Pagine fisse in evidenza

lunedì 31 maggio 2021

Luigi Einaudi e la tradizione cristiana in una pagina dimenticata del 1945

Le parole che seguono sono state vergate da Luigi Einaudi – liberale, primo presidente della Repubblica Italiana – nel 1945 quando ricopriva l’incarico di governatore della Banca d’Italia, in prefazione al volume di monsignor Pietro Barbieri ‘L’ora presente alla luce del Vangelo’. Durante l’occupazione tedesca di Roma mons. Barbieri si era dato molto da fare nell’aiuto e nell’ospitalità a non pochi esponenti dell’antifascismo. A liberazione avvenuta, aveva fondato la rivista «Idea» a cui anche Einaudi saltuariamente collaborò e – tra il 1944 e il 1945 – aveva tenuto ogni domenica una trasmissione radiofonica durante la quale leggeva e commentava il vangelo del giorno: in quel libro erano raccolte, appunto, queste conversazioni domenicali.

Luigi Einaudi contro la Messa in volgare
DISSENTO PROFONDAMENTE da coloro i quali desiderano che le ceri­monie religiose siano rese più moderne, che non solo la spiegazione del Vangelo e le prediche si tengano, come già accade, nella lingua del paese; ma che anche la messa sia celebrata in volgare e che in volgare si risponda e si canti ogni qualvolta le regole liturgiche comandano l'uso della lingua latina. Si dice: tutte le cerimonie religiose della Chiesa cattolica sono manifestazioni di una unità di propositi e di opere, per cui i fedeli, insieme convenuti, rendono testimonianza della loro comunione in Cristo e della volontà di vivere insieme in purezza di pensieri e in letizia di opere buone, ubbidendo agli insegnamenti dell'Uomo-Dio che si è sacrificato per redimere in eterno l'umanità, dal peccato ed innalzarla al cielo. Se così è, perché nascondere il pensiero divino dietro il sipario di parole incomprensibili alla più parte degli uomini viventi, delle anime semplici, alle quali una lingua, morta da millenni non dice nulla che commuova e trascini?
No. Quella lingua, nella quale parlavano i pretori, i giudici ed i centu­rioni del tempo di Cristo non è morta. Ogni qualvolta entriamo in chiesa ed ascoltiamo le parole sublimi dei mirabili canti intonati dai cori, sentiamo che quelle parole, ripetute le centinaia e le migliaia di volte, sono sentite da chi le pronuncia. Che importa che il senso tecnico letterale talvolta sfugga; che occorra avere, e non molti l'hanno pronto, il testo dinnanzi agli occhi per com­prendere appieno quelle parole? Ma la stessa cosa accade a tutti coloro i quali non abbiano il raro privilegio di una ferrea memoria, anche per le grandi classiche poesie in ogni lingua, anche per la trama poetica delle bellissime fra le audizioni musicali. Quel che si cerca, ciò a cui aspira l'anima di chi non entra nel tempio per mera curiosità, è di sentirsi parte del tutto, di perdersi, uno tra i molti, nella comunità di coloro i quali intendono vivere secondo la parola del Cristo. Ma la comunità dei credenti non è composta dei soli uomini viventi oggi. Essa vive nelle generazioni che si sono succedute da Cristo in poi. Ognuna di quelle generazioni ha trasmesso quella parola alle generazioni successive; ed ogni generazione ha sentito quella parola e vi ha creduto perché essa era stata sentita e in essa avevano creduto i suoi avi. La parola di Cristo è viva in noi non perché essa sia stata scritta sulle pergamene e nei libri stampati. Sarebbe cosa morta se così fosse. Ma ognuno di noi l'ha sentita dalle labbra della mamma e della nonna. Mettiamoli in fila questi uomini e queste donne che in ogni famiglia danno trasmesso oralmente gli uni agli altri i comandamenti divini; amatevi gli uni gli altri, non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a te stesso. Non sono molti: da venti a trenta persone bastano a ricondurre la tradizione trasmessa ad ognuno di noi da un antenato il quale viveva al tempo del Messia.

Ogni uomo ed ogni donna vissuto dopo quel giorno ha fatto parte e fa ancora parte della comunione di coloro i quali hanno creduto e credono nel messaggio di bontà di Gesù; ognuno di essi ha interpretato ed ha sentito quel messaggio attraverso ai suoi bisogni, ai suoi dolori, alle sue aspirazioni. I canti, i cori e le parole in lingua latina che noi ascoltiamo o leggiamo o pro­nunciamo in chiesa non sono nostre. Esse sono il retaggio di sessanta generazioni che ci hanno preceduto; ed il toccarle sarebbe un rompere quella continuità di comunione spirituale che lega i viventi a coloro che sono morti e che sono vissuti, errando e ravvedendosi, nella medesima comunità di uomini vissuti dopo che la parola di Cristo ha trasformato il mondo.

