In tutto il Piemonte c'è solo un Vescovo Cattolico : mons. Cerrato.
La stretta di Papa Francesco arriva nelle diocesi dopo un lungo periodo di ostracismo verso il rito tridentino. Vescovi pavidi e chiese vuote. La "riserva indiana" della Misericordia di Torino
A memoria, non si ricorda una tale tempestività nel far conoscere e dare attuazione a una disposizione della Santa Sede. Spesso, ai tempi di Giovanni Paolo II e di Ratzinger, dei documenti pontifici se ne faceva una discreta e sempre critica menzione, se poi andavano contro o cercavano di mitigare la narrazione progressista imperante in diocesi, venivano totalmente ignorati. Così fu il caso, nel 2007, di Summorum Pontificum del quale si fece di tutto perché non venisse conosciuto nelle sue indicazioni e di cui fu scoraggiata in tutti modi l’applicazione.
L’arcivescovo Severino Poletto, avversario implacabile della Messa antica – che pure fu la Messa del suo sacerdozio e del latino, lingua in cui forse in seminario non eccelleva – si distinse per la sua durezza. È rimasta famosa la registrazione delle parole con le quali, dopo la disposizione ratzingeriana, Poletto metteva in guardia i preti e i seminaristi dal celebrare la Messa antica e ridicolizzava i fedeli considerati, come tuttora, dei minores habentes, definendoli i «picchiati del latino». Un classico caso di obbedienza disobbediente.
Tale fu l’atteggiamento di gran parte di quei cuor di leone dei vescovi piemontesi, sempre forti con i deboli e deboli con i forti, impegnatissimi nella loro missione di «curatori fallimentari». L’allora vescovo di Casale Monferrato, monsignor Alceste Catella, liturgista arrabbiato e sodale dell’ideologo della liturgia riformata Andrea Grillo, scacciò in malo modo gli sconcertati fedeli i quali, esercitando un loro diritto, gli chiedevano umilmente la Messa antica, intimando loro di tradurre la bolla pontificia della sua nomina scritta in latino. L’ex vescovo di Alba, Sebastiano Dho, detto il “tramviere” per la sua divisa d’ordinanza simile ai guidatori degli autobus, scrisse che nella sua diocesi il Concilio era stato pienamente accolto perché nessun oserebbe mai chiedergli la Messa in latino. Si potrebbe parlare di altri vescovi piemontesi, ma si scadrebbe nel grottesco, tanto ridicoli erano i pretesti addotti contro Summorum Pontificum, anche se in alcuni casi non mancarono verso i preti velate minacce di agire mediante la loro esclusione dal sostentamento del clero. Pare che il vescovo di Cuneo e Fossano, monsignor Piero Delbosco, a tutti noto per la sua competenza teologica e dottrinale – si fa ovviamente per dire – non voglia sentire parlare in nessun modo della Messa antica, così che la sua diocesi è diventata un florido centro della Fraternità San Pio X. Anche l’ex vescovo di Biella, il “misericordioso” monsignor Gabriele Mana, si adoperò in tutti i modi perché l’esecrando rito tridentino non prendesse piede e quando a Biella fu annunciata la visita ad Oropa del cardinale Raymond Leo Burke, uno dei cardinale dei “dubia” su Amoris Laetitia, proibì ai preti ogni contatto con il cattivo porporato, mentre poco tempo dopo non batté ciglio quando Emma Bonino tenne indisturbata una conferenza in una chiesa parrocchiale della sua diocesi.
Prima ancora di Summorum Pontificum, nel 2004, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti emanava l’istruzione Redemptionis Sacramentum che trattava in modo particolareggiato dei numerosi abusi che si erano diffusi nella celebrazione della Messa e, in particolare, «su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia».
A Torino, su disposizione esplicita di uno dei due vescovi ausiliari – il più influente – del documento non comparve nemmeno un cenno sul settimanale diocesano e meno che mai un commento dell’ufficio liturgico, sempre pronto a discettare, con prosa oracolare, sulla disposizione dei fiori o sulla posizione del crocifisso che non deve mai stare al centro dell’altare. Ancora oggi Redemptionis Sacramentum è completamente sconosciuto o considerato uno dei tanti errori di Giovanni Paolo II e del suo teologo Joseph Ratzinger.
