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martedì 24 dicembre 2024

Il cardinale Pizzaballa visita la chiesa cattolica di Gaza, dove celebra le cresime

Nella nostra traduzione da Lifesitenews. Precedenti qui - quiqui

Il cardinale Pizzaballa visita la chiesa cattolica 
di Gaza, dove celebra le cresime
Con il permesso del governo israeliano, domenica il cardinale Pizzaballa ha effettuato una "visita di solidarietà" alla chiesa della Sacra Famiglia nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra e ha amministrato il sacramento della Cresima ai cattolici perseguitati.
Questa settimana il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha visitato la Striscia di Gaza devastata dalla guerra per celebrare la messa e amministrare il sacramento della Cresima ai cattolici perseguitati.
Sua Eccellenza ha condotto la "visita di solidarietà" con il permesso del governo israeliano, il cui incessante bombardamento di Gaza negli ultimi 14 mesi ha ucciso più di 50.000 palestinesi, metà dei quali, a quanto si dice, erano donne e bambini. Papa Francesco ha lasciato intendere di credere che sia in atto un genocidio.
Pizzaballa ha visitato domenica la Chiesa della Sacra Famiglia. La parrocchia è stata colpita la scorsa estate dall'aeronautica militare israeliana, con diverse vittime. Nel dicembre 2023, due donne innocenti sono state colpite e uccise mentre camminavano verso la parrocchia da un cecchino israeliano. All'epoca, Pizzaballa ha denunciato il crimine di guerra in una dichiarazione pubblica. Sua Eccellenza ha anche spiegato che l'esercito israeliano ha distrutto il generatore e la risorsa di carburante del convento, che ospita più di 50 persone sfollate bisognose.

Durante la sua omelia, un emozionato Pizzaballa ha incoraggiato i suoi fedeli a mantenere la speranza e a sapere che “non li abbandonerà mai”, non importa quanto durerà la guerra. Ha detto: "Quando la guerra finirà, ricostruiremo tutto: le nostre scuole, i nostri ospedali e le nostre case. Dobbiamo rimanere resilienti e pieni di forza", aggiungendo: “Tutto il mondo, non solo il mondo cristiano, tutto il mondo è con voi”. “Non dobbiamo permettere all’odio di infiltrarsi nei nostri cuori. Se vogliamo rimanere una luce, dobbiamo rendere i nostri cuori disponibili solo per Gesù”.

Si tratta della seconda visita di Pizzaballa alla parrocchia della Sacra Famiglia. Aveva già visitato Gaza in precedenza, a maggio. Negli ultimi 14 mesi, egli ha ripetutamente chiesto la pace e si è offerto in cambio di ostaggi per fermare il conflitto. Alcuni giornalisti vaticani ritengono che la sua statura sia cresciuta nell'ultimo anno data la sua gestione della situazione e che potrebbe essere considerato un possibile candidato per il papato al prossimo conclave.

Sebbene edificante per i cattolici di Gaza, la visita di Pizzaballa è stata circondata da una notevole controversia diplomatica. Il giorno prima della visita, Papa Francesco,durante un discorso ai membri della Curia romana, aveva detto che a Pizzaballa "non era permesso entrare a Gaza come [il governo israeliano] aveva promesso".

L'accusa è stata smentita sui social media dall'ambasciata israeliana presso la Santa Sede, che ha definito le dichiarazioni di Francesco come "false accuse".

Nonostante la confusione, Pizzaballa proseguirà la sua visita recandosi il 24 dicembre a Betlemme, luogo della nascita di Gesù, dove celebrerà la messa nella chiesa di Santa Caterina, situata accanto alla Basilica della Natività di Nostro Signore.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

13 commenti:

  1. Un piccolo bambino per noi

    Che ogni Natale, man mano che arriva, ci faccia assomigliare sempre di più a Lui, che in questo tempo è diventato un piccolo bambino per noi, più semplice, più umile, più santo, più affettuoso, più rassegnato, più felice, più pieno di Dio.

    Testo originale:

    May each Christmas, as it comes, find us more and more like Him, who at this time became a little child for our sake, more simple-minded, more humble, more holy, more affectionate, more resigned, more happy, more full of God.

