Carlo Maria Viganò: “Scandaloso il modo in cui Bergoglio parla della Madonna”. - “Il sacrilegio della pachamama richiede la riconsacrazione di San Pietro”. - “Dalla Madre di Dio alla Madre Terra: una sostituzione per compiacere la religione mondialista”. - “Attenzione alla falsa umiltà”.
Monsignor Viganò, come sappiamo, nell’edizione 2020 dell’Annuario pontificio c’è un cambiamento che colpisce e preoccupa. Proprio nelle prime pagine, dove viene presentato il papa regnante, campeggia il nome del pontefice, Jorge Mario Bergoglio, seguito da una breve biografia e poi, sotto la definizione di “titoli storici”, c’è l’elenco dei termini che connotano l’identità spirituale, religiosa e giuridica del romano pontefice: Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Primate d’Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano e Servo dei Servi di Dio. Se si confronta questa presentazione con quella dell’Annuario pontificio 2019 si nota subito un cambiamento che non è soltanto di impostazione grafica. Fino all’anno scorso, infatti, prima di tutto, in caratteri grandi, veniva il titolo di Vicario di Gesù Cristo, poi, in caratteri più piccoli, c’erano gli altri titoli e poi ancora veniva il nome del papa regnante, seguito dalla biografia essenziale.
Molti di noi hanno visto nella decisione di Francesco la conferma di una tendenza costante in questo Pontificato: mettere al primo posto l’uomo Bergoglio, con le proprie idee, e non il Papa in quanto Servus servorum Dei. Tutto ciò sembra lampante, eppure tantissimi cattolici a fronte di queste innovazioni sottolineano la presunta “umiltà” del papa, che così si spoglierebbe di prerogative divine che non gli appartengono.
Non crede che questa “umiltà” di Francesco, da tanti osannata, meriti un approfondimento? Molti dei suoi gesti e delle sue decisioni (fra le più note ed evidenti, abitare a Santa Marta e non indossare mai la mozzetta rossa con il rocchetto) sono state salutate come prove di umiltà. Ma che cosa sono veramente?
Lei ha parlato giustamente di “mettere al primo posto l’uomo Bergoglio, con le proprie idee”: credo sia proprio questo uno degli elementi che meriterebbero un’attenta analisi da parte di tanti miei Confratelli. La dissociazione tra la persona Papae e la persona fisica di Bergoglio è la caratteristica di questo Pontificato; anche in passato vi fu un tentativo di questo tipo, nel caso di Giovanni Paolo II, ma fu in larga misura ad opera dei media, i quali cercavano di mostrare un “Papa dal volto umano”, sportivo…
La spettacolarizzazione del Papato a cui assistiamo oggi, invece, è di altra natura: essa parte da Bergoglio stesso, che rifiuta con ostentazione di comportarsi da Papa, di indossarne le vesti, di averne il linguaggio prudente e saggio, di adottarne i titoli. In una società sempre più sensibile al potere dell’immagine il modo di mostrarsi è quantomai importante, perché veicola un messaggio ben preciso.
Per quanto riguarda la presunta umiltà che molti Cattolici vedono in questi gesti, penso sia il caso di fare anzitutto un po’ di chiarezza.
L’umiltà è la virtù che ci permette di conoscere noi stessi e di stimarci secondo il giusto valore, e che è contraria a ogni forma di ostentazione e vanità. Fondamento dell’umiltà sono la verità, che ci porta a conoscerci come veramente siamo; e la giustizia, che ci inclina a trattarci conformemente a questa conoscenza. L’umiltà esteriore dev’essere ovviamente la manifestazione di un abito interiore, altrimenti è solo ipocrisia. E non dev’essere ostentata, altrimenti dà scandalo ai semplici. Le faccio un paio di esempi. Quando il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto – futuro San Pio X – viaggiava in treno, saliva in prima classe come si conveniva a un Principe della Chiesa, ma viaggiava in terza. Nessuno lo sapeva, non c’erano fotografi ad immortalarlo. Pio XII, che ognuno di noi ricorda per la sua figura ieratica, aveva una camera da letto poverissima, e spesso dormiva per terra, per penitenza; ma non si sarebbe mai sognato di recarsi in visita al Quirinale su una utilitaria, né si sarebbe gettato ai piedi di alcun rappresentante di un potere terreno, perché era ben consapevole della sacralità della propria funzione e del fatto che il Romano Pontefice è, per mandato divino, superiore a qualsiasi autorità umana. Lo abbiamo visto, il 14 luglio 1943, accorrere nel quartiere popolare di San Lorenzo subito dopo il bombardamento degli Alleati su Roma, a rincuorare il popolo, ma sempre con la gravità e la compostezza del Vicario di Cristo. Diremmo che San Pio X e Pio XII non erano umili? Ecco: questa è l’umiltà di un Papa, che non ha bisogno né di esser ostentata, né di venir immortalata dai reporter, né elogiata dai cortigiani. Perché il suo riferimento è Dio e non cerca un’eco mediatica.
