Il formulario delle così dette Rogazioni, prima dell'ultima riforma liturgica era contenuto nei Rituali e, per quanto riguarda i canti relativi ala celebrazione, nel Liber Usualis dove il rimando era sempre alla pagina "In Litaniis majoribus et minoribus" e alla "Missa de Rogationibus". L'ultima riforma liturgica ha pubblicato il Rituale in volumi separati e nel De Benedictionibus (la cui editio typica del 1984, approvata da Giovanni Paolo II e giunta nel 2013 alla sua terza ristampa) non c'è traccia delle Rogazioni.
25 Aprile - San Marco, Evangelista
Il Leone evangelico, che vigila avanti al trono di Dio, insieme all'Uomo, al Bue, e all'Aquila, viene oggi festeggiato dalla santa Chiesa. È il giorno che vide Marco salire dalla terra al cielo, con la fronte cinta dalla duplice aureola dell'Evangelista e del Martire.
L'evangelista.
Come i quattro profeti maggiori - Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele - riassumono in sé il ministero profetico in Israele, così Dio voleva che la nuova alleanza riposasse su quattro testi degni di venerazione, destinati a rivelare al mondo la vita e la dottrina del suo Figliolo incarnato. Marco è discepolo di Pietro. Il suo Vangelo è stato scritto a Roma, sotto l'ispirazione del Principe degli Apostoli. Quello di Matteo era già in uso nella Chiesa; ma i fedeli di Roma desideravano che vi fosse aggiunta la narrazione personale dell'Apostolo. Pietro non intese scriverlo di proprio pugno, ma ordinò al suo discepolo di prendere la penna; e lo Spirito Santo condusse la mano del nuovo Evangelista. Marco si attiene alla narrazione di Matteo; l'abbrevia e, nello stesso tempo, la completa. Una parola, un cenno che ne sviluppi i fatti, attestano, ad ogni pagina, che Pietro, testimone e uditore di tutto, ispirò il lavoro del discepolo. Ma il nuovo Evangelista passerà sotto silenzio, o cercherà di attenuare la colpa del suo Maestro? Ben lungi da ciò, il Vangelo di Marco sarà più duro di quelle di Matteo nel raccontare il rinnegamento dì Pietro. Vi si sente che le amare lacrime, provocate dallo sguardo di Gesù nella casa di Caifa, non avevano cessato di sgorgare. Quando il lavoro di Marco fu compiuto, Pietro lo riconobbe giusto e l'approvò, le Chiese accolsero con gioia questa seconda narrazione dei misteri svoltisi per la salvezza del mondo ed il nome di Marco divenne celebre per tutta la terra [1].
Matteo, che comincia il suo Vangelo con la genealogia umana del Figlio di Dio, aveva realizzato il tipo celestiale dell'Uomo; Marco compie quello del Leone, poiché inizia con la predicazione di Giovanni Battista, ricordando che la missione del Precursore del Messia era stata annunciata da Isaia, quando aveva parlato della voce di colui che grida nel deserto; voce del leone che scuote le solitudini col suo ruggito.
Il Missionario.
La missione apostolica cominciò per Marco dopo la stesura del suo Vangelo. Il momento era giunto in cui l'Egitto, fonte di tutti gli errori, doveva ricevere la verità; la superba Alessandria avrebbe visto sorgere, tra le sue mura, la seconda Chiesa della cristianità, la seconda cattedra di Pietro. Marco era stato destinato, dal suo maestro a compiere questa grande opera. Per mezzo della sua predicazione, la dottrina salvifica germogliò, fiorì, producendo il buon seme in questa terra infedele; e da allora l'autorità di Pietro si delineò, anche se in gradi diversi, nelle tre grandi città dell'Impero: Roma, Alessandria e Antiochia.
Il Martire.
