Grazie all'Osservatorio card. van Thuân per l'articolo che segue. Qui l'indice degli articoli sulla Dichiarazione Dignitas infinita.
È ufficiale: il concetto di “dignità infinita”
è infondato. Lo dice il Vescovo di Trieste
Il giallo sembrava destinato a restare irrisolto: perché mai Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, ha introdotto il termine «dignità infinita» nell’omonima dichiarazione [qui] di aprile?
La teologia parla sì di dignitas infinita, ma in pochissime occasioni e per applicarla solo alla Beata Vergine Maria, alla natura umana di Cristo e ai beati in paradiso [qui]. Perché allora introdurre un concetto poco fondato – e ancor meno trattato – nella Scrittura e nel pensiero occidentale?
Svela l’arcano Mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste, chiamato a trattare proprio della “Dignitas Infinita” di Fernández, su invito dell’Azione Cattolica di Trieste [qui]. Mons. Trevisi non è troppo entusiasta di questa nuova recente dichiarazione. Gli suona male, tra l’altro, quell’accenno, nelle prime righe del documento, alla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” (1948), non solo «guardata con un certo distacco da Pio XII perché non c’era un riferimento a Dio», ma anche perché si fa riferimento solo ai diritti e mai ai doveri. Parole sante.
E non è entusiasta per un secondo motivo: pur trattando delle grandi tragedie del nostro secolo – omicidio, genocidio, aborto, eutanasia, povertà, guerra, immigrazione, ecc… –, Fernández mette troppa carne al fuoco. «Sono temi difficili – commenta Trevisi – e questo documento non li risolve».
Cancellare la dottrina, vista come ostacolo
Dove invece l’entusiasmo del Vescovo si riaccende è su tutt’altra questione, accuratamente nascosta tra le pieghe del testo e che poco c’entra con la risoluzione delle tragedie umane. C’entra invece molto con i massimi sistemi della nuova teologia contemporanea. A Fernández e a Trevisi sta a cuore abbandonare tutto ciò che essi ritengono un vecchiume metafisico, linguistico e concettuale: parlare dei temi della vita e della dignità – dice Trevisi – «con il linguaggio della legge naturale, ci ha portato in un vicolo cieco».
Da qui la rivelazione: quando Fernández usa il concetto di “dignità infinita”, sa benissimo – afferma Trevisi – che non si tratta di «una categoria centrale del pensiero né antico, né biblico», però è necessario introdurre un nuovo «fondamento», che oggi ci consenta di «capirci, di parlare, di andare avanti a riflettere, piuttosto che spegnere la riflessione».
Sentire queste parole è qualcosa di sbalorditivo. Si vuole togliere di mezzo il fondamento certo della fede e ci si reinventa una nuova categoria (la “dignità infinita”), senza capo né coda, senza collegamento alla dottrina; e la si utilizza come surrogato, che dovrebbe far capire meglio all’uomo moderno cosa fare.
Ecco allora il punto, il nodo dei nodi del pensiero del Vescovo, comune a tutta la teologia degli ultimi decenni: per parlare con l’uomo di oggi, oltre ogni cultura e religione, è necessario distruggere ogni fondamento scandaloso e, a maggior ragione, lo scandalo cristiano. Per dialogare, però, un fondamento serve comunque, infinito almeno quanto Dio. Ma se tolgo Dio, cosa rimane? Ovviamente l’uomo.
Cosa di meglio, allora, che portare al culmine la svolta antropologica del secolo scorso e definire la dignità umana come «infinita»? C’è un’unica emergenza, dice il Vescovo: da decenni la Chiesa fa «una grande fatica di dialogo con la filosofia, con la cultura, con il mondo di oggi». Per cui l’unica soluzione è di «elaborare un lessico per poter fare un dibattito», poiché, «se non abbiamo le parole, come facciamo a discutere per riuscire a trovare una via umana, una via condivisa per tutelare e difendere la persona?»
Questo è il vero «vicolo cieco», secondo mons. Trevisi. Non il crollo della fede, in qualità e quantità. Non l’assenza di un apostolato. Non la carenza della predicazione cristiana. Non la scomparsa del cattolico nella politica. Non lo scadimento di un sacerdozio sempre più secolarizzato. Non la tiepidezza dei chierici e dei laici.
No, nessuna via divina. Bisogna invece trovare una «via umana», per cui a tutte le brutture del mondo ci sarebbero soluzioni condivise, senza necessità di scomodare il Dio cristiano.
