Su richiesta di un sacerdote della Tradizione, The Remnant ha proposto all'Arcivescovo Carlo Maria Viganò di esprimere il suo pensiero sulla riforma della Settimana Santa promulgata sotto Pio XII il 16 novembre 1955 dal Decreto Maxima Redemptionis nostrae Mysteria (riforma già avviata in merito al Sabato Santo, ad experimentum, nel 1951). Qui l'indice degli interventi di Mons. Viganò
Ecco la risposta di Mons. Viganò:
Mons. Viganò: Riflessioni sulla
Riforma della Settimana Santa del 1955
vi ringrazio per avermi sottoposto la domanda di don... a proposito della riforma della Settimana Santa.
Concordo con lui sul fatto che essa può effettivamente considerarsi una sorta di ballon d’essay con cui gli artefici della successiva riforma conciliare hanno introdotto tutta una serie di modifiche – a mio parere del tutto opinabili ed arbitrarie – all’Ordo Majoris Hebdomadæ fino ad allora in vigore.
Direi anzi che queste modifiche possono essere apparse quasi innocue, ancorché cervellotiche, perché la mens che le aveva partorite non si era ancora palesata né con la riforma di Giovanni XXIII né tantomeno con quella ben più devastante inaugurata dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium e poi ulteriormente esasperata dal Consilium ad exsequendam; ma ciò che per un parroco del 1956 poteva sembrare una semplificazione dettata dalle esigenze di adattare la complessità dei riti della Settimana Santa ai ritmi della modernità – e che probabilmente fu presentata per tale allo stesso Pio XII, tenendone nascosta la portata dirompente – acquisisce ai nostri occhi ben altro senso, poiché in essa vediamo anzitutto all’opera la disinvolta mentalità sfrondatrice dei modernisti e degli allievi del mai abbastanza deprecato rénouveau liturgique; e in secondo luogo perché riconosciamo nelle scelte di presunta semplificazione delle cerimonie la stessa impostazione ideologica delle più ardite innovazioni del Novus Ordo. Infine, tra i personaggi che fanno capolino in quella riforma compaiono i protagonisti della riforma conciliare, promossi a più alti incarichi proprio in virtù della loro notoria avversione alla solennità del culto: è difficile pensare che quanto essi avviarono tra il 1951 e il 1955 non fosse concepito come primo passo verso gli stravolgimenti portati a compimento meno di vent’anni dopo.
Certo, l’aria che si respira in certe parti del rito di Pio XII – penso al Pater noster recitato dal celebrante e dai fedeli, ad esempio – è la stessa che ritroviamo nel Novus Ordo: vi si percepisce quel “qualcosa” di estraneo, di innaturale che è tipico delle opere che non sono ispirate dal Signore e che sono palesemente umane, intrise di un razionalismo che nulla ha di veramente liturgico ma che puzza di quella presunzione gnostica che giustamente Pio XII condannò nell’immortale Enciclica Mediator Dei. Desta stupore che quegli stessi errori provvidenzialmente condannati nel 1947 siano riusciti a riemergere proprio nella riforma che egli promulgò: non dimentichiamo però che il Pontefice era in età avanzata e molto provato nel fisico e nell’animo dal recente conflitto mondiale; includere Pio XII nell’elenco dei demolitori della Tradizione sarebbe quindi tanto ingiusto quanto ingeneroso.
Fatta questa premessa, rimane da valutare se per il rito promulgato da Pio XII con il Decreto Maxima Redemptionis nostræ Mysteria del 16 Novembre 1955 valgano le medesime eccezioni sollevate per il Novus Ordo Missæ promulgato da Paolo VI con la Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3 Aprile 1969. O meglio: premesso che il Motu Proprio Summorum Pontificum riconosce ai Cattolici il diritto di avvalersi del rito precedente in ragione della sua specificità rituale, dottrinale e spirituale; premesso che il Motu Proprio non entra nel merito di una valutazione di ortodossia del Novus Ordo ma si limita ad una questione – per così dire – di gusto liturgico; possiamo estendere tale principio anche ai riti precedenti il Motu Proprio Rubricarum Instructum di Giovanni XXIII e lo stesso Decreto Maxima Redemptionis nostræ Mysteria, esprimendo questa nostra “preferenza” per il rito cosiddetto di San Pio X?
