In una società così erotizzata come la nostra, in cui il disordine regna sovrano nelle relazioni tra le persone, nell'evento canoro nazionale già pesantemente connotato secondo il politically correct imperante, un noto ex comico ha scelto, per parlare d'amore, di propinare a milioni di italiani una versione pornografica del Cantico dei Cantici, con la celebrazione immanente e carnale dell'amore fisico, per di più anche in versione omosessuale.
Per questo oggi - che tra l'altro è il giorno della Riparazione [qui] - ci soffermiamo sul vero Cantico dei Cantici. Shir haShirim, il cantico per eccellenza, "ci si presenta nella forma di un poemetto tra lirico e drammatico, nel colorito di un idillio, nel tenore di un canto amoroso; tutte qualità che gli danno un posto speciale nel canone delle Scritture, come per bellezze letterarie è da porre fra le più pregevoli pagine di poesia ebraica". Ricordiamo «Io sono un Dio geloso» (Ex. 20, 5), dove il termine ebraico (qanna’) esprime il sentimento di gelosia dello sposo verso la propria sposa. La stessa idea è implicita nella frequentissima locuzione profetica che alla infedeltà verso Dio dà il nome di adulterio. Nel Nuovo Testamento un simile linguaggio ci è familiare: oltre all’immagine del Buon Pastore, Gesù stesso (Mt. 9, 15), si chiama sposo e paragona la sua presenza sulla terra alle feste nuziali. E il Suo amore è agape da non confondere con eros...
Il brano pubblicato va meditato più che letto perché raggiunge vette inusuali; ma è diretto da San Bernardo ai suoi monaci. Chiediamo la grazia per inserirci in quest'acqua viva.
Per questo oggi - che tra l'altro è il giorno della Riparazione [qui] - ci soffermiamo sul vero Cantico dei Cantici. Shir haShirim, il cantico per eccellenza, "ci si presenta nella forma di un poemetto tra lirico e drammatico, nel colorito di un idillio, nel tenore di un canto amoroso; tutte qualità che gli danno un posto speciale nel canone delle Scritture, come per bellezze letterarie è da porre fra le più pregevoli pagine di poesia ebraica". Ricordiamo «Io sono un Dio geloso» (Ex. 20, 5), dove il termine ebraico (qanna’) esprime il sentimento di gelosia dello sposo verso la propria sposa. La stessa idea è implicita nella frequentissima locuzione profetica che alla infedeltà verso Dio dà il nome di adulterio. Nel Nuovo Testamento un simile linguaggio ci è familiare: oltre all’immagine del Buon Pastore, Gesù stesso (Mt. 9, 15), si chiama sposo e paragona la sua presenza sulla terra alle feste nuziali. E il Suo amore è agape da non confondere con eros...
Il brano pubblicato va meditato più che letto perché raggiunge vette inusuali; ma è diretto da San Bernardo ai suoi monaci. Chiediamo la grazia per inserirci in quest'acqua viva.
San Bernardo di Chiaravalle
Sermoni sul Cantico dei Cantici
Sermoni sul Cantico dei Cantici
Sermone VIII
1. Oggi, come vi ricordate che abbiamo promesso ieri, ci proponiamo di trattare del bacio sommo, cioè della
bocca. Ascoltate con più attenzione ciò che ha più soave sapore, che si gusta più raramente e che più
difficilmente si comprende. Mi sembra, per cominciare un po’ più alto, che abbia inteso designare un certo
ineffabile bacio, non sperimentato da alcuna creatura, colui che disse: Nessuno conosce il Figlio se non il
Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (Mt 11,27).
Il Padre infatti ama il Figlio, e lo abbraccia con una singolare dilezione, il sommo l’eguale, l’eterno il
coeterno, il solo l’unico. Ma anche egli stesso è oggetto di non minore affetto da parte del Figlio, il quale per
amore di Lui si sottomette alla morte, come egli medesimo attesta: Perché sappiano tutti che amo il Padre,
alzatevi, andiamo (Gv 14,31), cioè alla passione. Quella conoscenza pertanto vicendevole e mutuo amore del
Padre che genera e del Figlio che è generato che altro sono se non un soavissimo, ma segretissimo bacio?
2. Io ritengo per certo che a così grande santo arcano del divino amore non sia ammessa neppure l’angelica
creatura. Difatti, anche san Paolo pensa che quella pace supera ogni sentimento, anche angelico. Per cui
neppure costei (la sposa), sebbene molto audace, osa tuttavia dire: «Mi baci con la sua bocca», riservando
cioè questo al solo Padre; ma, chiedendo qualcosa di meno, Mi baci, dice, con il bacio della sua bocca.
Vedete la novella sposa che riceve il nuovo bacio, non dalla bocca, ma dal bacio della bocca. Soffiò,
dice, su di loro, cioè Gesù sugli Apostoli, vale a dire sulla primitiva Chiesa, e disse: Ricevete lo Spirito
Santo (Gv 20, 22). Fu per certo un bacio. Che cosa? Quel soffio corporeo? No, ma l’invisibile Spirito venne
dato appunto con quel soffio del Signore, per significare che procedeva parimenti da lui e dal Padre, come un
vero bacio, che è comune a chi bacia e a chi è baciato. Basta pertanto alla sposa che sia baciata dal bacio
dello Sposo, anche se non viene baciata dalla bocca. Non ritiene infatti poca cosa o vile essere baciata dal
bacio, il che non è altro che venire ripiena di Spirito Santo. Infatti, se veramente si riceve il Padre che bacia e
il Figlio che è baciato, non sarà fuori luogo intendere per bacio lo Spirito Santo, che è del Padre e del Figlio
l’imperturbabile pace, il forte cemento, l’indiviso amore, l’indivisibile unità.
3. Questo è quello che pretende la sposa, questo, sotto il nome di bacio, chiede con fiducia che le venga
infuso. Possiede invero qualche cosa che le fornisce motivo di sperare. Dicendo, infatti, il Figlio: Nessuno
conosce il Figlio se non il Padre, aggiunse: o colui al quale il Figlio lo abbia voluto rivelare (Mt 11,27). Ora,
la sposa non dubita che, se lo vorrà a qualcuno, io voglia rivelare a lei. Chiede dunque con audacia che le
venga dato il bacio, cioè, quello Spirito nel quale le sia rivelato anche il Figlio e il Padre. Non si conosce
infatti l’uno senza l’altro. Perciò è detto: Chi vede me, vede anche il Padre (Gv 14,9) e le parole di
Giovanni: Chiunque nega il Figlio, non ha neppure il Padre. Ma chi confessa il Figlio, ha anche il Padre (1
Gv 2,23). Dalle quali parole risulta chiaro che non si conosce il Padre senza il Figlio, né il Figlio senza il
Padre. Giustamente perciò pone la somma beatitudine nella conoscenza, non di uno solo, ma dei due colui
che dice: Questa è la vita eterna, che conoscano Te vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv
17,3). Infine anche di coloro che seguono l’Agnello si dice che hanno il nome di lui e il nome del Padre suo
scritto sulle loro fronti, il che vuol dire gloriarsi della conoscenza di entrambi.