Chi loda Francesco pensa evidentemente che l’umiltà si contrapponga non all’orgoglio, ma al decoro e alla dignità della funzione ricoperta. Sarebbe umile il gesto di Francesco che sottrae la mano a chi vorrebbe baciargli l’anello, o l’uso di una utilitaria al posto della vettura di rappresentanza, o la foto casualmente scattata mentre il Papa va a comprarsi le scarpe a Borgo Pio. In questa loro valutazione emerge un malcelato compiacimento, come se si volesse rimproverare agli altri d’esser superbi, per il solo fatto di seguire il protocollo o di aver consapevolezza della dignità del ruolo che ricoprono nella Chiesa. Dietro tutto ciò, come si vede, non c’è alcuna umiltà, ma il perseguimento di uno scopo narcisistico e politico: non si vuole dare un esempio edificante, ma piacere al mondo.
Mi pare sia venuto il momento di interrogarci seriamente circa l’impasse canonica nella quale ci siamo lasciati condurre da questa dissociazione tra il munus e chi lo ricopre: non si può pretendere obbedienza nei confronti del Papa se, allo stesso tempo, chi si siede sul soglio si comporta come se non lo fosse; perché così facendo si opera una vera e propria mistificazione, si gioca con l’obbedienza e con il senso gerarchico dei fedeli, ma contemporaneamente ci si considera liberi battitori, svincolati da qualsiasi dovere e limite che il Papato impone.
Il Papa non può prescindere dal riconoscimento del proprio munus: egli deve esprimere l’umiltà proprio nel sapersi comportare senza eccentricità né stravaganze. E questa moda di ostentare umiltà è contagiosa: un Vescovo che entra in Cattedrale in bicicletta o che si fa chiamare padre e non Eccellenza non è umile, ma ridicolo ed egocentrico, perché con lo stupore attira l’attenzione su di sé.
Sant’Isidoro di Siviglia, che abbiamo ricordato alcuni giorni orsono nella liturgia, dice che un Prelato «deve sovrintendere con pari umiltà ed autorità, in modo che né renda cronici i vizi dei sudditi per troppa umiltà, né eserciti il proprio potere con eccesso di severità; ma agisca nei confronti di coloro che gli sono affidati con tanto maggior cautela, quanto più severamente teme di esser giudicato da Cristo» (Sant’Isidoro di Siviglia, Liber Officiorum II, Ad Sanctum Fulgentium, 5).
San Benedetto ci insegna che uno dei principali atti esterni con cui si manifesta l’umiltà è la fuga dalla singolarità: non far nulla di straordinario, limitandosi a ciò che è richiesto dal proprio stato, dagli esempi dei predecessori e dalle legittime consuetudini. Ritengo che quella che a Santa Marta è considerata umiltà sia solo una maldestra ostentazione di singolarità. Anzi, il proporre come modello la stravaganza porta con sé anche un implicito disprezzo per la propria funzione sacra, e quindi alla mancanza di umiltà si aggiunge il peccato contro la virtù di giustizia e di religione.
