C'è da chiedersi che senso abbia perdere del tempo a discutere con degli eretici... I tedeschi non ricevono contestazioni neanche dal Vaticano. Non ci vuole molto a capire che il clero tedesco sta facendo il lavoro sporco che fa comodo anche a Roma. Precedenti di maggior rilievo sulla situazione della Chiesa in Germania qui - qui - qui - qui. E sul Sinodo sulla sinodalità qui
Recentemente sono state mosse nuove critiche al processo intrapreso dalla Chiesa di Germania, il Cammino sinodale. Così, il 5 maggio, il Tagespost ha riportato una nuova critica di mons. Czeslaw Kozon, presidente della Conferenza episcopale scandinava. E il 3 maggio mons. Samuel Aquila, arcivescovo di Denver, ha inviato una nuova critica a mons. Bätzing.
Il presidente della conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, è perplesso di fronte a tutte queste critiche. Ha risposto a mons. Aquila respingendo le critiche mosse al Cammino sinodale e avvertendo che in futuro non avrebbe più risposto alle lettere aperte.
L'arcivescovo di Limburgo ha sottolineato che il Cammino sinodale mira ad affrontare "le cause sistemiche degli abusi e del loro occultamento, che hanno causato sofferenze indicibili a tante persone nella Chiesa e a causa della Chiesa".
Nella sua nuova critica, mons. Aquila ha qualificato il Cammino sinodale come un "tradimento del Vangelo". Spiega che l'iniziativa mette in discussione il patrimonio della fede e in alcuni casi lo rigetta. Ha fatto riferimento ai dibattiti sulla moralità sessuale cattolica.
A proposito degli abusi, scrive l'arcivescovo di Denver: "Perché l'insegnamento cattolico deve cambiare sulle questioni fondamentali della dottrina e della vita morale perché i vescovi tedeschi non sono riusciti a insegnare in modo efficace a comportarsi onestamente?"
La risposta a mons. Aquila
Nella sua risposta, il presidente della Conferenza episcopale tedesca afferma: "Sulla base di intense discussioni con le persone colpite e di studi scientifici sui casi di abusi su bambini e giovani da parte di membri del clero nel nostro Paese, abbiamo dovuto accettare dolorosamente che sono i fattori sistemici multidimensionali nella Chiesa cattolica a favorire gli abusi. Scoprirli e superarli è il punto di partenza del Cammino sinodale."
D'altro canto, l'argomento di Aquila secondo cui i vescovi hanno commesso errori nell'affrontare gli abusi e che ora vogliono, invece di assumersene la responsabilità, mettere in discussione fondamentalmente l'insegnamento della Chiesa, è "terribilmente unilineare e purtroppo non fa giustizia - tutt'altro - alla complessa realtà delle strutture che favoriscono gli abusi nella Chiesa cattolica".
Mons. Bätzing ha annunciato che non risponderà più alle lettere aperte. "Se l'ho fatto la prima volta, è stato per rispetto a te e ai miei confratelli. Ma sai anche che è consuetudine lasciare lettere aperte senza risposta."
Afferma inoltre che, tra i firmatari della prima lettera, c'erano persone "che non erano informate del vero processo di discussione del Cammino sinodale", rimprovera all'arcivescovo di Denver.
"E anche dopo un certo periodo, non erano a conoscenza del fatto che avessi risposto in dettaglio e di come l'avessi fatto. Ciò dimostra che non hanno reso pubblicamente disponibile la mia risposta allo stesso modo della loro lettera". Aquila ne aveva diritto, ma ciò rende la sua mossa "un po' ambigua", conclude.
Comunque sia, non è necessario essere vescovo per rendersi conto della deriva del Cammino sinodale. Ed è anche ovvio che Roma non può non sapere cosa sta succedendo lì. Infine, è certo che, se Roma non interviene – e per Roma bisogna capire il Papa – il danno inflitto alla Chiesa di Germania rischia di far sembrare la Riforma una cosa da niente.
(Fonti: katholisch.de/Infocatolica/Die Tagespost – FSSPX.Actualités)
Il regno delle possibilità, a ben vedere, è infinito. Quindi chi non si trova nella Chiesa Cattolica vada in pace verso la Scienza dai fattori sistemici multidimensionali.
RispondiEliminaNon credo esista un Santo che non abbia avuto le sue tentazioni, tutte egregiamente superate in quanto il Santo poggiava e poggia sulla sua vocazione certa e sulla santità dell'insegnamento ricevuto, che ben assimilato lo metteva e lo mette in grado di riconoscere le tentazioni, le illusioni che assecondate ottundono indeboliscono corrompono, ma serenamente superate, con l'aiuto della Grazia, irrobustiscono, fortificano, ridestano alla pienezza della Vita.