Questa è in realtà una provocazione. Anzitutto perché non condivido la compresenza di due forme dello stesso Rito nella Chiesa di rito romano; in secondo luogo perché considero gravemente mancante e certamente favens hæresim il rito riformato, facendo mia tanto la denuncia dei Cardinali Ottaviani e Bacci, quanto quella di Mons. Marcel Lefebvre, e sono convinto che il Novus Ordo vada semplicemente abolito e proibito, e il rito tradizionale dichiarato unico Rito Romano in vigore. Solo in quest’ottica, infatti, ritengo sia possibile “impugnare” canonicamente anche l’Ordo Hebdomadæ Sanctæ instauratus e, volendo essere puntigliosi, anche il Motu Proprio Rubricarum Instructum, soprattutto in ragione della loro coerenza di impostazione con il Novus Ordo e della loro evidente rottura con l’impostazione del Missale Romanum precedente.
Ora, vista la vacatio legis in cui ci troviamo, credo che se la Fraternità San Pio X ritiene legittimo far riferimento al Messale di Giovanni XXIII perché riconosce in tutte le successive riforme che portarono al Messale di Paolo VI la medesima mente dolosa; per lo stesso motivo – di natura principalmente prudenziale – essa potrebbe applicare il medesimo principio alla riforma della Settimana Santa, anche se in essa – come nel Messale di Giovanni XXIII – non vi è alcunché di eterodosso o di nemmeno lontanamente incline all’eresia.
Questo, credo, fu il motivo per cui mons. Lefebvre scelse appunto il rito del 1962. D’altra parte, avendo egli una mente giuridica in virtù della sua solida formazione, comprendeva bene che non sarebbe stato possibile applicare una sorta di “libero esame” alla Liturgia, perché questo avrebbe autorizzato chiunque a adottare qualsiasi rito. Allo stesso tempo, però, non gli sfuggiva – come non sfugge a noi oggi – l’indole eversiva della riforma conciliare, volutamente aperta alle deroghe ad experimentum, agli infiniti ad libitum, col pretesto di ritrovare una presunta purezza originaria dopo secoli di sedimentazioni rituali. Proprio per questo Mons. Lefebvre decise di tornare al rito meno compromesso, ossia quello del 1962, forse senza cogliere alcuni aspetti controversi delle riforme di Pacelli e di Roncalli che solo un esperto liturgista avrebbe colto, soprattutto in quei travagliati anni Settanta. Non dimentichiamo inoltre che il Rénouveau liturgique iniziò in Francia ben prima che in Italia, e che molte novità poi diventate norma della Chiesa universale furono sperimentate sin dagli anni Venti in Diocesi francesi, ad iniziare dall’uso dei paramenti gotici e dell’altare versus populum, sempre in nome di quell’archeologismo che avrebbe cancellato con un tratto di penna un intero millennio di vita della Chiesa. Immagino che agli occhi di un Prelato italiano celebrare coram populo con la casula medievale apparisse una stravaganza, mentre per un Arcivescovo francese era ormai un uso acquisito e per certi versi addirittura incoraggiato.