Non è un caso che proprio chi è tanto entusiasta della Ford Focus di Bergoglio usi le sue eccentricità come un modo per smitizzare il Papato, ossia per umiliarlo, per abbassarlo a ciò che per sua stessa essenza non può e non deve essere. A chi si bea dell’abolizione del titolo di Vicario di Cristo non importa nulla dell’umiltà del Papa; importa solo il perseguimento di un mirato disegno politico volto a demolire la Chiesa e le sue istituzioni più venerande, allineandosi al pensiero mainstream.
Nell’omelia della Messa celebrata a Santa Marta venerdì 3 aprile Francesco è tornato a ribadire che Maria è solo donna, madre e discepola, “una di noi”, senza alcun titolo di regalità. Lo aveva già fatto il 12 dicembre dell’anno scorso, quando aveva aggiunto che Maria è “meticcia” e che non c’è alcun bisogno di riconoscerLe un ruolo nell’opera della Redenzione. Ora viene da chiedersi: perché tanta ostinazione da parte di Francesco su questo punto? È chiaro che lui è contrario alla promulgazione di un eventuale dogma che riconosca Maria come Corredentrice. Ma al di là di questa sua convinzione si nota una tendenza – qualcuno ha giustamente parlato di “minimalismo mariano” – che ferisce la coscienza di tanti cattolici, nutrita da secoli di Tradizione. Tanto più che a un’altra figura femminile, la cosiddetta pachamama, in Vaticano è stato invece tributato un culto che provoca sgomento. Un’ipotesi è che Francesco assuma tali posizioni “minimaliste” per favorire la riunione con i Protestanti; ma, se anche così fosse, sembra una strategia folle da parte del Papa: negare il ruolo corredentivo della Madre di Gesù, e negare la sua regalità, per ottenere che cosa? Un miglioramento nelle relazioni con confessioni religiose che sono in stato comatoso? Sembra davvero fuori da ogni logica.
In questa sua domanda ci sono due elementi che meritano attenzione. Il primo è l’atteggiamento nei riguardi della Beata Vergine; il secondo è dato dalle convinzioni dottrinali che esso veicola.
I fedeli – e lo stesso Clero – sono scandalizzati dal modo in cui Bergoglio parla della Madonna, dalla disinvoltura con cui si permette di sminuire e umiliare la Sua santissima persona, senza mai usare i titoli che Le spettano e guardandosi bene dal ribadire l’insegnamento costante della Chiesa. Entrando nel merito delle sue esternazioni, abbiamo la percezione di un’insofferenza di Francesco nell’onorare la Regina del Cielo, e questo è un segno rivelatore che dovrebbe seriamente preoccupare. Se questa irriverenza scaturisce dal desiderio di compiacere gli eretici, questa è un’aggravante, e non una scusa; anzi direi che se l’ecumenismo implica di disonorare la Vergine e tacere le verità cattoliche per compiacere chi è nell’errore, abbiamo una prova ulteriore che l’ecumenismo non piace a Dio.
C’è un altro aspetto che vorrei evidenziare: la negazione di dogmi e di verità teologiche, anche non solennemente definite, implica una conseguenza estremamente distruttiva, perché la Verità – che è Dio stesso – non può avere parti sacrificabili. Se si tocca un dogma apparentemente marginale rispetto a quelli trinitari o cristologici, si tocca l’intero edificio dottrinale. E mi permetto di ricordare che, assieme agli orrori sul meticciato mariano, abbiamo anche sentito spropositi sulla divinità stessa di Cristo, surrettiziamente insinuati dalle interviste concesse a un quotidiano notoriamente anticattolico.
Quanto alla maledetta pachamama, è evidente che si va concretizzando una progressiva sostituzione della Madre di Dio con la Madre Terra, in ossequio alla religione mondialista ed ecologista. Stiano molto attenti costoro a prendersi gioco della Vergine: le offese che Nostro Signore perdona quando sono rivolte a Lui, non le perdona se hanno come oggetto la Sua Santissima Madre.
