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giovedì 26 ottobre 2023

La Torah e la haftarah nella liturgia romana (parte 1)

Nella nostra traduzione da New Liturgical Movement la dimostrazione di svariati elementi del culto ebraico puro della Torah portata a compimento da Cristo Signore presenti soprattutto nel Rito antico. Del resto la Santa Messa eredita il proseguimento del culto sinagogale (Salmi, la stessa cantillazione del gregoriano e Letture) con l'aggiunta della Consacrazione e del banchetto escatologico rappresentato dalla Santa Comunione... Buona lettura. Pubblicheremo anche le parti successive.

La Torah e la haftarah nella liturgia romana (parte 1)
Gregory Dipippo

Mosaico Santa Sabina (v. nota 1)
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Nel calendario ebraico, il capodanno civile, Rosh Hashanah [vedi], è il primo giorno del mese di Tishri, ma per gli scopi religiosi e liturgici il primo mese è Nisan e Tishri il settimo. Poiché tale calendario è lunare, questo giorno cade all’interno del calendario solare gregoriano nell’intervallo tra il 5 settembre e il 5 ottobre. Il decimo di Tishri è Yom Kippur, “il giorno dell'espiazione”; queste due feste insieme sono spesso chiamate “i giorni santi”. Il 15 ricorre Sukkot, la festa delle Capanne, che dura sette giorni, l’ultimo dei quali è Hashanah Rabbah, “la grande supplica”. Il giorno successivo, il 22, è una sorta di festa supplementare originariamente conosciuta come “l’ottavo (giorno) dell’assemblea” (Shemini Atzeret), ma oggigiorno spesso chiamata “Simchat Torah — la gioia della Legge”. È questo il giorno in cui il ciclo annuale di letture della Legge di Mosè si conclude con l’ultima parte del Deuteronomio e riprende con l’inizio della Genesi. È tradizionalmente contraddistinto da una processione in cui i rotoli della Torah vengono rimossi dalle arche in cui sono conservati e portati in giro danzando per la sinagoga.

Roma ospita la più antica comunità ebraica della diaspora in Europa occidentale, risalente almeno alla seconda metà del II secolo a.C. e, naturalmente, molti dei primi convertiti al cristianesimo nella città erano di origine ebraica. Ancora nei primi decenni del V secolo la distinzione tra ebrei convertiti e gentili era ancora avvertita in modo molto netto. L’iscrizione dedicatoria del mosaico che si trova sulla controfacciata della basilica romana di Santa Sabina, realizzata intorno al 425 d.C., presenta a sinistra una figura simbolica della “Chiesa dei circoncisi” e a destra un’altra della “Chiesa delle genti” (1).

Non dovrebbe quindi meravigliare il fatto che queste antiche feste ebraiche abbiano avuto una certa influenza su una delle caratteristiche più antiche del rito romano, le Tempora, con le quali spesso si sovrappongono. Papa San Leone Magno, il primo autore a noi noto che ne parli, afferma più volte nei suoi sermoni che esse sono state tratte dall’Antica Legge. Ad esempio, nella sua settima predica sulle Tempora di settembre, scrive: “Prendiamo il digiuno del settimo mese dalla predicazione dell’antica dottrina, per la purificazione delle nostre anime e dei nostri corpi, ma non per questo ci sottoponiamo agli oneri della legge, bensì abbracciamo l’utilità di quella temperanza che serve il Vangelo di Cristo”.
Nei testi liturgici delle Quattro Tempora di settembre [qui - qui] ci sono due riferimenti molto espliciti alle grandi feste ebraiche. Il più ovvio è la coppia di letture di Levitico 23 del sabato, che descrivono la celebrazione del Giorno dell’Espiazione e della festa delle Capanne; l’altro è l'Introito del mercoledì.
Introitus, Ps. 80 Exsultáte Deo, adjutóri nostro: jubiláte Deo Jacob: súmite psalmum jucundum cum cíthara: cánite in initio mensis tuba, quia praeceptum in Israël est, et judicium Deo Jacob. V. Testimonium in Joseph posuit illud, cum exíret de terra Aegypti: linguam, quam non nóverat, audívit. Gloria Patri … Exsultáte Deo …

Introito, Salmo 80 Rallegratevi innanzi a Dio nostro aiuto: esultate innanzi al Dio di Giacobbe. Cantate con la cetra un salmo di gioia; suonate la tromba all’inizio del mese, perché è un comandamento in Israele e un giudizio per il Dio di Giacobbe. V. Lo stabilì come testimonianza in Giuseppe, quando uscì dal paese d’Egitto: egli udì una lingua che non conosceva.
L'inizio del mese” si riferisce a Rosh Hashanah, e “la tromba” al corno musicale noto come shofar, che figura in modo prominente nella sua celebrazione e in altre osservanze. Le parole “perché è un comandamento in Israele” si riferiscono al fatto che queste feste sono tutte celebrate in obbedienza a precetti specifici della legge di Mosè.

