Il 4 novembre l'Italia ricorda l'Armistizio di Villa Giusti - entrato in vigore il 4 novembre 1918 - che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, e portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale.
Il 4 novembre terminava la Prima Guerra Mondiale. Per onorare i sacrifici dei soldati caduti a difesa della Patria il 4 novembre 1921 ebbe luogo la tumulazione del "Milite Ignoto", nel Sacello dell'Altare della Patria a Roma. Con il Regio decreto n.1354 del 23 ottobre 1922, il 4 Novembre fu dichiarato Festa nazionale, celebrata come tale sino agli anni Settanta del secolo scorso.
Fine della I guerra mondiale sul nostro fronte.
L'armistizio fu concesso dalla Commissione militare interalleata che risiedeva a Parigi-Versailles solo in cambio della resa incondizionata dell'esercito Austro-Ungarico, peraltro in via di dissoluzione, inizialmente per cause interne, successivamente soprattutto in seguito all'offensiva italiana, con il supporto di due divisioni britanniche, una francese, una cecoslovacca, un reggimento americano. L'offensiva, iniziatasi il 24 ottobre a un anno esatto dall'inizio della 12a battaglia dell'Isonzo (Caporetto), bloccata sul Grappa, provocò lo sfondamento irreparabile del fronte nemico sul Piave, in direzione di Vittorio Veneto. Il 29 ottobre, con lo sfondamento avvenuto il giorno prima, l'imperatore Carlo ordinò si iniziassero trattative con l'Intesa, che la Commissione militare interalleata ordinò dovessero aver luogo con l'Italia. Dopo cinque giorni di convulsi colloqui, con la dirigenza austro-ungherese sempre più in preda al caos, l'armistizio fu firmato il 3, in vigore a partire dal 4 successivo.
La mentalità c.d. pacifista oggi dominante, diffusa ampiamente anche tra i cattolici, rinnega oggi questa vittoria. Si è anzi diffusa una vulgata bugiarda secondo la quale la I gm sarebbe finita per noi con la sconfitta di Caporetto. Una tesi sostenuta in perfetta malafede anche da ambienti austriaci e tedeschi, nonché italiani.
Con la vittoria nella Igm l'Italia poneva fine a quattro secoli di dominazione straniera, iniziatasi con le Guerre d'Italia (1494-1559) che imposero all'Italia (esclusa la Repubblica di Venezia) il predominio asburgico. La "libertà d'Italia" dei piccoli e deboli Stati rinascimentali veniva ora ristabilita ma nell'ambito di uno Stato unitario, che ora prendeva finalmente possesso di tutto l'arco alpino, so confine naturale e strategico. Era l'Italia della dirigenza liberale e anticlericale, non possiamo nascondercelo. L'ostinata opposizione secolare della Chiesa ad ogni forma unitaria di Stato in Italia aveva alla fine prodotto un conflitto tra Stato e Chiesa che fu risolto solo nel 1929, con la Conciliazione.
Com'è la situazione oggi ai nostri confini? Pessima. A parte gli sbarchi incontrollati, in Alto Adige e al confine sloveno com'è la situazione? Ricordiamoci: il controllo della Valle dell'Adige sino al Brennero è un'esigenza strategica irrinunciabile per lo Stato italiano.
Per il nazionalismo austro-tedesco (pangermanesimo) il confine con l'Italia dovrebbe essere addirittura al Mincio. Per il nazionalismo sloveno Trieste dovrebbe essere slava. E il Friuli? I francesi sul monte Bianco non hanno un anno fa (silente il CS) tracciato unilateralmente dei confini che violavano un accordo tacito che vigeva da più di un secolo? E i tratti di mare [qui] ceduti da Gentiloni alla Francia?
Ora in carica c'è un nuovo governo portatore di una cultura non più nichilista, se i poteri sovranazionali non lo ostacoleranno. (Historicus)
Quand'ero piccola mi facevano cantare la canzone del Piave. Ero nel coro della scuola. Avessi avuto allora contezza...
RispondiEliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2018/11/il-piave-continua-mormorare-non-passa.html
RispondiEliminaNella giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, onoriamo il sacrificio di chi cadde per difendere la Patria. A questi e a tutti coloro che quotidianamente servono l’Italia con coraggio e dedizione, va la nostra più sincera gratitudine.
RispondiEliminaFratelli
RispondiEliminaMariano il 15 luglio 1916
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
(G. Ungaretti, da L'Allegria)
Fuori di Cristo anche la vita è un'inutile strage.
In memoria
„E quando un soldato italiano muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stelle della sua giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo. "Le stellette che noi portiamo" non rappresentano soltanto "la disciplina di noi soldà", ma rappresentano le sofferenze e i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli. Per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra e al mio cielo….”