La celebrazione del 27 marzo, quando Francesco ha parlato davanti a una piazza San Pietro deserta, è stata salutata da molti come un grande momento di preghiera, con il quale il Papa ha saputo interpretare il sentimento del popolo cattolico. Altri – e Lei è tra questi – vi hanno visto invece un’altra prova del protagonismo di Bergoglio: una rappresentazione a uso mediatico e anche una profanazione, visto che il Santissimo è stato esposto in una basilica, San Pietro appunto, che non è stata mai riconsacrata dopo il sacrilegio avvenuto a causa del culto tributato alla pachamama. Non le nascondo che un giudizio come il Suo mi è sembrato molto duro. Personalmente sarei propenso a cogliere il bene che c’è in ogni situazione. In quella celebrazione non tutto mi ha convinto. Mi è dispiaciuto che Francesco davanti al Santissimo non si sia inginocchiato nemmeno per un attimo e mi sono subito chiesto come avessero potuto pensare di esporre alle intemperie l’antico Crocifisso di San Marcello, che poi in effetti è rimasto danneggiato. Tuttavia ho seguito la preghiera in televisione e ho adorato il Santissimo insieme al Papa. Ho fatto male? Sono caduto in una trappola?
Veder entrare nella Basilica Vaticana la pachamama e le sue insegne, portata a spalle da Vescovi e Prelati, è un gesto talmente inaudito e vergognoso che in altri tempi avrebbe probabilmente suscitato la furia del popolo e l’ira del Clero. Un tale sacrilegio, sotto un punto di vista canonico, va riparato con un rito di riconsacrazione di San Pietro che non è stato ancora compiuto. Fino a quel momento, tutte le funzioni liturgiche che vi si celebrano aggiungono sacrilegio a sacrilegio. D’altra parte, riconsacrare la Basilica significherebbe riconoscere la gravità dell’atto idolatrico e sconfessare chi lo ha autorizzato. Ricordo che, dopo che gli idoli furono gettati nel Tevere, Bergoglio si scusò con chi si fosse sentito offeso da quell’azione, mentre non prese minimamente in considerazione la grave offesa arrecata alla Maestà di Dio, ai Ministri sacri e al sentimento dei fedeli.
Quanto allo stare seduto dinanzi al Santissimo Sacramento, questa è un’abitudine costante di Francesco in tutte le celebrazioni alle quali è presente, a iniziare dal Corpus Domini, che egli stesso diserta con ostentazione e insofferenza. Non stupisce che questa enfasi sull’umiltà del Papa ricorrente nella narrazione dei cortigiani si dissolva proprio nell’unica occasione in cui tanto il Papa quanto Bergoglio potrebbero davvero umiliarsi, ossia inginocchiandosi davanti al Santissimo Sacramento.
Il primo modo di esprimere umiltà, infatti, è nei riguardi di Dio, e il modo più semplice e comprensibile è quello che ci insegna la Sacra Scrittura e l’esempio della Chiesa: inginocchiarsi. D’altra parte, se quel gesto non avesse senso, non si capisce per quale motivo Francesco non abbia problemi a farlo al cospetto di capi di Stato o di galeotti.
Infine, per rispondere alla Sua domanda, credo che tanto Lei quanto tutti i Cattolici si siano inginocchiati per adorare l’Emanuele, il Dio con noi, e non per assecondare lo squallore tetro che ha accompagnato quel rito. Le parole dell’Adoro Te, composte da San Tommaso, hanno compendiato i sentimenti di tutti noi: Tibi se cor meum totum subjicit, quia, te contemplans, totum deficit. Tutto il mio cuore si sottomette a Te, perché nel contemplarTi tutto il resto viene meno.
In questa Pasqua segnata dalla pandemia stiamo vivendo i riti dalle nostre case, servendoci dei mass media. La creatività è venuta in soccorso e i fedeli, nonostante tutto, riescono a seguire le Messe, a pregare, a mantenere i contatti. Non voglio tornare sulla sospensione delle Messe con il concorso di pubblico. Le voglio invece chiedere: secondo Lei, che cosa ci sta dicendo il Signore con questa situazione del tutto inedita?
Il Signore ci manda un messaggio molto chiaro: Sine me nihil potestis facere (Gv 15, 5). Se non ci persuadiamo che i nostri peccati – come ho spiegato recentemente – sono colpi di martello con cui crocifiggiamo ancora una volta Nostro Signore, sputi sul Suo adorabile Volto, non possiamo pentirci, chiedere perdono e riparare queste colpe. Lo dobbiamo capire noi, lo devono capire le Nazioni, lo deve capire la Gerarchia.