Ma la gloria di Marco sarebbe restata incompleta se l'aureola del martirio non fosse venuta a incoronarla [2]. I successi della predicazione del santo Evangelista sollevarono contro di lui i furori dell'antica superstizione egiziana. Durante una festa a Serapide, Marco venne maltrattato dagli idolatri e gettato in una prigione. Fu lì che il risorto Signore, di cui aveva raccontato la vita e le opere, gli apparve una notte, e gli disse quelle celebri parole, che sono poi state il motto della città di Venezia "La pace sia con te, Marco, Evangelista mio"! Al che il discepolo, preso dall'emozione, non poté rispondere che: "Signore!" non trovando altre parole per esprimere la gioia e l'amore; come fece la Maddalena nel mattino di Pasqua, quando restò in silenzio, dopo avere esclamato: "Maestro"! L'indomani Marco fu immolato dai Pagani; aveva compiuta la sua missione, il ciclo si apriva a colui che avrebbe occupato ai piedi del trono dell'Antico dei giorni il posto d'onore ove il profeta di Patmos lo contemplò nella sua sublime visione (Ap 4,6-11). Nel IX secolo, la Chiesa Occidentale si arricchì delle spoglie mortali di Marco. I suoi sacri resti, fino ad allora venerati in Alessandria, furono trasportati a Venezia, che, sotto i suoi auspici, cominciò quel glorioso destino che durò mille anni. La fede in un così grande patrono, operò meraviglie in quegli isolotti ed in quelle lagune, che videro innalzarsi presto una città, altrettanto potente che magnifica. L'arte bizantina costruì l'imponente e sontuosa Chiesa che fu il palladio della regina dei mari; e la nuova repubblica incise sulle sue monete l'effige del Leone di san Marco; sarebbe stata fortunata se, più filiale verso Roma e più severa nei suoi costumi, non avesse degenerato nella dignità della condotta e nella fede dei suoi secoli di gloria!
Preghiera.
Tu sei, o Marco, il Leone misterioso attaccato, insieme con l'Uomo, col Bue e con l'Aquila, al carro sul quale il Re dei re avanza alla conquista del mondo. Fin dall'antica Alleanza, Ezechiele ti vide nel cielo, e Giovanni, il profeta della nuova Legge, ti riconobbe presso il trono di Dio. Quale gloria è la tua! Storico del Verbo fatto carne, narrasti a tutte le generazioni ciò che gli da diritto all'amore e all'adorazione degli uomini; la Chiesa s'inchina di fronte ai tuoi scritti e li dichiara ispirati dallo Spirito Santo.
Nello stesso giorno di Pasqua ti abbiamo ascoltato nel racconto che ci fai della Risurrezione del nostro Salvatore; ottienici, o Santo Evangelista, che questo mistero produca in noi tutti i suoi frutti; che il nostro cuore, come il tuo, si stringa a Gesù risorto, affinché lo seguiamo ovunque in questa nuova vita che ci ha aperto, risuscitando per primo.
Domandagli che si degni di concederci la sua pace, come la dette ai suoi Apostoli, quando apparve nel Cenacolo; come la dette anche a te, nella prigione.
Tu fosti il discepolo di Pietro; Roma si onora di averti ospitato tra le sue mura; prega adesso per il successore del tuo Maestro, per la Chiesa Romana, sbattuta dalla tempesta. Leone evangelico, implora il Leone della tribù di Giuda in favore del suo popolo; risveglialo dal suo sonno; pregalo di levarsi con la sua forza: mediante il suo solo aspetto, dissiperà tutti i nemici.
O Apostolo dell'Egitto! cosa è divenuta la tua Chiesa di Alessandria, seconda cattedra di Pietro, arrossata dal tuo sangue? Le stesse rovine sono perite. Il vento infuocato dell'eresia portò la desolazione in Egitto, e Dio, nella sua collera, tredici secoli fa, scatenò su di esso il torrente dell'islamismo. Quelle contrade, dovranno dunque rinunziare per sempre a veder brillare di nuovo la fiamma della fede, fino alla venuta del Giudice dei vivi e dei morti? L'ignoriamo; ma, in mezzo agli avvenimenti che si succedono, osiamo pregarti, o Marco, d'intercedere per quelle regioni che evangelizzasti, e dove le anime sono altrettanto devastate quanto il suolo.
Ricordati anche di Venezia, o Marco! il suo scettro è caduto, forse per sempre; ma essa è ancora abitata da quel popolo, i cui antenati si consacrarono a te. Conserva in esso la fede; accordagli la prosperità, fa' che si risollevi dalle prove avute e renda gloria a Dio.
La Processione di San Marco
Storia.
Storia.
La giornata odierna ha un particolare interesse nei fasti della Liturgia per la celebre processione, detta di san Marco. L'appellativo, di per sé, non è esatto, perché la processione era già fissata al 25 Aprile prima dell'istituzione della festa del santo Evangelista, che, nel VI secolo, non ne aveva ancora una memoria fissa nella Chiesa romana. Il vero nome di questa Processione è di Litania Maggiore.