Il pavimento a mosaico di una sinagoga, datato dal V al VII secolo, nella città di Beth Shean,
 Israele. L’arca della Torah al centro ha una menorah su entrambi i lati; sotto ogni 
menorah
c’è una pala per l’incenso e uno shofar. — Questo motivo è spesso accompagnato da quelle
che la tradizione ebraica chiama le 
Quattro Specie (un frutto di cedro, una fronda di palma
da dattero, un ramo di mirto e un ramo di salice), che vengono portate durante i riti
di 
Sukkot e Simchat Torah, in adempimento di Levitico 23, 40: “Il primo giorno
prenderete frutti degli alberi migliori: rami di palma, rami con dense foglie e salici
di torrente e gioirete davanti al Signore vostro Dio”. La loro assenza qui potrebbe indicare
che si trattava di una sinagoga samaritana, poiché il loro uso era associato ai riti
del tempio di Gerusalemme, che i Samaritani rifiutavano.
(Immagine di dominio pubblico tratta da Wikimedia Commons.)

La Bibbia ebraica è tradizionalmente divisa in tre parti, la Legge (Torah), i Profeti (Nevi’im) e gli Scritti (Ketuvim). Da questa ripartizione deriva l’acronimo “Tanakh”, il termine ebraico comune per “Bibbia”. I Profeti sono poi suddivisi in due gruppi, i Primi (Giosuè, Giudici, Samuele e i libri dei Re) e i Secondi (Isaia, Geremia, Ezechiele e i Dodici, ma non Daniele come nella tradizione cristiana).

Nella liturgia ebraica la Torah è divisa in sezioni chiamate parashot (“porzioni”), in modo tale che, passando da un sabato a quello successivo, viene letta tutta nel corso di un anno. Ogni parashah è seguita da una lettura dei Profeti chiamata haftarah (“congedo”). (Nonostante la somiglianza tra Torah e haftarah nella traslitterazione italiana, le due parole non hanno nessuna correlazione.) Questa usanza è molto antica e sono attestati diversi sistemi di haftarot.
Rispetto alla tipica lettura della Messa della tradizione romana, le singole parashot sono piuttosto lunghe, poiché devono coprire 187 capitoli in 52 servizi: una media di più di tre e mezzo a settimana. La prima, ad esempio, termina con Genesi 6, 8, per un totale di 144 versetti. (E infatti molte sinagoghe in tempi moderni hanno adottato un sistema di lettura triennale per abbreviarle… che disdetta…) Sarebbe impossibile coprire tutti i Profeti (quasi 340 capitoli) contemporaneamente, e così le letture della haftarah sono selezionate per corrispondere tematicamente alle parashot e piuttosto brevi (sebbene a volte anche piuttosto lunghe rispetto a una lettura tipica del rito romano).

Sembra che questa tradizione abbia avuto una certa influenza sul lezionario romano antico, poiché in diverse occasioni le letture della Legge e dei Profeti sono abbinate tematicamente allo stesso modo. A questa unione fa riferimento più volte anche San Leone nelle sue prediche delle Quattro Tempora [vedi], ad esempio in quelle del 9 settembre. “L’amore del prossimo è l’amore di Dio, Il Quale ha stabilito la pienezza della Legge e dei Profeti in questa unione di duplice carità, affinché nessuno possa dubitare di offrire a Dio ciò che avrà dato all’uomo” (cioè digiunando e quindi non spendendo soldi per il cibo per se stesso).
Per definizione, tali abbinamenti si troverebbero nei giorni che hanno più di una lettura dell’Antico Testamento, la maggior parte dei quali sono mercoledì e sabati delle Quattro Tempora. Ad esempio, nel mercoledì della prima settimana di Quaresima, la prima lettura, Esodo 24, 12-18, termina con Mosè che digiuna quaranta giorni e quaranta notti, e la seconda, 1 Re 19, 3-8, termina con il profeta Elia che digiuna quaranta giorni e quaranta notti.
Ma pur essendo vero che i compilatori del lezionario romano si siano ispirati alla tradizione liturgica ebraica, non sempre essi la copiarono esattamente. Il mercoledì di settembre, la prima lettura è costituita dagli ultimi tre versetti del libro del profeta Amos, capitolo 9, 13-15. Quest’ultimo è abbinato a una lettura che non è tratta dalla Legge, ma che parla di essa: Neemia 8, 1-10, in cui Esdra, Neemia e i leviti la leggono e la interpretano al popolo. Non dovrebbe essere una coincidenza il fatto che, in una tradizione delle haftarot, una sezione più lunga di Amos 9 (versetti 7-15) venga letta con una parashah che inizia con Levitico 16, che spiega il rituale dello Yom Kippur.

