Se siete in Roma il giorno 26 dicembre, non mancate il concerto natalizio dei Romaeterna Cantores, diretti dal Mº Aurelio Porfiri. Il concerto, offerto da urbi et orbi communications, si terrà nella maestosa Basilica di san Crisogono alle 19. Ingresso libero.
Il cantico nuovo del Natale:
Puer natus in Betlehem
Aurelio Porfiri
Durante il periodo natalizio, al di fuori dei "classici" come Adeste Fideles, Silent Night, In notte placida e via dicendo, c'è un altro canto che presso molti cori è un classico a suo modo: Puer natus in Betlehem.
Questo inno ci racconta la storia della Natività con accenti semplici ma sinceri, con una affettività e calore veramente "popolari".
Si può pensare che il testo, di origine tardo medioevale, prenda ispirazione dall'introito liturgico Puer natus est nobis, sul quale San Giovanni Paolo II nel suo messaggio Urbi et Orbi per il Natale 1979 ci offre questa meditazione:
"Ecco, ci incontriamo nel giorno della Nascita. Nasce il Bambino. Nasce il Figlio. Nasce dalla Madre. Durante nove mesi, come ogni neonato, è stato legato al suo seno. Nasce dalla Madre nel tempo e secondo le leggi del tempo umano della nascita. Dal Padre è nato eternamente. È Figlio di Dio. È il Verbo. Egli porta con sé nel mondo tutto l’amore del Padre per l’uomo. È rivelazione della divina “Filantropia”. In lui il Padre dà se stesso ad ogni uomo, in lui viene confermata l’eterna eredità dell’uomo in Dio. In lui viene rivelato, fino alla fine, l’avvenire dell’uomo. Egli parla del significato e del senso della vita umana, indipendentemente dalla sofferenza o dall’handicap che potrebbero gravare su questa vita, nelle sue dimensioni terrestri. Tutto ciò egli annuncerà col suo Vangelo. E alla fine con la sua Croce e la sua Risurrezione. Tutto ciò annuncia già adesso con la sua Nascita".
Ecco nella sua nascita già prefigurato il suo destino divino, la Madre che ride diverrà la Madre che piange, i doni dei Magi diverranno gli unguenti funerari, il legno della culla diverrà il legno della croce. Il gregorianista Fulvio Rampi, commentando l'introito gregoriano di cui sopra osservava:
"È sempre Isaia 9 che offre il testo a questo introito, là dove il profeta annuncia la nascita di un “bambino”: traduzione corretta, questa, del termine “puer”, che risuona da subito in tutta la sua forza, ma che esige di essere arricchita di senso. L'impronta messianica di quel “puer” invita infatti a dilatarne la comprensione verso una prospettiva ben più ampia di un’atmosfera da presepio. Lo stesso “bambino” è da subito inteso come “servo”, chiamato a compiere il piano salvifico del Padre e sulle cui spalle – come avverte la seconda frase dello stesso introito – è stato posto tutto il potere".Nel Natale prefiguriamo già la Pasqua.
In fondo il nostro inno con ritornello, già dalla prima strofa ci immette in questa storia sacra: un bambino è nato in Betlemme e ne gioisce Gerusalemme. Ciò che accade nel piccolo ha risonanza nel grande, ciò che inizia in Betlemme risuonerà in grande nella Gerusalemme dell'apparente compimento terreno.
Il numero delle strofe del testo, probabilmente nato in area germanica, varia a seconda delle versioni. Il ritornello ci predispone al mistero dell'Incarnazione e alla novità cristiana: con la gioia nel cuore adoriamo Cristo nato con un cantico nuovo. Questa gioia che ci viene chiesta non è la gioia superficiale che si tenta di imporre in molti "canterelli" liturgici in cui si sfruttano gli effetti dionisiaci di certe armonie, ma in caso quella che deriva dalla compostezza apollinea della musica liturgica, una compostezza di cui ci occuperemo a breve parlando del canto in oggetto.
Nelle strofe ci viene richiamato questo vincolo con il carnale: assumpsit, concepit, processit, iacet... come ben dice Vittorio Messori nel suo "Ipotesi su Maria":
"senza la radice di carne che è il corpo di quella Donna, tutto il mistero dell’Incarnazione finisce col perdere l’indispensabile materialità per farsi evanescente spiritualismo, moralismo sermoneggiante o, peggio, pericolosa ideologia".
È interessante questa osservazione, in quanto la "tota pulchra, sine macula" Maria è proprio Colei che ci lega al nostro destino di carne. Il rischio dell'"evanescente spiritualismo", proprio nel nostro tempo in cui trionfa il materialismo, sembra una reazione impazzita, una patologia non assente all'interno della Chiesa Cattolica. Ma in realtà il nostro canto invita tutta la creazione a farsi presente al mistero dell'Incarnazione: cognovit bos et asinus quod Puer erat Dominus. Anche il bue e l'asinello, gli animali che secondo una pia tradizione riscaldarono il neonato nella grotta, anche loro si arresero di fronte alla divinità del bambinello. Cioè, seguendo il ragionamento dell'anonimo estensore dell'inno, anche l'istinto animale cattura i bagliori della divinità.