E dobbiamo anche capire che la privazione dei Sacramenti e della Messa in tutto il mondo è una punizione ulteriore per la nostra infedeltà, per i sacrilegi che vengono compiuti quotidianamente nelle nostre chiese dall’indifferenza di tanti Ministri di Dio, dalle profanazioni derivanti dalla Comunione in mano, dalla sciatteria delle celebrazioni. Alla voce composta e pura della Liturgia si è sostituito lo strepito volgare e profano: come possiamo sperare che la nostra preghiera sia gradita al Cielo?
Non sono pochi i fedeli i quali, anche alla luce di alcune rivelazioni pubbliche e private, ritengono che l’attuale pandemia sia solo l’inizio di una serie di prove che evocano le piaghe d’Egitto. Molti altri invece ritengono che ragionare così sia assurdo, perché Dio non può punire. Lei di recente ha esortato a prendere in considerazione la questione del peccato originale, che non può essere dimenticata. Come possiamo vivere questa prova nella consapevolezza del bisogno di conversione ma, nello stesso tempo, senza lasciarci schiacciare dall’angoscia?
Come Cristiani sappiamo che le croci e le prove che il Signore ci manda non sono mai superiori alle nostre forze, soprattutto se lasciamo che sia Lui ad aiutarci, con la Sua grazia, a portarle. Dobbiamo quindi anzitutto riconoscere la prova come una punizione severa di un Padre giustamente offeso, ma che ci vuole spronare alla conversione; in secondo luogo dobbiamo adorare la volontà di Dio e la Sua divina Misericordia, che ci dà un’opportunità preziosa per darGli prova del nostro ravvedimento e che ci consente non solo di espiare le nostre colpe, ma anche quelle di quanti non sanno quello che fanno.
Sono giorni difficili, non solo a causa della pandemia, ma anche per questa sensazione di incertezza e di paura per un’incombente sciagura. Non lasciamoci sedurre da chi cerca di privarci della pace interiore: siamo il tempio dello Spirito Santo, e se siamo in grazia di Dio nella nostra anima abita la Santissima Trinità. Cerchiamo di rendere questa dimora meno indegna, con una preghiera più accorata e fiduciosa. Abbiamo un’Avvocata invincibile: la Vergine Santissima; chiediamo a Lei, Consolatrice degli afflitti, di intercedere per noi presso il Trono dell’Altissimo, a Lei che ha partecipato alla nostra Redenzione in virtù della Sua specialissima unione col Suo divin Figlio, e che presso di Lui è nostra Mediatrice.
Lunedì della Settimana Santa 2020
Il cardinale prosciolto dall'accusa infamante di abusi e liberato di prigione riceve l'accoglienza fredda della Conferenza episcopale australiana preoccupata più per "chi ha sofferto in questo processo" che per lui. E anche dal Vaticano, comprensivo con Zanchetta e Piñeda, arriva una fredezza imbarazzata.
RispondiEliminaIl calvario del cardinale George Pell, accusato senza prove di un crimine impossibile da commettere e condannato a due riprese in quello che più che un processo sembrava un linciaggio è finalmente terminato. Con quella che era la soluzione apparsa evidente sin dall’inizio, come scrivono nelle loro conclusioni i sette giudici (unanimi) dell’Alta Corte: “C’è una significativa possibilità in relazione alle accuse che sia stata condannata una persona innocente”. Che è la stessa conclusione a cui era arrivata la primissima giuria popolare che infatti aveva assolto – dieci contro due – il cardinale. Ma la volontà “politica” e mediatica era diversa, e ha condotto a due condanne insostenibili, e 400 giorni di carcere per un innocente.
....