La lettura di Neemia termina con le parole: “Ed egli disse loro: ‘Andate, mangiate carni grasse, bevete vino dolce e mandate porzioni a quelli che non l’hanno preparato, perché è il giorno santo del Signore. E non siate tristi, perché la gioia del Signore è la nostra forza’”. La lettura di Amos si riferisce alla ricchezza della terra da cui provengono le carni grasse e il vino dolce: “Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, in cui il l’aratore raggiungerà il mietitore, il pigiatore l’uva che semina; i monti stilleranno dolcezza e ogni colle sarà coltivato”. L’importanza di questa seconda lettura è sottolineata dal fatto che essa riporta il testo della Comunione, che normalmente è tratto da un Salmo o dal Vangelo del giorno. Nel contesto della Messa, le “carni ricche e il vino dolce” vengono poi a significare le specie della Santa Eucaristia.
Il testo dell’Offertorio è tratto dal Salmo 118, il grande elogio della Legge e il salmo più lungo del Salterio. E forse è stata scelta la doppia occorrenza di “comandamenti” come ulteriore riferimento alla “Legge e i Profeti”, e la doppia occorrenza di “ho amato” ai due precetti della carità. “Meditabor in mandatis tuis, quæ dilexi valde; et levabo manus meas ad mandata tua, quæ dilexi”. — “Mediterò sui Tuoi comandamenti, che ho amato, e alzerò le mani verso i Tuoi comandamenti, che ho amato”. “Mediterò” sarebbe quindi un riferimento alla vita contemplativa, e “alzerò le mani” a quella attiva. (Meditabor video)
Notiamo infine il secondo graduale, tratto dal Salmo 33, 12: “Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che Si è scelto come erede”, testo che in origine designava il solo popolo ebraico. La seconda parte, invece, risale al versetto 6: “Dalla Parola (Verbo) del Signore furono fatti i cieli, dal soffio (spiritu) della Sua bocca ogni loro schiera”. Questa combinazione del Signore, della Parola e dello Spirito è stata naturalmente intesa dai Padri della Chiesa come un riferimento alla Trinità. Il popolo e l’eredità di Dio diventano così tutti coloro che sono battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in adempimento del grande mandato di Cristo di fare discepoli di tutte le nazioni. (Beata gens video)
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. Ebrei e Cristiani ieri - il Mosaico del V Secolo, S. Sabina sull'Aventino - Roma
Sopra l'ingresso della Basilica, nella navata centrale, si può ammirare il mosaico di dedica della Basilica, collocato in quel sito secondo l'uso antico. Esso costituisce un importante documento storico. Una larga fascia racchiude i sette versi dell'iscrizione a lettere d'oro su fondo azzurro; il testo dice:
QUANDO CELESTINO AVEVA IL SOMMO GRADO DELLA DIGNITÀ APOSTOLICA E RIFULGEVA NEL MONDO INTERO COME IL PRIMO DEI VESCOVI QUESTA MERAVIGLIA È STATA CREATA DA UN PRETE DI ROMA ORIUNDO DI ILLIRIA PIETRO UOMO BEN DEGNO DI PORTARE TALE NOME PERCHÉ DALLA NASCITA NUTRITO NELL'AULA DI CRISTO RICCO PER I POVERI POVERO PER SE STESSO IL QUALE FUGGENDO I BENI DELLA VITA PRESENTE HA BEN MERITATO SPERARE DI RICEVERE LA VITA FUTURA
Ai lati del mosaico, due figure femminili sono rappresentate quasi di fronte con movimento convergente verso il centro; sotto i loro piedi si legge a destra:"ECCLESIA EX GENTIBUS", a sinistra: "ECCLESIA EX CIRCUMCISIONE".
La prima è vestita di sottoveste bianca, tunica purpurea ed ha il capo coperto di cuffia e velo purpureo attorcigliato intorno alle spalle e alle vita e tiene in mano un codice aperto nel gesto di chi parla. È il codice del Nuovo Testamento.
La seconda è vestita di sottoveste bianca, di tunica purpurea, ma, a differenza della precedente, invece della cuffia, ha il capo coperto da un sottovelo bianco e da un velo purpureo. Anch'essa regge in mano un codice: è l'Antico Testamento.
Nuovo e Antico Testamento non si oppongono, ma sono fonti dalle quali attinge l'unica Chiesa Cristiana di cui è pastore il Pontefice romano, come dimostrano e la posizione delle figure relativamente al testo e la preposizione grammaticale "EX".
L'alta spiritualità del mosaico dedicatorio ne completa l'eccezionale valore storico.
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[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
IBAN - Maria Guarini
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Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

9 commenti:

