Il Prof. Stefano Torelli insegna il latino partendo dal rito della messa antica. Analizzando le frasi della liturgia spiega in modo chiaro le regole linguistiche della madre di tutte le lingue. D'altronde il latino cristiano ed ecclesiastico vanta una tradizione ed un lascito più lunghi e significativi di quelli meramente classici. Questo metodo permetterebbe di riannodare con la nostra storia e tradizione più agevolmente.
La Lingua latina ecclesiastica è la forma della lingua latina utilizzata nel rito romano dalla Chiesa cattolica per scopi liturgici. Si distingue dal latino classico per alcune variazioni lessicali, una sintassi semplificata e pronuncia all'italiana.
RispondiEliminaIl latino ecclesiastico viene utilizzato in opere teologiche, riti liturgici e proclami dogmatici ed è comparso, nel tempo, in diversi stili:
- semplice nella sintassi della Vulgata editio,
- ieratico nel Canone romano della Messa,
- terso e tecnico nella Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino e
- ciceroniano nella lettera enciclica Fides et Ratio di papa Giovanni Paolo II.
La lingua latina ecclesiastica è la lingua ufficiale della Santa Sede, l'unico socioletto superstite del latino parlato.
Ma che vuol dire questo articolo?
RispondiEliminaVuol semplicemente mostrare un metodo particolare per avvicinare al latino chi fosse interessato.
RispondiEliminaDevo aggiungere che, combinazione, era una mia idea di anni fa, che avevo espresso ma non sono riuscita a concretizzare...
Un applauso a chi ha adottato questa benemerita iniziativa, complimenti vivissimi ?
Eliminapardon, il punto doveva essere esclamativo, non interrogativo...
Elimina"La madre di tutte le lingue?"
RispondiEliminaI cinesi, i russi, i greci, gli armeni, i georgiani e altre migliaia di popoli della terra dissentono.
Certo che non è la madre di tutte le lingue. È un po' un'iperbole, a mo' di superlativo assoluto usato per indicare l'attaccamento...
RispondiEliminaEccellente documentario sul sacerdozio
RispondiEliminaIl sito gallese SaintAnt.com ha pubblicato il 15 giugno un documentario sul sacerdozio, con preti come don John Saward e don Lawrence Lew OP, entrambi amici del Rito Romano.
"Sono ciò che faccio e faccio ciò che sono," dice nel documentario don Hugh Allan, O.Praem., "sono la mia vita da prete", aggiungendo che il sacerdozio non è un lavoro ordinario da svolgere in orario d'ufficio: "E' tutto il tuo essere".
L'eccellente vescovo di Shrewsbury, Mark Davies, 63, dice che ogni prete si sente chiedere: "Perché hai voluto diventare prete?" La risposta è difficile: "Un prete ha ricevuto la vocazione, una chiamata da tutta l'eternità, con limiti e debolezze, che lo porta a condividere nel ministero sacerdotale Cristo stesso."
Il film si può acquistare su Vimeo.com o su DVD. Il vescovo Athanasius Schneider lo consiglia caldamente.
https://gloria.tv/post/CcFWkSiWJ39Q2G84KoLmAhwiP
RispondiEliminaL'abolizione del latino da parte della Chiesa nella sua liturgia è stata deleteria anche sul piano culturale generale, avendo influito negativamente sugli studi classici.
In passato, molti ecclesiastici si dedicavano agli autori classici, anche per mantenere e affinare il loro latino, oggi quasi nessuno, credo.
Non condivido la scelta del Prof. Torelli, usare le parole del rito per insegnare il latino è sconveniente. Ben sappiamo come le frasi e frasette che sostanziano le varie regole sono giustamente o costruite per lo scopo o prese da racconti mitologici e/o storici. Lascerei proprio stare tutto quanto riguarda il sacro. Ciò non toglie che si possa e si debba leggere, in latino, parte della Bibbia, dei Padri e della stessa Santa Messa in un tempo in cui il latino già lo si padroneggia e i ragazzi son stati preparati alla lettura sacra, religiosa, interiore, quindi mai come eserciziario latino. Sono piani completamente diversi e diversamente devono essere trattati. L'analisi del testo che tanto furoreggia da decenni, scompone appunto l'insieme del testo ed impedisce quella comprensione intima del testo; pensiamo alle tante poesie imparate, un tempo, a memoria che hanno approfondito la nostra interiore comprensione senza che alcuna analisi dotta le avesse per noi vivisezionate davanti a noi fanciulli e fanciulle. Eppure alcune di quelle parole sono rimaste scolpite indelebili nei nostri cuori e nella nostra memoria.
RispondiEliminaOdi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Che imparammo a memoria forse in prima liceo, è stata la lezione sentimentale che senza parere, discretamente, ha condotto,generazioni e generazioni, nel porto sicuro durante quella che oggi viene definita la tempesta ormonale e che ieri si sapeva essere il risveglio spesso contraddittorio dei sentimenti.
Il Magniicat, il Benedictus, il prologo di san Giovanni, sono brani che andrebbero imparati a memoria da tutti gli allievi cattolici e non cattolici, forse nell'ora di Storia, basterebbe che l'insegnante per una decina di giorni dedicasse cinque minuti di ripetizione corale per l'apprendimento di ognuno di questi brani, nei periodi che meglio vi si adattano. Consegnare alla memoria dei giovani questi brani significa fornirli di scialuppe di salvataggio. Forse uno solo basterebbe in latino o in greco o in italiano. Dipende dall'insegnante e dalla classe.
Comunque per quel che mi riguarda, meglio un brano a memoria, che un brano analizzato. Per l'analisi esistono grammatiche ed eserciziari.
https://nuovoeutile.it/espressioni-latine/
RispondiEliminaBuonasera, chiedo gentilmente di sapere quando verranno pubblicate le lezioni successive alla n 24. Grazie
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