Non si evita l’errore cadendo in un altro errore. Oltre che da dottrine spirituali solo apparentemente conformi all’ortodossia cattolica, bisogna stare in guardia anche da atteggiamenti tradizionalistici che inducano a separarsi dalla Chiesa, col cuore o con i fatti. In entrambi i casi l’opinione personale e il giudizio privato assurgono a istanze supreme di discernimento che sputano sentenze inappellabili. Diverso è il caso della coscienza retta e ben formata che si pone domande su ciò che osserva e, nella quiete della preghiera, riceve risposte illuminanti, che mirano però a pacificarla interiormente, non a costituirla in un’autorità che non le spetta. Non si comprende perché mai certe persone avvertano un bisogno incoercibile di istituire nella propria testa tribunali speciali incaricati – non si sa da chi – di scovare ovunque eresie e di condannare in modo definitivo chiunque non rientri perfettamente nella loro versione della verità rivelata…
Quei signori, naturalmente, sostengono di difendere non un particolare sistema di pensiero, bensì la dottrina tradizionale tout court. Il fatto è che, dovendo poi fissare un’epoca o una data entro la quale l’insegnamento ecclesiastico sia stato assolutamente sicuro in quanto esente da qualsiasi magagna, essi assumono posizioni tutt’altro che unanimi. Per i più moderati bisognerebbe rifarsi al pontificato di Pio XII; per altri a quello di san Pio X; per i più garantisti, a quello del beato Pio IX… Chi però rimprovera a quest’ultimo di esser stato inizialmente favorevole ai liberali, per stare tranquillo, si arresta a Gregorio XVI. A forza di andare a ritroso, si dovrebbe dubitare anche di san Pietro, che si fece rimbrottare da san Paolo a causa del comportamento tenuto con i cristiani di origine pagana… Ma come mai la Divina Provvidenza, nello scegliere i sommi pontefici, non ha consultato prima questi luminari della storia ecclesiastica, così da evitare le brutte figure e non costringere poi i buoni cattolici a questo faticoso discernimento?
Anche questa, in fondo, è un’anticamera del cattolicesimo à la carte risultante dall’indifferentismo; gli estremi si toccano. L’accanimento critico dei puri e duri, infatti, non si limita a stigmatizzare i papi conciliari, ma sovente passa al setaccio pure quelli del passato, con il gusto malsano di trovare la minima pecca per poi esibirla orgogliosamente come un trofeo di caccia. Ovviamente non intendo affermare che il Papa sia infallibile in tutto, compresi gli atti di governo e le scelte politiche, né che tutto sia sempre andato nel migliore dei modi possibili, specie negli ultimi cinquant’anni. Vorrei soltanto ricordare che il giudizio definitivo sulle persone spetta a Dio. Riguardo agli insegnamenti, dobbiamo sicuramente guardarci da quelli dubbi e attenerci al Magistero perenne, evitando però con cura di arrecare danno alla Chiesa con un’azione ispirata sì da buoni propositi, ma non altrettanto prudente e, in ogni caso, non legittimata dalla posizione occupata all’interno del Corpo Mistico. La fedeltà alle verità della fede si misura anche sui comportamenti, non sulle sole parole.
Una persistente detrazione nei confronti della gerarchia ecclesiastica scredita la Sposa di Cristo agli occhi del mondo, cooperando così alle trame dei suoi nemici. In tal modo può succedere che una propaganda ipercattolica finisca con l’avere un effetto anticattolico, specie a detrimento delle anime semplici, sprovviste delle conoscenze e degli strumenti intellettuali necessari per esercitare il senso critico su ciò che sentono e leggono. Se è certamente doveroso metterle in guardia dalle deviazioni dottrinali, non è indispensabile farlo squalificando sistematicamente la gerarchia, perché ciò mette in questione l’ordinamento divino della Chiesa e può quindi causare un danno peggiore. La cosa più urgente è ribadire l’insegnamento tradizionale mostrandone la perenne validità e turbando le coscienze il meno possibile, visto il livello di confusione già raggiunto, avendo come regola principe la carità e rimanendo ognuno al suo posto, secondo il grado di autorità che detiene.
Non ignoro che certe dichiarazioni del Magistero, anche prima dell’attuale pontificato, contengano affermazioni quanto meno problematiche, ma riconosco altresì di non essere in una posizione che mi autorizzi ad emettere sentenze in proposito, se non in foro interno. L’esercizio pubblico di tale critica, oltre ad essere di scandalo a molte persone sinceramente credenti, spinge inevitabilmente in vicoli ciechi sul piano dottrinale: o si è costretti ad acrobazie intellettuali per giustificare eventuali errori da parte di un papa, o bisogna ammettere le tesi sedevacantiste. Ognuno è libero, invece, di prendere le distanze, nella propria coscienza, da ciò che in modo evidente ripugna alla fede trasmessa. È pur vero che l’eresia richiede un’aperta opposizione, ma questa responsabilità ricade in primis sui successori degli Apostoli, i quali sono incaricati di vegliare ognuno sul gregge affidatogli. Caricare sulle spalle dei fedeli pesi che non tocca a loro portare, come se fossero abbandonati a sé stessi, li conduce al settarismo o alla disperazione.
Il pericolo non è solo quello di ribaltare la costituzione divina della Chiesa, invertendo di fatto – pur difendendolo in teoria – l’ordine stabilito dal Signore, ma anche quello di ridurre la considerazione dell’attuale crisi al piano puramente terreno, tentando di risolverla con mezzi naturali ed escludendo l’azione della Provvidenza. L’attacco portato alla Chiesa militante è talmente profondo e pervasivo che la soluzione eccede ampiamente le capacità umane e richiede un intervento divino. Ciò non sta a significare che dovremmo limitarci ad aspettarlo incrociando le braccia: la passività totale è tipica dello spiritualismo indolente e disincarnato, ma può parimenti rappresentare lo sbocco di un attivismo frenetico rimasto deluso o frustrato. Chi si accanisce nella lotta senza curare adeguatamente la propria vita spirituale, prima o poi, sente venir meno le forze della natura, mentre non si avvale in modo fruttuoso delle risorse della grazia. Chi prega poco o male è destinato a cedere, in un modo o nell’altro, alle insidie dell’avversario.
Può così accadere che uno, estenuato da sforzi prolungati e non ripagati da frutti evidenti, smetta di portare avanti l’impegno assunto, per quanto appaia insignificante, in modo fedele ed efficace, finendo coll’abbandonarsi alla corrente e lasciarsi riassorbire dal dominante modernismo oppure, all’opposto, col separarsi dalla società visibile della Chiesa mediante una disobbedienza aperta ai legittimi Pastori. Come già ho ricordato in passato, non è una questione meramente giuridica, ma altresì un problema spirituale, giacché si rischia di escludersi – sia pure non intenzionalmente, bensì con l’intento di conservare la fede – dalla circolazione di grazia del Corpo Mistico. Il bisogno risultante di giustificare la propria posizione irregolare spinge poi a una critica della gerarchia sempre più accanita e generalizzata, che giunge spesso ad essere ingiusta o esagerata e, in ogni caso, a demolire l’unità della Chiesa terrena, disperdendo i fedeli in mille rivoli e obbedienze, tanto più intransigenti quanto più illegittime e, di conseguenza, prive di autorità reale sulle persone.
