Il testo che segue, che ancora una volta chiarisce e sviluppa concetti fondanti del sensus fidei cattolico, è stato concordato da Mons. Gherardini d'intesa con Disputationes Theologicae ed è la risposta corretta al recente articolo di Mons. Ocáriz Braña sull'Osservatore Romano di cui abbiamo parlato qui. Ma non solo: è soprattutto la chiarificazione della definizione di Tradizione anche in riferimento al recente libro di De Mattei. E' quello che avevo già preannunciato giorni fa. Lo riprendo perché ci dà il la per iniziare fin da ora - per poi proseguire con eventi e scritti ulteriori - a fare da contraltare alla grancassa mediatica ed oltre, con la quale i novatori già si apprestano ad accompagnare le celebrazione del mega-super-dogma Vaticano II.
Questo testo, nel frattempo, dà un contributo autorevole e quanto mai nutriente alle nostre recenti riflessioni, che possono così proseguire e svilupparsi ulteriormente.
Chiesa - Tradizione - Magistero
La grande celebrazione cinquantenaria è iniziata. Non s’è ancor al tam-tam, ma lo s’avverte nell’aria. Il cinquantenario del Vaticano II darà la stura a quanto di più superlativo, in fatto di giudizi elogiativi, sarà possibile escogitare. Della sobrietà ch’era stata richiesta, come atteggiamento e come momento di riflessione e d’analisi per una valutazione più criticamente approfondita dell’evento conciliare, neanche l’ombra. Già si procede a ruota libera nel dir e ripetere quello che da cinquant’anni si va dicendo e ripetendo: il Vaticano II è il punto culminante della Tradizione e la sua stessa sintesi. Congressi internazionali sul più grande e più significativo fra tutt’i Concili ecumenici son già programmati; altri, di maggiore o di minore portata, lo saranno strada facendo. E, sull’argomento, la saggistica s’arricchisce di giorno in giorno. L’Osservatore Romano, ovviamente, fa la sua parte e batte soprattutto sul tasto dell’adesione dovuta al Magistero (2/12/2011, p. 6): il Vaticano II è un atto di Magistero, quindi… La ragione addotta è che ogni atto di Magistero va recepito da Pastori che, a motivo della successione apostolica, parlano con il carisma della verità (DV 8), con l’autorità di Cristo (LG 25), alla luce dello Spirito Santo (ibid.).
A parte il fatto di provare il Magistero del Vaticano II con il Vaticano II, che un tempo si chiamava petitio principii, sembra evidente che un tal modo di procedere parte dalla premessa del Magistero come assoluto, soggetto indipendente da tutto e da tutti, tranne che dalla successione apostolica e dall’assistenza dello Spirito Santo. Ora, se della successione apostolica garantisce la legittimità della sacra ordinazione, difficile appare stabilire chi garantisca l’intervento dello Spirito Santo, nei termini in cui se ne parla.
Una cosa, peraltro, è fuori discussione: nulla al mondo, ricettacolo delle cose create, ha la dote dell’assoluto. Tutt’è in movimento, in un circuito di reciproche interdipendenze, e pertanto tutto dipende, tutto ha un inizio ed avrà una fine: “Mutantur enim – diceva il grande Agostino – ergo creata sunt”. La Chiesa non fa eccezione, non la sua Tradizione, non il suo Magistero. Si tratta di realtà sublimi, ai vertici della scala di tutt’i valori creaturali, dotate di qualità che danno il capogiro, ma sempre di realtà penultime. L’eschaton, la realtà ultima è soltanto Lui, Dio. Si ricorre spesso ad un linguaggio che capovolge questo dato di fatto e si riconosce a codeste sublimi realtà una portata ed un significato al di là e al di sopra dei loro confini; cioè s’assolutizzano. La conseguenza è che le si espropria del loro statuto ontico, se ne fa un presupposto irreale, che perde per ciò stesso anche le sublimi grandezze della loro realtà penultima.