    - St. John Henry Newman, Parochial and Plain Sermons V, “The Mystery of Godliness”

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  2. Appena occupato (illegalmente) il monte Hermon, in Siria, i soldati israeliani non hanno perso tempo e hanno divelto il grande crocifisso che si trovava da decenni sulla cima del monte.
    Evidentemente la Croce è per loro intollerabile, rimane sempre ai loro occhi un inaccettabile "scandalo", come scriveva San Paolo (1 Corinzi).
    Ciò dimostra ancora una volta come l'islam non sia l'unico e forse nemmeno il primo dei nemici del cristianesimo.
    Meditate gente, meditate.
    Martino Mora

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    1. Pochi giorni prima di Natale, le forze di occupazione israeliane hanno distrutto una croce cristiana vecchia di decenni in cima al monte Hermon, noto in arabo come Jabal al-Sheikh. Il sito, da sempre chiamato “La Croce”, è stato una meta di pellegrinaggio importante per i cristiani della regione e di tutto il mondo.
      Nella Bibbia, il monte Hermon costituiva il confine settentrionale della Terra Promessa oltre a cui gli ebrei non dovevano andare. Secondo il Libro di Enoch (testo non canonico) è il sito della discesa degli angeli caduti.
      Il monte Hermon in Siria, ora preso dagli israeliani, è il luogo sacro dove sono atterrati gli angeli caduti . Il luogo è stato sigillato dalla santa croce, PER NON FARLI USCIRE.

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    2. Grazie per la informazione che mi conferma ancor più nelle mie convinzioni. Grazie Prof. Mora.

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  3. Chapeau Martino Mora!

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  4. da ex studente di Giurisprudenza25 dicembre, 2024 09:24

    Inoltre: la croce era un simbolo infamante per la giustizia romana (e per i Romani del tempo), quella ebraica non la usava e per gli Ebrei di allora era solo un simbolo dell'occupante, molti Ebrei di allora potrebbero averla subita (i due ladroni crocifissi con Cristo sono solo gli esempi più noti).
    Da appassionato escursionista di montagna (estivo), so che, almeno in ambiente alpino, le croci di vetta avevano anche uno scopo funzionale: poter misurare le distanze per via trigonometrica. Qualcuno si sarà chiesto perchè talune hanno due traverse ortogonali?

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    1. La conquista araba della Spagna . Stanley G. Payne (n. 1934), autorità dell’ispanistica americana, nella sua History of Spain and Portugal (1973) sostiene :
      «Gli ebrei, che potevano rappresentare il 2-3% della popolazione, collaborarono attivamente con i musulmani. Gli ebrei iberici avevano raggiunto un ragguardevole benessere sotto i Visigoti ma erano soggetti a saltuarie persecuzioni. Con il dominio musulmano auspicavano maggiore libertà e sicurezza. Gli ebrei dunque aiutarono i musulmani, e un distaccamento di soldati ebrei (forse imparentati con gli ispano-ebrei del Maghreb) aveva accompagnato gli invasori. Diverse città furono date in gestione ai capi delle comunità ebraiche locali che le governarono temporaneamente dopo la presa del potere da parte dei musulmani. Durante i tre secoli successivi l’influenza finanziaria e culturale ebraica si espanse nella Hispania meridionale e centro-meridionale. A causa della loro posizione unica, e anche per le loro competenze linguistiche, gli ebrei per generazioni fecero da tramite fra le popolazioni islamica e cristiana».
      Per quanto riguarda gli storici contemporanei, è presente una tendenza a negare autorità alle fonti o a interpretarle con il senno di poi delle persecuzioni otto-novecentesche. Da una parte si sminuiscono le persecuzioni dei sovrani visigoti per negare che le popolazioni ebraiche fossero desiderosi di vendetta nei confronti della maggioranza cristiana; dall’altra però si sostiene che gli ebrei fossero all’epoca così impotenti da non poter organizzare in alcun modo una rete a sostegno dei musulmani.
      Dalla stessa prospettiva, si arriva a contestare la possibilità che gli ebrei spagnoli dell’epoca auspicassero il gioco islamico rispetto a quello cristiano, riducendo ogni legame tra la cosiddetta “età dell’oro dell’ebraismo spagnolo” e l’instaurazione del califfato come pura coincidenza (giungendo infine a classificare la relativa prosperità ebraica sotto gli Omayyadi come un mito).