Chi vive sotto lo sguardo di Dio sa bene di non potersi nascondere dietro lo stecchino di un sofisma canonico o di una sottigliezza speculativa, cose ben più affini al moderno razionalismo che non alla Tradizione genuina. Ovviamente non mi azzardo a giudicare le coscienze, ma mi limito a prendere atto dei risultati di certe scelte pratiche, che non sono condivisibili né a monte (nelle motivazioni), né a valle (negli effetti). Il cattolico non abbandona la barca di Pietro, nemmeno se ha l’impressione che faccia acqua da tutte le parti e stia per affondare, sapendo per fede che ciò è impossibile e, quindi, non avverrà mai. Egli persevera nel cammino intrapreso nonostante tutto, sicuro che il Salvatore non gli farà mancare in alcun momento l’aiuto sufficiente per non soccombere; altrimenti dimostra di non credere nel potere della grazia, ridotta a puro nome, né di esser disposto a perseguire la santità tendendo alla virtù eroica. Umiliazioni, fatiche e sofferenze non gli saran di certo risparmiate, ma si trasformeranno in pegno di gloria eterna e arma soprannaturale per il rinnovamento della Chiesa.
Nei fatti, paradossalmente, modernismo e tradizionalismo finiscono con il convergere negli stessi difetti: l’intellettualismo e il volontarismo. Chi, scoperto l’inganno modernista, si aggrappa al passato per non cadere nel vuoto, se non ha una robusta vita interiore rischia di sostituire semplicemente un’ideologia con un’altra, senza mai riscoprire l’autentica Tradizione dei Padri e dei Santi, bensì imprigionandosi in rigidi schemi semplificativi in cui incastrare tutta la realtà. Chi invece, per aver corrisposto alla grazia concessagli per mezzo di Maria, rimane inserito nella società visibile senza lacerarla ulteriormente, mantiene la mente aperta alla luce celeste e continua a ricevere puntualmente tutte le grazie attuali di cui ha bisogno, riversandole anche sugli altri. La ribellione, comunque sia targata, conserva la sua natura intrinsecamente cattiva, a prescindere dalle circostanze – a meno che non si voglia dar ragione alla morale della situazione, così affine, del resto, alla casuistica farisaica, che dissolve la legge divina e tanto successo riscontra in certi ambienti, anche qui molto più vicini a quelli modernisti di quanto non sembri…
Separandosi dalla Chiesa gerarchica, si restringe oltretutto il campo d’azione ad una minoranza che ha scelto di isolarsi a proprio esclusivo beneficio, noncurante della sorte di chi rimane fuori dell’eletta cerchia, giudicato responsabile della propria esclusione. Si produce così, a lungo andare, una sottile deformazione mentale che impedisce di riconoscere l’errore e di ripudiarlo prendendo al contempo le distanze dall’aggregazione in odore di setta cui si è data fiducia. Il sistema è ben felice che i dissidenti si rinchiudano da sé in piccoli ghetti frammentati e litigiosi (e per ciò stesso innocui), mentre sa addomesticare le organizzazioni più potenti con finanziamenti ebraici; esso teme invece coloro che rimangono dentro il Corpo con un pensiero non omologato. Certo, a volte è come stare immersi nel liquame di una piaga purulenta, ma la Provvidenza non manca mai di liberare i pii da prove divenute intollerabili e di metterli al riparo dagli empi, disponendo ogni cosa con mirabile tempestività e aprendo tra le maglie del regime varchi insospettabili.
Non commovebitur in aeternum, qui habitat in Ierusalem (Sal 124, 1-2).
“La piena consapevolezza di vivere in un momento storico tanto terribile accresce in padre Florenskij la fermezza interiore a non tradire mai e in nessun modo le proprie convinzioni, ma a viverle e testimoniarle fino in fondo nella libertà, con perfetta persuasione e responsabilità personale: «Questa è un’epoca tanto tremenda che ognuno deve rispondere di se stesso (…) Io ho compreso che è soltanto l’ascolto della voce di Dio che devo seguire».”
RispondiEliminaPassi di Non dimenticatemi, Pavel Florenskij
Quest'articolo accresce di fatto la confusione già imperante. Va bene restare sulla barca, non si capisce se accettando /non accettando le varie idee moderniste che vengono diffuse. Boh, credo che l'unica strada sia quella espressa con chiarezza da padre Florenskij e sopra riportata.
RispondiEliminaQui tutti siamo grandicelli e fin ora le ire funeste qui sono scoppiate e qui son decantate. Non sono le indagini teologiche e/o storiche che ci fanno entrare in superbia. Nessun laico o consacrato furibondo ha fondato una sua chiesuola. Di chiesa ad esempio scrivo solo qui. A domanda esterna rispondo la verità, xy telefona di domenica e riferisce con un certo orgoglio di aver seguito la messa di papa francesco, risposta: ho seguito un'altra messa. Silenzio. Si cambia argomento, tacitamente. E si passa ad altro argomento non divisivo...
RispondiEliminaA questo punto chi si è voluto informare s'è informato; chi ha percepito anche pochissime storture si è dato da fare per capire. Tempo fa un amico ed altri amici, lontani senza interruzione dalla Chiesa dal tempo della loro Cresima mi hanno telefonato segnalandomi Carlo Maria Viganò. Esempio quest'ultimo che il cuore delle persone non è sordo alle parole di verità.
Se dalla chiesa escono stranezze, le persone anche se lontane mille miglia dalla chiesa LO SENTONO E LO CAPISCONO, parimenti se esce e quando esce la Verità.
Questo suo post mi ricorda i parroci che di domenica ai pochi fedeli, che nonostante tutto sono presenti, fanno dell'omelia un'interminabile reprimenda per quelli che a messa non vanno mai.
Tuttavia a me quello che rivolta è l'assenza assoluta della chiesa dai compiti fondanti la sua stessa ragione d'essere, i giovani lasciati allo sbando, alla mercé di tutte le diavolerie mondane; il silenzio davanti alla corruzione del potere; la connivenza col potere.
La vuotaggine della chiesa aggiornata indigna. Oggi poi che bene o male le persone hanno orecchiato un po' di tutte le filosofie, di tutte le pratiche rituali, di tutte le religioni del mondo, presentarsi senza Dottrina e senza Rito creduti e praticati con Amore è il massimo dell'ebetismo.
Giorni fa meditando davanti al Tabernacolo e nel corso di una notte insonne, avvertendo proprio l'attacco di chi vorrebbe strapparmi dallo stare con e nel Signore, ho pensato a quei bambini che ricevono tanti doni ma senza dare i frutti attesi dai genitori.
RispondiEliminaHo così comparato i doni dello Spirito, la grazia dei Sacramenti (anche se da mesi la comunione è solo spirituale), la preghiera e le tante grazie che sperimento quotidianamente, con questo stato d'animo spiritualmente poco carico di frutti.
