Diebus Saltem Dominicis –
Settima domenica dopo Pentecoste: Operatio medicinalis
Padre John Zuhlsdorf
Questa settima domenica dopo Pentecoste è il 17° anniversario del giorno in cui Papa Benedetto XVI ha pubblicato il testo del Summorum Pontificum, il 7-7-7, l’“editto di emancipazione” liturgica per coloro che desiderano godere dei benefici del Vetus Ordo. Preghiamo sinceramente affinché le persone che sono ora incaricate di gestire tali questioni evitino le crudeltà del passato e abbraccino la vera carità e generosità pastorale.
Nella nostra lettura dell’epistola dalla Lettera di San Paolo ai Romani 6, 19-23, l’Apostolo dei Gentili solleva la questione dei peccati passati degli ex pagani. Un tempo gli uomini credevano di essere liberi di fare ciò che volevano ed erano schiavi del peccato nella falsa gioia. Ora sono schiavi di Dio, il che è la vera libertà che porta autentica gioia. Paolo si rivolge a una comunità ancora in formazione in un luogo difficile, Roma. È una situazione delicata. Pertanto, solleva la questione dei peccati passati dei nuovi fedeli, dando loro una dose di umiliazione e contrizione, una vergogna medicinale che può aiutarli a rimanere forti e a non riscivolare in pericoli spiritualmente mortali. È in questo passo che troviamo la famosa frase: “il salario del peccato è la morte” (v. 23). Subito dopo l’Epistola, il Graduale fa emergere il contrasto tra la vergogna del peccatore e la gioia secondo Dio, vero motivo di gioia per gli ex pagani:
Salmo 34, 12. 6
Venite, figli, ascoltatemi; v’insegnerò il timore del Signore.
R. Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Alleluia, alleluia.
Salmo 47, 2
R. Applaudite, popoli tutti, acclamate Dio con voci di gioia. Alleluia.
Nella pericope evangelica c’è un’altra serie di contrapposizioni, non con la libertà e il salario, bensì con immagini altrettanto famose di lupi travestiti da pecore e alberi che si riconoscono dai loro frutti. Cristo mette in guardia i Suoi discepoli – e noi – sulle apparenze esteriori e la realtà. Alcuni alberi da frutto (per avere un punto di riferimento, pensiamo alle “autorità ecclesiastiche”) stanno davvero benissimo in primavera. Fioriscono e sono bellissimi da guardare. Ma in autunno non portano i frutti che la loro fioritura suggeriva. Esteriormente erano fantastici, hanno fornito un grande spettacolo. Ma quando hanno dovuto realizzare il loro scopo, il loro fine ultimo, che è il buon frutto, sono rimasti vuoti, sterili e falsi. Essendo infruttuosi, sono alberi da frutto cattivi. Ci sono alberi cattivi che dicono “Signore, Signore”, pieni di parole e persino di azioni pie, ma dentro sono completamente falsi. Nostro Signore rivolge le parole più dure agli ipocriti. Li chiama sepolcri imbiancati. Ricordate come, nella parabola, il Signore descrive come il padrone tratta il servo a cui ha condonato i debiti dopo che quel servo è andato senza pietà a cercare i compagni che gli erano debitori.
A volte gli alberi possono essere aiutati. Gli si dovrebbe dare la possibilità di dare frutti. Torniamo a Paolo e al suo ricordo della vergogna degli ex pagani e della loro condotta peccaminosa. Li “maltrattava” un po’ per aiutarli a stare meglio. È bene ricordare i nostri peccati passati e provare di nuovo un senso di vergogna per essi, non in un modo morboso, con pesantezza e scoraggiamento, ma con gioiosa gratitudine a Dio per il perdono e come lezioni di vita che ci portano saggezza e prudenza. Fa male, ma aiuta.