La parola Litania significa supplica, e si riferisce ad una processione religiosa durante la quale si eseguono alcuni canti che hanno per scopo di placare il cielo. Indica pure il grido che vi si ripete: "Signore, abbiate pietà!" che ha il medesimo significato delle due parole greche Kyrie, eleison. Più tardi fu applicato il nome di Litanie a tutto l'insieme d'invocazioni aggiunte al seguito delle due parole greche, in maniera da formare un corpo di preghiera liturgica che la Chiesa impiega in alcune circostanze importanti [vedi: Litanie Lauretane - Litanie dei Santi che comprendono anche le Rogazioni -ndr].
La Litania maggiore è chiamata così per distinguerla dalle Litanie minori, o processioni delle Rogazioni, istituite nella Gallia nel V secolo [vedi]. Da uno scritto di san Gregorio Magno, vediamo che l'uso della Chiesa Romana era di celebrare, ogni anno, una Litania maggiore alla quale prendevano parte tutto il clero e tutto il popolo; uso già molto antico. Il santo Pontefice non fece dunque che fissare questa processione al 25 Aprile, e indicare per luogo stazionale la Basilica di S. Pietro.
Molti liturgisti hanno confuso, con la detta istituzione, le Processioni che ordinò varie volte san Gregorio durante le pubbliche calamità: sono ben distinte da quella di oggi, che era in uso già antecedentemente, ma senza data fissa. È dunque a questo giorno che è in relazione la sua determinazione fissa, e non alla solennità di san Marco, stabilita più tardi.
Se capita che il 25 Aprile cada nella settimana di Pasqua, la processione ha luogo nel giorno stesso, almeno che non sia proprio il giorno della Risurrezione: la festa dell'Evangelista è invece rimandata dopo l'Ottava.
Si potrebbe domandare perché si scelse il 25 Aprile per indicare una Processione ed una Stazione, tutta improntata a compunzione e penitenza, in un tempo dell'anno in cui la Chiesa è immersa nelle gioie della Risurrezione del Signore.
Presso gli antichi Romani, il 25 Aprile si celebrava la festa dei Robigalia, festa che consisteva soprattutto in una processione molto popolare, che andava dalla via Flaminia al Tempio del dio Robigo. Qui si offrivano preghiere e sacrifici alla divinità affinché preservasse il grano dalla ruggine nell'epoca in cui si era, ossia quella dei geli tardivi della luna d'aprile. La Chiesa, una volta di più, sostituì l'uso pagano con una cerimonia cristiana.
Non si può fare a meno di costatare il contrasto evidente che esistette fin d'allora tra l'allegrezza dell'attuale periodo e i sentimenti di penitenza che dovevano accompagnare la Processione e la Stazione della Litania maggiore, istituite entrambe con lo scopo d'implorare la misericordia divina. Non ci lamentiamo, dunque, se, pur ricolmati da ogni specie di grazie elargiteci in questo sacro Tempo, inondati dalle gioie Pasquali, la Chiesa senta la necessità d'imporci di rientrare per qualche ora nei sentimenti di compunzione che convengono a peccatori, quali siamo. Si tratta di allontanare i flagelli che le iniquità della terra hanno meritato, di ottenere, umiliandoci e invocando l'aiuto della Madre di Dio e dei Santi, la cessazione delle malattie, la conservazione delle messi; di presentare infine alla divina giustizia un compenso per l'orgoglio, la mollezza e le ribellioni dell'uomo.
Facciamo nostri questi sentimenti, e riconosciamo umilmente la parte che hanno i nostri peccati nei motivi che causarono il divino sdegno. E le nostre deboli suppliche, unite a quelle della Chiesa otterranno grazia per i colpevoli, e per noi che siamo nel numero di essi.
Questo giorno, consacrato alla riparazione della gloria divina, non poteva passare senza la salutare espiazione con la quale il cristiano deve accompagnare l'offerta del suo cuore pentito. Fino alla recente riforma del diritto ecclesiastico, che ne ha data dispensa, l'astinenza dalla carne era obbligatoria a Roma in questo giorno; e quando la Liturgia Romana fu adottata in Francia da Pipino e Carlo Magno, vi fu promulgato lo stesso precetto d'astinenza, mentre era già in uso la grande Litania del 25 Aprile. Il concilio di Aix-la-Chapelle nell'836 vi aggiunse l'obbligo della sospensione delle opere servili, disposizione che troviamo pure nei Capitolari di Carlo il Calvo. In quanto al digiuno propriamente detto, che il tempo pasquale non ammetteva, sembra non essere stato osservato, almeno in modo generale. Amalario, nel IX secolo, attesta che al tempo suo non veniva praticato neppure a Roma.