Se mutare le parole dei riti religiosi sarebbe un sacrilegio, fare intendere quelle parole è un dovere. La spiegazione delle parole scritte nei vangeli, la esposizione, anzi, del significato di ognuno dei riti e dei canti che si leggono nei breviari è il primo dovere del sacerdote; è un dovere interpretato dai sacerdoti nel modo più diverso. Confesso di apprezzare scarsamente la maniera dotta e quella polemica. L’uomo semplice e la donna umile, i quali sentono la bellezza delle parole latine dei canti imparati a memoria, anche se ripetuti con qualche errore di grammatica, non comprendono le dispute dottrinali e non si interessano alle polemiche contro i miscredenti siano essi protestanti o liberi pensatori o materialisti. L'uomo semplice e la donna umile chiedono al sacerdote: dimmi come dobbiamo vivere ogni giorno, come dobbiamo interpretare alla luce del Vangelo gli avvenimenti quotidiani, quale è la legge mo­rale alla quale dobbiamo conformarci, quali, fra i comandi ricevuti dai potenti della terra, da coloro che oggi imperano su di noi e sui nostri fratelli viventi nelle più diverse parti del mondo, siano quelli ai quali dobbiamo ubbidire.

Monsignor Barbieri spiega ogni domenica il Vangelo ai suoi uditori della radio. Più numerosi di quelli che il sacerdote può ordinariamente accogliere in chiesa; e lo spiega con l'intento di applicare il dettato ai fatti del giorno, alle vicende liete e tristi di questa nostra umanità torturata.

Non sono un ammiratore della radio. Da molti anni, da quando sullo orizzonte salì la maligna stella del conformismo politico, che è necessariamente altresì conformismo o totalitarismo spirituale morale religioso ed economico, pensai che la radio era un’invenzione del demonio, intento a trovare il mezzo di abbrutire l'uomo. Noi soffriamo ancora oggi e soffriremo per lunghi anni - e nessuno sa se riusciremo mai più a guarire da quella lebbra ed a riconquistare la libertà di pensare e di vivere - le conseguenze della predicazione conformistica che per due decenni imperversò sui bollettini a cui si dava il nome di giornali e sulla radio. Questa più pestifera di quelli; che la parola parlata, da uomo a uomo, ha virtù persuasiva grandemente più efficace di quella della parola che il vecchio contadino piemontese mi definiva «stampata nel ferro» dei giornali. Si fa più fatica a leggere la parola trasferita dai piombi della tipografia sulla carta dei giornali che non ad ascoltare ad ogni ora del giorno il verbo pronunciato dall'ordigno vociferante nella stanza dove si vive. Quella parola entra come uno stillicidio nel cervello dell'ascoltatore ed a poco a poco lo rende incapace di ragionare e lo inebetisce. Nessuna invenzione è più spaventosamente atta, quando sia maneggiata dallo spirito del male, a rendere l'uomo un numero, un automa. Per nessuna invenzione si deve, perciò, avere altrettanta cura, affinché essa sia adoperata nello spirito del bene. V'ha opera di bene la quale superi la spiegazione delle parabole, degli apologhi, del Vangelo, il commento dei casi della vita e delle massime di Cristo ?