“Uscire da una visione di una natura metafisica e immutabile dell’uomo”
Le parole di mons. Trevisi suonano assai paradossali e non perché la “Dignitas Infinita” di Fernández non abbia accuratamente sostituito stile e linguaggio, ma perché contiene continui riferimenti alla religione cristiana. Tutto, nella dichiarazione del prefetto, sembra avere un fondamento biblico: la stessa dignità, che poggia sull’uomo «immagine e somiglianza di Dio»; la necessità dei doveri assieme ai diritti; la sacralità della vita; Cristo come salvatore, come creatore, come Dio e come uomo; la libertà scaturita dalla Rivelazione.
Se il dialogo – secondo Trevisi o Fernández – si era interrotto per via di un linguaggio vecchio e dogmatico, come mai, ora che il linguaggio è moderno e discorsivo, tutti questi documenti ecclesiali sono pressoché ignorati da quel mondo con cui si vorrebbe parlare e cercare soluzioni?
La risposta è semplice: perché quel mondo non ha nessuna intenzione di rinunciare ad alcunché della propria religione (ebraismo, islam, buddismo, induismo, sciamanesimo) e della propria cultura (laicismo politico, teocrazia, usi e costumi, sharia, tribalismo). Solo il cattolico rinuncia volentieri al proprio tesoro e sostituisce, nel più completo disinteresse, ogni concetto della sua teologia con un altro, nuovo e senza radici. E pretende pure di porre questo nuovo concetto come «fondamento» meta-culturale e meta-religioso (poiché il dialogo lo si fa con tutte le religioni e culture).
Davvero ci si può illudere che la “Dignitas Infinita” di Fernández sia accolta trionfalmente dai non cristiani? Davvero ci si può illudere che un africano sostituisca il suo tribalismo con la fraternità, senza conversione e per il puro assenso alla dignità infinita dell’uomo?
Eppure il Vescovo di Trieste è convinto: «Se voglio entrare in dialogo con la cultura di oggi, devo anche provare a usare delle categorie comprensibili a loro. E l’operazione è che per la dignità infinita è stata fatta una fondazione nella creazione, nel principio della incarnazione e della redenzione». La dignitas infinita sarebbe una categoria comprensibile ad un indiano, la cui cultura conosce solo le caste e l’idolatria? E un ateo – come lo sono la maggior parte dei politici – dovrebbe riallacciare la dignitas infinita alla creazione, all’incarnazione e alla redenzione?
Non solo Trevisi non vede l’assurdità di questi argomenti, ma sposa una certa mentalità storicista: «Noi parliamo di dignità, di diritti dell’uomo, di libertà, sempre dentro una cultura, dentro una storia. Anche la riflessione più matura della legge morale naturale ha dovuto fare i conti con la storicità e con la cultura»; bisogna allora «uscire da una visione di una natura metafisica e immutabile dell’uomo, che non rendeva conto anche del suo essere culturale e storico». Tutto quindi deve ruotare attorno a questo che, un tempo, era indicato come relativismo.
Ha ragione il Vescovo. Siamo in un «vicolo cieco». E non per via della dottrina – oramai quasi estinta nella Chiesa – ma perché non è più possibile alcun tipo di dialogo, divenuto la sede di scelte opportuniste, di parole incomprensibili e di confusione globale.
Silvio Brachetta, 7 giugno 2024
L'AntiDiplomatico (Telegram)
RispondiEliminaI quattro pilastri del messianismo americano e il Novus Ordo Saeculorum
Un articolo interessantissimo, che mette bene in evidenza l'aspetto "religioso" della questione.
Che disastro.
RispondiEliminaMa è un grande stimolo a fare da contrappeso, cioè l'esatto contrario di quello che dicono e fanno.
In questo senso sono un "faro"
Più si addentrano nel vicolo cieco, più andiamo dalla parte opposta, più guardano a terra, più noi guardiamo in Cielo.
Aloisius
Al voto, al voto!
RispondiEliminaObiezione di coscienza nei riguardi dei richiami dei Vescovi italiani, tutti schierati col potere a sinistra, vergognosamente silenti e proni alle politiche abortiste ed eugenetiche (vedasi chiaro articolo del prof. Fontana su NBQ).
L'importante è votare e dare una sferzata energica a questa UE, anticristiana e bellicista.