Questa volta invece, don Paolo Tomatis, il liturgista princeps della diocesi, funzione che svolge insieme alla simpatica Morena Baldacci che, lasciato il mistico velo, è diventata la teorica della «comunità celebrante», ha commentato il motu proprio di Francesco sulla prima pagina del settimanale diocesano. Con malcelata soddisfazione, ha illustrato il documento che, oltre ad inibire la formazione di gruppi di laici – altro che accoglienza o declericalizzazione! – impone al vescovo di consultare addirittura la Santa Sede prima di concedere l’autorizzazione ai preti che saranno ordinati dopo il motu proprio e che vogliano celebrare la Messa antica, creando delle proprie liste di proscrizione. La conclusione del liturgista è perentoria: «Non si tratta di abolire l’uso del Messale precedente, ma di non incoraggiarlo in alcun modo». Che è esattamente quello che è stato fatto fino ad ora. Perché dunque tanto inusitato zelo? Che cosa si teme? Ma, soprattutto, di cosa stiamo parlando?
Nel dopo Concilio torinese, i pochi fedeli che continuavano a partecipare alla Messa antica si stringevano attorno alla veneranda figura di monsignor Attilio Vaudagnotti (1889-1982) che, come rettore della chiesa della SS. Trinità, continuava imperterrito a celebrarla incurante, data l’età e il prestigio goduto come insegnante di teologia a generazioni di preti, delle reprimende della curia. Sia il cardinale Michele Pellegrino, sia il suo successore Anastasio Ballestrero erano ostili alla Messa antica, vista come un nostalgico «ritorno indietro». Varie richieste non vennero mai prese in considerazione. Nel 1988, la Santa Sede emanò il motu proprio Ecclesia Dei afflicta che concedeva ai vescovi di autorizzare la Messa antica a favore di «tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina mediante un’ampia e generosa applicazione» di un indulto che ne permettesse la celebrazione. L’anno dopo il cardinale Giovanni Saldarini concesse l’indulto e dispose che una Messa celebrata con il Messale di Giovanni XXIII, potesse essere celebrata in diocesi.
Da allora la Messa antica si è continuata a celebrare presso la chiesa della Misericordia, affidata alla omonima arciconfraternita, dai rettori della chiesa di via Barbaroux, prima da monsignor Oreste Bunino e poi da monsignor Renzo Savarino. A quest’ultimo Poletto, successore di Saldarini, chiese più volte di trovare un pretesto per far cessare tale “scandalo”. Anche dopo Summorum Pontificum che liberalizzava la Messa antica, la Misericordia ha continuato ad assolvere il suo compito di “riserva indiana” o di ghetto al quale venivano indirizzati i fedeli di tutta la vasta diocesi che chiedevano ai parroci e alla curia di applicare quanto stabilito da una legge della Chiesa.
Una sorta di “male minore” rispetto al motu proprio di Papa Benedetto che consentiva ai preti di celebrare liberamente la Messa antica anche nelle parrocchie. Oggi, nella chiesa di via Barbaroux vi si celebra ogni domenica la Messa secondo il Messale del 1962 da parte di don Francesco Saverio Venuto, successore di monsignor Savarino sulla cattedra di storia della Chiesa alla facoltà teologica, nonché studioso del Vaticano II. Vi partecipavano, prima del Covid, poco meno un centinaio di fedeli provenienti da tutta la diocesi, per lo più di mezza età ma anche molti giovani, in piena comunione con i legittimi pastori. Prova ne sia che nel 2019 anche l’arcivescovo Nosiglia ha assistito alla Messa, tenuto l’omelia e distribuito l’Eucaristia ai fedeli e così pure ha fatto successivamente il suo vicario generale monsignor Danna. Recentemente, don Andrea Pacini, parroco di S. Agostino, moderatore del distretto pastorale del centro nonché presidente della commissione ecumenica, stimato docente di teologia ma anche esperto di liturgia e musica sacra senza pregiudizi, vi ha celebrato.
Se questa è la situazione, non si comprende proprio quale pericolo i fedeli legati alla Messa antica – che con Traditionis Custodes, transiteranno dalla riserva indiana alla specie protetta tenuta in gabbia in attesa di estinzione o di «conversione» - possano rappresentare per l’unità della Chiesa. Sembrerebbe che si voglia sparare ad una formica con un cannone.
