Di seguito il testo integrale della relazione tenuta il 3 ottobre scorso da Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio card. Van Thuân, al convegno “La babele sinodale”, organizzato da La Nuova Bussola Quotidiana. Fontana ha parlato dopo l’introduzione di Riccardo Cascioli e l’intervento di Padre Gerald Murray e prima di quello del cardinale Raymond Leo Burke [qui], che ha concluso i lavori.
Fontana ritiene che il nuovo concetto di sinodalità sia l’esito finale del modernismo filosofico e del suo principio di immanenza. Non c’è una dottrina della sinodalità, essa è definita un “processo”, quindi fatta coincidere con il tempo e la storia. A dirci cosa essa sia sarà il vitalismo degli eventi, la storia della sinodalità mostrerà la sinodalità come storia. Il processo sinodale non produrrà contenuti ma prassi che nel tempo cambieranno la dottrina senza però dichiararlo mai espressamente. Siccome oggi si ritiene che la sinodalità sia espressione essenziale della Chiesa, la Chiesa sarà sottoposta ad una sinodalità permanente, sinodo dopo sinodo, che la trasformerà lungo il tempo. Si vede qui l’eredità dell’esistenzialismo, dello storicismo e di una ermeneutica separata dalla metafisica. Si vedono le conseguenze del modernismo filosofico penetrato dentro la teologia cattolica per fare in modo che sia essa stessa a cambiarsi dall’interno, più che essere cambiata dall’esterno.
La babele sinodale:
la conferenza di Stefano Fontana al Convegno romano
La nuova sinodalità come “tempo”
La sinodalità come “prassi”
La nuova sinodalità come “procedura”
Cenno conclusivo
Teatro Ghione, Roma, 3 ottobre 2023
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[1] Per una completa informazione di base sulla nuova sinodalità si veda: J. Loredo – José Antonio Ureta, Processo sinodale: un vaso di Pandora – 100 domante e 100 risposte, prefazione del cardinale Raymond Leo Burke, Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, Roma 2023.
[2] G. Canobbio, Sulla sinodalità, “Teologia” 41 (2016) 2, p. 270.
[3] Commissione Teologia Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2 marzo 2018.
[4] R. Repole, Sinodalità. Il contributo della teologia, “Teologia”, 46 (2021), p. 519.
[5] È abbastanza generalizzata l’idea che il concetto di sinodalità non sia ancora definito e abbia bisogno di approfondimenti. Questo viene detto sia da posizioni teologiche che potremmo definire “caute” (cfr. M. de Salis, La sinodalità della Chiesa. Sensi e contorni di una espressione, in “Annales Theologici” 36 (2022) 2, pp. 283-316) e che intendono frenare derive eccessivamente progressiste, sia da posizioni invece più nuoviste allo scopo di accelerare il processo in atto.
[6] Cfr. G. Canobbio, Sulla Sinodalità cit., pp. 249-273; Id., Tradizione e pratiche sinodali in Occidente, “Teologia”, 48 (2023) 1, pp. 15-62; U. Sartorio, Sinodalità. Per una chiesa in riforma, “Studia patavina”, 66 (2019) 2, pp. 279-292; A. Barbi, Discernere e deliberare insieme. Percorsi negli Atti degli Apostoli, “Studia Patavina”, LXVI (2019) 2, pp. 239-250. AA.VV., Riforma sinodale della Chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda convergenza, “Studia patavina”, 69 (2022) 2, pp. 207-242; AA.VV., La sinodalità della Chiesa, “Annales Theologici”, 36 (2022) 2. [7] S. M. Lanzetta, Un Sinodo che viene da molto lontano, “Fides Catholica”, 18 (2022) 1, p. 5. [8] P. De Marco, La démocratie dans l’Église. Réflexions sur le “chemin synodal” allemand, “Catholica”, n. 149, automne 2020. [9] – Le nuove formule vitalistiche“devono essere e mantenersi adatte tanto alla fede quanto al credente” (S.S. Pio X, Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo, Cantagalli, Siena 2007, p. 58. [10] M. Grech, Il popolo di Dio soggetto del percorso sinodale, “Teologia”, 48 (2023) 1, p. 4. [11] S. M. Lanzetta, Un sinodo che viene da molto lontano cit., p. 6. [12] Come suona il titolo del già ricordato lavoro di Serafino M. Lanzetta cit. [13] Cfr. G. Canobbio, Dal Sinodo alla sinodalità, “Studia Patavina”, LXIX (2022) 2, pp. 243-259, in specie le pp. 2562-259. [14] M. A. Ferrari, Sinodalità e democrazia: punti di contatto e differenze, “Annales Theologici”, 36 (2022) 2, pp. 475-494. [15] G. Canobbio, Dal Sinodo alla sinodalità cit., p. 255. [16] Ivi, p. 256. [17] Ivi, p. 257. [18] “Ma alla fine, se tocca ancora a lui dire l’ultima parola, si rischia di preparare la strada a nuovi verticismi” (Ivi, p. 258). [19] Cfr. S. Fontana, Esortazione o rivoluzione? Tutti i problemi di Amoris laetitia, Fede & Cultura, Verona 2019. [20] “Le proposte di assimilare la Chiesa ad una democrazia sono speculari a quelle che la descrivevano come monarchia” (G. Canobbio, Sulla Sinodalità cit., p. 258; “In ogni caso i cristiani – che ne siano consapevoli o no – portano la mens democratica, di cui è permeata la società occidentale, al di dentro della Chiesa” (R. Repole, Sinodalità. Il contributo della teologia cit., p. 525.