4. Ma dirà qualcuno: «Dunque la conoscenza dello Spirito Santo non è necessaria, dal momento che ha detto
che la vita eterna consiste nel conoscere il Padre e il Figlio; e dello Spirito Santo non ha detto nulla?». È
vero; ma dove si conosce perfettamente il Padre e il Figlio, come si può ignorare la bontà dell’uno e
dell’altro, che è appunto lo Spirito Santo? Non si conosce infatti integralmente un uomo da parte di un altro
uomo fino a che non si sa con chiarezza se sia di buona o di cattiva volontà. E poi quando viene
detto: Questa è la vita eterna, che conoscano te vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo (Gv 17,3), se
quella missione, dimostra da una parte il beneplacito del Padre che benignamente manda, e dall’altra quello
del Figlio che volontariamente obbedisce, non del tutto si tace dello Spirito Santo dove si fa menzione di
tanta grazia da parte di entrambi. L’amore, infatti, e la benignità dell’uno e dell’altro è lo Spirito Santo.
5. La sposa dunque chiede che le venga infusa la triplice grazia di questa conoscenza, per quanto è possibile
comprendere nella carne mortale, allorquando chiede un bacio. Lo chiede poi al Figlio, perché spetta al
Figlio rivelarlo a chi vuole. Rivela dunque il Figlio se stesso a chi vuole, rivela anche il Padre. Lo rivela
certamente per mezzo del bacio, cioè per mezzo dello Spirito Santo, come testimonia san Paolo che dice: Dio
ha rivelato a noi per mezzo del suo Spirito (1 Cor 2,10). Ma, dando lo Spirito, per il quale rivela, rivela anche
il medesimo: dando rivela, e rivelando dà. La rivelazione che si compie per mezzo dello Spirito Santo, non
solo dà luce per la conoscenza, ma anche accende l’amore, come dice l’Apostolo: La carità di Dio è diffusa
nei nostri cuori pei mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5,5).
È forse per questo che di alcuni di coloro che, avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio,
non si legge che lo abbiano conosciuto per rivelazione dello Spirito Santo, perché, conoscendolo, non lo
amarono. Così infatti sta scritto: Poiché Dio lo rivelò a essi (Rm 1,19).
E non vi è aggiunto: per mezzo dello Spirito Santo, perché non si attribuissero le menti degli empi il bacio
della sposa, ma, contente della scienza che gonfia, non conobbero quella che edifica. Infine, lo stesso
Apostolo ci dica per mezzo di chi essi (i pagani) hanno conosciuto: Per mezzo delle cose, dice, che sono
state fatte, (le cose invisibili di Dio) sono rese visibili all’intelligenza (Rm 1,20). Donde si vede che non
conobbero perfettamente colui che non amarono affatto. Se infatti lo avessero conosciuto integralmente, non
avrebbero ignorato la bontà con la quale volle nella carne nascere e morire per la loro redenzione. Senti
infine ciò che di Dio fu loro rivelato: La sempiterna, dice (san Paolo),potenza di lui e la sua divinità (Rm
1,20). Vedi che essi hanno investigato, servendosi del loro spirito, non di quello di Dio, quel che riguardava
la sublimità, la maestà. Ma non hanno compreso come egli sia mite e umile di cuore. E non fa meraviglia,
perché il loro capo Behemoth (Leviatan) non è affatto umile, ma come si legge di esso, lo teme ogni essere
più altero (Gb 41,25). Al contrario Davide non andava in cerca di cose grandi, superiori alle sue forze,
perché volendo scrutare la maestà non venisse oppresso dalla gloria.
6. Anche voi, per porre con cautela il piede nei sensi arcani, ricordate sempre l’ammonizione del
sapiente: Non cercare le cose più alte dite, e non voler indagare quelle cose che sorpassano le tue forze (Eccli
3,22). Camminate in esse secondo lo spirito e non secondo il proprio senso. La dottrina dello Spirito non
acuisce la curiosità, ma accende la carità. Perciò giustamente la sposa, cercando colui che l’anima sua ama,
non si affida ai sensi della sua carne, non accetta i vani ragionamenti dell’umana curiosità; ma chiede il
bacio, cioè, invoca lo Spirito Santo, per mezzo del quale riceverà insieme e il gusto della scienza, e il
condimento della grazia. E la scienza che viene data dal bacio si riceve veramente con l’amore, perché il
bacio è segno di amore. La scienza invece che gonfia, essendo senza carità, non procede dal bacio. Ma
neppure coloro che hanno lo zelo di Dio, ma non secondo scienza, si arroghino quello (bacio). Poiché la
grazia del bacio porta con sé i due doni, la luce della scienza, e l’abbondanza della devozione. È infatti lo
Spirito di sapienza e di intelligenza che, a guisa di ape che porta la cera e il miele, ha di che accendere il
lume della scienza e infondere il sapore della grazia. Non pensi di aver ricevuto l’uno o l’altro, sia chi
percepisce la verità, ma non l’ama, sia chi ama senza comprendere. In questo bacio davvero non vi è posto
né per l’errore, né per la tiepidezza.
Pertanto, a ricevere la duplice grazia del sacrosanto bacio, prepari dal canto suo colei che è sposa le sue due
labbra, la ragione dell’intelligenza e la volontà della sapienza, onde, gloriandosi del pieno bacio, meriti di
sentirsi dire: Sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò ti ha benedetto Dio per sempre (Sal 44,3).
Così dunque il Padre, baciando il Figlio, effonde pienamente in lui gli arcani della sua divinità e spira soave
amore. Significa questo la Scrittura quando dice: Il giorno al giorno trasmette la parola (Sal 18,3). A questo
sempiterno e singolarmente beato amplesso, come si è detto, a nessuna creatura affatto è dato di venire
ammessa, solo restando lo Spirito di entrambi testimonio e consapevole della mutua conoscenza e
dilezione. Chi infatti ha mai conosciuto il pensiero del Signore, o chi è stato suo consigliere? (Rm 11,34).
