Le storiche minoranze religiose siriane rischiano di perdere sicurezza e autonomia di fronte alla frammentazione politica e alla minaccia estremista. Si rivela forte anche l'influenza turca, dagli interessi sui gasdotti alla connivenza con i Fratelli musulmani e che appare già pronta all'offensiva contro i Curdi... Qui l'indice dei precedenti.
Incertezze in Siria dopo la caduta di Assad:
cristiani e drusi temono l’ascesa jihadista
cristiani e drusi temono l’ascesa jihadista
La nuova situazione in Siria, dopo la caduta del governo di Bashar al-Assad è segnata dall’incertezza e dalla frammentazione politica. In un contesto del genere, le comunità cristiane e druse, dopo anni di relativa stabilità sotto uno Stato laico, guardano il futuro con trepidazione, nel timore che l’avvento delle forze estremiste causi la perdita delle storiche garanzie acquisite.
In Siria le comunità cristiane rappresentano una parte fondamentale del tessuto sociale e culturale: la loro presenza millenaria comprende diverse confessioni come i greco-ortodossi, i siro-ortodossi, i maroniti e i cattolici romani. Lo stato centrale di Assad garantiva loro un contesto stabile, libertà di culto e sicurezza.
Il vuoto di potere odierno è causa di incertezza e di preoccupazioni crescenti. La possibile affermazione di gruppi islamisti radicali, già attestati in alcune aree, minaccia seri rischi per il delicato equilibrio interreligioso e i diritti delle minoranze.
Il parroco ad Aleppo, Padre Bahjat Karakach, ha confermato che la precedente stabilità dello Stato abbia costituito un baluardo contro l’intolleranza religiosa. Ma oggi è forte in molti cristiani il timore di perdere la sicurezza fin qui goduta, subendo la marginalizzazione se non la persecuzione.
Lo stesso discorso vale per la comunità drusa, storicamente concentrata nella regione montuosa di Jabal al-Druze. Essa, con credenze peculiari derivanti dall’Islam sciita ma sviluppatesi in modo indipendente, non si è mai schierata apertamente nelle tensioni politiche del Paese. Ed anche la sua neutralità viene messa a rischio.
Il problema è l'instabilità attuale, che rappresenta un terreno fertile per l’ascesa di gruppi jihadisti e della loro influenza in diverse regioni della Siria. La situazione non ha ancora provoato persecuzioni sistematiche, ma la loro crescente presenza è poco rassicurante per tutte le minoranze religiose.
Il rischio concreto per la Siria è la perdita del pluralismo che l’ha sempre contraddistinta. Per cristiani, drusi e altre comunità storiche, lo scenario attuale rappresenta un pericolo concreto: senza la garanzia di un governo centrale, il rischio di marginalizzazione, o peggio, diventa sempre più tangibile.
Assad ha sempre rispettato e difeso le molte minoranze religiose ed etniche della Siria: alawiti, sciti, cristiani delle varie confessioni, drusi, yazidi, curdi. Ora che una banda di tagliagole jihadisti, che si sono messi la giacca e la cravatta a favore di telecamere, ha preso il potere, sono già iniziate le rese dei conti: uccisioni per le strade, vendette personali, arresti. Assaltata la chiesa ortodossa di san Giorgio a Damasco, una famiglia cristiana ad Aleppo massacrata. I criminali musulmani hanno intimato ai cristiani di non allestire luminarie natalizie. Ma l'occidente liberal, progressista e anticristiano esulta per la caduta del "dittatore": evidentemente si è dimenticato dei massacri di cristiani di qualche anno fa, da parte delle stesse milizie jihadiste create da USA, Gran Bretagna e Israele, fermate allora solo per l'intervento liberatore delle forze russe e iraniane scese in campo a fianco dell'esercito regolare siriano. Sì, il generale iraniano Sulemaini, fatto assassinare da Trump, proteggeva i cristiani. Quando ora vedo la stampa mainstream esultare sgangheratamente per la caduta del "dittatore" Assad, penso allo stato d'animo delle famiglie cristiane di Siria, ora minacciate da un nuovo massacro da parte dei terroristi musulmani, pudicamente rinominati "ribelli", aiutati da un occidente complice, con l'entità sionista, della pulizia etnico-religiosa delle residue, millenarie comunità cristiane del Medio Oriente. D'altronde abbiamo l'esempio, recentissimo, della pulizia etnica dei cristiani armeni in Nagorno Karabakh ad opera degli azeri musulmani armati dai turchi: 120.000 cristiani costretti alla fuga, migliaia ancora prigionieri degli azeri, chiese antichissime distrutte, cimiteri profanati. Il tutto nel silenzio vile e complice dell'Europa e degli USA e della sua stampa menzognera.
RispondiEliminaSilente
https://formiche.net/2024/12/elt-group-benigni-qatar-guerra-elettronica/#content
RispondiEliminaSilente ha tratteggiato brevemente ed in maniera superba la dinamica e il nesso degli eventi bellici siriani e armeni. Un filo doppio, neppure tanto sottile, unisce una buona parte dell'Occidente, quello che potremmo definire "tossico", all'islamismo giocato come pedina in funzione anticristiana.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=znvD68vVVqE
RispondiEliminaLa Russia ha una soluzione di riserva in Libia, paese che ha due dirigenti rivali, tra cui quello di Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica e il Fezzan con l’appoggio dell’Esercito nazionale libico sostenuto da diverse potenze straniere, tra cui la Russia.
RispondiEliminaMosca ha ottenuto la creazione di una base navale russa nel porto di Tobruk.
Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha affermato che la Russia stava "trasferendo risorse dalla sua base siriana a Tartous alla Libia, compresi i 'sistemi di difesa aerea' S-300 e S-400, trasportati da aerei cargo verso siti militari controllati dall'LNA. Mosca intende modernizzare il porto di Tobruk e avere accesso anche a quello di Bengasi.
La Russia può quindi mantenere la propria influenza nella regione e sostenere una presenza navale nell’area, dove gli Stati Uniti e altri membri della NATO hanno basi e navi da guerra.
La Russia non perde terreno disponendo di strutture militari nella Libia orientale, tra cui il porto di Tobruk che le permette di avere una vista “mozzafiato” della parte centrale [Catania è a 1.000 km] e orientale [Atene è a 650 km], o addirittura di installare una bolla di diniego e divieto di accesso suscettibili di ostacolare i movimenti della NATO