Immersa nel momento trinitario della sua progettazione, la Chiesa è ed opera nel tempo come sacramento di salvezza. Il teandrismo, che ne fa una continuazione misterica di Cristo, non si discute, le sue proprietà costitutive (unità, santità, cattolicità ed apostolicità) nemmeno, e nemmeno la sua struttura ed il suo servizio, ma tutto questo rimane all’interno d’una realtà di questo mondo, abilitata a mediare sacramentalmente la divina presenza, ma sempre come ed in quanto realtà di questo mondo, che per definizione, dunque, rifugge dall’assoluto.
Tant’è che s’identifica nella sua Tradizione, dalla quale attinge la continuità con se stessa, alla quale deve il suo respiro vitale, dalla quale deriva la certezza che il suo ieri diventa sempre oggi per preparar il suo domani. La Tradizione, pertanto, le dà il movimento interiore che la sospinge verso il futuro, salvaguardandone il presente ed il passato. Ma nemmeno la Tradizione è un assoluto: incominciò con la Chiesa, finirà con essa. Dio solo rimane.
Sulla Tradizione la Chiesa esercita un vero controllo: un discernimento che distingue l’autentico dal non autentico. Lo fa con uno strumento, al quale non fa difetto “il carisma della verità”, purché non si lasci prender la mano dalla tentazione dell’assoluto. Tale strumento è il Magistero, di cui titolari son il Papa, come successore del primo Papa, l’apostolo san Pietro, sulla cattedra romana, ed i vescovi come successori dei Dodici nel ministero o servizio alla Chiesa, ovunque sia una sua espressione locale. Ricordare le distinzioni del Magistero – solenne, se del Concilio ecumenico oppure del Papa, quando l’uno o l’altro definiscono verità di fede e di morale; ordinario, se del Papa nella sua attività specifica, e dei vescovi nel loro complesso ed in comunione col Papa – è superfluo; molto più importante è precisar entro quali limiti al Magistero è garantito “il carisma della verità”.
Occorre dir anzitutto che il Magistero non è una superchiesa che imponga giudizi e comportamenti alla Chiesa stessa; né una casta privilegiata al di sopra del popolo di Dio, una sorta di potere forte al quale è doveroso obbedir e basta. E’ un servizio, una diakonìa. Ma anche un compito da svolgere, un munus, appunto il munus docendi, che non può né deve sovrapporsi alla Chiesa, dalla quale e per la quale esso nasce ed opera. Dal punto di vista soggettivo, coincide con la Chiesa docente, Papa e vescovi uniti col Papa, in funzione della proposta ufficiale della Fede. Dal punto di vista operativo, è lo strumento con cui tale funzione viene svolta.
Troppo spesso, però, si fa dello strumento un valore a sé e si fa appello ad esso per troncare sul nascere ogni discussione, come se esso fosse al di sopra della Chiesa e come se davanti a sé non avesse la mole enorme della Tradizione da accoglier interpretar e ritrasmettere nella sua integrità e fedeltà. E proprio qui s’evidenziano quei limiti che lo salvaguardano dal pericolo dell’elefantiasi e dalla tentazione assolutistica.
Non è il caso di soffermarsi sul primo di tali limiti, la successione apostolica. Non dovrebb’esser difficile per nessuno il dimostrarne, caso per caso, la legittimità e quindi la conseguente successione nel possesso del carisma proprio degli Apostoli. Qualche parola, invece, occorre dire sul secondo, ovvero sull’assistenza dello Spirito Santo. Il procedimento sbrigativo oggi invalso è più o meno il seguente: Cristo promise agli Apostoli, e quindi ai loro successori, val a dire alla Chiesa docente, l’invio dello Spirito Santo e la sua assistenza per un esercizio del munus docendi nella verità; l’errore è dunque scongiurato in partenza. Sì, Cristo fece una tale promessa, ma indicò pure le condizioni del suo avverarsi. Se non che, proprio nel modo d’appellarsi alla promessa se ne intravede una grave adulterazione: o non si riportan le parole di Cristo, o qualora vengan citate non si dà loro il significato che hanno. Vediamo di che cosa si tratta.