In questo intervento cercherò di esaminare le principali categorie di pensiero che caratterizzano la nuova nozione di sinodalità. Utilizzerò tre fonti: 1) i documenti ufficiali sul prossimo sinodo, compreso il discorso di Francesco del 2015 in occasione del 50mo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi; 2) la prassi sinodale in questo pontificato, soprattutto il sinodo sulla famiglia degli anni 2014-2015; 3) la principale letteratura teologica di appoggio alla nuova sinodalità[1].
Come è stato scritto, “il sinodo cambia, la sinodalità resta”[2], è quindi sul concetto di sinodalità che bisogna concentrarsi, dato che da essa dipenderà questo sinodo e i prossimi sinodi. Anzi, da essa deriverà la stabilizzazione della prassi sinodale come permanente, come un processo continuo. È importante allora considerare quali categorie di pensiero alimentino questa nozione. Tratterò in particolare tre argomenti: la nuova sinodalità come “tempo”, la nuova sinodalità come “prassi”, la nuova sinodalità come “procedura”.
La nuova sinodalità come “tempo”
La nuova sinodalità viene ampiamente definita un “processo”. Quando la Commissione teologica internazionale ha cercato di descriverla[3], ha utilizzato espressioni che indicano appunto un processo: “stile” di vita, “modo di vivere e operare”, “processi e strutture”, “eventi”. La stessa cosa avviene da parte dei teologi: “camminare insieme”, “riunirsi in assemblea”, “ascolto reciproco”, “dialogo”, “discernimento comunitario”, “creazione del consenso”, “assunzione di una decisione”[4].
Alla sinodalità come processo viene anche assegnato il compito di precisare la nozione stessa di sinodalità[5]. La sinodalità sarebbe un processo che alimenta una progressiva presa di coscienza nella Chiesa di cosa sia la sinodalità. Filosoficamente si dovrebbe dire che si tratta di un processo storico-dialettico, tipicamente hegeliano: la sinodalità non come qualcosa che ha una storia, ma come qualcosa che si fa nella storia. Sarà la storia della sinodalità o, meglio, la sinodalità come storia, a dirci cosa sia la sinodalità. Cosa essa sia lo diranno gli eventi. Molti stanno cercando nella Scrittura, nella storia della Chiesa e in quella delle altre confessioni cristiane, spunti che possano costituire dei “precedenti” di nuova sinodalità[6], ma si tratta appunto di spunti, spesso equivoci e impropri, non di definizioni. Una dottrina sulla sinodalità non esiste. Del resto, ad essere più precisi, al sinodo sulla sinodalità non viene nemmeno chiesto di definire questa dottrina, ma di vivere un processo nei cui eventi la sinodalità si mostrerà come qualcosa che “si edifica strada facendo, ma a partire dalla base”.[7] Sta qui il carattere sovversivo della nuova sinodalità, il suo essere “senza forma”[8] o, come è stato scritto, un Vaso di Pandora.
