Mons. Carlo Maria Viganò
Et habitavit in nobis
Omelia nella festa del Corpus Domini
Dominica infra Octavam Corporis Christi
Et verbum caro factum est,
et habitavit in nobis.
Gio 1, 14
Tantum ergo Sacramentum veneremur cernui. Veneriamo prostrati un sì grande Sacramento: sono le celebri parole dell’Inno del Corpus Domini, composto come altri testi liturgici di questa festa da San Tommaso d’Aquino. Le ripetiamo ogniqualvolta il Santissimo è esposto all’adorazione dei fedeli, sottolineando con l’inchino del corpo la nostra disposizione interiore, nello stesso atteggiamento di Mosè dinanzi al roveto ardente. Anche i sacerdoti della Nuova Alleanza si coprono le mani con il velo omerale, in segno di rispetto, quando devono impartire la benedizione eucaristica. Ed è così – cernui, prostrati – che dobbiamo presentarci al cospetto del Re dei re.
La mentalità moderna odia ogni gerarchia terrena e proclama l’uguaglianza degli individui non perché vuole la pace e la fratellanza tra i popoli, ma perché sa benissimo che l’unica società terrena in cui possa regnare la pace e la fratellanza è quella in cui l’autorità civile e l’autorità religiosa sono espressione vicaria dell’unica, suprema potestà di Nostro Signore Gesù Cristo, Re e Pontefice. Perché è attorno alla realtà ontologica della universale Signoria di Cristo che ruota l’intera Creazione: omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil, quod factum est (Gv 1, 3). Intorno a Cristo, Sole invitto, ruota la storia della Redenzione; e la Croce sulla vetta del Golgota è divenuta il centro dell’universo: Stat Crux, dum volvitur orbis. La stessa Croce è piantata sui nostri altari, dove il sacerdote agisce nella persona di Cristo, e dove Cristo è offerto sotto le specie del pane e del vino. Ed è in Cristo che si ricapitolano tutte le cose, è in Lui che ogni aspetto della nostra vita prende senso, è a Lui che dobbiamo rendere conto della nostra anima e di quelle di chi la Provvidenza ci ha affidato. Il mondo non vuole pace perché essa sussiste solo dove c’è Cristo, e perché regni Satana deve regnarvi anche il caos, la distruzione, la guerra. La pace di Cristo è fondata sulla stabilità dell’ordine, e quest’ordine terreno deve necessariamente essere specchio dell’ordine divino: sicut in cœlo et in terra.
È di grande sofferenza vedere che in una società nemica di Cristo e interamente votata al male, la Gerarchia cattolica si è di fatto separata dal corpo ecclesiale, dà scandalo ai fedeli e si sta alienando anche Sacerdoti e Religiosi. Proprio nel momento in cui infuria la battaglia, i generali e gli ufficiali aprono le porte della Cittadella e lasciano massacrare i soldati e i civili. Bella premunt hostilia, cantiamo nell’inno Verbum supernum prodiens delle Lodi del Corpus Domini: terribili guerre incombono, e sono guerre spirituali per le quali occorre essere preparati: da robur, fer auxilium. Ma queste battaglie che quotidianamente affrontiamo come individui e come corpo ecclesiale sono parte di una guerra epocale che è già vinta, una volta per tutte, dal nostro Re e Signore, che si è fatto nostro alleato rendendoSi alimento dell’anima, offrendoSi in riscatto con la propria Passione e dando Se stesso trionfante come premio: Se nascens dedit socium, convescens in edulium, se moriens in prætium, se regnans dat in præmium. Nascendo si fece nostro compagno, nel suo convito si diè come alimento, morendo si fece nostro prezzo, nel suo regno ci si dà in premio
Questo tradimento del Sinedrio romano non è diverso dal tradimento dei Sommi Sacerdoti ai tempi di Nostro Signore. Il loro asservimento al potere è il medesimo, ed entrambi considerano sprezzantemente Cristo come usurpatore di un’autorità che in realtà essi hanno usurpato a Lui. Ma come tra la folla di allora vi furono quanti accolsero trionfalmente il Re di Israele e quanti Lo fecero crocifiggere, così anche oggi vi è chi Lo ama e Lo adora e chi Lo profana e Lo abbandona al sacrilegio.
Proprio come durante la Passione, il Signore accetta di lasciarSi offendere e percuotere anche nelle Sue carni eucaristiche, ed altri apostoli Lo abbandonano, Lo rinnegano, Lo consegnano ai Suoi nemici. I Giuda di oggi non sono meno colpevoli dell’Iscariota, che non a caso costoro ammirano; e mentre negano il suo tradimento cercano di nascondere il proprio.