Mi sono sforzato di riassaporare le parole di Galati 5, non come elenco della spesa, ma entrando nel senso delle parole, una ad una, anche nelle traduzioni latina e greca.
-L'agape, caritas,l’amore con il quale ama Dio, una disposizione d’animo buona, in perdita, che non fa calcoli, amore disinteressato, indipendentemente se ricambiato o meritato; amore di volontà, più che passione o di emozione; amore spirituale.
-Il gioire, con radice in charis, la grazia, più profonda di una banale felicità emotiva e passeggera per qualcosa: è uno “stato” d’animo stabile, che viene da Dio e non dalle circostanze terrene.
-La pace, come shalom, quindi pienezza interiore e non semplicemente un’assenza di conflitto esteriore; è un senso di totalità, di completezza che evita il turbamento dell’anima, non in balia dalle pressioni esterne: il greco eirene (unione) suggerisce fortemente l’ordine, l’insieme al posto del caos e della frammentazione. Gesù è principe della pace. Gli operatori di questa pace saranno chiamati figli di Dio. Gesù saluta dicendo: “Pace a voi”, vi lascio la pace, vi do la mia pace e non è quella del mondo.
...
...
RispondiElimina-La longanimità, atteggiamento di chi potrebbe vendicarsi, ma non lo fa: la pazienza di Dio con l’uomo peccatore. Rimanda al Dio misericordioso nella verità, nella saldezza del proprio essere buono. Clemenza come capacità di sopportare pur potendo fare altro, per scelta, nella forza e non nella costrizione, ben altro che per rassegnazione o impotenza!
-La bontà che Gesù (Mt 11,30) usa per dire dolce il suo gioco. Questa dolcezza/gentilezza/affabilità non è esteriore e falsa, bensì interiore e utile, utilizzabile ed efficace (bontà in atto). Rettitudine di cuore e della vita: è lo stato dell’essere buoni come virtù. Si integra con il frutto successivo dell’elenco, nella logica di chi -pur avendone diritto e ragione- non pretende che gli altri si adattino a lui, ma è capace di abbassarsi a livello in cui può entrare in relazione con gli altri.
-La benevolenza, carattere generale acquisito come comportamento improntato a queste qualità, rendendo grazie a Dio che ci ritiene degni di questa vocazione, frutto dello spirito di ogni giustizia e verità.
-La fedeltà, come convinzione: è il frutto del restare nella confidenza con Dio, quindi una saldezza che diventa affidabilità. Si è onesti in ciò che si è, nei propri doveri, nelle proprie promesse. Si è stabili e si trasmette sicurezza attorno. Dice verità, confidando nelle promesse di Dio e dimostrando di essere degno di fiducia.
-La modestia/mitezza: le sfumature nelle traduzioni greca e latina sono un po’ differenti, se riportate al vocabolo in italiano. E' virtù dell’equilibrio, una disposizione pacata, che non pretende e non impone, non come espressione di debolezza ma di una forza sotto controllo, che riesce ad operare per correggere i difetti governando bene lo spirito e sapendo correggere fraternamente chi sbaglia, sapendo umilmente di poter anche sbagliare. Chi maneggia con modestia il bisturi è un chirurgo capace, che non incide con presunzione.
-Il dominio di sè: frutto abbinato e un po’ sovrapponibile al precedente. Dice fortezza, padronanza di sé e capacità di controllare pensieri ed azioni. In questo modo le virtù (teologali, cardinali e le altre) si aggiungono al progredire della conoscenza, la perseveranza le conferma, la pietà le testimonia, come rafforzandosi e confermandosi vicendevolmente, portando al dominio di tutto ciò che nella carne tenderebbe altrove.
Tutto questo per dire che i frutti dello Spirito sono misurabili in noi e se non ci sono è un problema.
Oggi la Santa Messa ha proposto il passo del vangelo della vite e dei tralci: il tralcio che non porta frutto è destinato al ... riscaldamento globale. Che "caso"...
Concordo con Gabri: certe uscite di don Elia non fanno che accrescere confusione, sono aliene dall'evangelico si si, no no, tanto più che se non accetti esplicitamente le eresie moderniste preti e vescovi ti bastonano sonoramente...
RispondiElimina
RispondiEliminaL'articolo non chiarisce come dovrebbe, denuncia i due atteggiamenti estremi ma in astratto, senza collegarsi a situazioni precise. Si rivolge a tutti e a nessuno.
Il problema attuale qual è? Salvarsi dai due estremi o prendere pubblicamente posizione contro le aberrazioni ormai professate spudoratamente dalla maggior parte della Gerarchia, Papa compreso?
Non ha certamente senso andare a rivedere le bucce di tutti i Papi, sino a prima di Pio IX.
Ma chi è che lo fa, quanti sono? E chi sono? Sembra un bersaglio di comodo, fabbricato apposta dall'autore dell'articolo.
Bisogna invece attenersi fermamente al buon senso e ai fatti: sino a Pio XII incluso non risultano ambiguita' o deviazioni dottrinali nell'insegnamento della Chiesa.
La corruzione della fede e dei costumi è oggi nella Chiesa visibile tale da esigere una presa di posizione pubblica, se non si vuol passare per complici. Non basta rifugiarsi nella devozione privata. Naturalmente, la critica va fatta nel modo dovuto, rispettando le persone e senza assumere atteggiamenti sbagliati, che porterebbero al sedevacantismo o all'apostasia.
Ma il problema vitale è ad esempio l'apertura di un dibattito sul Concilio all'interno della Chiesa, non il prevalere degli estremismi di gruppetti di cattolici troppo zelanti.
La citazione di Florenskij vale sino ad un certo punto: egli scriveva nel bel mezzo della Rivoluzione Russa, quando l'esistenza stessa dell'istituzione religiosa era venuta meno, sotto la persecuzione, ognuno era abbandonato a se stesso, con la morte violenta davanti agli occhi.
T.
Condivido il senso generale dei commenti precedenti, critici verso i contenuti dell'articolo. In particolare, concordo con quanto scritto dall'anonimo delle 14:02.
RispondiEliminaPur non abbandonando la Chiesa cattolica, si sarà comunque liberi di pensare che oggi tale Chiesa è occupata da un clero che, in larga parte, opera di fatto per mutare geneticamente l'Istituzione fondata da Gesù Cristo? E che, per ciò stesso, è orientata verso l'apostasia? Oppure anche questo dispiace a don Elia?
"nella loro versione della verità rivelata" : NE ESISTE SOLO UNA, DON ELIA: IL DOGMA (tutto ciò che gli si oppone è eresia, anche se viene da un BIANCOVESTITO).
RispondiElimina"L’accanimento critico dei puri e duri": frase pessima: il voler difendere la Fede è diventato un accanimento?
Se è così è un SANTO accanimento da ricercare con tutte le proprie forze!
La ribellione sarebbe intrinsecamente cattiva? Solo quella agli ordini legittimi.
Intrinsecamente cattiva è la FALSA OBBEDIENZA!