Queste osservazioni ci dicono che una prima categoria di pensiero presente nella visione della nuova sinodalità è quella del tempo: la storicità. Manca un accostamento al tema di tipo metafisico. La sinodalità è detta un camminare, un mettersi in moto, un attraversare il tempo, un vitalismo … e gli eventi di questo camminare sono sia materiali che di coscienza ecclesiale nello stesso tempo, dato che, modernisticamente, la novità degli eventi fa tutt’uno con la novità delle acquisizioni della coscienza ecclesiale[9] sicché la Chiesa non sa cosa è. Il senso del camminare insieme non è dato fin dall’inizio e non è segnato dal fine da raggiungere, ma emerge nel tempo e dal tempo. Cosa la sinodalità sia non lo si saprà mai definitivamente, perché essa è costitutivamente processo vitale. Garrigou-Lagrange negli anni Quaranta del secolo scorso diceva che per la Nouvelle Tehéologie una teologia che non sia più attuale è da considerarsi una teologia falsa. Lo stesso possiamo dire per la nuova sinodalità: la vera sinodalità sarà quella di volta in volta attuale.
La sinodalità come “prassi”
Gli eventi di un processo nel tempo sono prassi. Alcune parole-chiave della nuova sinodalità, come ascoltare, integrare, condividere, non indicano contenuti ma atteggiamenti, azioni, ossia prassi. In questa prassi, l’agire delle singole persone convocate e l’agire della collettività convocata si congiungono in sintesi dialettica, il particolare e l’universale coincidono nel globale: un centinaio di persone, supposte cattoliche, costituiranno la nuova sinodalità. Il con-venire e il con-cordare sono di per se stessi prassi producenti un significato. Sono evidenti, in questa gamma di concetti che ruotano attorno alla nozione di sinodalità, gli influssi dell’esistenzialismo, del marxismo, dell’hegelismo e, in generale, dello storicismo prassistico, soprattutto di una ermeneutica separata dalla metafisica. Tanto più la cosa risulta evidente (e preoccupante) se si considera che in questa sintesi di opinioni coagulatesi nel tempo si indica con sicumera la voce dello Spirito Santo, proprio come accade nel sistema hegeliano. Mons. Mario Grech, segretario dell’incipiente sinodo, ha scritto che il sinodo ha l’obiettivo “di coinvolgere il più possibile tutte le battezzate e tutti i battezzati, così da ascoltare la loro voce e da riconoscere in essa e attraverso di essa la voce dello Spirito Santo”.[10] Poiché stiamo parlando di prassi non possiamo non notare il grande scontro tra due pretese: che nella prassi si manifesti la voce dello Spirito Santo e che tale prassi sia stata messa strumentalmente nelle mani “di un piccolo gruppo organizzatore”[11] dalle idee omogenee e prestabilite.
Che la nuova sinodalità sia prassi risulta anche da due altre considerazioni. La prima riguarda lo stretto rapporto nel processo sinodale tra il metodo e il contenuto. Come ho già evidenziato sopra, si è deciso di cominciare a camminare anche se non si sa ancora bene, sul piano concettuale e dottrinale, cosa la sinodalità sia, quindi dove andare. Ecco, quindi, che il metodo e il contenuto coincidono. Il ritrovarsi, il parlarsi, il decidere insieme in una specie di brainstorming elitario sono già sinodalità in atto. Il metodo non è solo applicativo, ma è costitutivo della sinodalità. Il contenuto è immanente al metodo. Questo spiega anche perché la partecipazione al processo sinodale non possa avere limiti: tutti devono poter partecipare, anche gli atei o i nemici di Cristo. Se metodo e contenuto coincidono, l’atto del partecipare porta già con sé il suo senso contenutistico. La sinodalità non sarà più dei vescovi o di altre categorie interne alla Chiesa precisate di volta in volta dall’autorità ecclesiastica, ma sarà di chi vi partecipa, ciò avviene già secondo un metodo sinodale e quindi secondo un contenuto sinodale. La nuova sinodalità non sarà nemmeno più dei cristiani e, meno che meno, dei cattolici. Si tratterebbe di confinamenti che ancora pretendono che il contenuto stabilisca dei limiti al metodo, ma il modernismo filosofico e teologico pensa di aver stabilito da molto tempo e definitivamente che è vero il contrario, cioè che il metodo precede il contenuto. Per la modernità filosofica e teologica è il metodo – la prassi – a limitare il contenuto e non il contrario.