I paragoni sono sempre odiosi, lo sappiamo. Ma la stessa simpatia manifestata verso il vescovo Piñeda Fasquelle, braccio destro di Maradiaga a Tegucigalpa, costretto alle dimissioni da una lettera firmata da decine di seminaristi molestati Pell forse la poteva pretendere. Certo, non la comprensione mostrata verso il vescovo Zanchetta, sotto processo in Argentina e per cui il Pontefice ha addirittura creato un incarico mai esistito prima all’Apsa. Quella Pell non poteva mica aspettarsela! Ha avuto anche il coraggio di battere i pugni sul tavolo durante il primo Sinodo sulla famiglia…
https://www.lanuovabq.it/it/pell-libero-ma-che-freddezza-da-vescovi-e-vaticano
"Stiano molto attenti costoro a prendersi gioco della Vergine: le offese che Nostro Signore perdona quando sono rivolte a Lui, non le perdona se hanno come oggetto la Sua Santissima Madre."
RispondiElimina"Dobbiamo quindi anzitutto riconoscere la prova come una punizione severa di un Padre giustamente offeso, ma che ci vuole spronare alla conversione; in secondo luogo dobbiamo adorare la volontà di Dio e la Sua divina Misericordia, che ci dà un’opportunità preziosa per darGli prova del nostro ravvedimento e che ci consente non solo di espiare le nostre colpe, ma anche quelle di quanti non sanno quello che fanno. "
"Abbiamo un’Avvocata invincibile: la Vergine Santissima; chiediamo a Lei, Consolatrice degli afflitti, di intercedere per noi presso il Trono dell’Altissimo, a Lei che ha partecipato alla nostra Redenzione in virtù della Sua specialissima unione col Suo divin Figlio, e che presso di Lui è nostra Mediatrice."
Sia l’ atteggiamento della Conferenza Episcopale Australiana sul proscioglimento del card. Pell sia l’ atteggiamento della CEI sulle chiese chiuse perla Settimana Santa nasce secondo me da una passione molto poco nobile: la paura , la vilta’ .
RispondiEliminaI vescovi australiani hanno paura di dimostrare la loro vicinanza a Pell per la sua liberazione,perche’ temono l’ opinione pubblica fortemente anticattolica , e come Pietro quando Gesu’ fu arrestato, hanno sempre cercato di allontanarsi , di distinguersi dalla figura del capro espiatorio card. Pell, per paura di fare la stessa fine, di essere anche loro attaccati. Che tutte le colpe del clero ricadessero sul capo di Pell a molti , anche a Roma, andava bene, per distogliere l’ attenzione da se stessi.
Quanto ai vescovi italiani e al vescovo di Roma la loro vilta’ e’ quella verso il potere politico. Di fronte al potere politico , non cercano neppure di difendere i diritti del culto divino , fanno capire che per loro e’ piu’ importante mantenersi ligi al governo italiano attuale, piuttosto che prendere le parti dei fedeli cattolici. Gli intellettuali hanno invocato la riapertura di musei e librerie, i fumatori vogliono i tabaccai aperti, i genitori chiedono un po’ di aria aperta per i bambini. Ma i vescovi non si azzardano a chiedere qualche misura, anche con le doverose cautele sanitarie, per permettere ai fedeli di accedere ai sacramenti almeno nella Settimana Santa.
Paura, vilta’ , spacciata per prudenza, nel migliore stile clericale alla Don Abbondio.
Discepolo
Il pasticciaccio fatto in Cile con la nomina di un prelato accusato di condotta immorale e difeso contro ogni evidenza, fino a dover riconoscere l'errore quando ormai era tardi , adesso la chiesa cilena lo paga ad altissimo prezzo. I compagni si divertono ad incendiare le chiese di quel martoriato paese.
RispondiEliminaVorrei segnalare un breve ma chiarissimo schema delle differenze tra la Settimana Santa pre-55 e quella del Messale del 62.
RispondiEliminaè purtroppo in inglese. si può usare google translator eventualmente.
in italiano ci sono diverse risorse ma niente di così sintetico.
A Brief Comparison of the Traditional Roman & Pian Holy Week Ceremonies
https://sensusfidelium.us/a-brief-comparison-of-the-traditional-roman-pian-holy-week-ceremonies/
Se uno crede a Babbo Natale, la Pasqua è buona per le uova di cioccolato e le colombe, mentre dei simpatici coniglietti fanno capolino tra le margherite; qualche mese fa invece si beava di pandori, orsacchiotti bianchi, pacchi dono infiocchettati, con la pancia che si faceva capanna.