Sarebbe meglio evitare di bastonare chi cerca soltanto di difendere la Fede: è ingiusto e inopportuno...ed inoltre un tale malvagio bastone è destinato a spezzarsi e a cadere nel fango!
È vero che non bisogna trincerarsi dietro le armi dell'ideologia anche in ambito tradizionale in quanto se si resterà delusi da certe esperienze personali si finirà con l'abbandonarla! Don Elia giustamente cita la perseveranza nella fede e nella crescita interiore spirituale come scudo contro il modernismo e l'apostasia e l'affidamento alla Divina Provvidenza per essere ricolmati di grazie spirituali in tempo di persecuzione.
RispondiEliminaNon concordo però sulla visione dello spirito di ribellione che viene menzionato in maniera deleteria. Se esso non sconfina nell'amor proprio e in superbia, la santa ira diventa cosa giusta e doverosa per rendere testimonianza a Dio.
Il guaio è che il devoto medio resta pavido, passivo ed ammorbato da ogni scempiaggine propinata da quel clero apostata che occupa la Santa Sede. Magari fossimo tutte anime vittime per la Gerusalemme celeste anche se in ogni epoca storica la Chiesa ha avuto bisogno non solo di contemplativi ma anche di santi guerrieri!
Io ringrazio, invece, Don Elia che ha voluto avvertirci di un pericolo in cui possiamo cadere anche in buona fede: allontanarci " col cuore e nei fatti...."Mi ha fatto riflettere e mi accorgo che " con il cuore" mi sto allontanando dalla barca proprio per quei giusti motivi che tutti avete segnalato e che faccio miei. È uno scritto che mi porta a riflettere e a vedere in me sprazzi di superbia, orgoglio e ira..Grazie Don Elia io non so chi lei sia, ma certamente strumento di Dio per questi nostri tempi così bui e tempestosi
RispondiElimina@ Anonimo 13:58: grazie della sua testimonianza, che rende giustizia a chi si spende per la difesa della Verità, dedicandovi tempo, ricerche faticose e tanto zelo (sì perché ci vuole anche quello, di questi tempi apocalittici, con una gerarchia votata al Male...). Ci si aspwtterebbero incoraggiamenti, e invece arrivano reprimende, ma non scoraggiamoci, guardiamo sempre avanti.
RispondiEliminaA don Elia risponderei con le parole di Francesco Lamendola (un nome, una garanzia): "Ebbene, non s’illudano: noi non ce andremo mai, sono loro che devono uscire. Che siano coerenti e che fondino la loro chiesa protestante"
RispondiEliminahttp://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/le-grandi-menzogne-editoriali/7119-arrendersi-all-apostata (28 dic 2018)
Chiaro però che il rimanere dentro non deve essere da persone inermi, indifese di fronte all'assalto diabolico di una gerarchia che non ha più nemmeno il pudore di ammantare di una patina di verità le enormi eresie che pronuncia un giorno sì e l'altro pure, e parlo di tutta la gerarchia, ovviamente, incluso il biancovestito. Resistere e combattere, questo il dovere dell'ora presente, incoraggiando i tiepidi e gli indecisi a uscire allo scoperto e ad unirsi alle forze del Bene, sicuri che i collaboratori del Male saranno sconfitti, e definitivamente, qualche che sia il loro potere e grado nella società civile o in quella religiosa. Questo perché da Lassù Qualcuno verrà a metter fine alle loro malvagie opere, e stavolta non sarà soltanto con una sferza fatta di cordicelle, ben altri saranno le sferzate loro riservate.
Una cosa è avvertire del pericolo, che c'è (nell'Atto di Fede delle mie preghiera quotidiane, uso un libello datato 1882, al termine si recita:"finalmente credo in tutte le altre verità che si credono nella Santa Chiesa Cattolica Romana, nella quale protesto di voler vivere e morire"), una cosa parlare di Pontefici scelti dalla Divina Provvidenza: chi aveva scelto nel 1958 la Divina Provvidenza il Cardinale Siri o, dopo le minacce ricevute, Angelo Roncalli? Per dirne solo una, ed evitando di approfondire il conclave del 2013.
RispondiEliminaConcordo in pieno con l'anonimo delle 15:38.
Troppi atti,fatti e parole sono manifestamente eretici.
La barca di Pietro non affonderà, articulum fidei, ma sotto l'infuriare della tempesta procede senza timone e imbarca acqua da tutte le parti.
Verrà il sereno e la quiete dopo la tempesta, ma mentre il Signore dormiva, gli apostoli stavano combattendo per tenerla a galla.
Se anche un angelo venisse ad annunciare un Vangelo diverso, sia anatema.
Attenzione:
RispondiEliminaè sedevacantista anche chi non celebra "una cum" e (piaccia o no) lo è anche se non ammette di esserlo.
Come lo è pure chi celebra "una cum" con un ex-papa.
A me l'articolo di Don Elia sembra piuttosto chiaro. Quanto a: Sembra un bersaglio di comodo, fabbricato apposta dall'autore dell'articolo, basta girare un po' sui social e si capisce che non è affatto un bersaglio di comodo. C'è un caos immenso. Si può essere più o meno d'accordo su dove porre i paletti, ma occorre fare molta attenzione.
RispondiEliminaGrazie, mons. Lefebvre, e che Dio ci conservi i sacerdoti della Fraternità.
RispondiEliminaMagnifica e articolata riflessione , da leggere con pacatezza , davanti al Crocefisso o davanti al Tabernacolo , per un approfondito esame di coscienza . Lettera di un Pastore che ha a cuore il bene delle anime .
RispondiEliminaSe anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità,
sarei un bronzo risonante o un cembalo che tintinna.
Se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sarei nulla.
Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri,
se dessi il mio corpo per essere arso,
e non avessi la carità,
non mi gioverebbe a nulla.
La carità è paziente,
è benigna la carità;
la carità non invidia, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
ma si compiace della verità;
tutto tollera, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.
La carità non verrà mai meno.
Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà;
conosciamo infatti imperfettamente,
e imperfettamente profetizziamo;
ma quando verrà la perfezione, sparirà ciò che è imperfetto.
Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Da quando sono diventato uomo,
ho smesso le cose da bambino.
Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro;
ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente,
come perfettamente sono conosciuto.
Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.
"Diverso è il caso della coscienza retta e ben formata che si pone domande su ciò che osserva e, nella quiete della preghiera, riceve risposte illuminanti, che mirano però a pacificarla interiormente, non a costituirla in un’autorità che non le spetta."
La barca di Pietro è in fondo al mare. Non so se viene siete accorti...
RispondiEliminaMi associo all'intervento di Fabrizio.
RispondiEliminaIl maggior pericolo di chi è davvero nel giusto è quello di ragionare vantandosi nel giusto.
Inoltre, di farlo disprezzando chi non è come si vanta d'essere lui.
Tra i pubblicani ci sono anche quelli pentiti, che restano in fondo al tempio.
I farisei li trattano tali e quali agli altri, ringraziando Dio di non essere come loro.
Tutto un modo di fare poco apprezzato da Gesù, venuto per i malati e non per i sani.