Vediamo ora la seconda considerazione sulla nuova sinodalità come prassi. Se osserviamo l’andamento dei recenti sinodi e, soprattutto, di quello sulla famiglia, dobbiamo prendere atto che i suoi effetti hanno soprattutto riguardato la prassi. Strettamente parlando, Amoris laetitia, non ha stabilito: ha alluso, non ha escluso, ma non ha stabilito. Il cambiamento della dottrina tramite la nuova sinodalità non è affidato alla dottrina, ma alla prassi. A decidere è la prassi, quello che si fa. I vescovi della regione di Buenos Aires hanno fatto, e questo ha veramente contato, nel senso di stabilire cosa si deve fare. Quello che si fa coincide con quello che si deve fare, storicisticamente (e prassisticamente) l’essere e il dover essere sono la stessa cosa. Come non vedere in tutto ciò l’influenza dei filoni più classici del modernismo filosofico e teologico che la nuova nozione di sinodalità recepisce con grande fedeltà? Veramente la nuova sinodalità “viene da molto lontano”.[12]
La nuova sinodalità come “procedura”
Le categorie di “tempo” e di “prassi” immergono la nuova sinodalità nella storia. Diventa quindi obbligato assumere dalla storia e dal tempo presente alcune forme di prassi mondana. Se si tratta di tempo e di prassi, la Chiesa non può dimenticare di vivere in un certo tempo e di dover imparare da quel tempo forme di prassi ritenute utili anche per sé[13]. Alcune forme di queste prassi finalizzate a prendere decisioni rimandano al metodo democratico e, più precisamente, alla democrazia liberale procedurale. La letteratura sulla nuova sinodalità insiste molto nel sostenere che il modo di procedere della sinodalità non può venire equiparato a quello di un’assemblea parlamentare[14]. Però, qualcuno – fa notare come si debba mettere in conto ”almeno qualche analogia con quelli in atto nella società civile”[15]; “immaginare che la verifica del consesum fidelium non apra le porte a forme di democratizzazione della chiesa significa cadere in una forma di spiritualizzazione della vita ecclesiale e quindi impedire qualsiasi riforma che promuova la corresponsabilità”[16]. Se si vorrà decidere “non si potranno mettere da parte procedure mutuabili dall’esperienza delle società democratiche”[17]. Se poi le decisioni dovessero ancora essere poste nelle mani del papa e dovesse essere ancora lui a decidere, allora il riformismo della nuova sinodalità verrebbe compromesso, perché si metterebbe un tappo riparatore su quanto il tempo e la prassi avranno fatto emergere nella coscienza ecclesiale[18]. Una significativa apertura in questo senso è già stata realizzata riguardo al sinodo sulla famiglia: nel documento finale sono stati inseriti anche posizioni rigettate a maggioranza dai sinodali e in Amoris Laetitia Francesco ha dichiarato di non voler dire altro di diverso dalle conclusioni del sinodo[19]. È stato anche detto che, come nel passato la Chiesa aveva assunto al proprio interno lo schema politico monarchico, nulla vieterebbe ora di assumere quello democratico[20], non tenendo conto che l’assunzione dello schema monarchico non era una semplice presa a prestito dalle istituzioni del tempo, ma rimandava al concetto teologico di “regalità”. Non c’è dubbio, quindi, che forme di prassi democratica di tipo mondano entreranno nelle procedure sinodali, vi entreranno obbligatoriamente data la dipendenza della procedura sinodale dalle prassi vigenti nel tempo attuale. Sempre a questo riguardo, è di particolare interesse notare che la forma di democrazia che viene presa in esame per confrontarla con le procedure decisionali della nuova sinodalità, anche per evidenziare la reciproca irriducibilità, è solo e sempre la democrazia liberale moderna procedurale. Il confronto non viene fatto con la democrazia secondo Leone XIII, ma con la democrazia di Locke e Rousseau. Quando si sostiene la possibilità e la necessità di adottare procedure democratiche ci si riferisce senza ombra di dubbio alla democrazia procedurale, che la Dottrina sociale della Chiesa ha sempre condannato. Sarà questa e non altre forme democratiche ad entrare stabilmente nelle procedure di formazione di una opinione pubblica ecclesiale fatta coincidere con la voce dello Spirito Santo.