La situazione è infatti paradossale. I gruppi stabili esistenti che frequentano la Messa antica dovranno essere interrogati sulla loro adesione al Vaticano II che, sia detto per inciso, ben poco giustifica, nei suoi testi – a cominciare dal latino – e nella sua intentio, l’attuale prassi ecclesiale, mentre chi vuole celebrare e pregare con il rito di Paolo VI è automaticamente dispensato dal pronunciarsi su alcune questioni “secondarie” come il Credo, la divinità di Cristo o l’azione salvifica dei Sacramenti, dati per acquisiti e che invece non lo sono affatto, come bene sanno i lettori del nostro giornale. In realtà, il vero obiettivo sono quei giovani preti e quei laici altrettanto giovani che in questi anni di libertà hanno assaporato la bellezza e la sacralità della Messa antica e che, pur fedeli al messale di Paolo VI, si sono convinti, come diceva Benedetto XVI che «ciò che le generazioni precedenti ritenevano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura considerato dannoso».
Si tornerà allora alla situazione precedente all’indulto del 1989? Qualche liturgista, la cui differenza con il terrorista è – come disse il cardinale Ratzinger – che con il secondo si può trattare mentre con il primo no – ci proverà senz’altro invocando, ma solo in questo caso, la legge canonica. La situazione è però da allora radicalmente mutata. Nella Chiesa di Torino, il popolo sta scomparendo e il poco clero appare esausto e sfibrato. Come vari osservatori laici hanno colto, le diocesi piemontesi somigliano sempre di più ai resti di quelle Chiese del nord Europa che, secolarizzandosi, non contano più nulla. La blogsfera poi rende tutto evanescente e tutto pone in discussione. Infine, è l’anagrafe che condanna i progressisti o, almeno, i più accaniti. È solo questione di tempo.
Il professor Tomatis conclude il suo intervento sul settimanale diocesano auspicando che adesso, sistemati i «sediziosi» tridentini, ci si concentri sul nuovo Rito – cosa che si fa da cinquant’anni – e si impari l’ars celebrandi con «esprit de finesse»: tutti sanno con quanto sospetto vengano visti i preti che celebrano con il messale di Paolo VI osservando diligentemente le norme (le esecrate «rubriche») o, come si diceva un tempo pie, attente, ac devote. La stessa struttura del nuovo Messale, la cui ultima edizione, a detta di tanti preti, si presenta iconograficamente orribile, autorizza ampiamente il “fai da te” per cui il cardinale Giuseppe Siri, richiesto di un parere rispose semplicemente: vel, vel, vel, oppure, oppure, oppure.
Si dice che la lobby gay, ben presente nelle diocesi e nelle curie piemontesi, sia al settimo cielo poiché Traditionis Custodes li ripaga, con la sua durezza verso i tradizionalisti, delle «sofferenze» che devono sopportare in vista di una Chiesa finalmente al passo con i tempi. Non è mancato, per la verità, qualche raro e intelligente esponente delle correnti progressiste che si è detto preoccupato della brutalità e della sgangheratezza, soprattutto canonica, con la quale sono stati colpiti i tradizionalisti, forse perché non è detto che il prossimo colpo venga assestato a loro.
Con Papa Francesco – e lo sa bene anche qualche prelato torinese che ha frequentato e vissuto il clima di autoritarismo peronista della curia romana – non si è mai sicuri di nulla. Hodie mihi, cras tibi. (Eusebio Episcopo - Fonte)
Con Papa Francesco – e lo sa bene anche qualche prelato torinese che ha frequentato e vissuto il clima di autoritarismo peronista della curia romana – non si è mai sicuri di nulla. Hodie mihi, cras tibi. (Eusebio Episcopo - Fonte)
Riconoscere l'Autorità del Papa e dei Vescovi, la bontà del Concilio Vaticano II e del Novus Ordo Missae significa accettare di buon grado sia i documenti che piacciono, come il motu proprio di Ratzinger, sia quelli che non piacciono, come il motu proprio di Bergoglio.
RispondiEliminaIo non riconosco niente di tutto quello che ho elencato perché non è per la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.
La S. Messa e i Sacramenti sono disponibili presso altri indirizzi.