Come sempre constatiamo che essersi messi alla scuola del mondo ha dato solo risultati mondani che il signore del mondo regala, inizialmente con abbondanza, a quelle anime che ha strappato e strappa alla Chiesa. Davvero dispiace e vien anche da disperare nel vedere tante anime consacrate che, fin qui, sembrano solo perse e dannate. Occorre una rinnovata e sincera conversione.
"Lei deve abortire signora. Non ha nessuna alternativa purtroppo. È malata ai reni e il suo cuore è appeso a un filo... Rischiate di morire entrambi. Nelle sue condizioni non riuscirà a portare a termine la gravidanza, il suo bambino, per il quale vuole sacrificare la vita, morirà."
RispondiEliminaEmilia non prese in considerazione l’idea dell’ aborto nemmeno un attimo. Sì affidò a Dio.
Quel bambino nacque il 18 Maggio 1920 a Wadowice in Polonia col nome di Karol Jozef Wojtyla!
Secondo giorno
RispondiEliminaL'umiltà di Filippo
Filippo era talmente umile davanti a Dio che ci volle un esplicito comando del suo confessore perché si decidesse a diventare sacerdote. Non voleva ricevere il sacerdozio, infatti, perché sapeva di esserne indegno. Fu sempre schivo da qualsiasi ombra di onore che non solo rifiutò dignità, prelature e fin’anche la porpora cardinalizia, ma neppure voleva essere chiamato fondatore della Congregazione dell’oratorio. Si studiò sempre di tenere nascosti all’ammirazione degli uomini quei doni di cui la misericordia di Dio l’aveva arricchito.
Era da tutti ritenuto un santo, anche per i miracoli che, già in vita, erano stati accordati per sua intercessione. Personaggi di ogni dove, cardinali, principi e gli stessi Sommi Pontefici (fra i quali qualcuno si abbassò anche a baciargli la mano) gli mostravano, comunque, la loro stima. Eppure, si riteneva seriamente il più grande peccatore del mondo. Spesso ripeteva piangendo: Povero me! Misero me! Non ho mai fatto del bene!
Filippo non solo si preoccupò di aborrire onori e dignità, ma si ingegnò in ogni modo di occultare al mondo le virtù per le quali poteva essere lodato, mostrandosi spesso come uomo vile, pazzo ed imprudente, inventandosi mille modi per essere deriso e disprezzato.
Siate umili, state bassi… perché Dio, a volte, suole umiliare la superbia col permettere vergognose cadute…
Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte.
Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli.
PreghieraUmilissimo san Filippo, che per essere vero imitatore di Cristo hai sempre disprezzato le lodi umane e, anzi, hai goduto di essere disprezzato dagli uomini, chiedo a te di farmi comprendere il vantaggio della vita nascosta e la sublimità che è racchiusa nei servizi più bassi ed abietti.
Imprimi anche in me quella bassa considerazione che hai avuto di te stesso, che ti faceva credere di essere il peggiore degli uomini, affinché quel bene che mi prefiggo di fare, con la grazia di Dio, non sia vanificato dalla mia compiacenza o dalle lodi degli uomini. Ottienimi la vera umiltà del cuore e la reale conoscenza del mio essere niente, perché io possa stare in verità davanti a Dio e l’umiltà della mia vita attiri il Suo sguardo su di me. Amen.
In seguito ed in conseguenza della fissazione del canone del N.T. (nella seconda metà del secolo II), si finì per dimenticare che i nostri Vangeli hanno una preistoria IMPORTANTISSIMA. Vanno collocati, non già all'inizio, ma alla fine di un lungo processo anteriore. Perciò nella sua nozione di Tradizione il cattolicesimo si è sempre ben guardato da una considerazione esagerata ed esclusiva della lettera scritta. Con la Riforma il concetto sull'origine dei Vangeli venne falsato. la Riforma tirò le ultime conseguenze della canonizzazione del N.T., facendo dell'ispirazione VERBALE, di ogni singola parola della Srittura il suo dogma essenziale. Mentre il Cattolicesimo non dimenticò mai che la tradizione PRECEDE la Scrittura, i teologi Riformati non tennero più alcun conto del fatto che, fra l'epoca in cui è vissuto Gesù e quella della composizione dei Vangeli, corre un periodo di circa tre decenni. Periodo in cui non esisteva ancora una "Vita di Gesù" scritta. E' strano rilevare che i proprio i teologi più liberali del XIX e XX Secolo hanno subito inconsciamente l'influenza della teoria dell'ispisrazione verbale, non badando che alla lettera scritta, senza preoccuparsi dell'imporatne periodo in cui il Vangelo esisteva solo sotto forma di parola viva(Oscar Vullman "LE RECENTES éTUDES sur la formation de la tradition evangelique; in Revue d'historie e de philosophie, 1925 pagg. 459-460).