L'articolo di Don Elia mette in guardia il mondo che resiste al dilagare dell'errore, perchè non commetta l'errore di farsi preda del nemico che contrastassero disprezzando anche le vittime del nemico, scambiate per carnefici o truppa nemica.
Il nemico è abile a mescolare le carte, perciò umiltà e prudenza sono molto necessarie.
Siamo nel mezzo di una lotta spirituale ed è bene cercare di fruttificare spiritualmente.
RispondiEliminaDon Elia continua a spendersi perché i fedeli mantengano l'umiltà e la prudenza indispensabili ad un cattolico.
E fa bene.
Però sulla necessità di impugnare le giuste armi spirituali contro la devastante crisi della Chiesa, provocata dai vertici, dai pastori indegni, dai teologi senza fede e manifestamente eretici, non è che si spenda molto.
Anzi, ha fatto in passato solo qualche accenno a denti stretti.
Sembra che la sua preoccupazione non sia tanto quella di combattere l'errore ormai installatosi apertamente nei Sacri Palazzi, e non da oggi, bensì quella di non darsi troppo da fare nell'impegnarsi a combattere, per non correre il rischio di diventare superbi e arroganti, come certi individui o gruppetti di accesi zeloti, che imperverserebbero su internet.
Se quest'impressione è esatta, allora, possiamo chiederci: che cosa distingue gli interventi di Don Elia da quelli dei c.d. "normalizzatori"?
Stiamo ad assistere ai lazzi e sputi e schiaffi a Ns.Signore, un sacerdote ha persino consacrato coi guanti, arrivato con guanti azzurri fosforescenti, entrato, celebrato ed uscito cogli stessi guanti, alla faccia di quale logica non si sa... poi il lavaggio delle mani sfregate per 5 minuti anzi della genuflessione, che poi non va di moda, si entra e cis siede di botto, anzi pure dle segno di Croce che così sievita del tutto..... omelie tragiche, comiche se uno avesse voglia di ridere mentre denigrano Gesù Cristo.... i sacerdoti, quale che sia quello di turno, dopo aver consacrato, va a sfregarsi le mani bellamente pure lui, si vede che Cristo è l'untore per lui--manco dirglielo serve-- ma silenzio dobbiamo fare, noi laici non siamo autorizzati a parlare o ragionare...Mi piace molto padre Florenskii... anch'io la penso così... le ho dette e cantate ma se ne fregano alla grande...adesso pregherò per un bel castigo per condurli a miti consigli evangelici.. che poi qui non ci sia la rivoluzione russa è vero, infatti è quella italiana con tanto di hitler e stalin e dittatori riuniti... progetto di covid impianto intelligenza artificiale signori e signore ma mi raccomando fate silenzio.... ma il silenzio non è assenso?...che ognuno giudichi in foro interno in sincerità di cuore, io di giudicar in questo caos non me la sento... ma spero in mons.Viganò ....ha parlato di Katecon a fine luglio. E non parla a vanvera lui.
RispondiEliminaNon è stato mons. Viganò a parlare di katecon per la fine di luglio, ma il prof. Radaelli. Non metterei le mie speranze su parole umane, per di più espresse senza la dovuta ponderatezza.
RispondiEliminaIn generale ammiro i testi di D. Elia, ma questo testo, mentre affronta seri problemi e porta posizionamenti che condivido, porta anche altri che non posso essere d'accordo nè condividere. Infatti, come ha scritto il proprio D. Elia, non si evita l’errore cadendo in un altro errore, così al parlare di tradizionalismo non se può considerarlo come fosse un solo. Questo è un'errore dell'analizze, perchè presenta una forma di tradizionalismo sbagliata e riduce tutto a questa forma. Questo è in sè lo stesso schema semplificativo in cui se incastra tutta la realtà che se accusa gli altri di praticare. Mons. Lefebvre è considerato un tradizionalista e lui sta troppo lontano da ciò che è affermato nel testo sul tradizionalismo.
RispondiEliminaIn effetti, il cattolicesimo descritto e una antecamera del cattolicesimo à la carte, ma non è il risultato dell'indifferentismo, ma dell'attuale situazione della Chiesa. Chi è indifferente non prendi posizione, non se importa con niente. Se vede che quelli che sono stati criticati veramente sbagliano ma di infifferentismo non se può acusargli perchè studiano e prendono delle posizioni. Però, questo sono una minoranza e il problema della loro posizione è il problema di tutti l'altre all'interno della Chiesa: il libero esame. Se questo è evidente in maggiore o minore misura in ogni posizione della Chiesa questo è perchè l'autorità della Chiesa non compie la sua missione. È come stato scritto: "Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge" Mt 26,31.
Per situazioni come questa che stiamo affrontando, abbiamo il Commonitorium de San Vincenzo da Lerino, è stato lui a stabilire il ricorso all'antichita e all'universalità per mantenere la fede contro gli errori e le novità. Questa regola è insegnata da lui ad ogni cristiani per la sua applicazioni concreta. Questo non esclude l'autentico riscoprimento dell'autentica Tradizione dei Santi Padri, dei Santi e anche della scolastica e del neotomismo. Infatti è stato il disprezzo dalla scolatista e del tomismo che hanno portato la Chiesa alla situazione attuale. Però, non è novità per nessuno che a D. Elia non piace il neotomismo (anche se promosso da Leone XIII a Pio XII). Qualcuno può prendere qualunque movimento ecclesiastico oggi e fare la stessa analizze presentata nel testo. Il problema principale, il libero esame, non viene affrontato. Quando l'autorità se omitte di compiere la sua missione quello che resta ad ognuno è il suo giudizio personale. Questo sta sotto l'influenza di fattori come la personalità, la formazione e il temperamento. Quindi, non se può aspettare di tutti lo stesso atteggiamento. Come non se può prendere quelli che fanno un uso cattivo del proprio giudizio personale come se non avesse quelli che l'usano bene e presentare la propria posizione personale come l'unica vera.
Veramente "una persistente detrazione nei confronti della gerarchia ecclesiastica scredita la Sposa di Cristo agli occhi del mondo, cooperando così alle trame dei suoi nemici". Però, come ho detto prima, questi di che lui ha parlato nel testo sono una minoranza e non possono screditare la Sposa di Cristo più che la propria autorità che chiede perdono dal passato dalla Chiesa, fa degli incontri d'Assisi, celebra i 500 anni della riforma ecc. La sola ripetizione dell'insegnamento tradizionale, come è propposto nel testo, non è abbastanza per il momento presente. In questo caso, abbiamo il tocco degli estremi, perché Giovanni XXIII afferma esattamente nel discorso di apertura del Concilio che la Chiesa preferisce solo mostrare la validità della sua dottrina. Quello che è proposto nel testo è l'appliccazione della misericordia all'errori e agli erranti per motivi distinti che sono compreensibile ma che se può dubbitare se sia giusto. Se può dubbitare perchè il caso è analogo al caso degli scandali di pedofilia. È giusto appliccare a questi problemi una "politica" simile a quella applicata nei casi di abusi sessuali?
