"Stupiscono le polemiche dei soliti noti sull'organizzazione della più grande mostra mai dedicata in Italia all'autore di uno dei libri più venduti e amati della storia della letteratura. Dimostra il nervosismo di chi ha pensato che la cultura gli appartenesse, che potesse essere appannaggio di una parte politica e non di tutti", ha affermato Giorgia Meloni. Al di là delle riserve che si possono avere sull'esoterismo di un pensatore inafferrabile come Zolla, cito: "a grandi linee, nella sua lettura simbolica di uno dei racconti capostipiti del genere fantasy, la lotta di Frodo Baggins e compagni contro le forze oscure che hanno forgiato l'Anello del Potere diventa lo scontro tra il progresso tecnologico che vorrebbe tutti assoggettati e obbedienti nei confronti di un'autorità quasi impalpabile e imposta dall'alto (oggi un esempio potrebbe essere "l'Europa" burocrate) e la fedeltà a una tradizione identitaria fatta di purezza, ordine e spiritualità (ad es. i valori cattolici)."
Perché Tolkien ammaliò i ragazzi di destra
Marcello Veneziani
Tolkien e la destra, questo matrimonio non s’ha da fare: è ridicolo e patetico, secondo alcuni, è un’appropriazione indebita, secondo altri. Vi siete bevuti la testa, con gli hobbit non si governa un paese, dicono i primi. E i secondi intimano: giù le mani da Tolkien e dalla sua opera, non è roba vostra.
Oggi [16 novembre -ndr] s’inaugura la mostra su Tolkien e il giudizio dei Maestri Censori oscilla tra questi due anatemi.
Non sono un tolkeniano, ma gioisco per la mostra, pensando ai tanti che si formarono sul Signore degli Anelli, e agli impresari e divulgatori del tolkenismo nostrano; a partire da Alfredo Cattabiani che lo pubblicò da Rusconi, Elémire Zolla che lo propose, Gianfranco De Turris che ne è il vicario nostrano e Oronzo Cilli che ha curato la mostra.
Quand’ero ragazzo, il Signore degli Anelli era una specie di bibbia favolosa per i giovani di destra in libera uscita dalla storia; ma era anche un nuovo libro Cuore per la formazione dei ragazzi al tempo degli anni di piombo. Era un breviario per la gioventù tradizionalista, che piaceva sia ai cattolici che ai neopagani; quei ragazzi si allontanavano dalla mitologia fascista per abbracciare una nuova mitologia fuori dalla storia e dall’ideologia. Una mitologia mite, ecologista, nutrita di boschi e di pacifici hobbit, creature piccole, buffe, inoffensive. Certo, poi c’erano i maghi che erano la trasposizione in fiaba degli Evola e dei Guénon, c’erano i guerrieri che lottavano con la Compagnia dell’Anello. Quel viaggio fantastico tra gli Hobbit disarmava l’egoismo, la brama di potere, la volontà di potenza. Una teologia primordiale e puerile, una specie di scoutismo eroico e magico, dove si intrecciano elementi celtici e pagani ed elementi cristiani, e dove si contrappongono in modo netto le forze del bene e le forze del male.
Con gli hobbit e l’eroic fantasy molti giovani di destra cercavano la loro rivincita dal regno storico dei vinti. La sinistra reputava il tolkenismo di destra un’oasi di ricreazione del nazismo, quasi l’asilo nido per la militanza fascista.
Non amavo gli hobbit, non mi piaceva il ripiegamento nella dimensione fiabesca della fantasy e dei mezzi uomini dai piedi pelosi. La consideravo una fuga dalla realtà, frutto dell’incapacità di affrontare il mondo, preferendo rifarsi delle sconfitte storiche rifugiandosi nei castelli della fantasia.
Tolkien dava una rappresentazione fiabesca del Mondo della Tradizione; quasi un rifugio in un mondo magico di eroi, maghi e demoni e la realtà della vita quotidiana.
Ricordo in quegli anni le riviste e rivistine dell’ambiente militante della destra dedicate a la Contea, a Eowin, agli Elfi, alla Terra di mezzo; il gruppo musicale dedicato alla Compagnia dell’Anello; partecipai al primo campo Hobbit dove si dettero appuntamento i ragazzi di destra in un luogo che non era la Nuova Zelanda ma più modestamente Montesarchio, poco amena località presso Benevento. Pareva un campo di concentramento, ma eravamo grati a Generoso Simeone che organizzò quel raduno. Quell’universo tolkieniano aveva dato un legame comunitario a quell’ambiente, lo aveva traghettato su sponde diverse dove la natura e la mitologia prendevano il posto della storia e dell’ideologia coltivando nostalgie più mansuete; ma proprio quell’innocuità da hobbit, che per me erano una variante dei puffi, mi pareva una fuga e una resa. Tolkienismo, malattia infantile del tradizionalismo. E poi trovavo noioso quel librone. Meglio Pinocchio.
Ma gli hobbit e gli elfi nel frattempo hanno colonizzato l’immaginario globale, sono esplosi al cinema e tra le masse. Quei giovani sognatori di Frodo erano gli ignari precursori di un bisogno profondo, diffuso e insoddisfatto. Come può una saga priva di storie d’amore, di sesso, priva di storia, di modernità, perfino priva di scarpe, suscitare una così accesa passione planetaria?
C’è qualcosa che sfugge alle contabilità del nostro tempo.
La fuga dal presente cresceva anche a sinistra, ma anziché inseguire tempi favolosi e medioevi dello spirito, come facevano i ragazzi di destra, inseguivano miti esotici e rivoluzioni premoderne, ondeggiando tra Mao, Hochimin e il Che.