RispondiElimina19 maggio 2022 19:46
RispondiEliminaForse per questioni puramente anagrafiche e/o locali ho ricevuto un'impostazione più vicina alla Riforma. Ne ebbi sentore quando mi ritrovai in una libreria cattolica, circa l'ora di chiusura, alla ricerca di qualche testo sull'Apocalisse, eravamo pochissimi clienti, quindi tutti sentivano tutto, ad un certo punto delle voci maschili alle mie spalle cominciarono a darmi le risposte che mi aspettavo dal commesso al quale stavo chiedendo consiglio; siccome queste voci sconosciute, insistenti, ripetevano cognomi di teologi di cui avevo sentito parlare, senza girarmi dissi con voce piena: " E basta con questi protestanti!" Silenzio. Non concludendo nulla, mi voltai per uscire e vidi che gli sconosciuti consiglieri erano due sacerdoti cattolici! Questa fu una delle finestrelle che si aprì e si chiuse sul mio lungo dormiveglia.
P.S.Difficile capire quanto siano Cattolici i cattolici.
"Si ha almeno il diritto di riflettere?
RispondiEliminaSi ha soprattutto il dovere di essere prudenti! La crisi attuale è inedita e quindi non può essere regolata con due o tre «copia-incolla». Ora, non ci si improvvisa teologi, né canonisti. Noi dobbiamo conservare la Fede – aggrappandoci alla Tradizione e allontanandoci dai novatori -, ma nessuno ci ha incaricato di istruire dei processi contro le autorità che difettano. La legittima difesa ci dà il diritto di proteggerci dai prelati pericolosi, ma non ci conferisce l’autorità per dichiararli esclusi dalla Chiesa e decaduti dal loro potere. E’ la parabola del farmacista raccontata da Mons. Lefebvre: se io constato che il mio farmacista mi fornisce un veleno, evidentemente devo rifiutarlo. E’ una certezza assoluta, perché non ho il diritto di avvelenarmi. Quanto alla esatta responsabilità del farmacista, non è cosa che mi competa. Era distratto? Miope? Incompetente? E’ stato ingannato da un altro? E’ un imbroglione che non ha effettivamente una laurea? E’ un assassino volontario? E’ improvvisamente impazzito? Io posso avere la mia opinione, ma questo rimane secondario, perché io non sono il suo giudice. Al mio livello, io devo rifiutare il veleno e mettere in guardia contro l’avvelenatore, ma non posso dichiarare, sulla base della mia autorità, che egli non appartiene più all’ordine dei farmacisti. Non è di mia competenza. Sfortunatamente, molti sedevacantisti invertono il problema. Essi vogliono ad ogni costo risolvere la questione che non dipende da loro e farne il primo dovere di ogni cattolico. Essi dichiarano sulla base della loro autorità che Paolo VI e Giovanni Paolo II non erano papi, e ne fanno un dogma, gettando l’ingiuria e l’anatema su tutti coloro che esistano a seguirli. Si tratta di un’imprudenza che non risolve alcunché, causando di contro molto disordine."
Tra il diritto di riflettere ed il dovere della prudenza sono per un giudizio che nel tempo viene ampliato, corretto, purificato, comunicato. Questo giudizio ho il dovere di esprimerlo onestamente quando necessario, quando serie occasioni lo richiedono. La prudenza è necessaria, riflettere è parte ineliminabile del processo del pensiero. Non bisogna assolutizzare le parti del tutto, ma rammentare che per arrivare al giusto giudizio il primo che deve essere abitualmente tenuto d'occhio è chi giudica, che ha i suoi limiti e le sue spettacolari intuizioni. Ma le più alte intuizioni necessitano della capacità che sa porre dietro di esse tutte le pietre del guado-concetti-immagini che conducono al pensiero giornaliero e da questo a quelle vette dove è piaciuto alla Grazia divina istruirci con un lampo intuitivo e viceversa. Questo passare e ripassare su questo guado mette in grado di comprendere quali pietre ancora traballano sotto i nostri piedi e come posizionarle in sicurezza.
RispondiElimina