Cenno conclusivo
La nuova sinodalità, considerata nelle categorie sue proprie di tempo, prassi e procedura, è il momento conclusivo di un lungo percorso che ha attraversato tutta la modernità. Il modernismo è stato un fenomeno eminentemente filosofico. L’idea di trasformare la Chiesa non dall’esterno ma dall’interno aveva anche questo significato: introdurre nella teologia categorie filosofiche che l’avrebbero rivoluzionata, in modo che fosse la teologia cattolica stessa a deformare se stessa. Non c’è dubbio che questo sia ampiamente accaduto e che la nozione di nuova sinodalità sia un coerente punto di arrivo di questo tentativo. A farla da padrona sarà l’ermeneutica esistenzialista e storicista, separata dalla metafisica: i contenuti della fede saranno quanto l’interpretazione avrà sedimentato nel tempo, un susseguirsi di interpretazioni condivise e sedimentate, frutto di una opinione pubblica ecclesiale nata nel dibattito sinodale, ma pur sempre solo interpretazioni.
Stefano Fontana - Fonte Teatro Ghione, Roma, 3 ottobre 2023
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[1] Per una completa informazione di base sulla nuova sinodalità si veda: J. Loredo – José Antonio Ureta, Processo sinodale: un vaso di Pandora – 100 domante e 100 risposte, prefazione del cardinale Raymond Leo Burke, Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, Roma 2023.
[2] G. Canobbio, Sulla sinodalità, “Teologia” 41 (2016) 2, p. 270.
[3] Commissione Teologia Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2 marzo 2018.
[4] R. Repole, Sinodalità. Il contributo della teologia, “Teologia”, 46 (2021), p. 519.
[5] È abbastanza generalizzata l’idea che il concetto di sinodalità non sia ancora definito e abbia bisogno di approfondimenti. Questo viene detto sia da posizioni teologiche che potremmo definire “caute” (cfr. M. de Salis, La sinodalità della Chiesa. Sensi e contorni di una espressione, in “Annales Theologici” 36 (2022) 2, pp. 283-316) e che intendono frenare derive eccessivamente progressiste, sia da posizioni invece più nuoviste allo scopo di accelerare il processo in atto.
[6] Cfr. G. Canobbio, Sulla Sinodalità cit., pp. 249-273; Id., Tradizione e pratiche sinodali in Occidente, “Teologia”, 48 (2023) 1, pp. 15-62; U. Sartorio, Sinodalità. Per una chiesa in riforma, “Studia patavina”, 66 (2019) 2, pp. 279-292; A. Barbi, Discernere e deliberare insieme. Percorsi negli Atti degli Apostoli, “Studia Patavina”, LXVI (2019) 2, pp. 239-250. AA.VV., Riforma sinodale della Chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda convergenza, “Studia patavina”, 69 (2022) 2, pp. 207-242; AA.VV., La sinodalità della Chiesa, “Annales Theologici”, 36 (2022) 2. [7] S. M. Lanzetta, Un Sinodo che viene da molto lontano, “Fides Catholica”, 18 (2022) 1, p. 5. [8] P. De Marco, La démocratie dans l’Église. Réflexions sur le “chemin synodal” allemand, “Catholica”, n. 149, automne 2020. [9] – Le nuove formule vitalistiche“devono essere e mantenersi adatte tanto alla fede quanto al credente” (S.S. Pio X, Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo, Cantagalli, Siena 2007, p. 58. [10] M. Grech, Il popolo di Dio soggetto del percorso sinodale, “Teologia”, 48 (2023) 1, p. 4. [11] S. M. Lanzetta, Un sinodo che viene da molto lontano cit., p. 6. [12] Come suona il titolo del già ricordato lavoro di Serafino M. Lanzetta cit. [13] Cfr. G. Canobbio, Dal Sinodo alla sinodalità, “Studia Patavina”, LXIX (2022) 2, pp. 243-259, in specie le pp. 2562-259. [14] M. A. Ferrari, Sinodalità e democrazia: punti di contatto e differenze, “Annales Theologici”, 36 (2022) 2, pp. 475-494. [15] G. Canobbio, Dal Sinodo alla sinodalità cit., p. 255. [16] Ivi, p. 256. [17] Ivi, p. 257. [18] “Ma alla fine, se tocca ancora a lui dire l’ultima parola, si rischia di preparare la strada a nuovi verticismi” (Ivi, p. 258). [19] Cfr. S. Fontana, Esortazione o rivoluzione? Tutti i problemi di Amoris laetitia, Fede & Cultura, Verona 2019. [20] “Le proposte di assimilare la Chiesa ad una democrazia sono speculari a quelle che la descrivevano come monarchia” (G. Canobbio, Sulla Sinodalità cit., p. 258; “In ogni caso i cristiani – che ne siano consapevoli o no – portano la mens democratica, di cui è permeata la società occidentale, al di dentro della Chiesa” (R. Repole, Sinodalità. Il contributo della teologia cit., p. 525.