RispondiEliminaGiovannino GUARESCHI
L'unità che deve ancora venire
RispondiEliminaRomano Broglia
RispondiEliminaMi sembra di ricordare che la cessione di acque territoriali alla Francia non sia avvenuta perché, dopo le proteste promosse da FdI, l'accordo non fu ratificato e quindi rimase lettera morta. Giusto?
Non sappiamo com'è stata chiusa definitivamente la questione
RispondiEliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2018/03/cessione-di-acque-territoriali-alla.html?m=1
RispondiElimina# mic
Mi ricordavo che fosse finita nel nulla per mancata ratifica.
Bisognerebbe chiedere al partito di Georgia Meloni, che si
era battuto per far fallire l'accordo, da esso denunciato.
Se il Parlamento non l'ha ratificato, l'accordo è decaduto.
A meno che i governi di CS non siano riusciti ad infilarlo
in qualche modo nelle votazioni fantasma durante la pandemia.
Credo che una parte consistente degli italiani sia stufa di
esser sgovernata da gente che agisce costantemente contro
l'interesse e il buon diritto dell'Italia, altrimenti si
cade nel peccato di nazionalismo, si rischia di passare per
fascisti. Dobbiamo evidentemente scontare all'infinito i
peccati del fascismo? E quelli degli altri, che ci opprimono
in tutti i modi...Se si va a fare il confronto, quelli di tanti
altri che ci fanno la morale sono ben peggiori.
L'Italia fascista ha tirato una quantità limitata di bombe contenenti gas asfissianti sulle retrovie abissine durante la conquista dell'Etiopia, gli Stati Uniti, a guerra militarmente ormai vinta, hanno fatto una campagna aerea sul Giappone che gli ha incenerito non so quante città, dato l'ampio uso di case di legno, ha distrutto circa un terzo di Tokio e infine ha dato il colpo di grazia con le due bombe atomiche. Sì certo, gli americani erano anche loro col fiato grosso, volevano chiudere la maledetta guerra, però...Una decisione, quella delle bombe atomiche, presa soprattutto dai politici, il gruppo ristretto attorno al pres. Truman, assai più che dai vertici militari, solo pochi dei quali a conoscenza del segretissimo piano.
Ma in generale la guerra aerea è stata condotta nel modo più crudele contro i civili proprio dagli Alleati, inglesi e americani, che oggi fanno i moralisti nei confronti dei bombardamenti missilistici di Putin sulle infrasttrutture civili dell'Ucraina.
Dobbiamo tornare ad esser fieri di esser italiani, questo il punto.
Basta con i complessi d'inferiorità, impostici da questa democrazia degenerata e da una Gerarchia cattolica non meno degenerata.
RispondiEliminaUlderico Nisticò
2 novembre 2014
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I CADUTI
Il 4 novembre era la Festa della Vittoria, oggi retrocessa a Unità nazionale, ed è il giorno dei Caduti. Siccome se ne sentono di tutti i colori, non è male precisare che i Caduti sono tutti coloro che sono morti per cause di guerra, compiendo il dovere di soldato. Basta così, senza giudizi: il soldato non dichiara la guerra, la combatte.
Perciò voglio ricordare tutti coloro che caddero nelle guerre dell’Italia unita:
- 1866, guerra contro l’Austria (Terza guerra d’indipendenza);
- anni 1880-96, guerre in Africa Orientale;
- 1900, spedizione internazionale in Cina;
- 1911-2, guerra alla Turchia e conquista di Libia, Rodi e Dodecanneso;
- 1915-18, Prima guerra mondiale;
- 1930, riconquista della Libia;
- 1935-6, conquista dell’Etiopia;
- 1936-9, Guerra di Spagna;
- 1940-5, Seconda guerra mondiale;
- dal 1982, spedizioni internazionali in Libano, ex Iugoslavia, Albania, Afghanistan…
Ma è giusto ricordare anche tutti coloro che combatterono qualche guerra politica nella complessa storia della nostra patria:
- 1796-7, gli insorgenti piemontesi, veronesi, toscani contro i Francesi;
- 1799, le Masse di Santa Fede, o Armata Reale e Cristiana del cardinale Ruffo;
- i “giacobini” napoletani in buona fede;
- 1806-12, i “briganti” calabresi e altri contro Giuseppe Bonaparte e Murat;
- i combattenti del Regno d’Italia, del Regno di Napoli e dell’esercito francese sotto Napoleone;
- i combattenti di Murat contro l’Austria;
- i combattenti siciliani del 1820-1
- i combattenti napoletani contro l’Austria;
- 1848-9, i combattenti sardi, piemontesi, toscani e napoletani contro l’Austria;
- i difensori della Repubblica Romana;
- i difensori di Venezia;
- 1859, i combattenti della Seconda guerra d’indipendenza;
- 1860, i soldati borbonici del Volturno, del Garigliano e di Gaeta, Messina e Civitella;
- 1860-70, i “briganti”;
- 1943-5, i combattenti della Repubblica Sociale Italiana;
- i combattenti in buona fede delle formazioni partigiane.