Durante il corso della Processione si cantano le Litanie dei Santi, seguite dai numerosi versetti ed orazioni che le completano. La Messa della Stazione viene celebrata secondo il rito quaresimale, senza Gloria in excelsis e adoperando il colore viola.
Ci sia qui permesso di protestare contro una gran quantità di cristiani, anche di persone più o meno dedite alla pietà, che non si vedono mai assistere alla Processione di san Marco, né a quelle delle Rogazioni.
Il rilassamento su questo punto è giunto al colmo, soprattutto nelle città. Infatti questi cristiani sono rimasti soddisfatti dell'abolizione dell'astinenza che, prima limitata ad alcune diocesi, ai tempi nostri è stata estesa a tutti i fedeli. Sembrerebbe che questa indulgenza dovesse renderli più zelanti a prender parte all'opera di preghiera, visto che quella della penitenza è stata alleviata dalla dispensa. La presenza del popolo fedele alle Litanie forma una parte essenziale di questo rito riconciliatore; Dio non è tenuto a prendere in considerazione preghiere alle quali non si uniscono quelli che sono chiamati ad offrirle. E questo è uno dei molti punti sui quali una pretesa devozione privata ha gettato nell'illusione molte persone. San Carlo Borromeo, arrivando nella città di Milano, trovò che quel popolo lasciava compiere la Processione del 25 Aprile dal solo clero. Egli s'impose l'obbligo di assistervi in persona; vi andava camminando a piedi nudi; e il popolo, allora, non tardò a seguire le orme del suo pastore.
__________________________[1] San Marco riporta nel suo Vangelo i ricordi di san Pietro. Secondo san Papia e sant'Ireneo, l'avrebbe scritto dopo la morte dell'Apostolo. Ai nostri giorni il Padre Lagrange ammette due date possibili per la composizione del Vangelo: o nel 42-43. oppure tra il martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, nell'anno 70. Dopo avere scritto il Vangelo, Marco si sarebbe recato in Alessandria a predicare la fede.
[2] Nessuno dei Padri ci dice che san Marco fu martirizzato, ma tale è la tradizione della Chiesa e non si può seriamente dubitare che l'Evangelista abbia subito li martirio, anche se gli Atti, che ce ne riportano i dettagli, non sono assolutamente autentici.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 564-570)
- Triduo a San L.M. Grignion de Montfort - Preghiera da dirsi per 3 giorni consecutivi:
RispondiElimina🙏 O grande apostolo del regno di Gesù per Maria, tu che indicasti alle anime i sentieri della vita cristiana suggerendo l’osservanza delle promesse battesimali e insegnasti come un segreto di santità la via soave e perfetta di Maria, la via stessa voluta da Dio per venire a noi e ricondurci a Lui, ottieni anche a noi la grazia di comprendere e praticare la vera Devozione alla nostra Regina, affinché guidati e sorretti dalla Sua Celeste mediazione, possiamo crescere nelle virtù e nella fede per raggiungere la salvezza.
🙏Apostolo della Croce che con la parola e l’esempio predicasti il mistero di Gesù Crocifisso e confessasti che il non aver croci era per te la croce maggiore, ispira anche a noi la docilità nelle nostre tribolazioni, l’amore alle mortificazioni ed alle sofferenze, lo spirito di sacrificio e d’immolazione che ci rendono simili a Gesù Crocifisso.
🙏O zelatore infaticabile della gloria di Dio e della salvezza delle anime che imitasti la virtù e lo zelo degli Apostoli e acceso dal desiderio della salvezza delle anime avresti voluto recarti tra gli infedeli, infondi anche in noi questo spirito missionario che ci inciti a lavorare per gli interessi di Dio e della sua gloria, pregando per i poveri peccatori, per la conversione degli infedeli, perché il Signore dia alla sua Chiesa santi Sacerdoti e zelanti Missionari.
🙏 O Padre dei Poveri, degli infermi e dei diseredati, che vedesti negli uni e negli altri l’immagine di Gesù Cristo, concedi la grazia che desideriamo (breve pausa)… e soprattutto ottienici la vera carità verso il prossimo affinché possiamo sopportarne i difetti, i torti e le persecuzioni, e soccorrere i nostri fratelli nelle loro difficoltà.