Tempi di Maria
RispondiEliminaieri in risposta ad un commentatore :
Questo articolo è profondo e veritiero, perché ho contezza anche io stesso di questi pericoli denunciati dal sacerdote
Occorre seguire Cristo nella Verità, questo è rimanere nella Chiesa e se questo significa ricevere condanne, scomuniche etc. occorre sapersi caricare del gravoso peso in Cristo, con Cristo e per Cristo ... e andare avanti ... s. Atanasio non ha fatto dietro front dinanzi alla scomunica ....
RispondiEliminaDISCORSO 358
RispondiEliminaLA PACE E LA CARITÀ.
http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_521_testo.htm
Stimo molto don Elia e gli voglio bene, rammaricandomi delle recenti occasioni in cui non sono riuscita a partecipare ad incontri ai quali mi ero preparata con gioia e trepidazione.
RispondiEliminaQuando leggo i suoi scritti, cerco di far tesoro di quello che mi suscitano e apprezzo tutte le riflessioni che mettono in guardia dalla possibilità di cadere in un criticismo velleitario piuttosto che in una denuncia ed una riflessione che partono dal cuore e dal profondo dolore per la situazione in cui si trova la Chiesa visibile che è quella che sta minacciando la salus animarum di questa generazione e non sappiamo di quante altre.
Accolgo sempre le esortazioni e gli inviti alla preghiera e alla buona battaglia personale, senza la quale non faremmo altro che illuderci di "rimanere" nel Signore. Ma quando sembra affermare che basti la riaffermazione della verità perché "una persistente detrazione nei confronti della gerarchia ecclesiastica scredita la Sposa di Cristo agli occhi del mondo, cooperando così alle trame dei suoi nemici", mi sembra che cada nella renitenza che anni fa rimproveravo a mons. Livi che solo negli ultimi anni ha criticato esplicitamente il concilio e i suoi frutti nefasti.
Per quanto mi riguarda spero di avere presto l'occasione di verificare il tutto attraverso la grazia di una buona confessione.
Comprendo la sua posizione personale e penso si debba pregare molto per lui e per i sacerdoti che oggi tengono il fronte con tanta dolorosa precarietà.
Concordo con chi trova che i suoi sferzanti riferimenti, pur riguardando comportamenti in cui può cadere ogni coscienza non illuminata da una fede retta, dovrebbero colpire un bersaglio esplicito perché poi rischiano di indurre alla conclusione di una indifferenziata desistenza da ogni impegno pubblico.
Per il resto ci aggiorniamo appena riesco a scrivere più a lungo.
Anche riaffermare la verità senza chiamare l'errore col suo nome è una sorta di frutto del concilio. Anche perché, se non si riconosce l'errore, è più facile cascarci... È lo stesso problema che si poneva anni fa di fronte a pastori come Livi e laici molto prudenti che hanno sempre considerato 'scomodi' gli interventi espliciti che per la riaffermazione della verità partivano (come partono ora) dall'identificare e denunciare l'errore corrispondente, da cui è opportuno anche mettere in guardia oltre a neutralizzarlo secondo il magistero perenne.
RispondiEliminaA ben riflettere, il comportamento suggerito da don Elia vale nel quotidiano, se siamo chiamati a dare la nostra testimonianza diretta. Ci sono interlocutori che di fronte alla condanna dell'errore si irrigidirebbero e invece potrebbero giovarsi della semplice chiara e serena riaffermazione della verità...
RispondiEliminaKiakiar
RispondiElimina10 ore fa
Un po' di chiarezza su questo argomento si potrebbe fare anche leggendo come i Padri della Chiesa , in particolare Cipriano e Agostino si siano sempre battuti in difesa dell' unità della Chiesa, polemizzando contro eretici e scismatici. Un movimento eretico che ad oggi sembra riaffiorare con nuovi sostenitori e simpatizzanti fu quello del Donatismo. Non si vince l'empietà alzando i toni e la voce, con la ribellione alla comunione ecclesiale mascherata dalle migliori intenzioni. Si ricordi che Gesù , pur essendo Dio, ha obbedito sempre, Gesù si è lasciato tradire e baciare da Giuda e, fino all' ultimo, non lo ha destituito dal ruolo di seguace, non lo ha escluso dall'ultima cena , non lo ha privato della Santa Comunione seppur sacrilega . Ha scelto di sottostante a ingiuste accuse delle autorita' religiose dell' epoca, ai maltrattanenti dei carnefici, si è fatto obbediente fino alla morte, dice san Paolo, e imparò l' obbedienza da quello che pati . Non è con la rivalsa contro le ingiurie ricevute che vinceremo , ma con il paziente martirio a imitazione di Cristo. Tutta la santità consiste nell'imitare il Signore, senza i" però" e i " ma " di chi afferma che con Bergoglio al soglio pontificio oggigiorno tutto cambia e siamo autorizzati a ledere l'unita del Corpo Mistico di Cristo. Per vincere il lupi bisogna diventare agnelli, diceva san Giovanni Crisostomo. Non è con le belle parole che si segue Cristo diventando raffinati oratori , ma con l' amore fattivo, concreto, con la dolcezza , la mitezza e la docilità degl'agnellini, pronti , se necessario, al sacrificio ultimo. Ma se non si è capaci di sacrificare e mettere da parte un po' di orgoglio, come qualche scismatico oggigiorno sta dimostrando di fare, come è possibile seguire l' Umile e l'Obbediente per eccellenza , ed essere pronti a dare la vita per Lui, e la Sua Mistica Sposa? Ma le mie parole sono un niente...Leggete per cortesia quelle dei santi prima di approvare e seguire chi ha scelto di vivere nell' errore travestendolo da unica e possibile verità a cui aggrapparsi con tutte le forze per non smarrirsi nelle insidiose acque di una silenziosa apostasia.
E poi, caso per caso, il vigile orante discernimento può suggerire il comportamento più adeguato.
RispondiElimina
RispondiEliminaCosa pensa Don Elia delle critiche di mons. Viganò e mons. Schneider al Concilio?
Sono giuste e opportune, secondo lui?
Grazie.
T.
chi afferma che con Bergoglio al soglio pontificio oggigiorno tutto cambia e siamo autorizzati a ledere l'unita del Corpo Mistico di Cristo.
RispondiEliminaMa l'unità del Corpo Mistico di Cristo Signore non sarebbe lesa se obbedissimo alle parole e agli atti blasfemi di Bergoglio o li lasciassimo diffondersi senza dir nulla?
Attenzione ai fraintendimenti. L'unità non è lesa sa chi rimane nella Verità, salvo che deve affermarla con l'essere e agire nella Carità...
Cautela sempre. Ma anche discernimento ..