E comunque, sotto una pioggia battente, a rendere onore agli eroi italiani che nella Prima Guerra Mondiale tennero alto il Tricolore fino all'estremo sacrificio per la Nazione, si sono viste delegazioni di militanti di Gioventù Nazionale ....non si sono viste delegazioni di collettivi di sinistra.
RispondiEliminaCosì, per notare...
Salvatore Napolitano
Romano Broglia
RispondiEliminaSpero vivamente che presto si esca da questo tunnel caotico finalmente uniti veramente
RispondiEliminaPer restaurare il vero Cattolicesimo non bastano i Rosari occorre anche che ci siano uomini disposti a battersi, a rischiare la vita per la vera fede.
I Rosari possono ottenerci la grazia di uomini disposti a rischiare. Non necessariamente e non subito la vita, ma magari altre cose che costa mettere a rischio.
RispondiEliminaDostoevskij sull'Italia
RispondiElimina«Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale».
«I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano».
«La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno dì second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, (…) un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unita mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!».
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
RispondiEliminaSi continua a riportarle, come fossero verità di fede, le fesserie dette da Dostoievsky sull'unità d'Italia.
Intanto D. era in malafede perché parlava da slavofilo quale era, ostilissimo, come tutta la dirigenza russa, ad una monarchia costituzionale, quale era diventata quella dei Savoia, con i plebisciti di annessione.
La monarchia poteva essere solo imperiale e di diritto divino: si è visto poi come è andata a finire, quella russa, anche per non aver voluto rinunciare all'autocrazia. Al tempo in cui parlava D., occupava Finlandia e gran parte della Polonia, quest'ultima sottoposta a dura russificazione, anche perché cattolica - nonché i Paesi baltici, l'Ucraina, la Crimea, regolarmente reprimendo con la tradizionale ferocia le rivolte che ogni tanto scoppiavano. Era questa l'universalità di cui parlava D.?
Inoltre, D. non conosceva la storia d'Italia, evidentemente. Della grandezza culturale del passato era rimasta solo l'ombra. L'idea universale di cui si è fatta portatrice l'Italia era quella di Roma non dell'Italia. La Roma antica poi quella sede del Papato. L'universalismo dell'antica era trapassato elevandosi, come idea, in quello ben più importante della Roma cattolica. L'Italia restava sullo sfondo, in tutto questo, politicamente sempre divisa, preda degli stranieri e delle continue lotte di fazione e guerre civili.
Il contributo spirituale dell'Italia lo troviamo nel Medio Evo, con Dante e l'Aquinate al più alto livello, ma certo la teologia cattolica non doveva esser amata dallo slavofilo D., probabilmente succube del mito eretico di Mosca Terza Roma. La successiva grande cultura italiana comincia con l'Umanesimo e continua con il Rinascimento, poi decadendo: cultura che finisce col contrapporsi all'universalismo della Chiesa aprendo la strada al moderno antropocentrismo. L'uomo universale del Rinascimento italiano non è certo l'uomo universale di san Tommaso e Dante. Di quale unversalità parla allora D.?
Quella della "idea della unione di tutto il mondo"? UNione, come? Quest'idea, del tutto astratta e irrealizzabile, era apparsa nel pensiero rivoluzionario di G. Mazzini: la Terza Roma come "Roma del popolo", capitale dell'umanità democraticamente liberata, benedetta da un Papa "liberale". Un'utopia assurda, che poteva portare solo a disastri.
D. conosceva il pensiero di Gioberti? Non credo. Gioberti iniziò la riscossa spirituale del Risorgimento in chiave cattolica, richiamandosi al "primato" morale-culturale (universale) degli italiani nell'ambito del cattolicesimo, per uscire finalmente dalla miseria presente (lotta allo straniero + Italia confederata o federata sotto la presidenza del Papa). Scosse gli animi ma, come modello politico, il neo-guelfismo si rivelò inattuabile.
L'Italia era dominata dallo Straniero, dalla seconda metà del Cinquecento, tranne Venezia, ma la decadenza politica ed economica era generale. Il popolo italiano, tra i più disprezzati. Qualcuno ad un certo punto di stufò di esser considerato da tutti "una nazione di gelatai e suonatori d'organetto" e pensò di reagire.
Che importa esser Stato di secondo o terz'ordine? Abbiamo realizzato e mantenuto l'Unità, ricomposto il dissidio temporale con la Chiesa, l'esistenza di uno Stato italiano ci consente di sperare per il futuro, di riuscire cioè a difendere la nostra identità nazionale e religiosa, gravemente minacciata da fuori e da dentro.
Alla faccia del sig. Dostoievsky.
H.