9 Octobris - Angliae Sancti Ioannis Henrici Newman.
RispondiElimina"Oh, è il genio della Chiesa cattolica", disse White, "lo capirà meglio col tempo. Nessuno è padrone di se stesso; neppure il Papa può fare quello che vuole; pranza per conto suo, e parla secondo i precedenti".
"Certo", disse Charlotte, "infatti è infallibile".
"Anzi, se fa degli errori durante le funzioni", continuò White, "è tenuto a metterli per iscritto e a confessarli, per tema che diventino precedenti".
"E durante le funzioni è tenuto a fare quello che gli ordina il cerimoniere, anche se lui non la pensa così", disse Willis.
- John Henry Newmman, Perdita e guadagno, Jaca Book, Milano 1996, p. 89
Bellissimo! Grazie.
EliminaHo cominciato a leggere e subito ho individuato un conoscente di vecchia data: la sinodalità permanente che ai tempi miei era la rivoluzione permanente di Mao che poi fu cristianamente convertita in perfezionamento permanente, con più consapevolezza, oggi possiamo raddrizzare in santificazione permanente, che è squisitamente singolare, pur con la croce del prossimo.
RispondiEliminaQuesta chiacchiera sinodale infinita presuppone che ognuno abbia un pensiero suo originale che valga la pena di essere esternato. Forse il 99 x 100 dei nostri pensieri sono pensieri già pensati e più o meno diversamente connessi tra loro, se non proprio lasciati come li abbiamo trovati. Questa gnagnera della Chiesa in progress ha sfasciato lo sfasciabile. A chi piace la masturbazione mentale continui pure. Buon divertimento.
RispondiEliminaLa Chiesa deve occuparsi della salvezza delle anime avendo come mappa i 10 Comandamenti.
Non si è capito che noi, oggi, abbiamo perso la mappa. Vogliamo fare lo sforzino per cercarla? Eh!!!
Non vorrei che gli ultimi eventi fossero una riedizione delle Torri Gemmelle sul Mediterraneo. Allora molti inspiegabilmente si salvarono, forse oggi è stato loro chiesto di rendere il favore allora ricevuto.
RispondiElimina9 ottobre 1958 - Pio XII muore
RispondiEliminaPie Jesu Domine, dona ei requiem sempiternam.
Da non perdere
RispondiEliminaMaurizio Blondet blog
I Nostri Fardelli Maggiori
Processo sinodale: un vaso di Pandora /5
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=vFJJfwe91go
63 spettatori attuali Streaming avviato 37 minuti fa
A una settimana dall'apertura della sessione 2023 del Sinodo sulla sinodalità facciamo il punto della situazione su ciò che sta accadendo. Siamo in un momento cruciale della storia della Chiesa, è importante ribadire alcuni punti fondamentali...
Julio Loredo de Izcue:
La Chiesa è Madre, e da una madre ci si aspetta amore, sempre... ma è amore non avvisare chi sbaglia che sta sbagliando? È amore non ammonire e mettere in guardia circa i pericoli che si corrono persistendo nell'errore?
RispondiEliminaLa Chiesa non ha mai rifiutato i peccatori, è la Sua missione accoglierli, sanarli, istruirli, confessarli e assolverli.
Per questo i peccatori la odiano quando sono nel peccato per poi amarla quando se ne sono, per suo mezzo, liberati.
Ora, Se una madre accompagnasse e incoraggiasse i propri figli a sbagliare (peccare) sarebbe una buona madre? Domande retoriche a parte... servirebbe ancora a qualcosa?
RB
"È necessario pertanto ritornare ai precetti del cristianesimo, se si vuole formare una società solida, giusta ed equa. È dannoso, è imprudente venire a conflitto con la religione cristiana, la cui perenne durata è garantita da Dio e provata dalla storia"
RispondiElimina(Meminisse iuvat, l'ultima enciclica di Pio XII)
OT: Da Genova: Per la prima volta dall’anno 400 dopo Cristo ci saranno celebrazioni in chiesa senza il prete sull’ altare. Al suo posto “catechisti”, formati in corsi speciali, e può darsi anche donne, a svolgere lo stesso ruolo, compresa l’omelia e esclusa ovviamente la consacrazione dell’ostia, che può essere compiuta solo da sacerdoti o religiosi, “unti” come ministri di Dio.