7. Ma mi dirà forse qualcuno: «Allora, come è pervenuto a te ciò che dici non essere concesso a nessuna
creatura?». In verità l’Unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1,18). Rivelato, dirò, non a
me, misero e indegno, ma a Giovanni, amico dello Sposo, del quale sono queste parole; e non solo a lui, ma
anche a Giovanni Evangelista, il discepolo che Gesù amava. Piacque infatti a Dio anche l’anima di lui, del
tutto degna del nome e della dote di sposa, degna di amplessi dello Sposo, degna infine di riposare sul petto
del Signore. Attinse Giovanni dal petto dell’Unigenito ciò che questi aveva attinto dal seno paterno. Ma non
solo lui, anche tutti quelli ai quali diceva l’angelo del gran consiglio: Vi ho chiamati amici, perché tutto
quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Attinse anche Paolo, il cui vangelo
non è da uomo, né lo ha ricevuto per mezzo di uomo, ma per rivelazione di Gesù Cristo.
Veramente tutti costoro possono tanto felicemente quanto veracemente dire: L’Unigenito che era nel seno
del Padre, egli stesso ce lo ha rivelato (Gv 1,18). E tale rivelazione che altro fu per essi se non un bacio? Ma
un bacio del bacio, non della bocca. Senti invece il bacio della bocca: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv
10,30). E ancora: Io sono nel Padre, e il Padre è in me (Gv 14,10). È un bacio dato da bocca a bocca; ma
nessuno si avvicini. È davvero un bacio di amore e di pace, ma quella dilezione sorpassa ogni scienza, e
quella pace sorpassa ogni sentimento. Tuttavia, ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né cuore di uomo
poté capire, Dio lo ha rivelato a Paolo per mezzo del suo Spirito, vale a dire, per mezzo del bacio della sua
bocca. Pertanto l’essere il Figlio nel Padre e il Padre nel Figlio, è bacio della bocca. Quello poi che si
legge: Non abbiamo infatti ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che è da Dio, perché
conosciamo le cose che da Dio ci sono state donate (1 Cor 2,12), questo è bacio del bacio.
8. E per distinguere più nettamente uno dall’altro, chi riceve la pienezza, riceve il bacio della bocca, chi
invece riceve dalla pienezza, riceve il bacio dal bacio. Grande è san Paolo; ma per quanto porga in alto la
bocca, anche se si spinge fino al terzo cielo, rimane necessariamente al di sotto della bocca dell’Altissimo, e
deve accontentarsi della sua misura e restarsene al posto suo, e non potendo arrivare al volto della gloria,
chieda umilmente che, per condiscendenza verso di lui, gli venga trasmesso un bacio dall’alto. Colui invece
che non considerò come una rapina l’essere egli uguale a Dio, di modo che possa dire: Io e il Padre siamo
una cosa sola (Gv 10,30), perché da pari a pari si unisce, da pari a pari gode l’amplesso, non mendica il bacio
da un luogo inferiore, ma da pari altezza accosta la bocca alla bocca, e con singolare prerogativa, riceve il
bacio dalla bocca. Per Cristo dunque il bacio è la pienezza, per Paolo è partecipazione, e mentre il primo si
gloria del bacio dalla bocca, questi si glori di essere baciato soltanto dal bacio.
9. Felice bacio tuttavia, per il quale non solo si conosce Dio, ma si ama il Padre, il quale non si conosce
pienamente se non quando perfettamente si ama. Quale anima tra di voi sentì talvolta nel segreto dell’anima
sua lo Spirito del Figlio esclamare: Abbà, Padre? (Gal 4,6) Essa, essa comprenda di essere amata con paterno
affetto, dal momento che è animata dallo stesso Spirito del Figlio. Confida, chiunque tu sia, confida senza
alcuna esitazione. Nello Spirito del Figlio riconosciti figlia del Padre, sposa del Figlio e sorella. Troverai che
a una tale anima vengono dati questi due nomi. Mi è facile provarlo. Lo Sposo si rivolge a lei dicendo: Vieni
nel mio orto, sorella mia sposa (Cant 5,1). È sorella, perché figlia dello stesso Padre; sposa perché nel
medesimo Spirito. Poiché, se il matrimonio carnale stabilisce due in una sola carne, perché l’unione
spirituale a più forte ragione non congiungerà due in un solo spirito? Infine, chi aderisce a Dio forma con lui
un solo spirito (1 Cor 6,17). Ma senti anche il Padre con quanto amore e quanta degnazione la chiama figlia,
e, come propria nuora, la invita ai teneri amplessi del Figlio: Ascolta, o figlia, guarda. Porgi l’orecchio, e
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo Padre. E al re piacerà la tua bellezza (Sal 44,11-12). Ecco da chi
costei implora un bacio. O anima santa, abbi riverenza, perché egli è il Signore Dio tuo, forse non da baciarsi, ma da adorarsi con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
Martino Mora:
RispondiEliminaLeggo che ieri sera in tv c'era il Roberto nazionale. Quello che era comunista ma, pur di vincere l'Oscar, nel suo filmetto fece fece liberare Auschwitz dagli americani. Quello che ha il cuore a sinistra ma il portafoglio saldamente a destra. Quello che ogni volta invita i maschi ad amare i maschi e le femmine ad amare le femmine. Quello che diceva di essere per i poveri ma si fa pagare a peso d'oro. Quello che usava l'intrattenimento per fare propaganda elettorale. Quelo che col suo moralismo da loggia e il suo umorismo da trivio è riuscito ad insozzare pure il sommo poeta cristiano. Quello che rimane fino in fondo un sessantottino... il cui cavallo di bataglia rimarrà sempre l'"inno del corpo sciolto", la canzoncina che ci rivela di quale sostanza egli davvero sia fatto.
Avevamo consigliato di non guardare Sanremo....
RispondiEliminaVedete, il festival di Sanremo è realmente lo specchio di questa società democratica.
Quelli di sinistra lo adorano e lo celebrano. Come mai secondo voi?
Quelli di centro-sinistra non gradiscono proprio tutto, ma tacciono per non contrariare quelli di sinistra.
I moderati sono infastiditi dagli "eccessi", ma non lo ammettono per non dare ragione a "quelli di destra".
I conservatori sono disgustati, ma lo guardano, per non apparire eccessivamente conservatori.
I Controrivoluzionari non lo guardano, onde evitare eccessi di bile e di intestino.
Esattamente lo specchio di quello che accade nella politica, nella società e nella Chiesa.
Si può scegliere dove collocarsi, ma una cosa è certa: se tutti facessero come l'ultima categoria (ma realmente però), non vi sarebbe Sanremo. O, almeno, non questa immensa imbecillizzazione di massa del popolo italiano.