L’altrove della destra era fuori dal tempo; l’altrove della sinistra rivoluzionaria era fuori dallo spazio capitalistico-occidentale. Gli uni a cavallo, gli altri in bicicletta. L’unico Medioevo che si affacciò poi a sinistra fu quello del Nome della rosa; ma il loro Tolkien era l’Eco dell’illuminismo e del progressismo.
A destra, Tolkien ridava invece fiato all’immaginario simbolico del Graal, di Re Artù e perfino alla Divina Commedia col suo cammino iniziatico dagli inferi al Cielo. Il sacro si incontrava con il santo, il mito con la storia sacra, e gli elfi apparivano un po’ angeli e un po’ déi, tra fate e madonne in una rappresentazione infantile e manichea della lotta tra il Bene e il Male.
Mi guardavo intorno e vedevo emergere soprattutto il Grigio, la confusione di bene e male o la loro anemia, l’indifferenza a entrambi, il meschino vivere al di qua del bene e del male. Nessuno più ricorda i libri di culto della sinistra giovanile negli anni settanta mentre è ancora vivo oggi il librone che piaceva ai ragazzi di destra.
Come mai la colta sinistra ha ceduto il Libro all’incolta destra dei boschi?
Perché il bisogno di coltivare mondi ulteriori, di viaggiare in dimensioni fantastiche, di passare dall’Inferno al Paradiso, ce lo portiamo dentro di noi, sempre.
Il mito abita dentro la nostra anima, e niente può sfrattarlo; il senso del sacro è una dimensione radicale, costitutiva del nostro essere uomini. Possiamo figurarlo in modi diversi, ma non sopprimerlo. Da quando il mondo ha scoperto di essere dentro un’unica dimensione globale, si avverte ancor più il bisogno di abitare un’altra città non dominata dalla tecnica e dall’economia. Una città dell’anima e dei sogni, dove abitano i desideri e le pulsioni, i sentimenti e i valori negati nella realtà.
E’ il bisogno di connettersi a un’altra dimensione, la necessità di trascendere il nostro io piccino e quotidiano, il nostro presente meschino e profano. Non sappiamo vivere senza un aldilà. Oltre la fisica cerchiamo una metafisica. Anche puerile, anche impraticabile, e fantasiosa; ma ne abbiamo bisogno come il pane; anzi il lembas, il pane degli elfi.
Marcello VenezianiPubblicato su La verità del 14 novembre 2023
ROMA, LUNEDI’ 27 NOVEMBRE 2023, 20.30, ANGELA PELLICCIARI, LA CHIESA CONTRO LA GNOSI
RispondiEliminaCon l’intervento di Domenico Airoma e Toni Brandi, parla Angela Pellicciari, voce di Radio Maria e autrice più richiesta (dopo Giovanni Guareschi) sul banco libri del Maritain. Il tema è tratto dal libro “I Papi e la Massoneria”.
Roma
Parrocchia Sant'Alberto Magno
Via delle Vigne Nuove 653 - Sala Conferenze -
Era il 25 novembre del 1177 e la battaglia si era appena conclusa.
RispondiEliminaLui, Baldovino IV di Anjou, che il mondo avrebbe conosciuto come il Lebbroso, aveva appena sconfitto in battaglia il temutissimo Saladino che era dovuto scappare su un cammello da corsa per evitare la morte.
Ventimila di Saladino contro meno di quattrocento cavalieri di Baldovino e non più di quattromila fanti; Saladino stava invadendo Gerusalemme e quella sparuta armata era la sola cosa che in quel momento il re crociato potesse opporre.
Eppure vinse con una carica generale che spazzò via l'esercito di Saladino, il quale perse la quasi totalità degli effettivi.
Bella la battaglia ma ci sono due cose da notare.
Baldovino aveva sedici anni; siamo abituati a pensare che la gioventù, oramai presa dai reel su TikTok, sia costitutivamente incapace di grandi atti. Eppure basti ricordare che Baldovino aveva 14 anni quando guidò il primo esercito con successo e sedici quando vinse a Montgisard; non vide i trent'anni, morendo di lì a qualche anno. E così sant'Ilarione di Gaza che, spinto dalle gesta dei monaci, a quindici si ritirò nel deserto e ancora san Domenico Savio, che morì santo a quindici anni. Il problema non è esser giovani bensì non avere modelli in chi ti precede.
Il secondo dato è che Baldovino era lebbroso, oggi diremmo "invalido". Si perché il fatto che lui non arrivò ai trent'anni fu dovuto alla lebbra che ne devastò il corpo ma non l'anima.
Oggi lo avrebbero ucciso, nel suo "best interest" perché dai zio, che vita è andare in giro con bende, avere le ossa distrutte, essere impotente, cioè dove sta il bello della vita.
Eppure Baldovino in quel giorno era là che, conscio di essere malato, decise lo stesso di tirarsi in piedi, arringare i suoi uomini commossi (immaginatevi voi di vedere il re che un secondo prima avete aiutato ad inginocchiarsi davanti ad una reliquia, alzarsi da solo col solo scopo di rincuorarvi), e si gettò nel folto della mischia dove fu visto fare scempio dei suoi nemici.
Ah giusto, dopo la battaglia, decise di far costruire un monastero dedicato a santa Caterina, festeggiata il 25 novembre.
Le uniche vie d'uscita per la gioventù sono la Fede, la capacità di soffrire e l'esempio dei padri (che nella nostra epoca non sempre lo sono stati, visto che divorzio e rilassatezza dei costumi sono giunti ben prima di TikTok).
Altre vie sono foriere di squilibri ed infine di infelicità eterna.