Molti di noi hanno ascoltato alla radio la voce calda efficace commossa di Monsignor Barbieri quando nel mattino della domenica applica gli insegnamenti del Vangelo ai fatti dell'ora presente. Ogni volta che penso all'istupidimento cagionato all'umanità dalla nuova diabolica invenzione, auguro che si moltiplichino gli annunciatori i quali si sono assunti la missione di ricordare ad essa che le regole della vita sono poche, che esse furono già scritte in alcuni pochissimi libri e che di questi il più grande è il Vangelo.
Sono molte le cose che colpiscono e che, soprattutto se si è legati a una certa idea del liberale Einaudi, possono anche sorprendere in questo breve testo. Innanzitutto la difesa appassionata della messa in latino, che già allora veniva posta in discussione da alcune frange del “movimento liturgico”, nato in Germania alla fine della prima guerra mondiale e poi diffusosi in tutta l’Europa occidentale. Ma ad essere notevoli sono soprattutto le motivazioni che sostengono una tale difesa. Emerge infatti un senso fortissimo della tradizione, avvertita come trasmissione delle verità fondamentali della fede e della morale cristiana di generazione in generazione, e l’assoluta necessità di non interromperla e di non tradirla. Coloro che vivono in un certo momento sulla terra non possono decidere unilateralmente di disfarsi del retaggio che proviene dagli uomini e dalle donne che non ci sono più, ma che è stato trasmesso loro perché, a loro volta, se ne facessero tramite. Einaudi ricorre qui al concetto cristiano di «comunione dei santi»: «la comunità dei credenti non è composta dei soli uomini viventi oggi. Essa vive nelle generazioni che si sono succedute da Cristo in poi. Ognuna di quelle generazioni ha trasmesso quella parola alle generazioni successive; ed ogni generazione ha sentito quella parola e vi ha creduto perché essa era stata sentita e in essa avevano creduto i suoi avi. [...] I canti, i cori e le parole in lingua latina che noi ascoltiamo o leggiamo o pronunciamo in chiesa non sono nostre. Esse sono il retaggio di sessanta generazioni che ci hanno preceduto; ed il toccarle sarebbe un rompere quella continuità di comunione spirituale che lega i viventi a coloro che sono morti e che sono vissuti, errando e ravvedendosi, nella medesima comunità di uomini vissuti dopo che la parola di Cristo ha trasformato il mondo».

Questo senso spiccato della tradizione andava, in Einaudi, al di là del problema qui discusso, anzi costituiva un elemento essenziale della sua personalità, che egli aveva in comune con alcuni dei suoi “autori”: Burke, Mallet du Pan, de Maistre, Tocqueville, Taine, Le Play (i «grandi scrittori del secolo XIX che hanno ficcato lo sguardo in fondo alle ragioni di vita delle società politiche», come li definiva nel 1936). Ma, in questa pagina, esso trovava una formulazione singolarmente affine a quella che G. K. Chesterton aveva dato in Ortodossia: «La tradizione può essere definita, - scriveva lo scrittore inglese - come una estensione del diritto politico. Tradizione significa dare il voto alla più oscura di tutte le classi, quella dei nostri avi. È la democrazia dei morti. La tradizione rifiuta di sottomettersi alla piccola e arrogante oligarchia di coloro che per caso si trovano ad andare attorno. I democratici respingono l'idea della squalifica per il fatto accidentale della morte. La democrazia ci insegna di non trascurare l'opinione di un saggio, anche se è il nostro servitore, la tradizione ci chiede di non trascurare l'opinione di un saggio, anche se è nostro padre. Io non posso, comunque, separare, le due idee di tradizione e di democrazia: mi sembra evidente che sono una medesima idea. Avremo i morti nei nostri consigli. I Greci antichi votavano con le pietre, essi voteranno con le pietre tombali. Ciò è perfettamente regolare e ufficiale: la maggior parte delle pietre tombali, come delle schede elettorali, sono segnate da una croce».

Accanto a questo motivo tradizionalistico, affiora il tratto evangelico del cristianesimo einaudiano: non polemiche rumorose contro i nemici della fede devono occupare le omelie dei sacerdoti, né troppi elementi dogmatici, né dispute dottrinali. «L'uomo semplice e la donna umile chiedono al sacerdote: dimmi come dobbiamo vivere ogni giorno, come dobbiamo interpretare alla luce del Vangelo gli avvenimenti quotidiani, quale è la legge morale alla quale dobbiamo conformarci, quali, fra i comandi ricevuti dai potenti della terra, da coloro che oggi imperano su di noi e sui nostri fratelli viventi nelle più diverse parti del mondo, siano quelli ai quali dobbiamo ubbidire»: come si vede, il pensatore liberale ribadiva il diritto del pastore d’anime di predicare l’obiezione di coscienza, cioè di indicare quali delle leggi civili siano degne di obbedienza da parte del cristiano. Il cristianesimo consisteva, dunque, per Einaudi nell’ascolto obbediente degli «insegnamenti dell'Uomo-Dio che si è sacrificato per redimere in eterno l'umanità, dal peccato ed innalzarla al cielo». Sarà perché qualche anno fa mi è capitato di studiare con certo impegno Silvio Pellico, ma in questa pagina mi è parso di avvertire quasi un’eco delle Mie prigioni: «l’essenza del Cristianesimo: - culto di Dio, spoglio di superstizioni, - fratellanza fra gli uomini. – aspirazione perpetua alla virtù, - umiltà senza bassezza, - dignità senza orgoglio, - tipo, un uomo-Dio! Che di più filosofico e di più grande?».