Magari vi sarebbe solo il Festival della canzone italiana.
Grazie dei fior.... (MV)
P.S.: e non tocco nemmeno la questione dellimmesa quantità di denaro regalata a questo esercito di cialtroni e negata dopo anni e anni ai terremotati ancora nelle baracche e nella neve...
Lo ammetto, mi infastidisce essere considerata "eccessivamente" conservatore, sto cercando di capire perché. Forse per ragioni di linguaggio? Può essere, conservatore è già un superlativo: per un progressista è già il massimo dell' invettiva, aggiungere l' eccessivamente è talmente poco elegante ... Così, d'accordo con mio marito (categoria "progressista riluttante",per cui un ossimoro), abbiamo deciso alcuni anni fa di chiudere definitivamente l' osceno scatolone. Niente più demenza spicciola...che sollievo... E che guadagno ! In pochi anni mio marito è sempre meno progressista, e sempre più riluttante !
RispondiEliminaSe uno si alza dalla seggiola e guarda il soffitto, guarda il cielo; se guada davanti a sé, guarda l'orizzonte; se guarda dove mette i piedi, guarda in terra. Mediamente questa è stata la naturale posizione eretta dell'essere umano. Ora è accaduto, vuoi la modernità, vuoi la scienza, vuoi le due guerre, vuoi i media, sia quello che sia, ora è accaduto dunque che l'essere umano l'abbiano impostato a novanta gradi, con la testa, un tempo parte nobile, che come unico orizzonte ha la zona pubica. Altro che caverna di Platone, qui siamo in un tempo aggiornato, i nostri sensi sono finalmente concentrati su un'unica zona, che viene cantata, indagata, insegnata con dovizia di particolari in musica, in poesia, in saggistica, attraverso ogni disciplina, ogni sapere e la scienza stessa è rivista e riscritta da questa angolazione a novanta gradi come lo è tutto lo scibile umano; questa posizione permette inoltre a chi passa passa di fare un salto tra i nostri glutei, cosa che accade ogni giorno da parte dell'universo mondo. Ora da questa posizione qualcuno è stato liberato e sta riprendendo la posizione eretta ma, i vecchi saltimbanchi di regime continuano ad adescare quelli che bramano essere aggiornati per posizionarli a novanta gradi, in cui sono pietrificati per sempre, a meno che l'incantesimo non sia rotto da Chi non si è mai, né mai ha insegnato ad aggiornarsi.
RispondiEliminaHo scoperto di essere della categoria dei "Controrivoluzionari"!!
RispondiEliminaCosì, tanto per dire che non c’era bisogno di Benigni, per sdoganare l’eros del Cantico dei Cantici.
RispondiElimina“L'eros di Dio per l'uomo — come abbiamo detto — è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona. Soprattutto Osea ci mostra la dimensione dell'agape nell'amore di Dio per l'uomo, che supera di gran lunga l'aspetto della gratuità. Israele ha commesso « adulterio », ha rotto l'Alleanza; Dio dovrebbe giudicarlo e ripudiarlo. Proprio qui si rivela però che Dio è Dio e non uomo: « Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? ... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te » (Os 11, 8-9). L'amore appassionato di Dio per il suo popolo — per l'uomo — è nello stesso tempo un amore che perdona. Esso è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la sua giustizia. Il cristiano vede, in questo, già profilarsi velatamente il mistero della Croce: Dio ama tanto l'uomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore.
L'aspetto filosofico e storico-religioso da rilevare in questa visione della Bibbia sta nel fatto che, da una parte, ci troviamo di fronte ad un'immagine strettamente metafisica di Dio: Dio è in assoluto la sorgente originaria di ogni essere; ma questo principio creativo di tutte le cose — il Logos, la ragione primordiale — è al contempo un amante con tutta la passione di un vero amore. In questo modo l'eros è nobilitato al massimo, ma contemporaneamente così purificato da fondersi con l'agape. Da ciò possiamo comprendere che la ricezione del Cantico dei Cantici nel canone della Sacra Scrittura sia stata spiegata ben presto nel senso che quei canti d'amore descrivono, in fondo, il rapporto di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio. In questo modo il Cantico dei Cantici è diventato, nella letteratura cristiana come in quella giudaica, una sorgente di conoscenza e di esperienza mistica, in cui si esprime l'essenza della fede biblica: sì, esiste una unificazione dell'uomo con Dio — il sogno originario dell'uomo –, ma questa unificazione non è un fondersi insieme, un affondare nell'oceano anonimo del Divino; è unità che crea amore, in cui entrambi — Dio e l'uomo — restano se stessi e tuttavia diventano pienamente una cosa sola: « Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito », dice san Paolo (1 Cor 6, 17)”.
(Benedetto XVI, dall’enciclica “Deus Caritas est” n. 10)
http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est.html
Volgare e stolto Benigni. Lui è la dimostrazione di come si puo', in poche parole, distruggere la bellezza del Cantico dei Cantici, come ha distrutto il passo biblico che ha letto nel 2008 nella Basilica Santa Croce in Gerusalemme durante la lettura della Bibbia giorno e notte!
RispondiEliminaCònvertiti o stolto uomo, e vedrai in questa "Poesia" l'amore che Dio ha per l'uomo, ma non certo in senso carnale del termine. Non crede a nulla, crede solo ai 300.000 euro che ha percepito (così mi dicono) dalla Rai per questo sporcizio di rappresentazione.
https://www.youtube.com/watch?v=SwjvvhvAI58
https://www.chiesaromana.info/index.php/2020/02/05/ufficiale-dei-servizi-segreti-vaticani-io-e-anche-bergoglio-siamo-massoni/
RispondiEliminaAll'oscenità senza fine… http://www.ansa.it/amp/sito/notizie/politica/2020/02/07/il-papa-dio-non-e-mandrake-e-non-ha-la-bacchetta-magica_65edf73e-bb69-426a-8e02-89004982321b.html
Alla faccia di noi che crediamo che Dio è perfetto, e facesse pur e miracoli...certo non magici ma DIVINI.
Sventoli un rosario e si scandalizzano i baciapile, poi tacciono su dileggio e blasfemie di Sanremo! IPOCRITI!