Dobbiamo inoltre comprendere – e in questo credo di essermi ampiamente espresso – che la mens della riforma iniziata a livello locale ben prima di Pio XII e poi progressivamente diffusa nell’orbe cattolico è del tutto antigiuridica: i loro artefici si sono avvalsi dell’autorità del Legislatore per imporre con forza di legge un rito che doveva essere tutto, fuorché un’applicazione pedissequa del testo liturgico; il Messale non doveva più contenere i testi che il celebrante doveva recitare fedelmente, ma una sorta di canovaccio che autorizzasse le peggiori eccentricità e insinuasse nel corpo ecclesiale una inesorabile perdita del senso del sacro. Questo non è ancora visibile né nell’Ordo Hebdomadæ Sanctæ instauratus, né nel Messale di Giovanni XXIII; ma il principio della perpetua mutevolezza del rito e del suo disinvolto aggiornamento (assieme all’erronea persuasione che esso si sia corrotto col passare dei secoli e che in quanto tale necessiti di essere “sfrondato” dalle superfetazioni, mentre esso è invece il risultato di uno sviluppo armonico dato dalle circostanze, dal tempo e dai luoghi) era già posto. E certamente la modifica del Canone Romano da parte di Roncalli con l’inserimento del nome di San Giuseppe andava nella stessa direzione, toccando addirittura la preghiera più antica e sacra del Santo Sacrificio.
Concludo con una constatazione. Molte comunità che si avvalgono del Motu Proprio Summorum Pontificum celebrano i riti della Settimana Santa seguendo il Messale precedente alla riforma di Pio XII: la stessa Commissione Ecclesia Dei ha autorizzato questa deroga, considerando legittime le motivazioni addotte da chi la chiedeva. Non vedo quindi per quale motivo la Fraternità, che nella custodia della Messa tradizionale è stata all’avanguardia in tempi ben più difficili, non possa fare altrettanto. Di certo, quando la Chiesa ritroverà se stessa, tutto ciò dovrà essere ricondotto nell’alveo della legge; una legge che, possiamo sperare, terrà saggiamente conto delle criticità sollevate.
Auspico che queste mie considerazioni possano in qualche modo essere di aiuto al reverendo ….
L’occasione mi è grata per impartire a tutti voi, cari amici, la mia paterna benedizione.
+ Carlo Maria Viganò, arcivescovo
Quanti consacrati si son fatti scudo della modernità e delle sue pretese esigenze per cancellare il passato e la sua fedeltà alla storia del Signore con sua Chiesa? A guardar bene queste dinamiche di aggiornamenti al passo dei tempi sono quelle che generano terribili e lunghe e fratricide guerre che oggi si fanno manifeste con chiarezza anche nella odierna geopolitica.
RispondiEliminaCredo che gli errori nei quali cadiamo in ogni campo siano, più o meno, sempre gli stessi, ma anziché imparare dalle loro dinamiche interne per correggerli andiamo cercando nuove soluzioni immediate, al passo dei tempi sempre correnti e sempre di nuovo sbagliando.
Ora riuscirà la Russia con la sua lentezza, che definirei sapienziale, ad aver ragione del dinamismo di colui che non dorme mai? Riuscirà la Liturgia cattolica a ritrovare la Sapienza che le fu propria? Credo che questo dipenda proprio da ciascuno di noi, dalla nostra capacità di far silenzio e nel silenzio tornare alla scuola del nostro Maestro.
RispondiElimina"Riuscirà la Russia con la sua lentezza ad aver ragione del Demonio?"
Affermazione poco chiara e che c'entra poco con la questione liturgica.
Circa il rapporto della Russia col demonio: è stato molto stretto dall'avvento del comunismo al potere. La Russia in realtà non ha finito di espiare le sue grandi colpe bolsceviche e comuniste nei confronti del resto del mondo. Le difficoltà notevoli che sta incontrando nella presente guerra fanno parte di questa "espiazione", se ben intese dai russi stessi, che ora si trovano a combattere contro un Occidente impestato da quel Demonio che essi stessi russi (sovietici) hanno contribuito a diffondere così bene in tutto il mondo
(la distruzione della famiglia con il riconoscimento del "diritto" di abortire e l'ugualitarismo tra uomo e donna sono cominciati nella Russia sovietica ove le tracce di questa distruzione ancora permangono, nonostante gli sforzi del regime attuale di porvi riparo).
