergoglio ai terremotati:"c'è il rischio che le promesse fatte siano dimenticate." Le promesse fatte 3 anni fa dai governi PD che hanno abbandonato intere popolazioni. Ma per uno strano caso Bergoglio si fa sentire solo ora con il governo giallo-verde.
RispondiEliminahttps://t.co/otGGqZJrxC
Non pensate che morto Bergoglio, basti eleggere un papa giusto e tutto si riprenda. Primo l'attuale conclave bergoglionizzato non lo farà mai. Secondo Bergoglio ha dato sfogo ai bassi istinti di un basso clero, che in progresso di tempo è sempre più maggioritario. Disse Scola entrando in conclave da favorito, ma sentendo già puzza di bruciato: ci vorrebbe un papa santo (che non era lui, ovviamente, ma tanto meno Bergoglio). Sì dopo Ratzinger poteva bastare, ora non più.
RispondiEliminaLa crisi della Chiesa non è irreversibile solo perché abbiamo la promessa del Signore.
«Urge un lavoro di riscoperta delle colonne della fede e della cultura cattolica, per ritrovare la ragione della speranza del nostro Credo e della bellezza di far parte della Chiesa di Cristo, perché “una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” (Giovanni Paolo II).
RispondiEliminaMi è sempre cara questa citazione, che ripropongo, di tanto in tanto, per far capire che il papa è importante fino a un certo punto. Non occorre essere papolatri.
RispondiEliminaSan Pier Damiani (1007-1072), dottore della Chiesa, per esempio, descrisse Benedetto IX nel Liber Gomorrhianus come «...sguazzante nell'immoralità, un diavolo venuto dall'Inferno travestito da prete» o come «...apostolo dell'Anticristo, saetta scoccata da Satana, verga di Asur, figliolo di Belial, puzza del mondo, vergogna dell'umanità». Fvn
«Dobbiamo chiedere con insistenza a Dio che tutti coloro che sono al Governo dei popoli amino la sapienza (cfr. Sap. VI, 23) in modo che questa gravissima sentenza dello Spirito Santo non ricada mai su di essi:
RispondiElimina“L’Altissimo esaminerà le vostre opere e scruterà i pensieri; perché, ministri del suo regno, non avete governato rettamente, né avete osservato la legge di giustizia, né secondo il volere di Dio avete camminato.
Terribile e veloce piomberà su voi, ché rigorosissimo giudizio sarà fatto di quei che stanno in alto... Al misero, invero, si usa misericordia, ma i potenti saranno potentemente puniti! Non indietreggerà dinanzi a persona il Signore di tutti, né avrà soggezione della grandezza di nessuno; ché il grande e il piccolo Egli ha creato e ha cura ugualmente di tutti. Ma ai potenti sovrasta più rigoroso giudizio. A voi pertanto, o Capi di Governo, sono rivolte le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate”».
(dall’Enciclica “Mistici Corporis” di Pio XII – 22 giugno 1943)
OT
RispondiEliminaC'è un recapito mail per mandarvi due cosine che possono interessare?
Certo, le continue critiche possono sembrare eccessive, ma il vescovo di Roma sembra faccia di tutto per provocarle. Come abbiamo appena visto, mentre i rappresentati musulmani s’incontrano alla Mecca per difendere e promuovere l’Islam, Bergoglio incontra i nunzi per difendere sé stesso.
RispondiEliminaAgostino Nobile
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/06/17/un-colloquio-rivelatore-l%e2%80%99ultimo-di-francesco-con-i-gesuiti-anche-nelle-sue-contraddizioni/
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/notizie/speciali/2019/06/18/le-10-grandi-muraglie-del-mondo-a-piedi-nella-storia_63ba104b-239b-4c2d-a51e-c2bc9ac7a168.html
RispondiEliminaLe 10 grandi muraglie del mondo, a piedi nella storia
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