RispondiEliminaStimavo Benedetto XVI ma quella storia dell'eros nell'enciclica l'avevo trovata parecchio irriverente,mahhh pensare che il paradiso per certi scrittori spacciati per cattolici dalle Paoline e curie varie era l'orgasmo, pur non era stato sufficiente a farmi piacere il suo eros....ma costoro ricordano che Gesù Cristo dice "saranno come Angeli"? O dobbiamo spiegare loro che in Cielo c'è agape ma non eros? E che l'agape è meglio di tanto dell'eros che ha fine? Valido solo su questa terra e non applicabile a Dio. Padre nostro che sei nei cieli...Ed anche su questa terra l'eros o sesso è una moneta scadente se vissuta fuori della Legge Divina.
RispondiEliminaE sì, Roberto Benigni, ospite l'altra sera a Sanremo, era da prendere a schiaffi!
RispondiEliminaOgni occasione è buona per dare addosso alla Chiesa, che non è mai stata sessuofoba, e le possibili predicazioni in tal senso non rappresentano certo la retta dottrina - non sessuofoba, ma nemmeno sessuomane, come vorrebbero moderni e modernisti...
Cosa direbbe il laicissimo Guido Ceronetti dell’esibizione di Benigni
RispondiElimina«Il Cantico è un pezzo di vuoto sacrale, e non essendoci tra i Ketubim niente di così sacralmente vuoto (sono eminenze attive, rotoli densi) il Cantico li sopravanza come qadòsh qedoshim, santo santissimo. Ma noi non vediamo più il sacro né in un vuoto né in un pieno, siamo stati assassinati nella pupilla che lo vedeva. Se dico che il Cantico è vuoto sembra che voglia negargli il sacro, e qualsiasi cosa. Dico che è vuoto per non negargli niente. (…) Attenti al razionalista lirico positivo, è pericoloso. Il Cantico secolarizzato a morte è assunto nella impropria gloria della carnalità senza legge o raccomandato come breviario d’igiene coniugale, esempio di libido canalizzata bene. L’antico uso profano nelle bevute nuziali che inorridiva Aqibà ritorna nei commentatori che non hanno paura, per questa colpa, di perdere il mondo futuro, sebbene la secolarizzazione del Cantico sia di modesto aiuto in vista del possesso del presente. Esaltazione del corpo femminile, riconciliazione con gli organi della generazione, epitalamio folgorante, frasca dei nidi d’amore. (...) Il razionalista gaudente entra nel Cantico come in un bagno pubblico spudorato, per sguazzare nudo in compagnia dei molti che hanno capito e brindare alla scoperta».
(a cura di Guido Ceronetti, Il Cantico dei Cantici, Adelphi, 1992)
......
RispondiEliminaChe Sanremo sia l’autobiografia della nazione lo sostenevo decenni fa, ai tempi del Regno sa-Baudo; ora sarei tentato di dire che è piuttosto l’autopsia della nazione, questo cadavere che ci ostiniamo a chiamare Italia. Ma non è questo il fatto peculiare, c’è qualcosa di più, forse di più profondo, forse di più superficiale. Se proviamo l’arduo esercizio dello psicofestival, cioè di capire le molle che spingono gli italiani a “guardare Sanremo” non basterà nemmeno dire che è la coazione a ripetere, il bisogno di far parte di un racconto collettivo, lo specchio fatuo del fatuo presente, e via dicendo. Ma c’è qualcosa in più: Sanremo è il surrogato estremo di un’identità collettiva, di un’antichità e di una tradizione.
Non andiamo più a messa, non abbiamo più vive tradizioni domestiche, civiche, patriottiche, religiose. E allora cerchiamo in Sanremo la rassicurazione delle cose durevoli. Tempeste finanziarie e malattie globali, incertezze sul futuro e collassi politici, tutto nella nostra vita muta vorticosamente: ma Sanremo è là che ci aspetta, vecchia mamma sdentata e tremante, con le sue flosce ma rassicuranti mammelle. Nell’epoca dell’oblio generale, della perdita del passato e della memoria storica, Sanremo è la rappresentazione canora del nostro passato, l’eco sonora della nostra memoria storica. Non c’è programma dedicato al feticismo di Sanremo che non riporti alla memoria Nilla Pizzi e Mia Martini, Lucio Dalla e Gigliola Cinquetti, Modugno e Celentano. (Chissà perché è stato rimosso Claudio Villa che fu incoronato come reuccio della Canzone). Una specie di rosario.
Abbiamo perso i miti, gli eroi, i modelli antichi. E allora fungono da supplenti Albano e Romina, I Ricchi e Poveri, Rita Pavone e Massimo Ranieri. E se accanto a loro figurano o sfigurano anche i giovani cantanti, vuol dire che comunque, sul piano biologico e anagrafico, c’è continuità, l’Italia prosegue. È quello che vogliamo da Sanremo che è l’unica festa patronale di questo gran paesone, trasmessa in diretta e per cinque giorni. In cui il Santo Patrono non è il Presentatore, l’Animatore, il Vincitore, ma è lui medesimo, San Remo. Se un festival ha settant’anni vuol dire che lo vedevano già i nostri nonni nella preistoria televisiva, nei bar e nelle tv condominiali. Lo videro i nostri genitori, nel passaggio dalla tv monocanale alla tv plurale e monomaniacale. Lo abbiamo visto noi, prima bambini, poi riluttanti da ragazzi, poi da adulti, da anziani. E lo sbirciano i nostri figli, i nostri nipoti. E’ la nostra continuità, la nostra piccola antichità. Scambiamo l’Antico con l’Antiquato, il Classico col Vintage, la Storia con l’amarcord televisivo. Ignoranti di storia e archeologia, ripieghiamo sulla vecchiaia dei vetero-cantanti. Sanremo è la sagra del modernariato. Ripercorriamo la nostra storia in formato televisivo e canterino. Vediamo il tempo di Mino Reitano e Nicola Di Bari come il nostro Risorgimento domestico, rivediamo il nostro Virgilio in Mike Bongiorno; Dante è una specie di Jimmy Fontana che canta la Divina Commedia del Mondo, Leonardo è Sergio Endrigo, Foscolo coi suoi Sepolcri è Gino Paoli con le lenti nere e Leopardi è Luigi Tenco. Tutta la nostra storia, memoria, arte e letteratura si riduce in formato Festival. Una via di mezzo tra la Festa della Mamma e del Mammuth.
Perciò vi dico: Sanremo è la tradizione di un paese che ha perso la tradizione, è la processione di un paese che ha perso la devozione, è la reliquia del Santo di un paese che non ha più santi. Un pezzo di stoffa, un pezzo di lingua e di ugola, e il palcoscenico dell’Ariston si fa tabernacolo e poi edicola votiva. E con questo non dico che sia ammirevole né spregevole. Sanremo è quel che resta di San Pietro, l’Altare della Patria e i Musei Vaticani dopo la bomba atomica a lento rilascio che ci ha colpiti da tempo.