RispondiEliminaSe invece si crede a Gesù Bambino, la Pasqua è tempo per contemplare il compiersi della missione per la quale è venuto in questo mondo, a salvare chi vi abita dalla schiavitù del peccato, consegnandosi liberamente alla morte di croce, ma per risorgere il terzo giorno.
Tra parentesi: chi non credesse né a Gesù Bambino né a Babbo Natale, preferendo affidarsi a se stesso, a qualche ideale o istituzione umana, a una filosofia di vita, alle stelle o alla natura, se prova a guardare con disincanto a tutte queste muse ispiratrici, riconoscerà che Babbo Natale non è poi così diverso: infatti gli vanno bene i panettoni a Natale e gli ovetti pasquali, passando per le chiacchiere a carnevale.
Il protagonista negativo della vicenda è un pover’uomo, scelto da Gesù tra i discepoli e incapace di starci, restando al proprio posto.
Nota bene: Gesù l’ha scelto non perché fosse santo, ma perché voleva dimostrare che con lui possono stare proprio tutti, anche i meno bravi. Più volte avrebbe potuto rinfacciargli di essere freddo, sospettoso, bugiardo e perfino ladro, dato che lasciò a lui la cassa.
Non lo fece e non lo mise in cattiva luce con gli altri, anzi…
E’ agli altri che ha mostrato quanto le loro belle intenzioni facessero acqua e che vantarsi bravi o credersi giusti, sfoderare la spada etc etc basta un gallo che canta a sgretolarlo. Eppure il loro amaro pianto è stato differente.
Ma allora Giuda perché se l’è tirato dietro? Fino all’ultimo l’ha chiamato amico, nell’ultima cena ha lavato i piedi anche a lui e pure lui, che già in cuor suo l’aveva tradito, pattuendo il prezzo e organizzando la consegna, ha ricevuto (indegnamente) la prima eucaristia il giovedì santo.
Gesù l’ha fatto perché fino all’ultimo ha provato a dargli una possibilità. Fino in fondo ha cercato di salvarlo. Fino all’ultimo ha mostrato che la sua missione era di salvare, non di condannare. Poi succede quello che sappiamo…
Giuda, dicono certi esperti di misericordia, tanto ferrati in materia da confondere facilmente Babbo Natale con Gesù Bambino, si è pentito. Giuda è in paradiso…
Che cosa vuoi che sia un tradimento come quello... Gesù s’è fatto una Via Crucis, ha versato il proprio sangue a litri, è morto trattato come il peggior assassino…
Ma alla sua mensa mangiano tutti, lui perdona tutti, rigidi, molli e flessibili.
E’ vero: Gesù avrebbe perdonato anche Giuda. SE Giuda fosse andato a chiedergli perdono. Invece Giuda si è suicidato. A Gesù non gli ha proprio creduto: prima gli ha dato fastidio lo spreco di nardo profumato, perché sarebbe stato meglio darlo ai poveri… (che grande filantropo che era Giuda); poi, restituiti i trenta denari che si era guadagnato vendendo il Maestro, non ha creduto al perdono e non ha neanche creduto alla resurrezione, che Gesù aveva preannunciato ai discepoli, dopo la croce. Ma vuoi credere ancora a Gesù Bambino!?
Se Giuda fosse andato a chiederGli perdono, Giuda sarebbe salvo, anche dopo quel che ha fatto. E avrebbe davvero aiutato i poveri, innanzitutto quelli come lui stesso, poveri d’amore e di fede. Invece così, resta una sentenza, di Gesù: “Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!”. E glielo ha sussurrato ancora, solo a lui, con la delicatezza che solo Gesù può avere, ma che purtroppo non tutti sanno accogliere, anche mettendo la mano nello stesso piatto. “Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”.
“Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l’hai detto”.
RispondiEliminaA proposito del proscioglimento del card. Pell
Notazioni di cronaca.