O.
RispondiEliminaParole chiarificatrici da parte di mons. Viganò, con qualche distinguo.
Un punto sembra difficile condividere: che nella Messa OV, con la recita del Pater NOster in comune tra officiante e fedeli si respiri già la stessa aria del Novus Ordo in fieri. Questo mi pare senz'altro eccessivo, affermarlo. Ma quale "stessa aria"? Quando mai?
E non so quanto saggio sia voler ritornare ai riti della Settimana Santa prima della riforma degli stessi approvata da Pio XII.
Negli attacchi a Pio XII per questa riforma si sono infiltrati anche "tradizionalisti" pseudo-cattolici e greco-scismatici travestiti da difensori della tradizione liturgica cattolica. Lo scopo di questi ultimi è soprattutto quello di denigrare il papa, in particolare Pio XII.
Infine, i mutamenti apportati da Giovanni XXIII al Canone, non sono stati uno solo: quello di introdurre il nome di S. Giuseppe nel Canone? Non sono mutamente giganteschi. Piccole modifiche, non di sostanza, per quanto rare, non sono sempre state ammesse? Adesso dovremmo togliere il nome di S. Giuseppe dal Canone per ristabilire la purezza dello stesso?
T.
"Affermazione poco chiara e che c'entra poco con la questione liturgica..."
RispondiElimina"...Il profeta (Ezechiele), di natali sacerdotali (era figlio del sacerdote gerosolimitano Buzi),è dotato di immaginazione prepotente e libera, ma è capace di esprimere anche la sottigliezza di un giurista sacrale, tanto da essere considerato progenitore e patrono della cosiddetta Tradizione Sacerdotale, una corrente teologica e letteraria fiorita durante l'esilio babilonese e considerata alla base sopratutto dei testi LEGISLATIVI e LITURGICI del Pentateuco...(in particolare dell'intero Levitico). (dalla Introduzione al 'Libro di Ezechiele'p.5 di G. Ravasi, BUR, 1996)
N.B. Casualmente mi è capitato tra le mani, questa mattina, il testo della citazione che ho copiato. Spero che riesca a chiarire la mia affermazione meglio della mie parole poco chiare.
Studiamo i vari aspetti della realtà dividendoli in 'materie' per comodità e per rimanere nel tema, ma nei fatti tutto si tiene perché connesso con legami più o meno prossimi.
RispondiElimina"Spero riesca a chiarire la mia affermazione etc."
Non direi. Il collegamento appare alquanto complicato.
Cerchiamo di non parlare per enigmi, anche se non
è cosa facile come si potrebbe pensare.
Immagini di avere due tavoli, su un tavolo metta tutte le componenti caratteristiche della Liturgia, sull'altro tavolo metta tutte le componenti caratteristiche di un buon governo, nel nostro caso, ora in guerra.
RispondiEliminaEntrambi i tavoli, tanto per iniziare cristianamente, si occupano di Dio e dell'essere umano, hanno qualcosa in comune con il Sacrificio, con la Legge, diritti e doveri, con sentimenti di Amore, di Giustizia, di Salvezza, di Pace.
Per l'accostamento di sapienza e lentezza mi sembra chiaro che la sapienza ha bisogno di dilatare i tempi per mettere a fuoco, per approfondire. Sapienza che solitamente viene messa in fuga dalla violenza e velocità con cui avvengono le rivoluzioni permanenti, a lungo pianificate.
La Federazione Russa ha superato e sta finendo di superare il comunismo e dimostra di non voler entrare in un liberalismo corrotto e mafioso, nel mentre abbiamo visto e vediamo che è riflessiva, lenta nell'approfondire e nel muoversi, i grandi romanzi russi ne sono un buon esempio. La Liturgia viceversa è passata dalla lenta Sapienza che le era propria alla rivoluzione permanente emarginando da sé coloro che la richiamavano ad essere se stessa.