Marcello Veneziani, La Verità 7 febbraio 2020
@ Valeria Fusetti : d'accordo con mio marito (categoria "progressista riluttante",per cui un ossimoro), abbiamo deciso alcuni anni fa di chiudere definitivamente l' osceno scatolone...In pochi anni mio marito è sempre meno progressista, e sempre più riluttante !": carissima Valeria, come la invidio! mi trovo, purtroppo, nella sua stessa situazione (a ruoli rovesciati, ovviamente), con la consorte vittima inconsapevole di Rai 3, Sat 2000, Famiglia Cristiana, settimanale diocesano, ciarlatani da fiera paesana (Fazio, Benigni, Litizzetto, ecc.). Unico rimedio possibile, constatata l'impraticabilità di gettare il televisore in discarica: non parliamo mai di religione e politica, ai pasti la TV sta spenta, lei guarda i suoi programmi da sola (io mi ritiro in una mia stanzetta personale). Questa la coesistenza pacifica, ma dolorosa e sofferta, cui ci hanno costretti questi preti sinistrorsi bugiardi e imbroglioni, col lavaggio del cervello che ha reso loro vittime persino le persone a noi più care.
RispondiEliminaProblema direi universale, uno può decidere per sé stesso, ma poi ci sono i familiari, a casa mia tg di tutti i generi a pranzo e cena, tv 2000 no perché lì ho minacciato di brutto, per il resto camera in solitudine, libri, film e documentari, purtroppo solo così si può con-vivere, con qualche Maalox di troppo per via di rai3 telekabul onnipresente.......buona domenica a tutti.
RispondiEliminaFinalmente si è fatto sentire un sacerdote.
RispondiEliminaDon Silvio Zannelli ne ha per tutti: da Benigni ad Achille Lauro, passando per Rula Jebreal. Perché Sanremo dovrebbe "lasciar perdere i Santi"
https://m.ilgiornale.it/news/cronache/don-su-sanremo-giocate-i-fanti-lasciate-stare-i-santi-1823415.html
Sanremo non lo vedo da 15 anni ,la televisione da almeno 5 anni , ma quel che ne leggo basta e avanza per farmi capire che la ex TV dello stato prima italiano e' diventata la succursale del Partito comunista , del partito dei diritti , va avanti con programmi cosiddetti "contenitore" compreso l'ex festival di Sanremo , ospitando Gorbaciov , il pugile americano che addento' l'orecchio dell'avversario , Bilancia , la regina di Giordania e via discorrendo . Sanremo e' ancora la vetrina della canzone italiana ? No ! E allora a che , o meglio a chi , serve Sanremo ?
RispondiEliminahttps://www.veritatemincaritate.com/2020/02/il-tabernacolo-il-luogo-del-riposo/
RispondiEliminaQuando si dice la sintonia...
Non perdetevelo!
Sia lodato Gesù Cristo!
Transuman frizzi canori
RispondiEliminade' sanremesi eccessi:
ce li stanno stritolando
con benigne esegesi
da applaudir vomitando,
ma guai esserne offesi.
La dittatura ha valori
che non chiedono permessi;
abbisogna d'ignoranza,
la canna oppur l'etile.
L'umil fede che avanza
le dà travasi di bile.
Uno sciocco prezzolato
e il nascosto regista
hanno l'indole sì trista
per sulfureo afflato:
se'l Ciel luce lor invia
la canzonano volgare.
L'Amor Vero dell'altare
per anime buie è gelosia.
Insieme a tanta immondizia, una fiaccola non sotto il moggio a San Remo
RispondiElimina"Come fai a credere ancora in Dio?" è una domanda che ricevo spesso.
È lecito se ci pensate, vedere un ragazzo di 21 anni a cui la vita sembra aver tolto tutto, e chiedersi come faccia ad avere fede, a pregare, a riporre speranza.
Il fatto è che purtroppo credo che ai giorni nostri la Fede sia diventata più una moda passeggera che una cosa di cui prendersi cura intimamente.
E con Fede, intendo il senso più ampio della parola. Si può avere Fede in Dio come nelle persone che ci circondano, si può avere Fede in sé stessi. Non bisogna essere credenti per avere Fede. Essa assume tante forme, ma se è autentica, è immortale.
Io ho sempre creduto in Dio. Mi sono fatto delle domande, ho cercato nel mio cuore. Quando mi diagnosticarono la SLA, non pensai nemmeno per un istante che Dio non esistesse. Questo perché non ho mai creduto a lui in modo opportunista, non gli ho mai chiesto di esaudire i desideri come se fosse il genio della lampada.
Ogni giorno nel mondo ci sono milioni di persone che soffrono: c'erano molto prima di noi e ci saranno dopo. Perché mai Dio dovrebbe smettere di esistere solo quando la sofferenza ci tocca in prima persona?
Se Lui ha un piano per ognuno, allora significa che anche la mia malattia e quella degli altri può avere senso nel suo disegno. Forse è così, forse no, non posso dirlo con certezza.
Ma ciò che non cambierà mai dentro di me, è che io ho Fede.
https://www.gofundme.com/f/aiutiamo-paolo
“Eppure in prima fila ad applaudire Benigni vediamo così tanti uomini di fede…”
RispondiElimina“Appunto. Purtroppo oggi molti credenti sono così privi di spirito e fede, o disincantati o così confusi che s’innamorano di queste vacue riduzioni progressiste che stuprano i testi delle loro tradizioni, talora con persino la pretesa di rivolgerli contro la tradizione di appartenenza.”
Benigni è in ottima compagnia, un provocatore, piace alla gente e allora segue i gusti, cerca l’ applauso facile. A questo si aggiunga che in Italia esiste un tasso di ignoranza religiosa spaventoso allora si ingoia di tutto senza fiatare. In altre parti, penso a Germania e Spagna, questo non accade, esiste maggior preparazione”.