1. Si era opposto alla dissoluzione della famiglia messa in cantiere nel famoso Sinodo
sulla Famiglia
2. Come responsabile dell'economia vaticana pare avesse accertato delle irregolarità
3. Si era opposto pubblicamente e senza peli sulla lingua all'introduzione nel suo Paese
della legislazione progay, "matrimonio" incluso, un paio d'anni fa o giù di lì.
I media australiani hanno addentato ferocemente Pell, per così dire, durante tutta questa vicenda. Vi sono magnati della stampa australiani il cui impero si estende anche all'Europa.
Sembra che adesso, con la crisi provocata dal Coronavirus, siano in grossa difficoltà, centinaia di testate da loro possedute, molte delle quali piccole, dovranno chiudere o stanno già chiudendo.
Quanti virus dovremo ancora vedere andando avanti con l'apostasia?
RispondiEliminaGrazie di cuore Monsignor Viganò. Che conforto, che gioia, di leggere le Sue parole. Santa Pasqua.
RispondiElimina@
RispondiEliminahttps://sensusfidelium.us/a-brief-comparison-of-the-traditional-roman-pian-holy-week-ceremonies/
Non è possibile raggiungere questo sito perché non ha connessione protetta.
provi un altro browser. il sito è sicuro. in alternativa può scaricare a brief comparison of the traditiona roman... a questo link in pdf. deve scorrere gli articoli in inglese e lo trova.
RispondiEliminahttps://www.pre1955holyweek.com/study-of-holy-weekk
Tralcio
RispondiEliminaC'e'chi crede alla Pasqua delle uova di cioccolato e chi alla Pasqua di Gesu' .E poi c"e''il premier Giuseppi che crede che la Pasqua sia il passaggio dal deserto all'Egitto, come ha detto pubblicamente.
È da ricordare l'udienza di Bergoglio con i FFI, dove dice:
RispondiElimina"Ma c’è un’altra cosa che a me fa capire perché il demonio è tanto arrabbiato con tutti voi:
la Madonna. C’è qualcosa che il demonio non tollera… non tollera la Madonna, non tollera e non tollera di più quella parola del vostro nome: “Immacolata”, perché è stata l’unica persona solamente umana nella quale lui ha sempre trovato la porta chiusa, dal primo momento; lui non (la) tollera.
Ma pensate anche il momento che voi vivete adesso come una persecuzione diabolica, pensatela così...”"
È da pensare se quando Bergoglio parla della Madonna, non parli sotto l'influenza del diavolo.
IL PAPA CONFINATO. INTERVISTA A PAPA FRANCESCO - https://www.laciviltacattolica.it/news/il-papa-confinato-intervista-a-papa-francesco/
RispondiEliminaLa quinta domanda riguardava la necessità, in questi mesi, di ripensare il modo di essere della Chiesa: forse una Chiesa più missionaria, più creativa, meno aggrappata alle istituzioni. Stiamo vivendo l’emergenza di una «home Church», di una Chiesa che fa base anche in casa?
Meno aggrappata alle istituzioni? Direi piuttosto agli schemi. Infatti la Chiesa è istituzione. Esiste la tentazione di sognare una Chiesa deistituzionalizzata, per esempio una Chiesa gnostica, senza istituzioni, o soggetta a istituzioni fisse, per proteggersi, ed è una Chiesa pelagiana. A rendere la Chiesa istituzione è lo Spirito Santo. Che non è gnostico né pelagiano. È lui a istituzionalizzare la Chiesa. È una dinamica alternativa e complementare, perché lo Spirito Santo provoca disordine con i carismi, ma in quel disordine crea armonia. Chiesa libera non vuol dire una Chiesa anarchica, perché la libertà è dono di Dio. Chiesa istituzionalizzata vuol dire Chiesa istituzionalizzata dallo Spirito Santo.
San Paolo ci insegna che i doni sono consegnati dallo Spirito Santo per proffito comune. Tra i carismi dello Spirito Santo c'e il carisma di quelli che sono chiamati a governare la Chiesa. Questo governo sembra non esistere più dal Concilio fino ad oggi. La Chiesa di Bergoglio è un mezzo termo tra ciò che chiama Chiesa gnostica e pelagiana, una Chiesa meramente umana...