Infine mi pare di grande interesse quanto Einaudi scrive della radio: del sistema dei media, si direbbe oggi. Egli faceva riferimento al ruolo che aveva svolto durante il ventennio fascista, ma non si limitava al problema della connessione fra sistema mediatico e potere politico. Individuava nella natura stessa di quel mezzo di comunicazione un rischio: quello dell’ascolto “passivo” e continuo, proprio di un ascoltatore che non vuol fare nemmeno la fatica di leggere un giornale. «La parola parlata, da uomo a uomo, ha virtù persuasiva grandemente più efficace di quella della parola che il vecchio contadino piemontese mi definiva “stampata nel ferro” dei giornali. Si fa più fatica a leggere la parola trasferita dai piombi della tipografia sulla carta dei giornali che non ad ascoltare ad ogni ora del giorno il verbo pronunciato dall'ordigno vociferante nella stanza dove si vive. Quella parola entra come uno stillicidio nel cervello dell'ascoltatore ed a poco a poco lo rende incapace di ragionare e lo inebetisce. Nessuna inven­zione è più spaventosamente atta, quando sia maneggiata dallo spirito del male, a rendere l'uomo un numero, un automa». Il pericolo vero era quindi quello del diffondersi di un nuovo conformismo, di atteggiamenti seriali, di standard culturali. Di fronte ad analisi di questo genere, ci si limita spesso a scrollare le spalle e a giudicarle frutto di una cultura ottocentesca. Per parte mia, sono convinto che dovremo riparlarne: l’emergenza educativa, di cui tanto si discute, ha, in quello che prevedeva Einaudi, una delle sue radici. [Fonte]

9 commenti:

  1. E non ha visto la televisione del terzo millennio, altro che radio...!
    Ti entrano in casa con le loro facce arroganti Travaglio, Annunziata, Gruber, Formigli, Fazio, gli opinionisti, i tronisti, le menzogne, il numero di contagiati e di morti del giorno e via dicendo...

    Comunque è una bellissima pennellata, chiara e semplice, su cosa significa il latino e la Tradizione nella Chiesa.

    "... I canti, i cori e le parole in lingua latina che noi ascoltiamo o leggiamo o pronunciamo in chiesa non sono nostre..."

    Eppure il clero le ha manipolate come se fosse roba di sua proprietà, con l'animo del barbaro.

    E senza quei tesori, sono ben pochi i sacerdoti capaci di dare a quell'"uomo semplice" il Pane buono di cui ha bisogno.

    Ora l'uomo semplice, nato, cresciuto e pasciuto in quella barbarie, non conosce nemmeno come era la Chiesa prima del golpe barbarico.
    Né vuole conoscerla, essendo stata bandita come Chiesa arcigna e cattiva.

    L'insegnamento di quei tesori è bandito persino dai seminari, dove viene censurato, oppure deturpato per adeguarlo al gusto del tempo, alla moda, al mondo sempre più anticristica.

    L'attuale Papa ha stabilito che devono essere cacciati dai seminari quelli che sembrano aperti, ma il realtà sono "troppo rigidi".

    E ovviamente la rigidità è proprio quel Tesoro che è stato rubato e ricettato per quattro applausi del mondo.

    Non si vede luce, solo il Signore può rimediare a tale disastro.

    Aloisius

    RispondiElimina
  2. Dal 1945 son passati 76 anni e ,purtroppo ,sembra che ne siano passati 500.

    RispondiElimina
  3. Quando l'Italia era ancora cattolica...malgrado il male la insidiasse, come sempre.
    Parole semplici, serie, senza retorica. Una Fede creduta a cui nessuno crede più così. Oggi la recitazione, la simulazione hanno il sopravvento nello sforzo vano di coprire l'assenza di ogni credo. E la sua percezione esatta dell'inganno dei media ancora giovinetti! Il cristiano Einaudi vide in essi il pericolo per l'intelligenza umana e lanciò l'allarme, rimasto inascoltato. Senza mezzi termini parlò di invenzione del demonio e di inebetimento delle intelligenze. Eccoci qui oggi, dopo quasi ottanta anni, completamente inebetiti ed indemoniati.