RispondiEliminaMiguel Samperi: “Un secondo incredibile applauso a Benigni arriva dalla Associazione Papaboys che non risparmia gli elogi: “Grazie Roberto Benigni. Questo è il tuo omaggio a Giovanni Paolo II che ti ha toccato il cuore”. Non sappiamo che film abbiano visto quelli di Papaboys, ma la cosa lascia a dir poco perplessi. Viene da domandarsi a quale “papa” appartengano questi “boys” che a dicembre hanno esplicitato il loro sostegno alle Sardine in vista delle elezioni regionali in Emilia Romagna (Sartoriboys?). Di certo pensare che Benigni, con il suo monologo, abbia voluto omaggiare Giovanni Paolo II è – ad essere buoni – fuorviante: una storpiatura dello storpiatore.“
RispondiEliminaA viator che riporta le parole del ragazzo con la sla: l'ignoranza abissale deriva da questa persona che non posso che stimare in buona Fede. Guarda CASO: Dio non è il genio della lampada, Dio non è Mandrake (Bergoglio per chi non lo sapesse) si accoppiano sui palcoscenici del mondo, invece Dio non è questi due soggetti di fantasia perché ESISTE,ed è pure CAPACE di MIRACOLI che non sono magie, se li si chiede e se è bene per noi ce li concede pure con amore e volentieri, senza neppure chiedere la conversione, Cristo docet. O meglio la chiede ma non la impone e concede miracoli terreni a chi non vuole premi eterni, perché E' ed è giustizia e paga in terra i meriti a chi non vuole altro che la terra, non è un mito e non è un cartone animato o un fumetto. Quanto alla Fede, diciamo che la fede negli altri e la fede in tante cose NULLA ha a che fare con la FEDE in DIO e non sono fedi IMMORTALI, neppure quella in Dio è una FEDE IMMORTALE, avrà fine perché vedremo, non avrà fine la CARITA'. Non a caso il ragazzo è stato strumentalizzato ai fini gnostici. Ecco perché è stato fatto salire sul palcoscenico del mondo.
RispondiEliminaNaturalmente, l’indecente e strapagato (la sobrietà buona è sempre quella degli altri) spettacolino di Roberto Benigni sul Cantico dei Cantici ha incassato il placet di diversa stampa d’ispirazione cattolica. Benvenuti nell’era in cui l’eresia passa per creatività e l’ortodossia per cavillo.
RispondiElimina(Giuliano Guzzo)
Dunque dunque...
RispondiEliminaSe il sale perde sapore non serve a nulla. E' buono solo per essere buttato e calpestato.
Come può la luce smettere di essere visibile? Chiudendola dove non rende gloria al Padre.
Una Chiesa non salata, ma io-data (dell'io e non di Dio) è calpesta. E oscurata.
Attendiamo lumi o nubi per rendere ancor più tetro il cielo?
Don Nicola Bux ha fornito alcuni spunti rispondendo a Vito Palmiotti sull'imminente esortazione post sinodale che Francesco renderà pubblica mercoledì.
... stiamo assistendo ad una radicalizzazione di posizioni stile ultrà...
L’impressione che se ne ricava è che manchi uno sguardo cattolico e il senso della realtà. Che farà il papa? Il cardinal Charles Journet, insigne patrologo, diceva: «Quanto all’assioma “Dove è il Papa, lì è la Chiesa” vale quando il Papa si comporta come Papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa».
... Infatti, si ritiene che, dare la Comunione a una coppia di divorziati risposati in un paesino sperduto, e non darla in una parrocchia di città, possa farsi senza pregiudicare l’unità del tutto, che è poi la Chiesa cattolica. Proprio su questo bisogna soffermarsi. L’unità è il bene più prezioso, dice san Giovanni Crisostomo, purché le diversità non siano avverse tra loro, ma convergano verso l’unità, siano cioè uni-versus, universali. Ecco la Chiesa universale o cattolica. Il Papa dovrebbe essere segno e vincolo di ciò. Dobbiamo sperare che l’Esortazione serva a questo: per essere cattolica, dovrebbe non rifarsi al Documento finale del Sinodo. Se così sarà, non poco lo si dovrà anche al contributo di Benedetto XVI e del cardinal Sarah con il loro libro sul celibato sacerdotale, e di quanti nella Chiesa non hanno smesso di dire la verità senza venir meno alla carità, senza cedere alla tentazione di separarsi, che è soprattutto dovuta alla mancanza della pazienza dell’amore... La pazienza è la prima caratteristica dell’amore indicata da san Paolo: la carità è paziente... la Chiesa non è un Sinodo e nemmeno un Concilio permanenti, ma una comunità gerarchicamente ordinata. Se il Documento finale ha espresso la parola dei vescovi e degli altri padri sinodali, l’Esortazione comunicherà la parola del papa, che non necessariamente deve concordare con quella. Si ricordi la nota praevia fatta apporre da Paolo VI alla costituzione Lumen Gentium. Il Sinodo è rappresentativo e non sostitutivo dell’intero episcopato cattolico.
Il magistero c’è quando il papa e tutti i vescovi concordano (Compendio CCC 185) – sottolineo ‘concordano’ – nel proporre un insegnamento definitivo sulla fede e sulla morale. Che vuol dire definitivo? Deve essere – come le foto ad alta definizione – dai contorni nitidi. Infatti, come negli atti dommatici straordinari, il papa usa tre verbi: pronunziamo, dichiariamo e definiamo, così nell’insegnamento ordinario, se dovesse permanere la discordia non ci sarebbe il magistero. Oggi succede che molti vescovi non concordino ma siano discordi persino su una dottrina già creduta per fede: la discordanza significa che non c’è infallibilità, ma non per questo i fedeli non sono tenuti ad obbedirvi, salvo che quell’insegnamento contrasti con il depositum fidei.
Se un padre dicesse una cosa e la madre l’opposto, i figli a chi dovrebbero obbedire? Abbiamo ragione di sperare e pregare che l’Esortazione sia chiara e senza eccezioni.
Se non fosse così, si favorirebbe l’avvicinarsi della ‘grande apostasia’ che asservirebbe la Chiesa; la prova che scuoterà la Chiesa(CCC 675-677) ben oltre l’attuale crisi di fede: la persecuzione.
Quindi non stupiamoci se con poco sale e senza luce sono aperte tutte le opzioni.
https://www.sabinopaciolla.com/cardinal-sarah-il-sacerdozio-oggi-e-in-pericolo-mortale/?fbclid=IwAR1maiF1UNrr2DPh4zvZ9v84nE51NNbBZiIlbKdB7S5nxhPs80hofmnq330
RispondiEliminaIn pericolo mortale perché sacrilego sposarsi, ma in pericolo di estinguersi nel separare Ordine da sacerdozio.
Mons.Bux quindi dice che se il padre dice cose diverse dalla madre a chi si deve obbedire? A Cristo sempre. Ma prima cita : Se il Papa non si comporta da Papa e Capo della Chiesa allora non è, la Chiesa NON è in lui,nè lui è Chiesa. Se non è NELLA Chiesa….si capisce cosa si deve fare. NON è che se gli adulteri stanno in periferia sono meno adulteri, NON è che la periferia ha una ragione diversa dalla principale. L'unità della Chiesa sta in periferia ed al vertice, il resto è scollamento che NON è. Autoscollamento che ha anche un termine canonico: anatema secondo san Paolo.