RispondiEliminaLA LETTERA
RispondiEliminaZen ai padri sinodali: vigilate sulle manipolazioni
La sollecitudine per la «sacrosanta tradizione della fede cattolica» e preoccupazione per «come andrà a finire», anche facilitando certe derive a suon di procedure: il porporato 91enne rivolge un appello ad alcuni cardinali e vescovi.
Card.Joseph Zen
https://lanuovabq.it/it/zen-ai-padri-sinodali-vigilate-sulle-manipolazioni
Grazie cari buoni pastori che state a guardia del gregge
L'Esortazione Apostolica Laudate Deum
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=34_Vz0QoSgE
Radio Buon Consiglio
Streaming avviato 2 minuti fa
Il 4 ottobre scorso il Papa ha pubblicato la sua ultima Esortazione Apostolica, una seconda "Laudato si'". Il clima e l'ambiente sono temi di cui deve tanto preoccuparsi la Chiesa, soprattutto in tempi così delicati per la Chiesa stessa e l'intera umanità?
Quando si vuol capire la realtà che ci circonda (sia essa fenomenica o spirituale), occorre soprattutto umiltà. Si parte, infatti, sempre con dei pre-concetti, dei pre-giudizi. E' normale. Occorre però umiltà nel saper riconoscere "ho sbagliato". Oggi le persone più grandi, a mio parere, sono quelle - e sono poche! - che riescono ad ammettere con vera sincerità e convinzione: "sì, ho sbagliato, è colpa mia". Se non si ha questo atteggiamento, che è il presupposto fondamentale della verità in quanto adeguamento dell'intelletto alla realtà, non si comprenderà mai davvero. Si potrà anche essere intellettualmente dotatissimi, ma non si giungerà a vera comprensione, perché si finirà inevitabilmente per imporre i propri concetti alla realtà (cioè forzare la realtà per farla corrispondere al proprio giudizio: fino a giungere alla menzogna spudorata). Questa umiltà è difficile non solo perché - nomen omen - è umiliante per l'orgoglio (che in tutti noi vegeta rigogliosamente), ma anche perché può essere traumatica. Qui rischio di entrare in psicologismi che non mi competono: mi limito solo a segnalare che per tutti noi ammettere una verità che causa grande sofferenza è difficile. E' molto più semplice - anche senza rendersene conto - ammetterne solo una parte (quella più adattabile ai nostri schemi). Ma le mezze verità sono più pericolose di una bugia completa.
RispondiEliminaCollegata all'umiltà, occorre anche pazienza. Non si tratta di acquisire lauree (che, anzi, in certi casi possono anche essere controproducenti, perché producono nel soggetto la convinzione di essere un "illuminato" - e quindi a perdere l'umiltà e a tentare di imporre se stessi), ma di essere consapevoli che la comprensione cui si anela non si può ottenere in modo facile, né in breve tempo. Non basta leggere qualche articolo - e neppure qualche libro - e neppure prendersi un master ad Harvard - per pensare di "avercela fatta", di "aver capito". Capire richiede fatica, la fatica di uno studio - inteso in senso ampio, non necessariamente scolastico - ampio, meticoloso, difficile. Sempre umile, soprattutto: perché occorre anche saper riconoscere quando si è presa una strada sbagliata e correggersi (e qui - maxima humilitas - lasciarsi correggere piuttosto che voler correggere).
Con queste parole non intendo fare un'analisi completa di questo problema: solo fornire qualche spunto.
L'umiltà è frutto della Grazia invocata ed accolta nonché della perseveranza, sia nella preghiera che nella fedeltà, nel concreto vivere quotidiano...
RispondiElimina
RispondiElimina#mancano i sacerdoti.
In Irlanda e in Francia stanno importando sacerdoti africani in quantità.
Ma gli indigeni bianchi mancano anche in tanti servizi civili, in Europa, non solo in chiesa. Mancano medici, infermiere, operai etc.
Dopo decenni di abortismo di Stato, madri singole e perversioni sessuali dilaganti e protette dalle leggi, che cosa vogliamo?
La desertificazione demografica attuale non è risultto di tutti questi vizi, protetti, incoraggiati e persino propagandati dalle autorità civili e religiose?
Siamo sempre più sgovernati da una classe dirigente sempre più folle, e, bisogna pur dirlo, sempre più nemica dei propri popoli.
