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martedì 25 ottobre 2022

L’assurdità di piegare l’etica per non essere divisivi

Nell’ultima scontata intervista [qui], il card. Matteo Maria Zuppi conferma la deliberata cancellazione dei «principi non negoziabili» dall’agenda della Cei, per via del loro essere divisivi. E, anzi, in quanto prassi, la fede del cattolico in politica – dice – «è di tutti e non può essere divisiva».

Tramontata, in modo definitivo, l’agenda Ratzinger-Ruini, Zuppi ritiene che il cattolico in politica, sia pure «mai rinunciando alle proprie convinzioni», debba scendere a compromessi. E difatti, secondo il cardinale, queste convinzioni servono a «tradurre l’etica» in «scelte a seconda delle necessità e delle opportunità». Non sono dunque le necessità e le circostanze storiche che vanno tradotte, comprese e, se necessario, smontate e ricostruite rispetto alla verità, ma è l’etica – che Zuppi chiama «visione cristiana» – che va tradotta e adattata alle circostanze storiche e fluide.

Il cattolico, cioè, «deve tradurre la dottrina sociale sempre con la necessaria mediazione e laicità, che poi è la storia comune a tutti». Ecco, la dottrina sarebbe allora qualcosa di poco chiaro o di astratto, da interpretare e sistemare tra le pieghe della storia. Le pieghe dovrebbero restare come sono: è la dottrina invece destinata a piegarsi nel solco delle pieghe.

L’impianto del discorso traballa anche solo a partire dal cattolico e dalle «proprie convinzioni» o dalla sua «visione cristiana». Da decenni s’è imposta la norma del cattolico non solo indifferente all’etica, ma del tutto a favore di aberrazioni morali come l’aborto, la distruzione del matrimonio o l’eutanasia. Nessuna visione cristiana a monte, dunque, se non in pochi casi isolati.

Ma il discorso del Presidente della Cei è inaccettabile per motivazioni legate alle fondamenta stesse della fede. Zuppi mette Dio e l’amore al centro di tutto, così come appunto dev’essere. Tralascia, però, secondo un uso più che consumato, di declinare l’amore secondo la giustizia, riducendolo alla misericordia. Se l’amore fosse declinato secondo giustizia – secondo questo suo schema – non sarebbe più «incontro», «comunione», «presenza», ma «forza di occupazione», «sistema intellettuale», «conservativo».

Che l’amore, al contrario, sia anche giustizia non è solo indicato dalle realtà spirituali (inferno, purgatorio), ma pure da quelle temporali. E, anzi, le realtà temporali hanno il dovere di amministrare la giustizia, come afferma san Paolo, non di occuparsi di misericordia: «il magistrato non porta la spada inutilmente, essendo ministro di Dio, e vindice nell’ira divina per chi fa il male» (Rm 13, 4).

San Paolo dice chiaramente che è dovere dell’autorità lodare il bene e sanzionare il male (cf. Rm 13, 3-4). L’autorità, inoltre, non è contro Dio: «Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori; perché non v’è podestà se non da Dio, e quelle che sono, son da Dio ordinate» (Rm 13, 1). Uno dei valori (e tra le virtù primarie) della Dottrina sociale della Chiesa c’è la giustizia, declinata in giustizia commutativa, distributiva e legale (cf. Compendio di DSC, n. 201). Tra queste, la «giustizia sociale», in quanto «esigenza connessa alla questione sociale», «rappresenta un vero e proprio sviluppo della giustizia generale, regolatrice dei rapporti sociali in base al criterio dell’osservanza della legge» (ivi).

Non v’è altro senso, quindi, nel concetto di «principi non negoziabili», se non quello di realizzare la giustizia nell’ambito della famiglia e della vita. La giustizia, in questo senso, procede dall’amore ed è la vocazione primaria di chi fa politica.

Da questo punto di vista, la prosa del cardinale è molto astratta e non coglie la sostanza di nessuna questione particolare, che abbia a che fare con l’etica (o con la bioetica). Che significato possono avere affermazioni di questo tipo, se non la pura astrazione? – «la presenza è stare per strada»; «il carisma è un dono e va speso»; «ci troviamo sommersi da tante domande che riguardano la sfera dell’umano».