Egli diviene simile a noi nella carne, ma dissimile nel peccato, prosegue il canto in questione, ma con la sua Incarnazione ci ha reso simili a Dio. Ci soccorre nella comprensione di questo passaggio San Josemaría Escrivá de Balaguer:
"La vita d'orazione e di penitenza e la consapevolezza della nostra filiazione divina, ci trasformano in cristiani di profonda pietà, simili a bambini davanti a Dio. La pietà è la virtù dei figli, e perché il figlio possa abbandonarsi nelle braccia di suo padre, deve essere e sentirsi piccolo, bisognoso di tutto. Ho meditato frequentemente sulla vita di infanzia spirituale: essa non è in contrasto con la fortezza; anzi, richiede una volontà forte, una maturità ben temprata, un carattere fermo e aperto. Pietà di bambini, dunque; ma non ignoranti, perché ognuno deve impegnarsi, nella misura delle sue possibilità, nello studio serio e scientifico della fede: la teologia non è altro che questo. Pietà di bambini — ripeto — e dottrina sicura di teologi. Il desiderio di acquistare la scienza teologica — la buona e sicura dottrina cristiana — è mosso, in primo luogo, dal bisogno di conoscere e amare Dio. Nello stesso tempo, è anche conseguenza della preoccupazione di un'anima fedele di scoprire il significato profondo di questo mondo, opera del Creatore. Con ricorrente monotonia, alcuni cercano di far rivivere una presunta incompatibilità tra fede e scienza, tra intelligenza umana e Rivelazione divina. Questa incompatibilità si manifesta, ma soltanto apparentemente, quando non si comprendono i termini reali del problema".
Ecco, questa filiazione ci salva dalla protervia dell'umano che vuole farsi divino senza Dio.
La melodia si muove nell'ambito del primo modo gregoriano, che appunto noi chiamiamo Protus. Interessante osservare come nelle strofe, di genere sillabico come il ritornello, predominano il Re e il Fa, due gradi importanti della scala ma che fanno pendere il quadro modale più sul secondo che sul primo modo, una tendenza all'abbassamento che forse ci riporta alla mente proprio quell'abbassamento che fu quello di Dio che si fece uomo. Il Protus che a noi suona come modo minore, in realtà non è triste ma austero. Questo è il senso della gioia cristiana, non scomposta e scapestrata, ma virile ed austera. Ma questa austerità conosce gli impeti della gioia, infatti nel ritornello alle parole "in cordis iubilo" la melodia sale e sale come se questa gioia non trovasse un momento di riposo. Momento di riposo che troverà sul Do, grado più alto toccato in questa melodia, dando un senso ora pieno di primo modo dopo le tendenze al secondo delle strofe e affermando con un bell'intervallo di quinta, consonanza perfetta, "Christum natum adoremus cum novo cantico!".
Insomma un bel canto per meditare in profondità il mistero del Natale.
Se siete in Roma il giorno 26 dicembre, non mancate il concerto natalizio dei Romaeterna Cantores, diretti dal Mº Aurelio Porfiri. Il concerto, offerto da urbi et orbi communications, si terrà nella maestosa Basilica di san Crisogono alle 19. Ingresso libero.
Mai sentito, neppure in traduzione (a meno che non fosse parecchio deviante dall'originale). Forse è caduto in desuetudine?
RispondiEliminaSandro Magister ha pubblicato su Diakonos.be l’estratto di un’intervista a Joseph Ratzinger del 2003.
RispondiEliminahttps://www.diakonos.be/quel-gesu-che-luomo-doggi-ha-smarrito-unintervista-inedita-di-joseph-ratzinger/
Quando si dice aver le idee chiare!
Perciò ha impallinato il nemico palesatosi nel 2005 con la declaratio del 2013.
I padroni dei nemici sono disperati.
Sanno di essere allo scoperto.
Forza Signori Cardinali ante 2013.
Uscite allo scoperto e ridate un Papa alla Chiesa.
Di quella trentina che siete sotto gli 80 anni ne bastano venti per scegliere il Papa.
Fidiamoci di Gesù.
Le porte degli inferi non prevarranno.
– Fino all’Illuminismo, non c’erano dubbi sul fatto che Dio risplende nel mondo, che ci parla nella Bibbia e che Dio ci viene incontro in Cristo.
– Oggi, la visione del mondo è esattamente capovolta. Tutto è spiegato da fattori materiali. L’evoluzione è diventata la nuova divinità. Non c’è alcun passo per il quale sia necessario un Creatore.