Quindi vediamo, almeno io vedo, nella Federazione Russa il manifestarsi di una ponderazione, di un sapienza che mi fa ben sperare, parimenti vedo nel ritorno di molti cattolici alla Messa Cattolica, che la Liturgia sta cercando di ritrovare se stessa, questa volta distanziandosi dai rivoluzionari permanenti.
Riguardo agli errori seminati dalla Unione Sovietica è meglio riconoscere che noi li abbiamo accolti a braccia aperte.
Nella certezza che quello che ancora non le è chiaro presto potrà chiarirlo e schiarirlo, ancor più e meglio, con la sua intelligenza, chiudo.
La Fraternità di San Pietro adottava, prima di TC il messale precedente il 1955. Temo che la Fraternità di San Pio X adesso, con l'attuale Ministro Generale, prenda una strada diversa che non è più quella percorsa fino al precedente Ministro Generale. Negli ultimi tempi ho notato che la Fraternità di San Pio X sta adottando una strategia, per così dire, di non belligeranza se non di complice negativa connivenza. Pensiamo al suo atteggiamento sul caso "vaccini". Alessandro da Roma.
RispondiEliminaMi viene da pensare che la Fraternità cerchi con realismo di salvare il salvabile.
Elimina
RispondiEliminaLa FSSPX, sul caso "vaccini", avrebbe preso un atteggiamento "connivente"?
Ma che significa? Connivente, con chi?
I teologi della FSSPX hanno semplicemente detto che fare il vaccino o meno era una questione di coscienza, che non comportava cadere in peccato mortale, se lo si faceva il vaccino perché convinti (in sostanza) di trovarsi in stato di necessità (timore di contrarre il moerbo, rischio di perdita del lavoro, sospensione dello stipendio, miseria per la famiglia).
Concordo. Io sono contrario ai vaccini, tuttavia, a causa dell'obbligo vaccinale di gennaio - trovandomi in stato di necessità - sono stato costretto a vaccinarmi, affidandomi al Signore. Il Quale sa tutto, vede tutto e provvede a tutto. E non sono l'unico. Per adesso sto benissimo. Provvidenza Divina del Cuore di Gesù, provvedici!
EliminaA pelle, sembra anche a me che la FSSPX stia attraversando un momento di 'stanca'.
RispondiElimina
RispondiEliminaUn momento di stanca per la FSSPX? Non si direbbe
Se si parla con qualche loro sacerdote, si viene a sapere che l'affluenza alle loro Messe è raddoppiata e persino triplicata. Merito forse del Covid, grazie al quale molti hanno scoperto la Messa Antica.
Ho sentito dire che ad Albano, vicino a Roma, adesso la Domenica fanno per i fedeli due Messe invece di una sola. Quindi tre in totale, calcolando quella della mattina presto.
In fase di stanca perché non attacca duramente Bergoglio per le sue uscite diciamo stravaganti o perché, non cercando di venire ad un accordo con Roma, sembra come rinchiudersi in se stessa?
La critica a certi errori bergogliani la FSSPX l'ha fatta a suo tempo e non se l'è rimangiata. Entrare in polemica diretta e continua con il papa non è mai stata la politica della Fraternità.
Un'impressione superficiale che nasce da omelie vicine a conferenze. Ricordo le domeniche in cui Padre Cornelio Fabro celebrava la Santa Messa a Santa Croce al Flaminio(ultimi anni'50), chiesa stipata, porte aperte con altre persone come sardine nell'atrio. Ricordi personali: durante l'omelia silenzio di tomba, la voce del Padre risuonava grave e chiara (senza alta tecnologia) fino fuori le porte, passando dall'adagio all'andante con moto mentre sferzava in un crescendo tutte quelle anime silenti e compunte. Quelle anime finita la Messa uscivano sorridenti, tonificate, rinfrescate, irrobustite, contente e in un compiacersi reciproco per la 'bella omelia' si avviavano al pranzo domenicale in famiglia.