    RispondiElimina
  4. La Messa tradizionale in latino si sta diffondendo sempre più organicamente, soprattutto tra i giovani. Anche i convertiti dal protestantesimo sono spontaneamente attratti dal forte potere spirituale che la Messa tradizionale emana, soprattutto attraverso l'atmosfera sacra, silenziosa e soprannaturale. Soprattutto, i fedeli che provengono dal protestantesimo amano l'antica Messa.
    Mons. Athanasius Schneider

    RispondiElimina
  5. Arona : 52enne muore mezz'ora dopo il vaccino
    "La campagna vaccinale continua come da programma" : che razza di commento, che insensibilità per le povere vittime del vaccino. Sempre pronti a negare l' evidenza, a demonizzare chi lancia l' allarme. Che direbbero se fosse successo ad un loro familiare? alla moglie, a un figlio, a un genitore?
    https://gloria.tv/post/CJsZnPVmxCyJ2fPfDaEQr2kTS

    Un grave errore sulla Spike” : ripensamenti scientifici
    “Un grosso errore… pensavamo che la proteina spike fosse un ottimo antigene bersaglio… non una proteina patogena… stiamo inavvertitamente inoculando alle persone una tossina, può causare danni cardiovascolari, infertilità”. Prof. Byram Bridle, Immunologia virale Uof Guelph
    https://www.maurizioblondet.it/un-grave-errore-sulla-spike/
    https://gloria.tv/post/dKAe2qmiDao86WYCN7mVLGQJ9

    RispondiElimina
  6. FESTA DI MARIA SS. REGINA

    PROPRIO DELLA S.MESSA

    INTROITUS
    Gaudeamus omnes in Domino, diem festum celebrantes sub honore beatae Mariae Virginis Reginae: de cuius solemnitate gaudent Angeli, et collaudant Filium Dei. (T.P. Alleluia, alleluia).~~ Ps 44:2- Effundit cor meum verbum bonum: dico ego carmen meum Regi. ~~ Glória ~~ Gaudeamus omnes in Domino, diem festum celebrantes sub honore beatae Mariae Virginis Reginae: de cuius solemnitate gaudent Angeli, et collaudant Filium Dei. (T.P. Alleluia, alleluia).

    Rallegriamoci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa in onore della Beata Vergine Maria Regina! Della sua festa gioiscono gli angeli, e insieme lodano il Figlio di Dio. (T.P. Alleluia, alleluia). ~~ Ps 44:2- Vibra nel mio cuore un ispirato pensiero, mentre al Sovrano canto il mio poema. ~~ Gloria ~~ Rallegriamoci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa in onore della Beata Vergine Maria Regina! Della sua festa gioiscono gli angeli, e insieme lodano il Figlio di Dio. (T.P. Alleluia, alleluia).

    Gloria

    ORATIO
    Orémus.
    Concede nobis, quaesumus, Domine: ut, qui solemnitatem beatae Mariae Virginis Reginae nostrae celebramus; eius muniti praesidio, pacem in praesenti et gloriam in futuro consequi mereamur. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

    Preghiamo.
    A noi che celebriamo la festa della beata Vergine Maria, nostra Regina, concedi, o Dio onnipotente, che sostenuti dal suo aiuto, godiamo la pace in questa vita e la gloria nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    LECTIO
    Lectio libri Sapientiae.
    Eccli 24:5; 24:7, 24:9-11; 24:30-31
    Ego ex ore Altissimi prodivi, primogenita ante omnem creaturam; ego in altissimis habitavi, et thronus meus in columna nubis. In omni terra steti; et in omni populo, et in omni gente primatum habui, et omnium excellentium et humilium corda virtute calcavi. Qui audit me, non confundetur, et qui operantur in me, non peccabunt; qui elucidant me, vitam aeternam habebunt.

    Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, primogenita di tutta la creazione. Nel più alto dei cieli ho la mia dimora e il mio trono sulla colonna di nube. In tutta la terra ho stabilito il mio soggiorno: ho regnato su ogni popolo e su ogni nazione. I cuori di tutti, grandi e piccoli, con la mia potenza ho soggiogati. Chi mi ascolta, non patirà vergogna; chi agisce con me, non peccherà; chi mi fa conoscere, avrà la vita eterna.

    GRADUALE
    Apo 19:16
    Ipse habet in vestimento et in femore suo scriptum: Rex regum et Dominus dominantium
    Ps 44:10
    Regina adstat ad dexteram eius, ornata auro ex Ophir.

    E scritto sul suo manto e sul fianco: Re dei re, e Signore dei signori.
    V. La Regina sta alla sua destra ornata d’oro di Ofir.

