Questo articolo, tradotto da The Catholic Thing, mi ha colpita innanzitutto per il suo significato degno di nota e riflessione.
E, poi, mi ha richiamato alla memoria la nostra dolorosa esperienza all'inizio dell'attuale pontificato proprio per l'abolizione (inesorabile: ogni nostro sentito tentativo fu inutile qui - qui - qui - qui - qui) della nostra Messa del sabato con don Giuseppe Vallauri proprio nella Cappella Cesi (una vecchia celebrazione nell'immagine a lato, da ingrandire)
Un'altra memoria che, con lo scorrere del tempo, resterà solo nel cuore del Signore e nella trama delle vicende piccole e grandi della nostra storia con Lui in Lui e per Lui. Ora l'ho riesumata io; ma poi, anche quando sarà nel dimenticatoio, spero sia e resti un granellino per la 'costruzione del Regno', poste le intenzioni le speranze deluse il dolore e la fatica che ci è costata...
I cardinali sulle mura
David G. Bonagura, Jr.
Più duraturo di qualsiasi memoriale di bronzo è il riposo nella memoria eterna di Dio. Lui solo non dimentica mai. Conta solo la Sua stima.
In una cappella laterale della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, le spoglie mortali del cardinale Federico Cesi (1500-1565) riposano sotto un favoloso monumento funebre. Cesi ebbe una carriera storica nella Chiesa: prestò servizio come vescovo di molteplici diocesi, ricoprì incarichi di alto rango all'interno del Collegio cardinalizio, partecipò a tre conclavi papali, fu amico dei futuri santi Filippo Neri, Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola. Commissionò la realizzazione della cappella laterale, oggi a lui intitolata, dove riposano le sue ossa, di fronte al fratello, anch'egli cardinale.
Innumerevoli altri cardinali, le guide più illustri della Chiesa cattolica, profilano i muri di altre chiese in tutta Roma con monumenti simili. Alcuni cardinali commissionarono essi stessi i loro monumenti mentre erano ancora in vita. Altri, come Federico Cesi,dopo la loro morte, hanno avuto monumenti da amici e familiari. In entrambi i casi, questi monumenti furono scolpiti per comunicare ai posteri la grandezza di una vita passata. Nella speranza che nella scultura il defunto trovi una qualche forma di immortalità.
Eppure, col passare del tempo, questi cardinali, un tempo famosi, sono stati dimenticati, e i loro monumenti catturano solo sguardi fugaci mentre i visitatori esaminano altri ornamenti più interessanti nelle chiese dove essi riposano.
I vani tentativi dei cardinali di raggiungere una fama duratura qui sulla terra ci avvertono che solo Dio si ricorderà delle nostre vite. E questa dovrebbe essere tutta la motivazione di cui abbiamo bisogno per le nostre azioni.
I monumenti funerari sono gli esempi più grandiosi della complessa interazione tra il nostro innato desiderio di immortalità terrena e la promessa soprannaturale della vita eterna. Anche se crediamo fermamente che quest’ultima sia l’unico obiettivo che conta, troppo spesso operiamo, a nostro svantaggio, come se la vita eterna sulla terra fosse il nostro vero fine.
Il desiderio di vivere dopo la morte deriva dal nostro istinto di autoconservazione. Rabbrividiamo di fronte alla morte e all'apparente oblio che porta con sé. Quindi, cerchiamo costantemente modi per prolungare la vita e assicurarci un posto in questo mondo dopo la morte. Quest'ultimo, nota Joseph Ratzinger in Introduzione al cristianesimo, lo perseguiamo principalmente attraverso la procreazione e la fama.
Il desiderio di riprodursi è naturale; la macchia del peccato originale genera la spinta per la fama, che può rapidamente trasformarsi in un esercizio rabbiosamente autodistruttivo. Nel desiderio di essere conosciuti, di essere ricordati, di essere onorati, restiamo rivolti verso noi stessi, e ci allontaniamo da Dio. Quindi lavorare per la fama non porta la vita eterna, ma una forma di punizione eterna. "L'immortalità autoprodotta", scrive Ratzinger, "è in realtà solo un Ade, uno Sheol : più un non-essere che essere".
La pietà cattolica, seguendo i comandamenti di nostro Signore di “andare a sedersi all’ultimo posto” e di “non accumulare per voi tesori sulla terra”, offre un rimedio per superare il desiderio indocile e inquieto di fama: le Litanie dell’Umiltà, ogni cui petizione abbatte come un pugno nello stomaco:
Dal desiderio di essere onorato, liberami, o Gesù.Dal desiderio di essere lodato, liberami, o Gesù.Dal timore di essere dimenticato, liberami, o Gesù.Che gli altri siano lodati, e io passi inosservato, Gesù, concedimi la grazia di desiderarlo.