3Gloria al Padre e 1Ave Maria….
- San Luigi de Montfort, devoto schiavo di Gesù in Maria, prega per noi, che ricorriamo a voi.
Dorotea Lancellotti
RispondiElimina- 25 aprile – San Marco Evangelista - Inizia il Triduo a San Luigi M. Grignion de Montfort
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena:
NON C’È SOLO IL CLERO CORROTTO: LE COLPE DEI LAICI (4)
Il Dialogo, prosegue con una serie di moniti per esortare i membri corrotti del clero verso un ritorno urgente alla fedeltà a Dio. “Invano si affatica colui che guarda la città, se non è guardata da Me..” (cfr. Salmo 126): vana pertanto – spiega Caterina – sarà ogni sua fatica se egli crede di guardare la città con il suo occhio corrotto; la città può risorgere dalle sue macerie soltanto se il ministro la conduce con l’occhio di Dio che è la sana dottrina della sua legge e giustizia.
E’ importante sottolineare in quale modo siamo chiamati ad intervenire, noi laici, verso questi sacerdoti: pregando, soffrendo, facendo sacrifici e denunciando le mancanze. E’ naturale, pertanto, che per fare ciò un laico deve essere egli stesso un "santo", ossia, deve essere testimone non solo del Battesimo ricevuto, ma anche della grazia infusa e di ciò che questo comporta, con una vita coerente, sacramentale, diversamente è meglio tacere e ricordarsi di quel monito: nella stessa misura con cui avrete giudicato, sarete giudicati....
Sono ben 10 su 12 i capitoli che la Santa dedica a questo grave problema, dove si parla dei vizi che affliggono e avviliscono la santa Chiesa, laici e clero. Ne esce un quadro spaventoso di miserie spirituali, che si ripetono nel tempo, ma si noti attentamente come Caterina entra in questa materia dolorosa solo dopo aver dedicato altrettanto spazio, nei capitoli precedenti, ai sacerdoti santi, esempi fulgidi che superano di gran lunga il male che deriva da quelli corrotti e come, in ogni tempo, è sempre il Cristo il vincitore che dimostra di avere sempre – tra le sue mani sante – le redini della storia.
E’ fondamentale, pertanto, che non si separi una parte dall’altra: l’una e l’altra – spiega Caterina – sono i risvolti di una sola medaglia. Inutile dire quale sia la faccia migliore: santa Caterina le dà molto rilievo elencando una lunga serie di nomi di santi, dottori, beati e martiri. Ciò che viene offerto a noi è di conoscere la verità dei fatti e la realtà dentro la quale, in ogni tempo, tutti veniamo a trovarci: di conseguenza, ci viene chiesto di saper scegliere con intelletto istruito da che parte stare, di correggerci dagli errori, di esercitare le virtù, di aiutare il clero con la preghiera, i sacrifici ed anche rammentando ad essi il compito al quale sono stati chiamati. Caterina infatti ricorda che anche le membra secolari, i laici, non sono meno colpevoli, non sono meno “infetti dal vizio“, e ammonisce loro che, invece di giudicare i vizi dei sacerdoti, è più utile prodigarsi convertendosi, ricorrendo ai preti in sollecite confessioni, conducendo una vita santa per poter supplicare Dio di riportare i Suoi ministri sulla strada delle virtù, poiché la rovina del clero è rovina anche del popolo cristiano e, con esso, è rovina delle nazioni. Lo scopo di Caterina è la riforma della Chiesa anche attraverso le preghiere e i sacrifici dei fedeli.
Le colpe del clero corrotto, però, non deve diventare – spiega santa Caterina – una scusa per lasciarci trascinare nel peccato! Qui la santa non risparmia le responsabilità dei laici che giustificano certe condotte perverse: “E’ anche vero che chi li segue non è esente dalla colpa – leggiamo nel Dialogo – dal momento che nessuno è costretto a colpa di peccato mortale, né da questi demoni visibili, né da quelli invisibili. Perciò nessuno guardi alla loro vita, né imiti quel che fanno, ma come siete stati avvertiti dal mio Vangelo, ognuno faccia quel che essi dicono…(Mt.23,3), cioè, metta in atto la dottrina datavi nel corpo mistico della santa Chiesa, pervenutavi attraverso le Sacre Scritture per mezzo dei suoi annunciatori”
...segue
RispondiEliminaÈ continuo il riferimento al Magistero della Chiesa che i Laici devono mettere in pratica attraverso il dono dei talenti che ognuno riceve. Il Signore si è espresso con fermezza: non sarà loro risparmiata la mia punizione a causa della dignità che deriva dall’essere miei ministri: anzi, se non si correggeranno, saranno puniti ancor più duramente degli altri poiché, come è già spiegato nel mio Vangelo, richiederò a ciascuno i talenti che ho loro donati!
