Pagine fisse in evidenza

martedì 10 settembre 2024

Diebus Saltem Dominicis – 16a domenica dopo Pentecoste: Scatta la trappola

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf, sempre nutriente e illuminante, che ci consente di approfondire, durante l'ottava, i doni spirituali della domenica precedente qui.

Diebus Saltem Dominicis – 
16a domenica dopo Pentecoste: Scatta la trappola

In questa sedicesima domenica dopo Pentecoste, secondo il calendario del Vetus Ordo, entriamo con il Signore in quella che è evidentemente una trappola.

In Luca 14 Cristo si reca a pranzo di sabato nella casa di un capo dei farisei. C'erano molti invitati, tra cui altri farisei e nomikoi, esperti della Legge, "avvocati". La setta dei farisei era nota per essere particolarmente scrupolosa nell'osservanza della Legge. Ci viene detto " observabant eum ... lo tenevano d'occhio". Il greco ha un interessante sfumatura: " êsan parateroúmenoi autón ". Il participio deriva da paratepéo, che significa "osservare assiduamente o insidiosamente" e anche "osservare scrupolosamente l'osservanza religiosa". Stavano esaminando attentamente ogni sua mossa e parola per ricavarne qualcosa contro di lui. Infatti, alla fine del capitolo precedente alcuni farisei avevano avvertito il Signore di stare lontano da Gerusalemme perché "Erode vuole ucciderti" (Luca 13:31).

Nei tempi antichi, questi pasti del Sabato nelle case di uomini importanti erano semi-pubblici. Le persone andavano e venivano. Mentre è certamente possibile che l'uomo che Cristo guarisce in presenza di questi osservatori religiosamente scrupolosi e attentamente scrutatori fosse venuto di sua spontanea volontà perché sapeva che Cristo sarebbe stato lì, è anche possibile che si trattasse di una trappola, che questi leader e legulei avessero organizzato la sua venuta, sapendo che Cristo avrebbe potuto fare esattamente ciò che fece: operare una guarigione di Sabato; il che rappresentava una violazione della Legge. Cristo è entrato senza indugi nella trappola, l'ha provocata e l'ha fatta scattare sui suoi aguzzini.

L'uomo guarito da Cristo, la trappola, è descritto come affetto da "idropisia". Era "idropico". L'idrope è un edema, l'accumulo anomalo di fluidi nei tessuti che può causare il gonfiore del viso e degli arti, anche grave. Una causa di questo edema può dipendere da uno scompenso cardiaco. Il cuore non riesce a far circolare abbastanza sangue per impedire che il fluido passi dai capillari ai tessuti.

Gli scrittori spirituali hanno interpretato simbolicamente l'idropisia di cui soffriva l'uomo come il gonfiore dell'orgoglio spirituale: esattamente ciò di cui soffrivano i farisei e i dottori della legge. Questo dà senso alla parabola apparentemente non sequitur che il Signore insegna subito dopo aver guarito l'uomo idropico, vale a dire, la parabola sullo scegliere il posto più basso piuttosto che cercare di essere più in vista al tavolo in un posto d'onore. È una lezione su orgoglio e umiltà servendosi di un desco come contesto nell'ambito di un banchetto. Quindi, la guarigione di un uomo con il simbolico gonfiore dell'orgoglio in mezzo a uomini gonfi di orgoglio è del tutto appropriata. Inoltre, se ci atteniamo a interpretazioni simboliche, dopo che Cristo ha guarito l'idropico violando tecnicamente il Sabato, Egli ha capovolto la situazione contro i legulei della Legge del Sabato e i farisei.
3 E Gesù parlò ai dottori della legge e ai farisei, dicendo: «È lecito o no guarire di sabato?» 4 Ma essi tacevano. Allora lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5 E disse loro: «Chi di voi, se ha un asino o un bue che cade nel pozzo, non lo tira fuori subito in giorno di sabato?» 6 E non sapevano rispondere.
Una tradizione manoscritta alternativa recita "chi di voi ha un figlio o un bue". Noi ci limiteremo a "asino" perché è ciò che dice la lettura latina nella Messa.

Cornelius a Lapide (+1637), sacerdote gesuita e commentatore della Scrittura di grande autorevolezza, ha colto il significato simbolico degli animali usati da Gesù nel capovolgere la situazione nei confronti di quei meticolosi. Per Cornelius, il bue rappresenta i saggi e l'asino gli stolti. A sua volta, il bue saggio simboleggia gli ebrei sotto il peso della Legge e l'asino stolto denota i gentili non soggetti alla ragione. Anche se sostituiamo un bambino all'asino, secondo la lettura alternativa, l'interpretazione simbolica è efficace, poiché generalmente consideriamo i sette anni di età come "l'età della ragione".

Un altro spunto che potremmo trarre da questa scena biblica è che non è mai il momento sbagliato per compiere opere di misericordia. Piuttosto, è sempre il momento giusto per compierle. Pertanto, quando ci viene presentata un'evidente opportunità ragionevole di compiere un'opera di misericordia, dovremmo agire in base ad essa, per non peccare di omissione. Proprio come sarebbe ovviamente stupido e peccaminoso ignorare un bambino o un animale caduto in un pozzo, così dovremmo prenderci cura di coloro che hanno un autentico bisogno corporale o spirituale.