Ha insomma ragione l’intervistatore: «Il cardinale Zuppi cesella le parole con la lima». E infatti le sue parole sono molto belle, tante belle parole. (Silvio Brachetta - Fonte)

18 commenti:

  1. Nessun stupore. Dalla chiesa conciliare è impossibile attendersi qualcosa di diverso.

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  2. Zuppi si conferma eretico e odiatore della morale cattolica!
    Quindi secondo lui neppure politici come Stalin, Biden, Hitler e Pannella sarebbero stigmatizzabili.
    Questo ci da l'idea della deriva morale e dottrinale della CEI.
    Ha abdicato al ruolo di guida morale e si è autocondannata all'irrilevanza.
    Però scommetto che ci vorrà "mettere il becco" quando verrà contrastata l'immigrazione clandestina: ma come possono anche solo sperare di essere presi sul serio?
    Zuppi e chi lo appoggia dovrebbero vergognarsi!

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    1. Chapeau, mio caro amico, chapeau! Non ti curar di lor, ma guarda e passa, dice il Duca al Sommo poeta, in un girone dell' inferno. Lasciamoli andare dove hanno scelto, ma senza di noi, e con un biglietto di sola andata.... però gridiamo forte dai tetti il nostro dissenso, la Verità tutta intera, costi quel che costi. Il Giusto Giudice ce ne renderà merito ( in verità il merito è solo Suo, dacché io mi titengo un servo inutile, evangelicamente parlando).

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  3. La guarigione del figlio del funzionario regale - Omelia del 23 ottobre 202225 ottobre, 2022 12:54

    Dogma TV
    Omelia del 23 ottobre 2022
    don Alfredo Maria Morselli
    https://www.youtube.com/watch?v=5jSeN-tScDE

    Secondo me e' una bella replica all'intervista in oggetto.

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  4. FT G. Meloni ha fatto il suo discorso di insediamento alla Camera.

    Si tratta di un testo importante. Sul Sole24 Ore c'è il testo integrale, 16 pagine. Forse anche su altri giornali.
    Si auspica che eventuali futuri riferimenti alla politica di G. Meloni siano preceduti dalla lettura del testo integrale del discorso.
    I giornali ne danno sempre riassunti parziali.

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  5. Bollettino del monastero benedettino tradizionale25 ottobre, 2022 13:48

    COSA SUCCEDE A ROMA? Molti, anche tra i non cattolici, si pongono tale domanda, quasi sgomenti ed increduli di fronte al continuo stillicidio di notizie incredibili che giungono dall'Urbe, come pure di fronte ai silenzi romani sulle eresie del "cammino sinodale tedesco" ma pure di quelle dei vari "cammini sinodali" di ogni diocesi, anche italiana. La Pontificia Accademia per la vita stessa, riempita da Francesco di membri atei ed abortisti dichiarati è oramai una vera e propria accademia per la morte. Cosa sta dunque succedendo a Roma? Molti non lo capiscono. Mons. Lefebvre però lo comprese benissimo già oltre trent'anni fa: "Roma ha perso la fede, cari amici, Roma è nell'apostasia. Queste non sono parole sparate in aria che vi dico, è la verità! Roma è nell'apostasia". Come vediamo la constatazione dell'arcivescovo francese fu fatta pubblicamente già al tempo di Giovanni Paolo II. I problemi dunque non li ha creati Francesco, ma esistono da decine e decine di anni. In questo continuo ed inarrestabile sprofondare nelle fanghiglie delle cloache delle eresie ogni papa ha dato il proprio contributo, fosse anche solo per colpa "in vigilando" e "in eligendo", fosse pure solo per ingenuità, per errore nel valutare i pericoli. Tutti: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco. Tutti i papi conciliari e postconciliari, chi più chi meno, chi per un verso e chi per l'altro, hanno gravi colpe per l'attuale apostasia ed anarchia. Benedetto XVI in più ha pure la colpa di essere la causa immediata dell'attuale ed ignobile pontificato franceschiano. "ROMA HA PERSO LA FEDE". Ecco cosa sta succedendo a Roma: vi regnano i nemici della Chiesa. E quindi vi trionfano i nemici di Cristo.