&&&
Gerarchia e basso clero ( salvo rarissime eccezioni) : uno schifo senza fine, inguardabili oltre che inascoltabili, e questo è ancora poco, per rispetto di quel piccolo resto che si trova anche nei chierici, ma che stenta a venire allo scoperto, per pavidità od opportunismo. Se vogliamo sperare nella salvezza, nella vera misericordia divina ( non in quella a costo zero, senza pentimento, ravvedimento operoso e cambiamento di vita) dobbiamo fare tutto l' opposto di quel che ci dicono loro, da Bergoglio e Tucho in giù, fimo all' ultimo curatino di campagna alla don Chichi' ( don Camillo focet)
EliminaIl vero problema per il pontificato di Papa Francesco non è la sbandata a destra o a sinistra, come gli viene rimproverato a turno, secondo i versanti. Il vero problema irrisolto è la crisi della Chiesa, la scristianizzazione del mondo, il declino della fede, soprattutto in Occidente; le chiese deserte, la subalternità psicologica all’invasione islamica, l’incapacità di risvegliare la spiritualità, l’assenza di modelli positivi, di esempi, di santi. Si tratta di un processo che travalica i secoli e i papi. Bergoglio qui è perdente come i suoi predecessori, ma senza la loro autorevolezza, appare più inadeguato, non ha il carisma di Giovanni Paolo II né la dottrina di Benedetto XVI. E per avvicinare i lontani, ha allontanato molti vicini, credenti nostrani.
RispondiEliminaIl vero problema non è la crisi della Chiesa in sé. La crisi è la conseguenza diretta della scristianizzazione del mondo, del declino della fede, soprattutto in Occidente; le chiese deserte, l’incapacità di risvegliare la spiritualità. Diciamo pure che oggi Dio non fa più mondo. Oggi pochissimi sono attratti da questo concetto e da ciò che rappresenta. Del resto lo stesso Ratzinger lo disse: "Viviamo in un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande Sconosciuto”. Per rendersene conto è sufficiente osservare i comportamenti degli adolescenti e i giovani. Le giovani generazioni che non sono per nulla attratti dal Magistero e le generazioni future saranno i figli di ambienti in cui il concetto di Dio non è mai stato affrontato e non sarà certo un papa a mutare la situazione.
RispondiEliminaAnalisi perfetta anonimo delle 10,41.Non solo si sono allontanati i vicini senza avvicinare i lontani,ma la confusione ha fatto danni enormi .Adesso i nemici della Chiesa sanno di avere un avversario senza principi e dalla fede ondivaga e problematica.
RispondiEliminaSe i votanti scendessero sotto la soglia psicologica del 50% sarebbe un trauma psicologico per gli europeisti (destra=centro=sinistra); i quali - è vero -, in ogni caso, continueranno ad eseguire con solerzia, baci e abbracci gli ordini dei padroni del mondo. Epperò, che voglia matta di guastare le loro feste elettorali!
RispondiEliminaNon gliene fregherebbe nulla, andrebbero avanti lo stesso, con o senza consebso. Piantiamola di autosabotarci con questi ragionamenti, oggi e domani andiamo a votare e votiamo nel modo migliore possibile!
EliminaSecondo me l'affluenza sarà alta, gli italiani sono da sempre affezionati al rito elettorale (in Emilia, i giorni importanti sono: il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno, le date delle elezioni e, per Reggio Emilia, si potrebbe aggiungere il 7 gennaio, festa del tricolore). Alla fine, l'Unione Europea uscirà rafforzata da queste elezioni (chiunque "vinca") e marcerà più spedita verso la guerra contro la Russia e la piena realizzazione dei noti programmi. Prepariamoci a pagare salatamente i missili. Aspettiamoci "piccoli aggiustamenti" dei prezzi di benzina, gaz e luce, generi alimentari. Ci consoli la smaniosa attesa delle imminenti vacanze al mare.
RispondiElimina«La decadenza ha per sintomo principale l’indebolimento dei sentimenti virili, di cui è indispensabile essere provvisti nella lotta per la vita; essa sviluppa inoltre gusti depravati, spinge gli uomini a ricercare nuovi e strani godimenti.
RispondiEliminaTra questi ve n’è uno, che appare spesso, in tempi di decadenza.
Si prova un’acre voluttà nell’avvilire se stesso, nel degradarsi, nel deridere la classe cui si appartiene, nello schernire tutto ciò che prima si credeva rispettabile.
Già i Romani della decadenza si abbassavano al livello degli istrioni».
Vilfredo Pareto, "I sistemi socialisti"
Che cos'è la dignità umana? Rispondono il teologo e il filosofo
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=f9MbxdYq9kg
P. Serafino Maria Lanzetta e Prof. Stefano Fontana
Programmato per il giorno 13 giu 2024
Prima di rispondere se la dignità umana è veramente infinita, bisogna prima spiegare in che cosa consiste la dignità umana secondo la teologia e la filosofia cattoliche.