Prendiamo ancora in considerazione l’albero da frutto o qualsiasi pianta esteticamente gradevole che vogliamo adibire ad adorno. Ad esempio, un cespuglio di rose. Un tempo vivevo in un posto dove c’erano molti cespugli di rose, che erano stati piantati molto prima del mio arrivo. Un giorno vidi il vecchio custode farli a pezzi con grandi cesoie in modo piuttosto selvaggio. Allarmato, nella mia ignoranza ho chiesto perché lo stesse facendo. Mi rispose che, per fiorire meglio, i cespugli dovevano essere potati. In un’altra occasione mi divertii a vedere lo stesso vecchio colpire il tronco di un albicocco del cortile sul retro con una mazza da baseball. Naturalmente, dovetti ripetere la stessa domanda. Lui rispose che l’albero non aveva dato molti frutti per un po’ e che a volte gli alberi ricominciano a fruttare se sono un po’ stressati.
Cristo ci ammonisce:
Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere. Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. [Mt 7, 19-21 – N.d.T.]Paolo ci insegna:
Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore. [Rm 6, 23 – N.d.T.]
Le difficoltà, le privazioni, le sofferenze, le sfide non sono sempre solo meri mali da sopportare. A volte sono necessarie correzioni, cure, perfino coercizioni consentite o date da Dio per aiutarci ad arrivare alla verità su chi siamo.
L’orazione post-comunione della Messa di questa domenica chiude ci impacchetta coi controfiocchi tutto ciò:
Tua nos, Domine, medicinalis operatio, et a nostris perversitatibus clementer expediat, et ad ea quae sunt recta perducat.Ossia, in modo molto letterale:
O Signore, possa la Tua azione medicinale liberarci misericordiosamente dalle nostre inclinazioni perverse e guidarci verso le cose giuste.
Il termine latino operatio ha diversi livelli di significato. È, ovviamente, “un’operazione, un lavoro”; è anche – in antichi contesti religiosi – “una prestazione religiosa, un servizio”. Qui, in questa orazione che si recita immediatamente dopo la ricezione della Comunione, possiamo trovare un’altra accezione: “sacramento di guarigione”. Inoltre, perversitas significa letteralmente “allontanamento”. Recta viene da rego, “tenere dritto, evitare di sbagliare”. Quindi, potremmo aggiustare in questo modo la traduzione:
O Signore, possa il tuo Sacramento risanatore misericordiosamente liberarci dalle nostre vie perverse e condurci sulla retta via.
Visto tutto quel che succede in questi giorni, la mia scelta di “perverse” e “retta” non è stata casuale.
Fate delle penitenze ed esaminate la vostra coscienza ricordando, in modo sano e con accorata gioia e gratitudine verso Dio, i peccati già confessati e assolti. E poi, se ricordate qualcosa di non confessato, potete – come si suol dire – scappare ma non nascondervi. Dio lo sa meglio di voi. Farà male scavare in profondità e trovare cose da risolvere, ma Cristo è il nostro grande guaritore. Sant’Agostino (+430) ha definito spesso di Cristo il Medico dell’anima, Che a volte ci corregge con mezzi quasi insopportabili. Utilizzando un’immagine tratta dalla pratica medica dell’epoca, quindi prima che si conoscesse l’anestesia, Agostino afferma che il medico non può smettere di tagliare solo perché il paziente gli grida di smettere. Anche questa è una medicinalis operatio.
Che tutti noi possiamo affrontare rapidamente i nostri lupi interiori e i nostri alberi cattivi, in modo da poter essere interiormente ciò che ci sforziamo di essere anche esteriormente.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho un gran bisogno)
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Breve passo dell'omelia di ieri di don Alberto Secci, con una mia presentazione.
RispondiEliminaOggi i falsi profeti trionfano, mentre quelli veri devono soffrire ed essere uccisi - non necessariamente usque ad affusionem sanguinis, però si tappa loro la bocca.
https://www.youtube.com/watch?v=oY1w2uuFQYI