Tuttavia, le preghiere non funzionano come un diserbante. Questi desideri aborriti non scompaiono mai, e la nostra lotta contro di essi presenta molte complessità: certe attività per il conseguimento di fama e immortalità duratura (donare oggetti in una chiesa o in una scuola che portano i nostri nomi, erigere o ampliare edifici, dotare istituzioni, scrivere libri, creare arte, stabilire programmi) possono conferire carità e opportunità per la posterità che altrimenti non sarebbero esistite.
Ironicamente, mentre ci rifugiamo in un inferno da noi stessi creato per raggiungere ciò che non possiamo ottenere in modo soddisfacente, possiamo in qualche modo regalare agli altri un tocco di Paradiso.
Tali opere di carità forniscono anche alla posterità cultura, storia, consapevolezza del posto tra il grande nugolo di testimoni. Se ogni risultato umano duraturo fosse composto in forma anonima, ogni epoca successiva sarebbe più povera e i loro legami con coloro che ci hanno preceduto nel Corpo di Cristo diventerebbero più tenui.
Ma per i benefattori stessi, i ritorni terreni si esauriscono rapidamente. Perché, come dice Ratzinger, "ciò che rimane [nel tempo dopo la morte (aggiungo su questa terra -ndT)] non è il sé, ma solo la sua eco, una mera ombra".
I cristiani devono deliberatamente e continuamente riorientare il loro innato desiderio di immortalità, lontano da questo mondo, con le sue vuote promesse, verso Dio che, nelle parole di Ratzinger, "non detiene solo l'ombra e l'eco del mio essere... Io stesso sono il suo pensiero, che mi stabilisce più saldamente, per così dire, di quanto non lo sia in me stesso". In Dio "posso stare come più di un'ombra; in Lui sono veramente più vicino a me stesso di quanto dovrei essere se cercassi solo di stare da solo".
Nel cercare l'immortalità terrena, i cardinali incastonati sui muri - con il loro fallimento nel raggiungerla - ci sono inconsapevolmente d'insegnamento. Il monumento, più duraturo del bronzo, è il riposo nella memoria eterna di Dio. Lui solo non dimentica mai. Se ricordiamo ogni giorno che solo la Sua stima conta, possiamo evitare di imprigionarci nello sheol delle nostre aspettative mal riposte.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho un gran bisogno)
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Roberto de Albentiis
RispondiElimina"Il problema del nuovo Messale sta nell'abbandono di una storia sempre continua, prima e dopo San Pio V, e nella creazione di un libro completamente nuovo (anche se compilato con materiale vecchio)...Ciò che le generazioni precedenti ritenevano sacro, rimane sacro e grande anche per noi" (Josef Card. Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, nell'anniversario della promulgazione del Motu Proprio "Summorum Pontificum" con cui si liberalizzava la celebrazione della Messa Romana secondo i libri del 1962, 7 luglio 2007, quest'anno coincidente con la Domenica)
""C'è dunque bisogno di un grande combattimento secondo le leggi" dice San Basilio il Grande in un'epoca molto somigliante alla nostra. Come dire che un grande combattimento è necessario, in accordo con le leggi evangeliche e canoniche, l'azione dei Santi e la legislazione lecita."
RispondiEliminaL 'influencer cattolico, bello bravo consapevole
RispondiEliminahttps://www.avvenire.it/rubriche/pagine/missionari-digitali-3-luglio-2024
7 luglio, festa del Beato Benedetto XI, primo Papa domenicano della storia, che morì a Perugia, ove si era rifugiato, il 7 luglio 1304, 720 anni fa; eletto Papa dopo la morte di Bonifacio VIII, animato da intenti riformatori e restauratori, dovette però fuggire da Roma a causa dei tumulti scoppiati ad opera della famiglia Colonna, rifugiandosi a Perugia, dove morì; fu l'ultimo Papa prima della Cattività Avignonese e del Grande Scisma d'Occidente, e l'unico del tempo di cui Dante Alighieri non parò male.
RispondiEliminaUno dei quattro Papi morti e sepolti a Perugia, e unico beato e le cui reliquie si trovano a Perugia, riposa oggi in un celebre monumento, capolavoro dell'arte gotica, nella Basilica di San Domenico; la coincidenza della sua festa con la Domenica rende buona l'idea di visitare la Basilica di San Domenico e di sostare davanti al suo monumento funebre...