1)L’arcivescovo Severino Poletto, avversario implacabile della Messa antica –
RispondiElimina2)vescovo di Casale Monferrato, monsignor Alceste Catella, liturgista arrabbiato e sodale dell’ideologo della liturgia riformata Andrea Grillo,
3)vescovo di Cuneo e Fossano, monsignor Piero Delbosco, a tutti noto per la sua competenza teologica e dottrinale – si fa ovviamente per dire – non voglia sentire parlare in nessun modo della Messa antica,
4)vescovo di Biella, il “misericordioso” monsignor Gabriele Mana, si adoperò in tutti i modi perché l’esecrando rito tridentino non prendesse piede
5)A Torino, su disposizione esplicita di uno dei due vescovi ausiliari – il più influente – del documento Redemptionis Sacramentum non comparve nemmeno un cenno sul settimanale diocesano e meno che mai un commento dell’ufficio liturgico, sempre pronto a discettare, con prosa oracolare, sulla disposizione dei fiori o sulla posizione del crocifisso che non deve mai stare al centro dell’altare.
6)Questa volta invece, don Paolo Tomatis, il liturgista princeps della diocesi, funzione che svolge insieme alla simpatica Morena Baldacci che, lasciato il mistico velo, è diventata la teorica della «comunità celebrante», ha commentato il motu proprio di Francesco sulla prima pagina del settimanale diocesano. Con malcelata soddisfazione,
7)Sia il cardinale Michele Pellegrino, sia il suo successore Anastasio Ballestrero erano ostili alla Messa antica, vista come un nostalgico «ritorno indietro». Varie richieste non vennero mai prese
8)ecc.ecc.
2 Domande:
a)Quanti vescovi conta la regione Piemonte ?
b)Che cosa,quali problemi o disavventure o drammi non hanno superato crescendo?
La differenza tra noi e i modernisti è che per loro le tradizioni iniziano dal 1962 in poi (quelle liturgiche dal 1970) e tutto ciò che vi è prima è robaccia da buttar via. Per noi le tradizioni sono quelle prima di tali anni e, caso mai, da buttare via è proprio ciò che essi considerano "tradizione".
RispondiEliminaLa Pachahama è un punto di arrivo e un punto di partenza.
RispondiEliminaE' un punto d'arrivo perchè la sua idolatria esplicita in Vaticano, voluta da Bergoglio (con frati francescani prostrati in adorazione nei giardini vaticani, e poi con i vescovi che l'hanno portata in processione) è senza dubbio il punto più basso che la Roma papale abbia raggiunto in duemila anni.
Rispetto all'idolatria della Grande Dea qualsiasi atto di simonia, concubinato, nicolaismo, nepotismo, persino omicidio compiuto dal clero nella storia, diventa acqua di rose. Persino lo sguaiato ecumenismo wojtyliano - che pure ha preparato la strada al culto pachahamico (Assisi 1986 come preparazione a Pachahama 2019) - diventa un peccato minore, nella scala dei tradimenti.
Ma se il culto idolatrico della Madre Pachahama è un punto di arrivo verso il basso - in quanto il peggiore dei tradimenti verso il Dio unico, paragonabile a quello degli ebrei sotto il Sinai - è anche un punto di partenza. Verso una nuova spiritualità deviata, rovesciata, panteista, nella quale il culto deviato dell'uomo che si fa Dio - e adora panteisticamente il Tutto naturale di cui fa parte - apre la strada al Principe di questo mondo.
La Grande Madre pachamamica può essere infatti intesa come quella donna scarlatta dell'Apocalisse che cavalca la Bestia e ne prepara l'avvento. Cioè la grande prostituta di Babilonia. Essa è la madre-sposa di quell'infernale divinità solare mai sazia, nell'America precolombiana, di umani sacrifici. E dietro alla quale è facile vedere il Maligno.
In questo senso allora Bergoglio, che non è l'Anticristo come invece alcun cattolici affermano, ne diventa comunque un precursore. Senz'altro egli ha aperto una strada, infera e tellurica. Egli stesso è figlio di quel processo di deviazione iniziato col Concilio Vaticano II. Non è un alieno giunto a Roma nel marzo 2013.
Però con Pachahama c'è un salto di qualità verso l'infero. E non è da escludere che persino la pandemia e i suoi presunti distruttivi rimedi stiano in qualche misura in rapporto con quell'immenso tradimento dello Spirito incarnato dal culto infero-idolatrico della Dea.