Il governo di CD attuale, pur con i suoi limiti, cerca di arginare in qualche modo il diluvio ma il suo compito appare improbo.
ap
Non so, forse ci salveranno i cani o forse no. In città pullulano i cani. L amico per antonomasia dell uomo. Forse ci salverà il cane, forse il cavallo oppure il gatto, gli animali forse verranno in aiuto degli umani, anzi già son venuti. L uomo li educa a volte li diseduca. L essere umano capisce, ha capito che l animale può essere un bene per lui e parla di terapie che hanno come terapeuti gli animali. Forse il Buon Dio visto che gli uomini Lo ignorano, come ignorano gli Angeli, come ignorano gli uomini santi, forse il Buon Dio per salvare l uomo manda avanti gli animali, chissà!? Anche le piante, ora vedo un incremento di verzura sui balconi, sono aumentate aiuole e alberi nelle strade, anche nelle stradine strette strette vengono piantati alberelli giovani che nessuno evidentemente sa come saranno da adulti e se arriveranno alla loro età adulta, l uomo si sta appassionando al creato mentre distrattamente urina per le strade, riempiendole di mondezza bottiglie rotte e vecchi capi di abbigliamento come foglie. Camminando per la strada si vede un uomo distratto, in corsa verso un altrove di illusioni artefatto, un uomo che spinge davanti la carrozzina con il cane, tira dietro il carrello con le vettovaglie e di fianco il suo bambino che arranca con un passo lungo prematuro non ancora suo. Impressionante la distrazione dei padri e delle madri verso i loro bambini, distrazione centuplicata dai telefonini, cioè dalla ossessiva industria della distrazione di massa che ostacola ogni umana concentrazione, senza la quale l umana intelligenza personale appassisce.
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RispondiElimina# Un commentatore dice che nell'attentato delle Torri Gemelle "molti inspiegabilmente si salvarono...".
Veramente i morti accertati furono quasi tremila, se non mi sbaglio. Fu una strage apocalittica. Erano quasi tutti impiegati che lavoravano nelle Torri. Morirono soffocati dal fumo, bruciati vivi, uccisi dall'impatto dell'aereo omicida. Alcuni si gettarono nel vuoto. Perciò, come si fa a dire che "molti inspiegabilmente si salvarono"?
Commento oscuro ed irrazionale.
In questi anni abbiamo imparato che la propaganda ed il tradimento hanno sempre avuto importanza primaria nelle guerre, qualcuno sostiene anche che la loro importanza sia maggiore della guerra guerreggiata.
RispondiEliminaAggiungerei, per chiarezza, propaganda menzogna tradimento, armi pari alle più sofisticate del nostro tempo.
EliminaPer farcene una ragione, contiamo quante volte i nostri governanti, i media, financo la chiesa hanno mentito e/o hanno omesso la verità. So che aprire gli occhi è doloroso straziante, ma è tempo per tutti noi, per i nostri figli e per gli stessi mentiori capire che il raggiro l inganno la menzogna non pagano, anzi avvelenano, uccidono, pongono gli uni contro gli altri... non è questo il mondo che vuole Maria Santissima per noi, Lei vuole che ci pentiamo che riparliamo il male fatto da chi ritiene che il Male sia più potente del Bene. Maria Santissima ha detto che intere nazioni saranno distrutte se i suoi devoti non riparerannoerà il mal
Elimina... se non ripareranno l altrui malfatto. Ognuno decida cosa vuole fare.
EliminaNoi alla riparazione non diamo molto spazio, perché non vogliamo guardare in faccia il male dilagante, preferendo credere a quello che viene detto dalla propaganda, evitando quindi la fatica di pensare con la nostra testa, ignorando le contraddizioni, gli errori, i plagi graziosi a cui siamo sottoposti. Per il momento basterebbe esercitarsi a trovare il colpevole sui libri di Agatha Christie. Cattolica.
EliminaNo, ho sbagliato la riparazione è qualcosa di diverso, si sa e/o si suppone e quello che sappiamo e/o supponiamo ci rivolta, ci disgusta, ci schifa. Eppoi come si fa a riparare se non riusciamo neanche a riparare i nostri errori/peccati? E neanche quelli di coloro che amiamo. Qualcuno mi spieghi cos'è la riparazione, se è pregare per, ancora ancora, ma riparare...è come restaurare, ristrutturare, portare a nuovo.... Forse è pregare, poi la Grazia?
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