1Corinzi 12,12-27
RispondiElimina12 Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. 13 E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. 14 Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra. 15 Se il piede dicesse: «Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo. 16 E se l'orecchio dicesse: «Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo. 17 Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? 18 Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. 19 Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20 Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21 Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». 22 Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; 23 e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, 24 mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, 25 perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. 26 Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. 27 Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
“Qual è l’atteggiamento peggiore che si può avere nei confronti di Gesù Cristo e del suo Vangelo? Quello di rifiutarlo, disprezzarlo, insultarlo? No. Quello di deriderlo, compatirlo, sbeffeggiarlo? Neppure. Quello di odiarlo, sfidarlo, maledirlo? No, non è nemmeno questo. Certo, è un atteggiamento molto, molto brutto; ma non è il peggiore possibile. Il peggiore è quello che allontana le anime da Lui, ma senza che esse se ne accorgano … su tutto ha seminato volutamente confusione … con quel sorriso di finta innocenza e naturalezza che fa venire i brividi, perché gli occhi restano fermi, duri e freddi come quelli di un rettile, solo la bocca ride, e lo fa scompostamente, stirando i muscoli della faccia e trasformando quel riso in un ghigno, quella faccia in una maschera mostruosa, … è difficile non vedere come costui giochi abitualmente sul filo della più calcolata malizia, anche linguistica, oltre che concettuale … siamo proprio nella deliberata falsificazione del Vangelo, … è stato predetto che sarebbe venuto chi, fingendo di annunciare l’autentico Vangelo, ne introdurrà un altro, che non viene di certo da Gesù Cristo, ma dal suo Nemico”.
RispondiEliminahttp://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/la-contro-chiesa/9318-chi-e-davvero-bergoglio
Niente da aggiungere ad un siffatto ritratto di Bergoglio, quanto a dargli ascolto o addirittura a seguirlo nelle sue quotidiane farneticazioni, è cosa che non sta né in Cielo né in terra.
Il commento delle 10:38 è il classico commento fuorviante pieno di luoghi comuni, equivoci e falsificazioni.
RispondiElimina1. Il Donatismo viene ossessivamente citato a sproposito. È stato condannato quale eresia non perché usasse toni duri, ma perché negava la possibilità di pentimento e accoglienza per chi aveva tradito, i "lapsi". È evidente che non c'entra niente con quanto stiamo dicendo.
2. La "mitezza e la docilità degli agnellini" è un equivoco o una falsificazione. Tutti i grandi santi che hanno parlato di mitezza lo hanno fatto nei confronti dei singoli peccatori; ma sono stati sempre molto duri e severi con gli eretici che mettono a rischio le anime degli altri. Qui non stiamo parlando genericamente della correzione del peccatore, ma della correzione degli *eretici* che sono ormai infiltrati ovunque e fuori controllo. San Paolo parla di "anatema" e addirittura di "lasciare nelle mani del demonio" l'eretico; San Francesco di Sales, che nella Filotea riempie decine di pagine sulla dolcezza da tenere nei confronti dei peccatori, però scrive (capitolo XXIX - La maldicenza):
Faccio eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno screditati il più
possibile: ad esempio, le sette eretiche e scismatiche con i loro capi. E’ carità gridare al lupo quando
si nasconde tra le pecore, non importa dove.
Dire che la Chiesa ha sempre agito con dolcezza nei confronti degli eretici è falsificare la storia. Lo schiaffo di San Nicola ad Ario è quasi certamente un episodio inventato o amplificato dalla tradizione popolare, ma evidentemente rappresenta un modo di agire che veniva indicato come modello. E guarda caso finché ha tenuto quel modo di agire la civiltà ha retto.
La durezza che va usata in certi casi nulla ha a che fare con il giudizio temerario, o l'abuso di giudizi emessi in pubblico, o la superbia farisaica che sono ciò che dobbiamo evitare.
Francamente questa continua mistificazione (vedasi nota sotto *) del concetto di "mitezza" mi pare la giustificazione di una Chiesa svirilizzata e femminizzata, piena di gente che confonde il cristianesimo con il galateo o s'aggrappa a scuse per giustificare la propria mancanza di coraggio.
3. Della Passione di Cristo s'è già parlato più volte. L'argomento è pertinente, la Chiesa ne sta subendo un'imitazione, ma la Storia non si ripete. Il Sacrificio c'è stato, così come la Pentecoste e tutto il Magistero successivo. Se siamo costretti a subire nostro malgrado, non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo subire e basta.
(*) Mi pare pertinente con la discussione questa eccellente catechesi di Don Ricotta:
https://www.youtube.com/watch?v=g5Sn2EyH8Ts
Affronta al minuto 7:00 la questione della mitezza. Da 1 Pietro 3,15-16:
“Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto”.
Notare che la frase intera è:
Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, 16 con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. 17 È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male.
che già da' un tono diverso. Don Ricotta fa presente che l'originale latino è:
”Sed cum modestia, et timore"
che interpreta come: senza presunzione, senza fare i maestri di teologia; e con il timor di Dio. Che non ha niente a che fare con "dolcezza e rispetto".
A riprova di quanto ho scritto, ricordo che san José Sánchez del Rio - parliamo di meno di cent'anni fa - fu un combattente: quando lo stato messicano, guidato dai massoni, iniziò la persecuzione nei confronti dei cristiani, quelli non se ne rimasero come gli agnellini, ma presero le armi e si organizzarono militarmente.
RispondiEliminaPerfettamente d'accordo con Fabrizio Giudici
RispondiEliminaGesù non usò dolcezza per scacciare i mercanti dal tempio e gli eretici sono MOLTO peggiori di loro.
RispondiEliminaGli eretici vanno denunciati e combattuti senza se e senza ma...e senza false prudenze che fanno il gioco del nemico.
Lo scisma non è la cosa peggiore e la Chiesa non ha accontentato né Lutero né Enrico Ottavo per evitare lo scisma.
Chi insegna cose contrarie al dogma è eretico (e quindi anche scismatico) e se ad insegnare eresie è un biancovestito si è in presenza di scisma capitale.
Se un successore di Pietro salta fuori dalla barca non ci è lecito seguirlo: si deve prende atto che si è separato dalla Chiesa Cattolica.
Ma dice molto bene Giudici che l'articolo di Don Elia sembra piuttosto chiaro e, che quanto a sembrare che cercasse un bersaglio di comodo, fabbricato apposta dall'autore dell'articolo, non si può non rilevare che c'è un caos immenso, per cui si potrà essere più o meno d'accordo su dove porre i paletti, ma occorrerà fare molta attenzione. Si deve riconsiderare serenamente, accordandosi, dove infine fissarli questi paletti, perché i luoghi comuni che hanno imperato sinora non soddisfano, e presiedono appunto alla perdurante confusione. E occorrerà però dunque fissarli non per il gusto di allargare il campo delle censure critiche, ma anzi per focalizzarle in modo più corretto, smettendo di infierire su quei soliti soggetti e dimensioni che alla fine non siano essi stessi se non vittime, sintomi ed effetti di quelle che furono le loro reali cause. Viene il momento in cui diventa proficua quella saggia mitezza e umiltà che permetta, se è il caso, di rivedere tutti certe posizioni di rendita che si davano per scontate e che sono servite per compattarsi contro bersagli facilmente individuabili, ma, che a un certo punto cominciano a rivelarsi infine ottundenti e poi anzi inadeguate per andare alla radice delle cose.
RispondiElimina"Cosa pensa Don Elia delle critiche di mons. Viganò e mons. Schneider al Concilio?