RispondiElimina
RispondiEliminaLa sintetica dichiarazione della FSSPX tedesca sulla vaccinazione anticoronavirus, del 12 febbraio 2021,
ricavata dal testo italiano:
"Da due settimane, sul tema del vaccino contro il coronavirus, circolano testi che hanno causato problemi tra i fedeli. Cosa c'è di vero nelle affermazioni contenute in questi testi e che cosa è falso?
È vero che ci sono ragioni mediche per essere scettici nei confronti di vaccini di un genere nuovo e insufficentemente testati.
Ciò che è sbagliato, tuttavia, è affermare che è un peccato farsi vaccinare, quali che siano le circostanze.
L'affermazione secondo cui non è mai lecito vaccinarsi, a costo di perdere la casa, il lavoro o anche la vita, è priva di fondamento teologico. Coloro che affermano qusto omettono le distinzioni necessarie e si basano su affermazioni non provate. In altre parole, è consentito essere vaccinati per ragioni proporzionate".
Stefan Plueger, Superiore distrettuale
RispondiEliminaLa sintetica dichiarazione della FSSPX tedesca sulla vaccinazione anticoronavirus, del 12 febbraio 2021,
ricavata dal testo italiano:
"Da due settimane, sul tema del vaccino contro il coronavirus, circolano testi che hanno causato problemi tra i fedeli. Cosa c'è di vero nelle affermazioni contenute in questi testi e che cosa è falso?
È vero che ci sono ragioni mediche per essere scettici nei confronti di vaccini di un genere nuovo e insufficentemente testati.
Ciò che è sbagliato, tuttavia, è affermare che è un peccato farsi vaccinare, quali che siano le circostanze.
L'affermazione secondo cui non è mai lecito vaccinarsi, a costo di perdere la casa, il lavoro o anche la vita, è priva di fondamento teologico. Coloro che affermano qusto omettono le distinzioni necessarie e si basano su affermazioni non provate. In altre parole, è consentito essere vaccinati per ragioni proporzionate".
Stefan Plueger, Superiore distrettuale
Le omelie di Padre Cornelio Fabro, il senso di letizia dei fedeli che le avevano ascoltate...
RispondiEliminaLa contentezza che si provava dopo essersi confessati a Messa, aver fatto la comunione, partecipato ad una bella Messa. Si tornava contenti a casa, chi poteva faceva un bel pranzo in famiglia. Nei tempi più antichi c'era anche l'abitudine di invitare la domenica a pranzo chi non poteva.
Ora la Domenica cattolica, con la sua tipica atmosfera, conservatasi in Italia, sino al Vaticano II e l'avvento dell'americanismo nella vita sociale, è stata distrutta dalle pseudoriforme liturgiche ispirate dal Concilio: tantissimi cattolici vanno alla Messa il Sabato per la Domenica, quasi fossero ebrei e non cristiani. E spesso il Sabato pomeriggio o sera, nei luoghi dove passano il fine settimana, che è la vera liturgia che sta a cuore alla maggioranza. La prassi non cattolica della Messa al Sabato sera invece che alla Domenica, accettata dalla Chiesa attuale, ha avuto un'influenza deleteria non solo sulla frequenza al culto e sulla fede ma anche sui costumi.
O.
Nei tempi più antichi c'era anche l'abitudine di invitare la domenica a pranzo chi non poteva.
RispondiEliminaQuesto io non lo sapevo, spesso la Domenica era a pranzo con noi la vedova senza figli di un ufficiale trucidato dai tedeschi in uscita da Roma, una signora alta, magrissima, che aveva assorbito nel parlare il tono imperativo del marito quando parlava ai sottoposti, aveva una voce roca da fumatrice, romana, fu con lei che ascoltammo la prima messa N.O. e uscendo, riferendosi al sacerdote, disse:'...ci mancava solo che dicesse 'buon pranzo'!...' Non sapeva poverina che sarebbe accaduto molto altro ancora.