Subito dopo questi capitoli infuocati, Caterina viene addolcita, e addolcisce anche noi, attraverso la spiegazione dell’azione diretta della Divina Provvidenza: “Sì che usai grande provvidenza! Pensa carissima figliuola, che non potevo usarne una maggiore, che darvi il Divin Verbo, unigenito Mio Figliuolo“.
Gesù Cristo è la consolazione di tutta la Chiesa, di santa Caterina, di ogni sacerdote, di ognuno di noi oggi che leggiamo queste pagine…:�� “La mia Provvidenza non mancherà mai a chi la vorrà ricevere, come sono quelli che perfettamente sperano in Me. E chi spera in Me, chi bussa, a chi mi apre il suo cuore, a chi mi accoglie qual mendicante come mi presento, nudo ed inchiodato sulla Croce, a chi ama veramente la Verità non solamente a parole, ma con l’affetto e il lume della santissima fede, con la preghiera ardente, con l’amare la Mia Sposa, questi e non altri gusterà Me nella mia Provvidenza. (..) la perfetta speranza del cristiano è di ricevere Me nella Provvidenza, ed Io non mancherò di presentarmi a quest’anima che ardentemente Mi desidera e spera in Me. (..) Ammonisci, figliuola carissima, che la mia Provvidenza non è tolta ad alcuna creatura, perché tutte le cose sono condite con essa….”
Preghiamo: O Glorioso san Marco che foste sempre in onore specialissimo nella chiesa, non solo per i popoli da voi santificati, per il vangelo da voi scritto, per le virtù da voi praticate, e per il martirio da voi sostenuto, ma ancora per la cura speciale che mostrò Iddio per il vostro corpo portentosamente preservato sia dalle fiamme a cui lo destinarono gli idolatri nel giorno stesso della vostra morte, e sia dalla profanazione dei saraceni divenuti padroni del vostro sepolcro in Alessandria, fate che possiamo imitare tutte le vostre virtù.. Ve lo chiediamo per i meriti del Signore Gesù che amabilmente serviste in terra. Così sia. 3Gloria al Padre….
I canti relativi alla funzione si trovano, come sempre, nel Graduale Romanum. Il Liber Usualis, noto anche come Paroechie Romanum è una riduzione del Graduale e dell'Antiphonale ad uso delle parrocchie (contiene solo le domeniche e alcune feste maggiori), ma non un testo liturgico ufficiale normativo. Tutti i libri usuales hanno in capite una nota che ne afferma la conformità alle edizioni tipiche di Graduale e Antiphonale.
RispondiElimina* Paroechiale
EliminaCredo che oggi sia stato il corteo del 25 aprile più pasticciato della storia: c’erano bandiere arcobaleno e quelle della NATO, bandiere di Israele e e qualcuna dei nazisti di Azov, quelle dei palestinesi e quelle ucraine. E ai soliti battibecchi tra filoisraeliani e sostenitori di Hamas, si sono aggiunte le grida e gli insulti fra filocomunisti e atlantisti. Se continua di questo passo, con questa confusione mentale, tanto vale vietare il corteo per evitare il rischio che degeneri in guerra civile
RispondiElimina"...tanto vale vietare il corteo per evitare il rischio che degeneri in guerra civile"
RispondiEliminaSembra che lo scopo sia proprio questo, creare il caos mondiale per coprire le malefatte ed i fallimenti che lorsignori hanno prodotto finora e se riescono a far sì che ci ammazziamo a vicenda avranno ottenuto anche una sostanziosa diminuzione della popolazione.
E' necessario non cadere nelle provocazioni anche inconsapevoli, non eseguire più gli ordini che vengono dai venduti traditori e quanto prima rinchiuderli in galere di massima sicurezza. I popoli che hanno al potere finanzieri del grande reset e/o i loro servi, devono camminare con grande accortezza, con circospezione, ma verso l'unica meta di metterli in condizione di non nuocere più.