  1. OT
    Casualmente ho ascoltato parte di un intervento di un giovane ebreo italiano, che vive in una comune ebraica in qualche parte del centro Italia, il quale, a proposito della situazione odierna tra Israele e la Palestina, ha iniziato citando i libri dei Maccabei, che non ricordo di avere mai letto. Poco dopo, al passaggio non so dove, ho sentito dire che la liturgia romana ad Ottobre legge i Maccabei, non so se è vero o falso, se si tratta del NO o del VO. Tant'è che ho preso il libro dei Maccabei ed ho iniziato a leggere, introduzione e un paio di pagine. Da questo pochissimo ho scoperto quanto sia importante questa lettura, non solo per iniziare ad approfondire la geopolitica del presente, ma anche per capire l apostasia della chiesa cattolica ; allora il popolo ebraico si trovava sotto scacco dell ellenismo teso ad instaurare un impero dove non vi fosse che una religione ed una legge e.. la maggior parte degli ebrei apostatarono. Quindi coraggio, lo schema di fondo ci incoraggia a non darci per vinti e a combattere con le armi di cui ognuno dispone.

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  2. Mic, questi articoli sono veri, belli ed interessanti, ma sono, in questo momento storico (a mio sommesso parere), inopportuni.
    In quest'epoca (in Occidente) è facile passare da quanto detto alla posizione secondo cui i Giudei, alla fine, non avrebbero bisogno di conversione. Più passa il tempo e più mi convinco che il problema del Vaticano II è solo indirettamente la protestantizzazinne. La prima e grossa difficoltà è un ammorbidimento della posizione nei confronti dei "Fratelli separati". Questo mi sembra anche il punto in cui, alla fine, esiste un' incolmabilità di posizioni tra i conservatori ed il mondo della Tradizione.

    Roberto

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  3. Per Roberto
    A proposito del fatto che gli ebrei non avrebbero bisogno di conversione
    https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/p/modifica-della-dottrina-della.html?m=0

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  4. È molto interessante invece scoprire la continuità tra l'ebraismo puro e l'eredità spesso misconosciuta portato a compimento da Cristo e il nostro culto. Corrispondente alla divergenza rispetto al giudaismo spurio, rabbinico, successivo a Yavne... Due rami della stessa pianta che sono come due rette che non si incontrano mai (l'immagine è di rav Di Segni, sentita con le mie orecchie)

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  5. Mic, quanto scritto non intende assolutamente mettere in discussione Te o il tuo sito. Ti seguo da molto tempo (quando ancora commentavi su Messa in Latino) e conosco bene i tuoi meriti.
    La domnada che mi pongo, tuttavia, è la seguente: il principio che guida l'ecumenismo è noto: "cerchiamo ed evidenziamo quanto ci unisce e non quanto ci divide". Se noi reputiamo questa linea di approccio problematica quando ci riferiamo per esempio ai protestanti, lo dobbiamo applicare anche (e forse di più) in riferimento ai Giudei. Ecco, mi sembra che questi articoli possano generare problemi. Se fosse comparso un articolo in cui vengono trattati gli elementi cattolici nel "Libro delle preghiere comuni" di Thomas Cranmer, molti qui avrebbero storto il naso.
    Diciamo la verità: non sono pochi i "Neocon-Tradizionalisti" dispostissimi a lanciare anatemi contro i protestanti o (attualmente ancora di piú) contro gli ortodossi, ma molto più silenziosi e sfumati qunado si tratta dei "nostri fratelli maggiori".

    Roberto

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    1. Credo che articoli come questo possano generare problemi in chi ha fatto della sua fede un'ideologia... Io invece amo conoscere e far tesoro di ciò che corrisponde a verità
      Quel "fratelli maggiori " un po' enfatico scappò detto a Giovanni Paolo II in un eccesso di captatio benevolentiae.
      Ma furono loro i primi ad offendersi ben conoscendo la storia di Esaù e Giacobbe....

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  6. Da quello che inizio a capire le tipologie ebraiche sono infinite. Sarebbe bene che ciascuna avesse un nome comprensibile a tutti. Tra l altro ormai molti gentili hanno nel loro sangue una o più gocce di sangue ebraico, come islamico, vichingo, slavo e via elencando. L attuale Israele, ad esempio, non è riconosciuto da moltissimi ebrei che vivono altrove. Anzi alcuni si fanno un punto di non averci mai messo piede e di essere determinati a non mettercelo mai in futuro. Insomma è un mondo vario, che comprende tante sfumature,che potrebbero essere lette come virtù e/o vizi. Meglio forse caratteristiche più o meno costanti.

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  7. Come e' interessante conoscere l'etimologia delle parole cosi' e' interessante conoscere la radice ebraica di alcuni riti cristiani. Comunque il punto di maggior commozione per me e' stato poter ammirare il mosaico paleocristiano della Basilica di Santa Sabina in quel di Roma.

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