    ALLELUIA
    Alleluia, alleluia.
    Salve, Regina misericordiae, tu nos ab hoste protege, et mortis hora suscipe. Alleluia.

    Alleluia, alleluia.
    Salve, o Regina di misericordia; proteggici dal nemico e accoglici nell'ora della morte. Alleluia.

    RispondiElimina
  7. ...segue
    EVANGELIUM
    Sequentia ✠ sancti Evangelii secundum Lucam.
    Luc 1:26-33
    In illo tempore: Missus est Angelus Gabriel a Deo in civitatem Galileae, cui nomen Nazareth, ad Virginem desponsatam viro, cui nomen erat Ioseph, de domo David, et nomen Virginis Maria. Et ingressus Angelus ad earn, dixit: Ave, gratia plena: Dominus tecum: benedicta tu in mulieribus. Quae cum audisset, turbata est in sermone eius: et cogitabat, qualis esset ista salutatio. Et ait Angelus ei: Ne timeas, Maria, invenisti enim gratiam apud Deum: ecce concipies in utero, et paries filium, et vocabis nomen eius Iesum. Hie erit magnus, et Filius Altissimi vocabitur, et dabit illi Dominus Deus sedem David patris eius: et regnabit in domo Iacob in aeternum, et regni eius non erit finis.

    In quel tempo, l'angelo Gabriele fu inviato da Dio in una città della Galilea, di nome Nazareth, ad una vergine sposa di un uomo di nome Giuseppe, della stirpe di Davide; e il nome della vergine era Maria. L'angelo, entrando da lei, disse: «Ave, piena di grazia; il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne». Mentre l'udiva, fu turbata alle sue parole, e si domandava cosa significasse quel saluto. E l'angelo le disse: «Non temere, Maria, poiché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre: e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà fine».

    Credo

    OFFERTORIUM
    Regali ex progenie Maria exorta refulget; cuius praescibus nos adiuvari, mente et spiritu devotissime poscimus. (T.P. Alleluia)

    Nata di stirpe regale, Maria rifulge di gloria. Con tutta l'anima, devotamente chiediamo che interceda per noi con la potente preghiera. (T.P. Alleluia)

    SECRETA
    Accipe, quaesumus, Domine, munera laetantis Ecclesiae, et, beatae Virginis Mariae Reginae suffragantibus meritis, ad nostrae salutis auxilium provenire concede. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

    Accogli, o Signore, i doni della tua Chiesa in festa: e per i meriti della beata Vergine Maria nostra Regina, fa' che essi giovino alla nostra salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    COMMUNIO
    Regina mundi dignissima, Maria Virgo perpetua, intercede pro nostra pace et salute, quae genuisti Christum Dominum, Salvatorem omnium. (T.P. Alleluia)

    O la più nobile Regina del mondo, sempre Vergine Maria, Tu che hai dato alla luce Cristo nostro Signore, Salvatore di tutti gli uomini, intercedi per la nostra pace e per la nostra salvezza. (T.P. Alleluia)

    POSTCOMMUNIO
    Orémus.
    Celebratis solemniis, Domine, quae pro sanctae Mariae Reginae nostrae festivitate peregimus: eius, quaesumus, nobis intercessione fiant salutaria; in cuius honore sunt exsultanter impleta. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

    Preghiamo.
    O Signore, il sacrificio che abbiamo celebrato, nella festa di Maria santissima, nostra Regina, per la sua intercessione, sia di salvezza a noi, che lo abbiamo offerto con esultanza in suo onore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    RispondiElimina
  8. They may and will try to supress it, but the Traditonal Mass and traditonal liturgy will never go away.
    LORD himself will protect IT from dissapearing.
    It has an immense Power and might in it, this is the reason why its attacked.
    To disarm us Catholics from such mighty weapons in Spiritual Battle and to diminish Glory which ist given to God in it.
    One day - with Gods help- traditonal Mass and liturgy will be celebrated again in every Parish of the Latin rite.

    RispondiElimina
  9. The Motu Proprio of Pope Benedict XVI is never published till date in any of diocese magazines or bulletins
    The ancient Mass May soon be killed in this part of the globe India Mumbai diocese of thr Pope restricts the TLM
    Urgent requirement of young priests to promote the Mass of all ages here in Mumbai or any religious trad order to start their organisation here in Mumbai diocese to propagate the trad Latin mass
    Pls contact on aubyne17@hotmail.com

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo l'approvazione di uno dei moderatori del blog.