Martino Mora
Green-Pass: come DISOBBEDIRE
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/3idKqvaHLoPcAb9rBcbRgBnPY
"(...) Il Concilio Vaticano II e la sua conseguenza più immediata, la modificazione della santa messa (sic).Come giustamente aveva spiegato Lutero, se si modifica la liturgia si modifica tutta una religione. E come giustamente avevano affermato Lévi-Strauss e Croce, se si modifica una religione, un culto, si modifica tutta una cultura che su quel culto è fondata. Il fatto che in questo momento il Vaticano stia proibendo, ma il termine corretto è azzannando, la messa di sempre, quella comprensibile a tutte le latitudini, quella che ha attraversato i secoli, la messa che è impropriamente detta "in latino", fingendo dunque che la lingua sia l'unica differenza con quella attuale, tutta questa animosità dimostra che le due messe sono completamente diverse e celebrare l'una o l'altra, la prima che ha al centro Dio, o la seconda che ha al centro l'uomo e che Dio volta letteralmente le spalle, modifica il cattolicesimo, rendendolo opzionabile e porzionabile, distruggendo cioè il principio che la verità è una, che una sola strada porta a Dio. Il fatto che non si legga più il Vangelo di San Giovanni ha fatto sì che tutti dimenticassimo che solo credendo in Cristo siamo figli di Dio. Abbiamo perso Dio, di conseguenza abbiamo perso verità, bellezza e giustizia". (Silvana De Mari sulla "Verità" di ieri).
RispondiEliminaTerapia domiciliare C-19 era in diretta
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/terapiadomiciliarecovid19/videos/431382281252894/
Nella data odierna il Dr.De Donno (Medico di Mantova)sembra che si sia tolto la vita.
R.I.P.
OT
RispondiEliminaMuore suicida il dottor Giuseppe de Donno.
https://www.lesalonbeige.fr/le-pape-ne-parviendra-pas-a-faire-disparaitre-la-messe-traditionnelle-car-cette-decision-est-hors-sol/
RispondiElimina
RispondiEliminaMa quelli della foto in testa al post, sono forse dei vescovi?
Dall'uniforme che gli hanno cucito addosso sembrano i tranvieri
di una volta.
Adesso però non esageriamo.
RispondiEliminaE' vero che in Piemonte la maggioranza dei Vescovi è ostile, ma non tutti: alcuni sarebbero favorevoli ma dichiarano di non avere la forza di opporsi alla maggioranza del clero diocesano (almeno in due casi recenti ciò è avvenuto). E' però è anche vero che la pubblicazione di un documento sul sito diocesano e l'uscita di un articolo, peraltro privo di aspetti programmatici concreti, non sono ancora l'espressione di una guerra in corso (almeno non di una guerra più dura di quella in essere da decenni).
Ad esempio nella Diocesi di Torino TC è già ufficialmente in vigore da circa tre anni in forza di un documento - sino al 16 luglio - di dubbia legittimità che ha imposto che per ogni celebrazione regolare festiva in rito antico fosse necessario concordare le modalità con l'Arcivescovo.
Lo spiffero è spesso bene informato, ma fa capo con ogni probabilità ad ambienti legati a quello che da anni - contro il Summorum Pontificum - ha voluto proporsi come l'unico gruppo stabile del Piemonte "col bollino blu" della autorizzazione episcopale. In Piemonte però i gruppi stabili preesistenti a TC sono tanti (più gruppi nel novarese, ad es., più gruppi nella provincia granda, più gruppi nel torinese, più gruppi nell'alessandrino, più gruppi nel vercellese, più gruppi nel canavese), alcuni, oltre che preesistenti, sono anche già autorizzati dai rispettivi vescovi, e fra l'altro non in parrocchie (in pratica: sono già conformi a TC), altri esistono anche se non hanno ancora avuto risposta alle loro legittime aspettative. TC li rafforzerà.
Quanto a Ivrea, è vero che il Vescovo ha fatto all'inizio - era Ratzinger dei pizzi e delle trine - buon viso a SP, ma poi - era Bergoglio, età del legno e dei metalli vili - ha attuato un regime autoritario già del tutto conforme a TC: Messa solo dove decide lui, da sacerdoti indicati da lui, senza assolutamente alcuna pubblicità (chi sa quali sono in Canavese le parrocchie dove si celebra tutti i giorni in VO?)e niente più. Avrà però il problema del divieto di celebrare nelle Parrocchie, e vedremo come e se vorrà risolverlo, o aspetterà - come si dice non veda l'ora - di andarsene serenamente in pensione, lasciando le cose come stanno.