Ma questa Presenza – senza la quale il mondo finirebbe – raccoglie ai piedi del tabernacolo tante anime buone, tante persone semplici, tanti peccatori pentiti, che proprio nel mettersi in ginocchio e nell’adorare il loro Dio, Signore e Re, trovano la forza e la Grazia di attraversare il deserto del mondo, le tenebre di questa società ribelle e ostile. Manna absconditum: celeste nutrimento, viatico per affrontare il cammino terreno verso l’eternità. Panis supersubstantialis, Pane degli Angeli che si fa Pane degli uomini. O res mirabilis: manducat Dominum pauper, servus et humilis. Il povero il servo, l’umile si nutre del Signore!
Il mondo non comprende il dono inestimabile che il Signore ci ha fatto, rendendoSi realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Non comprende questo dono perché ogni anima che si nutre degnamente della Santissima Eucaristia riceve con essa la formidabile protezione della Grazia, cresce nelle virtù, progredisce nella santità. Essa prende confidenza qui in terra, per così dire, della divina Presenza di Dio che la rende beata nell’eternità. La Santa Comunione è il farmaco contro la peste del mondo, perché ripristina nell’anima il primato di Nostro Signore sulle creature, spronandola a combattere sotto il gonfalone della Croce. Fateci caso: la solitudine a cui Satana spinge le sue vittime è anzitutto lontananza dal Signore, abbandono o profanazione della Santa Comunione, disprezzo per il Santissimo Sacramento. E quando è stato creato questo enorme vuoto dell’assenza di Dio in un’anima che è stata creata per essere da Lui abitata, il surrogato, la superstizione, l’ideologia svelano la loro frode e mostrano i tratti deformi del Nemico, invidioso del privilegio concesso a noi miseri mortali e negato agli stessi Angeli. Ecco perché è importante che la nostra anima diventi un sempre più degno tabernacolo per il Signore; che essa splenda di semplicità e decoro, per lasciarsi riverberare dello splendore divino dell’Agnello senza macchia.
Non dimenticate, cari fratelli, di visitare frequentemente il Santissimo Sacramento. Non mancate di mandare al divino Prigioniero del tabernacolo il vostro Angelo Custode, perché Gli renda a vostro nome l’adorazione dovuta. Non trascurate l’azione di grazie dopo la Comunione, perché in quei momenti benedetti la vostra voce sale più gradita al Cielo. Se poi questa voce è quella dei bambini, essa muove il Cuore Sacratissimo di Nostro Signore: insegnate loro a chiedere a Gesù Sacramentato di farli santi, e di confondere i piani dei nostri nemici.
In questa festa solenne, nella quale la Santa Chiesa onora il Suo Signore proclamando l’immutata Fede nella Presenza Reale del Santissimo Sacramento, torniamo ai piedi dell’altare, a Colui che è e deve essere il centro di tutto. Riconosciamo nel monito di San Paolo, instaurare omnia in Christo (Ef 1, 9), un richiamo a ricapitolare nel Re Eucaristico ogni aspetto della nostra vita, quia te contemplans totum deficit, perché solo contemplando Cristo ci accorgiamo che senza di Lui tutto il resto non ha alcun valore. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo,
2 Giugno 2024Dominica infra Octavam Corporis Christi
« Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa. » (Sl 119:2)
RispondiEliminaAlcuni dicono che l'idea di sacrificio sembrerebbe essere stata messa in discussione intorno agli anni '60, per il suo rapporto con la violenza in epoca di pacifismo. In realtà, però, chi ha messo in discussione questa idea nella vita della Chiesa dopo il Concilio Vaticano Secondo sono stati i teologi liberali e modernisti, imbevuti dalle idee protestanti che fanno capo a Martin Lutero, che rigettava l’autentico significato del sacrificio. Questo modo di pensare, a sua volta, influenzò poi, durante e dopo il Concilio Vaticano II, parzialmente anche la riforma dell’ordine della santa Messa.
RispondiEliminaDurante il dibattito sulla liturgia nel Concilio Vaticano II Mons. Smiljan Franjo Čekada, vescovo di Skopje (Macedonia), riferendosi alla proposizione di un altro Padre conciliare che proponeva di riformare il rito della Messa nel senso ecumenico, ha pronunciato il seguente avvertimento, ciò che di fatto si è rivelato poi profetico. Egli diceva: “Ieri abbiamo, p.e. ascoltato la proposta, che l’intero odierno rito della liturgia latina sia completamente distrutto e al suo posto sia sostituito un nuovo rito “ecumenico”, composto secondo il modello dell’Ultima Cena dai periti di tutte le confessioni che in qualche modo confessano Cristo” (cf. Concilii Vaticani II Synopsis, op. cit., p. 828).