RispondiEliminaSono giuste e opportune, secondo lui?
Grazie.
T."
Me è venuta in testa la stessa domanda. Allora se il Papa chiede ai Monsignori il silenzio, sarebbe legitimo tacere in nome di una legittima obbedienza (che ha distrutto i FFI)?
Quoto:
RispondiEliminaViene il momento in cui diventa proficua quella saggia mitezza e umiltà che permetta, se è il caso, di rivedere tutti certe posizioni di rendita che si davano per scontate e che sono servite per compattarsi contro bersagli facilmente individuabili, ma, che a un certo punto cominciano a rivelarsi infine ottundenti e poi anzi inadeguate per andare alla radice delle cose.
Sono d'accordo; sull'"accordarsi dove fissare i paletti" però la vedo dura, molto dura. In latitanza dell'Autorità Superiore le truppe marciano per conto proprio.
RispondiEliminaNon si evita l'errore cadendo in un altro errore.
RispondiEliminaQuale sarebbe l'errore che si vorrebbe evitare?
Qui si parla degli errori in cui alcuni cadono, ma si evita di parlare degli errori dai quali si cerca di rifuggire.
Quali sono, allora, gli errori della Chiesa di oggi?
@ Anonimo 02:30: si evita di parlare degli errori dai quali si cerca di fuggire; vero, è depistaggio il criminalizzare chi critica duramente il clero modernista, Bergoglio in primis, definendolo scismatico. Così si distoglie l'attenzione del pubblico dal vero problema: eresia, apostasia, perversione sessuale, paganesimo idolatra, satanismo, fiancheggiamento del NWO da parte del clero traditore. Una manovra sporca, a mio avviso, da normalizzatori...
RispondiEliminaQuando si schiera l'artiglieria pesante (Divina Provvidenza, Corpo Mistico) significa che la situazione non è rosea.
RispondiEliminaUn calo drastico dell'8 per 1000?
Certi richiami alla modestia e all'umiltà in ambiente cattolico osservante mi mettono in allarme. Mi suscitano tristi ricordi di scuola
RispondiEliminaHai preso un bel voto? Si, ma devi essere umile.
Vuoi pensare con la tua testa? Sì, ma ricordati la modestia.
Hai un bell'aspetto? Non è merito tuo. Ecc.
È così che si perde la fede, ma io non la perdetti.
Se ora possiamo essere accusati di essere superbi reazionari ed estetizzanti, la colpa di chi è?
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIo apprezzo l'articolo di Don Elia e credo che un sereno esame di coscienza porti ciascuno di noi
RispondiEliminaa discernere bene quando ha commesso uno di quegli errori dai quali ci mette in guardia Don Elia, da buon pastore quale egli è.
A me è capitato di commettere quegli
La carenza dell'articolo, forse, associandomi a quelle simili già segnalate, è che la difficoltà estrema in cui ci troviamo richiedeva un conforto maggiore e un'indicazione un più precisa da parte di Don Elia.
La risposta di Don Elia è, in sostanza, di non farci carico del compito di condannare le eresie perché non è compito del fedele, che la combatte solo con la testimonianza di una fede vissuta.
Ma le eresie vengono dai pastori stessi, sin dal vertice, per effetto di un Concilio che ha avvelenato le radici dell'insegnamento. Avvelenamento di cui la massa dei fedeli, per motivi vari, non conosce nemmeno l'esistenza, o la nega in modo anche aggressivo.
Quindi ci troviamo in situazioni in cui non si tratta di condannare le eresie come se fossimo alti membri del clero, ma di testimoniare la nostra fede vissuta ANCHE prendendo chiaramente le distanze da quei falsi insegnamenti, quando le situazioni lo richiedono.
Senza giudicare in modo inappellabile chi le pronuncia, come ammonisce giustamente Don Elia ribadendo l'insegnamento del Signore Gesu, ma per avvertire gli sprovveduti, ormai convinti della assoluta bontà di quell'insegnamento, frutto di una Chiesa che ha ritrovato se stessa con il CVII e con Francesco.
Lo scopo è solo perché di dargli almeno uno stimolo a riflettere sul fatto che i fondamenti della Fede di sempre contrastano con quegli insegnamenti modernisti, molto comodi e alla moda.
Ci si trova in queste situazioni, talvolta, con amici e parenti, perché, purtroppo, siamo stati abbandonati dai pastori.
E sono proprio questi pastori che "sputano sentenze di condanna inappellabili" nei confronti di chi segue il Magistero di sempre, a partire dal papa, che ci considera come 'gente che ha nella testa qualcosa che non va'.
Ed è qui che, come avverte Don Elia, dobbiamo stare attenti a non ripagare con la stessa moneta coloro con i quali abbiamo a che fare o le gerarchie che propagano quei falsi insegnamenti, per non cadere nella trappola della rabbia e dell'orgoglio ferito e non cadere nel terreno scelto dall'astuto nemico.
Perche è in questo frangente della nostra testimonianza di fede emergono i nostri limiti e possiamo cadere nella tentazione di ritenerci migliori di un sacerdote solo perché seguiamo il Magistero perenne e il rito antico: ci manca la formazione, ci manca l'esperienza e ci manca il carisma del sacerdote, anche infedele.
Maria Mic, sul punto, osserva giustamente:
"...Ci sono interlocutori che di fronte alla condanna dell'errore si irrigidirebbero e invece potrebbero giovarsi della semplice chiara e serena riaffermazione della verità..."
Verissimo! Lo confermo per esperienza.
Ma non avendo la formazione e l'esperienza, possiamo far danni.
Quindi è d'obbligo, per noi fedeli, la massima umiltà e prudenza, la massima misurazione delle parole e dei modi, il massimo equilibrio tra testimonianza caritatevole e chiusura in sé stessi, tra coraggio e viltà.
Ed ecco perché Don Elia in sostanza ha ragione: solo mettendo in pratica, col massimo sforzo, quell'insegnamento tradito dai pastori che possiamo avere l'aiuto dall'alto per fare questo, essendo un obiettivo al di sopra delle nostre possibilità.
1)"la massa dei fedeli, per motivi vari,"
RispondiElimina2)"purtroppo, siamo stati abbandonati dai pastori."
Due note sulla base della mia sola esperienza :
1)Molti cristiani non studiano la propria religione , non cercano o non sanno nemmeno che debbono fare un percorso che richiede volonta' , fortezza ,abnegazione ecc ecc.
Ho avuto una "badante"metodista che ogni settimana veniva interrogata sul brano assegnatole della Bibbia ..
2)Quando ho gridato al Signore con tutto il cuore , mi ha donato di togliermi le squame che ricoprivano i miei occhi e mi impedivano di vedere . Per questo e' necessario pregare e riparare per i pastori...
I figli del secolo sono piú accorti, fra loro, dei figli della luce
RispondiEliminaOmelia di don Alberto Secci nella VIII Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale.
Vocogno, Domenica 26 Luglio 2020.
https://www.youtube.com/watch?v=D_Jb8EP4pgw&feature=emb_logo