RispondiEliminaIl Festival di Sanremo e'il Gran Ballo di Satana dei nostri tempi. Se avete letto il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov sapete a cosa alludo. Nei gironi infernali televisivi , vestiti di lustrini e paillette,agitandosi scompostamente a suon di musica, lussuriosi, invidiosi, avari, ladri , sodomiti, eretici e traditori( degli amici) danno bella mostra di se' e la gente li guarda incantata,incollata alla televisione perche' sa e sente che quello e' il Gran Ballo del Principe di Questo Mondo. In tale danza macabra non puo' nn ancare la citazione biblica, ovviamente alla rovescia o al contrario Satana un grande studioso della Torah, come dimostra l' episodio delle tentazioni di Cristo.
RispondiEliminaIl giullare Benigni, dietro congruo Compenso di 300.000euro , si e' prestato alla blasfema performance.
Ti daro'tutti i regni del Mondo se prostrato mi adorerai !
Martino Mora:
RispondiEliminaBENIGNI: Quando si prende un testo religioso per fargli dire il contrario di quello che afferma, è evidente l'intenzione malevola, sovversiva. Si tratta di sovversione del sacro. Di ribaltamento. La sovversione del sacro, il sacro rovesciato, è tipico del tenebroso, dello ctonio, del malefico. Consapevole o meno della sua malevola azione, Benigni ha fatto questo. Ha preso un testo sacro, il Cantico dei Cantici e l'ha sovvertito in senso pansessualista. Ha preso la Bibbia per invitare a rapporti promiscui di ogni tipo, anche omosessuali. Un ribaltamento completo del Cantico. Non solo un fraintendimento, sia chiaro. Ma un ribaltamento. Cioè il modo preferito dalle forze ctonie per appropriarsi del sacro, come sanno tutti gli studiosi di fenomeni occulti. Insomma: la puzza di zolfo c'è, e si sente.
Quante istituzioni, quante abitudini sto rivalutando alla grande! Cominciando dalll'Indice, con la Bibbia poi, noi si è sempre andati con moderazione; osservando la cagnara teologica del libero esame, a parer mio, il libro Sacro dovrebbe essere letto solo sotto la guida di un Santo, oggi quindi non potrebbe essere letto da nessuno, in particolare da nessun libero esaminatore mai; i libri spazzatura li metterei, per legge, freschi di stampa a riciclare. S'io fossi papa scomunicherei i tre quarti del mondo. Rivaluto con tutto il mio cuore e con tutta la mia mente quando, essendo meno liberi, eravamo più liberi.
RispondiEliminaPer 9 febbraio 2020 22:44
RispondiEliminaDomanda : Quante lettere di protesta sono partite dalle case dei cattolici " dagli occhi aperti " , " che non dormono " , verso la produzione in oggetto e per conoscenza verso il responsabile vaticano ?
Benigno non è mai stato credente, ma komunista sempre, ora che si trova in pessime acque, pieno di debiti per via della casa di produzione cinematografica propria che è fallita, i kompagni gli hanno dato un po' di soldi per tamponare il crack, ha proprio ragione quella linguacccia di Dago, si è montato la testa con l'Oscar e non ci è stato più, è 'scito fora......certo che 300.000 € x 1/4 d'ora di sproloquio..........
RispondiEliminaIl ragazzino cacciatore e i giovani fan di Achille Lauro (con mamma veg.)
RispondiEliminaSant’Uberto, patrono dei cacciatori, proteggi il ragazzino di otto anni (etnia veneto-boera) che nei giorni scorsi ha abbattuto il suo primo impala. Non il suo primo animale (ne aveva già uccisi altri, più piccoli): il primo impala. Non dirò il nome dell’intrepido, né la zona dell’Africa australe in cui è stato abbattuto il grosso esemplare di sesso maschile, dalle temibili corna, e di certo non diffonderò la foto che mi ha girato lo zio orgoglioso: oggi le masse odiano gli eroi, la caccia, la prodezza… Nella foto il giovanissimo cacciatore ha il volto cosparso di sangue di impala, come prevede l’iniziazione afrikaans completata poco dopo col cibarsi dei testicoli dell’animale, debitamente cucinati. In Italia cosa fanno gli ottenni? Guardano Achille Lauro cantare in tutina aderente mentre la mamma inforna la torta veg? Ovvio che i cinghiali invadano perfino le autostrade... Sant’Uberto, patrono dei cacciatori, proteggi questo ragazzino col fucile, speranza della civiltà.
- Camillo Langone
Mi chiedo quanti sapessero di tutto questo orrore. Non ricordo di averne mai letto nei libri di storia o visto rappresentato nei film.
RispondiEliminaIl presidente dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia: «L'Anpi ha ricominciato a negare la storia. A Mattarella, gli eredi delle vittime chiedono un senatore a vita».
RispondiEliminaDue parole sull'artista che, mediamente è ego/centrico, studia e descrive se stesso, il prossimo,il mondo e Dio nella misura in cui rientrano nella sua sfera di osservazione. Legato a questo ego/centrismo vi è una grande dose di vanità, tanto da essere stata, nei tempi passati, considerata patologica e/o semplicemente patologia mentale. Spesso l'artista finisce col diventare la caricatura di se stesso, la morale viene messa in soffitta e qualunque sia la sua arte diventa un artista da cabaret; parimenti è vero che, se l'artista piano piano lavora sodo, la sua arte lo guarisce, l'esercizio della sua arte lo aiuta ad uscire dal patologico. Ora l'artista di solito ha delle intuizioni che molti altri non hanno e che guardano con sospetto perché l'artista di suo è un po' o tanto 'fuori'. Ed è qui che il suo prossimo deve discernere, cioè riuscire a capire quando e se stia parlando da 'fuori' o da 'dentro'. Spesso gli artisti passano dalle stelle alle stalle e viceversa dalle stalle alle stelle, questo che è un comune destino degli esseri umani in generale, è quasi una regola fissa per l'artista ma, nel momento in cui sono pazzi di se stessi non intendono , non vedono e non odono. L'artista mediamente si adora appassionatamente, è idolatrico. Ovviamente non è per tutti così ma, oggi questi sono quelli più coccolati da una società che li onora come i suoi portavoce.
RispondiEliminaLa memoria infoibata: i 50 preti uccisi nelle foibe
RispondiEliminahttps://campariedemaistre.blogspot.com/2020/02/i-50-preti-uccisi-nelle-foibe.html