La Colletta per la Messa imprime questo messaggio nelle nostre menti e nei nostri cuori. Si trova anche nella 28a domenica del Tempo Ordinario nel Novus Ordo.
Tua nos, quaesumus, Domine, gratia semper et praeveniat et sequatur, ac bonis operibus iugiter praestet esse intentos.
Questa è una bella preghiera da intonare. Notate l'iperbato [dal greco antico: ὑπερβατόν, hyperbatòn, "trasposizione", da ὑπερ-βαίνω, «oltrepasso» è una figura sintattica che prevede un allontanamento di una parola da un'altra alla quale dovrebbe essere vicina -ndT], la separazione di tua e gratia che vanno insieme, e " et… et ", "entrambi… e" seguito da una diversa congiunzione ac. Inoltre, quel iugiter, "continuamente", si collega sottilmente all'immagine del bue nel Vangelo, poiché la sua radice è iugum, un "giogo", come quello che aggioga i buoi. Versione super letterale:
Ti preghiamo, o Signore, che la tua grazia ci preceda e ci segua sempre, e ci conceda di essere continuamente dediti alle buone opere.
La coppia di verbi praeveniat…sequatur mi ricorda una benedizione che ascoltavo nella mia parrocchia ogni martedì sera dopo la recita comunitaria della Novena della Madonna del Perpetuo Soccorso di Sant’Alfonso de’ Liguori (+1787):
“Possa il Signore Gesù Cristo essere con voi per difendervi, dentro di voi per sostenervi, davanti a voi per guidarvi, dietro a voi per proteggervi, sopra di voi per benedirvi Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
Tua gratia, “la tua grazia”, è il soggetto di tutti i verbi della Colletta della domenica. Vogliamo che Dio, per mezzo di una grazia che non meritiamo, sia sempre davanti e dietro a noi. Vogliamo il suo aiuto affinché noi, caduti e deboli, possiamo essere sempre attenti alle buone opere che, modellate dalla fede e dalla grazia di Dio, ci aiuteranno ad andare in cielo e a giovare al prossimo.

Tutte le nostre buone iniziative provengono da Dio. Se scegliamo di abbracciarle e di collaborare con Lui, Egli le guida fino al completamento. La grazia precede. La grazia segue. Le nostre buone opere hanno merito per il cielo perché Dio le ispira, le modella e le completa attraverso di noi, Suoi servi consapevoli, volenterosi e amorevoli. Le azioni e i relativi meriti sono in ultima analisi di Dio ma, poiché noi collaboriamo e poiché Lui ci ama, sono anche veramente nostri. Come scrisse Sant'Agostino d'Ippona ( m. 430), Dio incorona i Suoi meriti in noi ( ep . 194.19 a Sisto, in seguito Papa Sisto III).

L'umiltà sostenuta da Nostro Signore nella parabola che ha narrato nel nostro Vangelo domenicale può darci la giusta prospettiva per riconoscere le opportunità di compiere buone opere. L'orgoglio può offuscare la nostra visione. Cristo ci dice di cercare i luoghi più bassi e così facendo saremo elevati più in alto (cfr. anche Matteo 20:16 ).

Le buone opere sono importanti per la nostra salvezza. Sono tutte manifestazioni della grazia di Dio. Proprio come speriamo che Dio ci elargisca le Sue grazie, così dovremmo essere generosi con le nostre buone opere per gli altri. Le opportunità per le buone opere sono benedizioni sotto mentite spoglie.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
_____________________
Vi prego di A I U T A R E, anche con poco, l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho molto più bisogno)
IBAN - Maria Guarini
IT66Z0200805134000103529621
Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

2 commenti:

  1. Nulla ti turbi, nulla ti spaventi!
    Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta! Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di Lui.

    Santa Teresa d'Avila

    RispondiElimina
  2. COSA VUOLE DIO DA NOI?

    « Il nostro Signore vuole che noi gli offriamo le nostre debolezze, le nostre miserie, i nostri sfinimenti, i nostri dubbi generati dalla nostra ragione ‘illuminata’, vuole che gli confessiamo i pensieri seminati in noi dal maligno, che ci tengono prigionieri e ci soffocano, vuole che non gli nascondiamo (illudendoci) le nostre vergogne, vuole che ci rialziamo, nonostante ancora macchiati, dal fango delle nostre passioni e ritornare a Lui ».
    "Venite quindi e discutiamo assieme, dice l'Eterno, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana". (Isaia 1,18) E nei Salmi è scritto: "Un cuore contrito e umiliato, Tu o Dio, non dispezzerai". Ecco: Dio vuole da noi il nostro cuore: "Figlio mio, dammi il tuo cuore". (Proverbi 23:26) Un cuore puro. E "beati i puri di cuore perché vedranno Dio".

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo l'approvazione di uno dei moderatori del blog.