In poche parole: non facciamo di un comunicato stampa e di un articolo generalista i prodromi di una strage degli innocenti: non è detto e soprattutto non è detto che a Torino monsignor Nosiglia, che negli ultimi anni - forse anche grazie all'allontanamento del perfido canonico Martinacci, vero e proprio cacciatore di tradizionalisti ovunque si annidassero - si è mostrato molto più aperto verso i fedeli della Messa antica di quanto non potesse sembrare prima, voglia impegnarsi, subito prima di lasciare la diocesi per raggiunti limiti di età, in una battaglia contro la carità, che potrebbe anche essere durissima, e sicuramente gli creerebbe un sacco di fastidi.
Aut non temptasses, aut perfice!
RispondiEliminaNun ce devi provà, ce devi riuscì!
(OVIDIO)
Anonimo delle 08:38
RispondiEliminaMons Cerrato di Ivrea non ha certo tollerato (come dice Lei) il SP: è sempre stato vicino alla liturgia ben celebrata e ciò è visibile anche dai filmati della sua consacrazione a Vescovo. Alcuni suoi giovani sacerdoti usano abitualmente la talare e anche la berretta.
Stesso discorso vale per mons Gallese di Alessandria, cresciuto alla scuola del card. Siri: guardi qualche foto o filmato è da alcuni dettagli evincerà che non è certo ostile alla Tradizione.
E' vero che nella foto più che vescovi sembrano tranvieri, ho sempre pensato che Nosiglia mi sembra un pensionato che va a giocare alle bocce, e se ben notate Cerrato l'hanno messo dietro che non si noti che porta l'abito.
RispondiEliminaMa l'Anonimo delle 8.27 si riferisce a Martinacci Giacomo, già cancelliere ed ora rettore della Consolata, o al defunto fratello?
Non conosco personalmente mons Giacomo, ma è uno dei pochissimi della vecchia guardia che ha sempre portato la talare senza interruzione, celebra con attenzione e senza stravaganze e una volta che mi sono confessato da lui mi è sembrato serio e profondo; inoltre da quando funge da cerimoniere del Vescovo è decisamente più dignitoso di bonanima don Vaudagnotto che aveva sempre addosso una specie di camicia da notte.
Un insegnante di religione di una scuola superiore di Bra (Cuneo), Piergiorgio Dellagiulia, ha preso posizione contro il ddl Zan su un gruppo Facebook molto seguito. Prima il suo preside ha preso pubblicamente le distanze dal professore. Poi, convocato dalla diocesi di Torino, è stato trasferito in un altro istituto. Forse non è una coincidenza.
RispondiEliminase bastassero una sottana o una berretta...
RispondiEliminaSe andate sul sito della mia diocesi non c'è nulla di Religione Cattolica sembra una succursale dei sindacati , della FAO e di qualche moschea, poi naturalmente il Titolare della Diocesi sorridente circondato da bambini in pieno stile bergogliano il quale, quando può, anche in ospedale ( fa tendenza e immagine) non appare senza bambini di contorno.. naturalmente invece di rispondere ad una mia richiesta su come avevano diffuso il Summorum Pontificum e su come interpretavano il n. 4 del Sacrosantum Concilium hanno cancellato il mio commento. Lampante esempio di come intendono il dialogo, la condivisione, l'apertura religiosa, la tolleranza e l'accoglienza dei fratelli Cattolici.
RispondiEliminaMa li mandi a quel paese, non vorrà mica rischiare di perdere la fede e finire dove andranno loro? laggiù c'è solo pianto e stridor di denti, lasci che ci vadano loro, e buon viaggio! Ha, dimenticavo, lì saluti con un bell' Anatema !!!
Eliminahttps://www.diocesi.torino.it/site/motu-proprio-traditionis-custodes-abrogate-tutte-le-norme-concessioni-e-consuetudini-precedenti/
RispondiEliminaDubito che i vescovi piemontesi, anche se ci vorrebbero spianare, per convinzione alcuni (es. Mondovì), a malincuore e per pavidità altri (Ivrea e Alessandria) intendano aprire un fronte così difficile da gestire. Ci sono situazioni risolvibili solo con un massacro all'ultimo sangue (es. val Vigezzi), nel torinese i gruppi stabili sono tanti, anche se nascosti e certo alcuni semplicemente passerebbero alla clandestinità. Nosiglia non pare un assatanato contro il rito antico e va via fra poco. la guerra in alcune diocesi sarebbe molto dura. La vorranno fare?
RispondiEliminaMassimo Mazzucco ci spiega la storia sul suicidio del dottore De Donno.
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/WQfcN4uibbJv2ACa1hzk3tqoP