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  6. Allora pregate per Roma.25 ottobre, 2022 14:30

    Discorso di San Crispino - Enrico V
    «Chi è mai che desidera questo? Mio cugino Westmoreland?
    No, mio caro cugino. Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente; e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria. In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più. Anzi, fai pure proclamare a tutto l'esercito che chi non si sente l'animo di battersi oggi, se ne vada a casa: gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio. Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte.
    Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiano; colui che sopravviverà quest'oggi e tornerà a casa, si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiano. Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo: "Domani è San Crispino". Poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà: "Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino".
    Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno. Allora i nostri nomi, a lui familiari come parole domestiche - Enrico il re, Bedford ed Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester - saranno nei suoi brindisi rammentati e rivivranno questa storia. Ogni brav'uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest'oggi, fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati. Noi pochi. Noi felici pochi. Noi manipolo di fratelli. Poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello,e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!»

    Tratto dall'Enrico V di Kenneth Branagh, basato sull'omonimo originale di William Shakespeare
    https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=BuZjHSsNbqw&feature=youtu.be

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  7. Un vecchio Carosello diceva " ..con quella bocca può dire ciò che vuole" : per questo tipo mascherato potremmo così parafrasare " con quella faccia può dire ciò che vuole" ( tanto da una parte ci entra e dall' altra ci esce, senza lasciare traccia alcuna...)

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  8. Dialogo: armonia di domande e risposte
    Sono fra quelli che non hanno l’abitudine di vedere la televisione.
    Mi capita occasionalmente di vedere nomi più o meno noti che si azzuffano pontificando su argomenti d’ attualità. Che avvilimento! Nessun concetto espresso in modo chiaro, sintetico e fruibile dallo spettatore.
    Ci sono molte tipologie di comunicazione, in televisione purtroppo va per la maggiore il dialogo fra sordi. Nessuno scambio dialettico, una sfilza di monologhi separati e inconciliabili, consci del fatto che l’alterco fa più audience della discussione.
    Ogni tanto appare qualcuno che prova a esporre un argomento nuovo, io cerco di seguirlo, ma subito entra l’altro, con un’espressione a metà fra disprezzo e sufficienza, che lo interrompe, gli parla sopra e sciorina i suoi dogmi ideologici.
    Il primo insiste, poveretto, a portare avanti i suoi argomenti e alla fine parlano in tre uno sull’ altro fino a quando il conduttore, con aria da padreterno, chiude la conversazione e elargisce la sua banalità conclusiva.
    Ho scritto conduttore ma osservo che gran parte dei conduttori televisivi sono donne.

    Simili tristi spettacoli mi fanno venire in mente che nell’antica Grecia i dialoghi erano così popolari che venivano organizzati veri tornei verbali come intrattenimento per i cittadini.
    Il dialogo non veniva inteso come lotta fra idee inconciliabili ma come fine ricerca, in punta di lingua e non di lama, di nuovi punti d’interesse comune.
    Il dialogo come metodo di confronto, l’ arte di esprimere con stile domande e risposte.
    Il pubblico seguiva con attenzione e condivideva gli argomenti dell’uno e poi quelli dell’altro fino a quando non ci si interrogava su quello che era venuto fuori dal confronto verbale. Spesso una risposta non era conclusiva, anzi faceva nascere un’altra domanda che appassionava gli astanti perchè nuova e soprattutto inattesa.
    Sta di fatto che in quel tempo per noi beato, i cittadini avevano di fronte uno spettacolo più gratificante di quello dei moderni telespettatori, e pure gratuito.
    Altra gente, altri tempi? Forse, ma allora c’era un aspetto della vera democrazia che oggi è proprio assente: ognuno era libero di esprimere liberamente la propria opinione perchè si sentiva unito all’antagonista dall’ aspettativa di far parte di una metà che vuole conoscere l’altra: la visione ideologica non esisteva.