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    2. La più grande preoccupazione di Ballobar dall’inizio della guerra fu la situazione delle istituzioni religiose cattoliche nella città. Alla fine del 1914, le autorità ottomane notificarono agli ordini religiosi di abbandonare i conventi. In diverse occasioni il diplomatico spagnolo si fece ricevere dal capo militare ottomano Zaki Bey per chiedergli di interrompere l’occupazione degli edifici religiosi. Ballobar era anche preoccupato per la sorte del clero francese e di altre nazionalità, deportato da Gerusalemme in Siria o espulso in Egitto. Inizialmente incaricato di proteggere gli interessi britannici e francesi in Palestina, in seguito il diplomatico spagnolo dovette occuparsi anche di quelli italiani e americani, finché -ironia della sorte- quando le truppe austriache e tedesche lasciarono il campo, dovette anche farsi carico dei loro, diventando così una specie di “console universale” a Gerusalemme (fu anche coinvolto nella protezione degli appartenenti alla comunità ebraica per tramite degli Stati Uniti, che lo incaricarono di distribuire aiuti ai suddetti).
      [continua]

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  5. Altissima tensione, anche oggi, in Siria, con sparatorie, morti e feriti a Tartus, Latakia e Homs

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    1. Il Diario di Gerusalemme del Conte di Ballobar
      Opera fondamentale, il diario del Conde, purtroppo da tempo non più ristampata in spagnolo mai tradotta in Italiano, proposta in traduzione inglese dalla britannica Tauris ( Su Amazon è venduto a 227 euro e su AbeBooks a 35 sterline).
      Antonio de la Cierva y Lewita – Conde de Ballobar e Duque de Terranova – nacque a Vienna nel 1885 dove suo padre prestava servizio come addetto militare. Nel 1911 entrò nel servizio consolare spagnolo e nel maggio 1913 fu nominato console a Gerusalemme. Nel 1920 sposò Rafaela Osorio de Moscoso e l’anno dopo si dimise dalla carica di console per tornare in Spagna e prestare servizio al Ministero degli Affari Esteri. Tra il 1949 e il 1952 fu nuovamente console a Gerusalemme e fino al 1955 direttore dell’Obra Pia. Morì a Madrid nel 1971 all’età di 86 anni.
      Il diario di Ballobar fornisce una visione senza pari della tarda Gerusalemme ottomana e degli sconvolgimenti della vita in tempo di guerra. Un resoconto dettagliato della battaglia tra le chiese locali per il controllo dei luoghi santi della città, della diffusione del sionismo e dell’istituzione del mandato britannico, il tutto dalla prospettiva di osservatore privilegiato. [continua]

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    2. Con il progredire della guerra, Ballobar si rese conto che gli ottomani sembravano rassegnati a perderla e, allo stesso tempo, strinse una grande amicizia con Cemal Paşa (generale parte del triumvirato militare che guidò l’Impero dal 1913 alla fine della Grande guerra), dal quale ottenne molte concessioni di cui beneficiarono persone e istituzioni da egli protette. Pur molto critico nei confronti dell’Impero ottomano, si rese conto che i turchi avevano istituito un sistema in grado di garantire la convivenza delle diverse comunità etnico-religiose. Certamente era a conoscenza della tragedia che aveva colpito gli armeni e temeva che i cristiani e gli ebrei subissero la stessa sorte in Palestina, ma si rese conto che in Palestina il nemico principale degli ottomani era il movimento nazionalista pan-arabo.
      Dal momento che la madre del Conte era una ebrea convertita, molti potrebbero domandarsi se il console fosse favorevole o meno al sionismo. È certamente una domanda legittima, ma a cui è difficile rispondere. Ballobar inizialmente aiutò gli ebrei bisognosi nella Gerusalemme in guerra. In seguito gli assegnarono la responsabilità di distribuire gli aiuti agli ebrei, specialmente dagli Stati Uniti, quando l’omologo americano Otis Glazebrook lasciò Gerusalemme a causa dell’interruzione delle relazioni diplomatiche tra Washington e Impero Ottomano nella primavera del 1917. Tuttavia, né dal diario né da altre fonti si può dedurre alcunché sulla sua posizione riguardo il sionismo.

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  6. https://www.centrostudifederici.org/la-leggenda-di-betlem/

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  7. *HaMoked news*: Hamas rilascerà due ostaggi con cittadinanza russa nella prima fase dell'accordo a Gaza. Lo riporta il quotidiano qatariota "Al-Arabi Al-Jadid".

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