-Immagini di Gesù come proiezioni dei loro autori
– Un grande errore nell’esegesi è identificare l’ultima ipotesi come “scienza”, presentarla con grande clamore e considerare questa “scienza” come l’unica autorità valida, mentre la Chiesa non ne ha più.
– La storia dell’esegesi è un cimitero di ipotesi, ognuna delle quali rappresenta più lo spirito del tempo che la vera voce della Bibbia.
– Ciò che passa per la voce della scienza è l’espressione di una certa visione del mondo, secondo la quale, ad esempio, non può esserci resurrezione dai morti, o Gesù non può aver parlato in questo o quel modo, e così via.
– Due cose sono importanti: rimanere scettici nei confronti di tutto ciò che viene presentato come ‘scienza’, e soprattutto confidare nella Fede della Chiesa.
– Il vero Gesù è ancora quello che ci viene presentato nei Vangeli. Tutti gli altri sono costruzioni frammentarie che riflettono lo spirito del tempo più che le origini.
– Le diverse immagini di Gesù spesso non sono dati scientifici, ma piuttosto uno specchio di ciò che una certa persona o una certa epoca considerava come un risultato scientifico.
– Esistono differenze fondamentali tra le comunità nate dalla Riforma del XVI secolo e la Chiesa cattolica.
– La Chiesa evangelica tedesca ritiene che qualsiasi cristiano battezzato possa presiedere alla Cena del Signore. Non esiste una struttura sacramentale al di là del battesimo. Ma: Il ministero episcopale e sacerdotale appare già nella Bibbia come una forma costitutiva della struttura della Chiesa.
– Il Canone del Nuovo Testamento non si è certamente formato da solo. Doveva essere riconosciuto. Ma questo richiedeva un’autorità legittima per decidere. Questa autorità poteva essere solo quella apostolica presente nell’ufficio della successione apostolica. Le Scritture e l’Ordine Sacro sono inseparabili.
– I luterani negano la preghiera di consacrazione come parte essenziale della celebrazione della Cena. Ma: […] il sacrificio di Cristo è presente e l’Eucaristia è più di una cena.
– Se la Chiesa non ha nulla di autorevole da dire sulle questioni ultime della fede, allora non c’è una fede comune. Si potrebbe allora cancellare la parola ‘chiesa’, perché una chiesa che non ci garantisce una fede comune non è una chiesa.
A Roma direbbero credo aridaje (il mio romanesco si limita ai film di Sordi e del commissario Giraldi...).
EliminaRidagli con questa storia della non-successione di Benedetto XVI!
Giova una precisazione non da poco: Francesco è stato eletto da quei cardinali pre-2013!
E per fortuna che ancora non si invoca un intervento degli USA di Trump...
La verità è questa: Francesco è Papa legittimo, anche se quel che compie è criticabile (solo Dio potrà però giudicare questo operato).
Auguri di buone feste a tutto il blog, in primis alla dottoressa.Guarini, per i concerti lasciamo perdere, è gia tanto se sono gospel brutti e copiati male. Lupus et agnus..
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=M0Swnvyvpcs
RispondiEliminagnosticismo a la page
https://www.youtube.com/shorts/_JHuPcJbTWo
RispondiEliminaNota di servizio, per così dire: ma questi links anonimi che vengono spesso segnalati, l'amministratore, cioè Mic, li controlla prima di pubblicarli?
RispondiEliminaSe il controllo fosse impossibile, non sarebbe meglio evitare di pubblicarli? Questo,
come regola della prudenza, che di questi tempi dovrebbe essere massima. Tra links sicuramente buoni ce ne potrebbero anche essere di cattivi.
Z.
Sull'intervista a Ratzinger del 2003.
RispondiEliminaSe le frasi riportate sono tratte dall'intervista, esse dimostrerebbero che il Nostro aveva "le idee chiare" sulla situazione.
Domanda: se le aveva così chiare, per esempio relativamente a Lutero, perché da cardinale si è adoperato tanto, assieme a Giovanni Paolo II, per arrivare alla Dichiarazione congiunta sulla giustificazione assieme ai luterani, del 1999 mi pare: dichiarazione incredibile che cerca un compromesso con le tesi di Lutero e cerca di "storicizzare" le sentenze dogmatiche del Concilio di Trento su questo essenziale tema.
Chi ha approvato quella dichiarazione (il duo Woytila-Ratzinger) non aveva le idee chiare sul dogma della giustificazione oppure tradiva sapendo di tradire.
Basta con l'invocare Ratzinger a sostegno della retta dottrina, che lui ha invece guastato in vari modi! Ma la Dichiarazione congiunta quanti fra i settatori di Ratzinger l'hanno letta?
pp