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  9. Dovè il settimo giorno? Daouda

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  10. Zuppi non è cattolico: secondo lui e quelli come lui è la Chiesa (ma di quale "chiesa" si sta parlando?) che deve imparare dal mondo e la storia è vista come una fonte della Rivelazione.
    Ciò è all'opposto della dottrina cattolica.
    La sua è un'altra religione, un'accozzaglia di modernismo e di idee confuse.
    È una religione che non sa più distinguere il bene dal male e che non è più in grado di condurre le anime in Paradiso.
    Se un politico con tendenze abortiste dovesse rivolgersi ad un padre spirituale come Zuppi (o come Bergoglio o Paglia o James Martin) verrebbe condotto verso il Paradiso? Mi permetto di dubitarne!
    È sempre più evidente il fatto che la dottrina predicata dalla "chiesa bergogliana" non conduce alla salvezza (e come potrebbe, consentendo la Comunione a gente in peccato mortale e condannando come peccati ciò che in realtà sono opere neutre o metitorie?) e che la Santa disobbedienza è sempre più necessaria: un sacerdote non si potrebbe salvare se predicasse come vorrebbero loro.

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    1. Mi permetto di osservare che dire "chiesa bergogliana" è errato perché i problemi sono antecedenti a Bergoglio. Si potrebbe dire in prima battuta "chiesa conciliare" ma se dovessimo anche qui ragionarci bene vedremmo che i problemi erano antecedenti e quindi io la chiamerei semplicemente "neo chiesa" o "chiesa modernista". Tra 100 anni, se i modernisti saranno ancora in piedi, la differenza sarà abissale tra la Chiesa cattolica e quella apostatica.

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  11. Era rimasto nelle bozze. Ora l'ho pubblicato.

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  12. In una lunga intervista al giornale vaticano, il cardinale Hollerich, presidente dei vescovi europei, teorizza una "Chiesa-che-non-discrimina" in cui non c'è più neanche bisogno di convertirsi: cancellato il peccato, originale e quello attuale, tutto ciò che esiste è buono. E ovviamente è buono benedire le unioni omosessuali. E sia chiaro: l'intervista a Hollerich, così come quella precedente a Zuppi, non è un'opinione personale, ma ha lo scopo di indicare la strada decisa dall'alto.
    Stefano Fontana

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    1. Caro Fontana, sappiamo bene che questa è l' ora di Satana, quindi perché meravigliarsi? andiamo avanti senza di loro, senza i pastori che sono divenuti lupi, nemici mortali del gregge loro affidato da Cristo stesso affinché lo conduvessero in Paradiso, non certo a Portae Inferi ! ..poveri loro quando saranno chiamati a rispondere delle loro azioni..non ci sarà l' elite mondialista a difenderli, a minacciare e terrorizzare i giudici terrestri, come fanno adesso. Sarà quella la fine del loro potere e l' inizio del loro castigo!!!

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  13. Una "CHIESA CHE NON DISCRIMINA" non è soltanto una chiesa IN CUI non c'è bisogno di convertirsi ma è anche una chiesa A CUI non c'è bisogno di convertirsi: sarebbe una "chiesa" che non combatte il peccato e che non conduce le anime in Paradiso.
    Naturalmente una chiesa simile di "cattolico" avrebbe soltanto il nome!

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  14. Ma... Mons Zuppi proprio non hai consapevolezza delle fesserie che vai dicendo? La sera quando vai a dormire non ti poni per niente il problema se il Signore approvi quello che vai seminando confermando il buio satanico nelle coscienze dei fedeli a te affidati? Ti vuoi fare bello davanti a Bergoglio di cui confermi il suo problematico e deviato pensiero? Ascolta... chiedi perdono a Dio e comportati di conseguenza accettando il disprezzo del mondo. Vedrai quanta gioia entrerà nel tuo cuore con la luce di Cristo che porterai agli altri.

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  15. " Per capire cos'è la discriminazione non occorre studiare a fondo l'argomento, basta essere un etero e mettersi guardare la TV. "

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