La promessa è riferita soprattutto da due testi del quarto evangelista: Gv 14,16.26 e 16,13-14. Già nel primo risuona con estrema chiarezza uno dei suddetti limiti: Gesù infatti non si ferma alla promessa de “lo Spirito della verità” – si noti questo corsivo, dovuto all’articolo specificativo thV, che in alto ed in basso si continua a tradurre di, come se la verità fosse un optional dello Spirito Santo, che invece la impersona -, ma ne preannuncia la funzione: riporterà alla memoria tutto quanto Lui, Gesù, aveva prima insegnato. Si tratta, dunque, d’un’assistenza conservativa della verità rivelata, non d’un’integrazione in essa di verità altre o diverse da quelle rivelate, o presunte come tali .
Il secondo dei due testi giovannei, confermando il primo, scende ad ulteriori precisazioni: lo Spirito Santo, infatti, “vi guiderà a tutta la verità”, anche a quella che ora Gesù tace, perché al di là e al di sopra della portata dei suoi (16,12). Nel far questo, lo Spirito “non parlerà per conto suo, ma dirà tutto quello che ascolta […] prenderà del mio e ve lo comunicherà”. Dunque non ci saranno ulteriori rivelazioni. L’unica si chiude con coloro ai quali Gesù sta ora parlando. Le sue parole si presentano con un significato univoco, riguardante l’insegnamento da Lui impartito e soltanto codest’insegnamento. Un linguaggio, questo, non criptato o cifrato, ma limpido come il sole. Si potrebbe sollevar un’obiezione sulla prospettiva d’apparente novità in relazione a quello che, ora taciuto da Gesù, verrà annunziato dallo Spirito Santo; ma la delimitazione della sua assistenza ad un’azione di guida verso il possesso di tutta la verità rivelata da Cristo esclude novità sostanziali. Se novità emergeranno, si tratterà di significati nuovi, non di verità nuove; donde il giustissimo “eodem sensu eademque sententia” del Lerinense. Insomma, la pretesa d’agganciar all’assistenza dello Spirito Santo ogni stormir di fronda, voglio dire ogni novità e segnatamente quelle che commisurano la Chiesa sulle dimensioni della cultura imperante e della c. d. dignità della persona umana, non solo è un capovolgimento strutturale della Chiesa stessa, ma è pure un gran segno di croce sui due testi sopra indicati.
Non è tutto. Il limite dell’intervento magisteriale sta anche nella sua stessa formulazione tecnica. Perché sia veramente magisteriale, in senso definitorio o no, occorre che l’intervento ricorra ad un formulario ormai consacrato, dal quale risulti senz’incertezza alcuna la volontà di parlare da “Pastore e Dottore di tutt’i cristiani in materia di Fede e di Morale, in forza della sua apostolica Autorità”, se a parlare è il Papa; o risulti con pari certezza, p. es. da parte d’un Concilio ecumenico, attraverso le consuete formule dell’asserto dogmatico, la volontà dei Padri conciliari di collegare la Fede cristiana con la Rivelazione divina e la sua ininterrotta trasmissione. Mancando tali premesse, solo in senso lato si potrà parlare di Magistero: non ogni parola del Papa, scritta o detta, è necessariamente Magistero; ed altrettanto si dica dei Concili ecumenici, non pochi dei quali di dogma o non parlarono, o non esclusivamente; talvolta addirittura innestaron il dogma in un contesto di diatribe interne e di liti personali o di corrente, da render assurda una loro pretesa magisteriale all’interno del detto contesto. Suscita tuttora un’impressione nettamente negativa un Concilio ecumenico d’indiscussa importanza dogmatico-cristologica come quello di Calcedonia, che spese la maggior parte del suo tempo in una vergognosa lotta di personalismi, di precedenze, di deposizioni, di riabilitazioni; non in questo Calcedonia è dogma. Come non lo è la parola del Papa quando privatamente dichiara che “Paolo non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente, nel quale tutti operano l’uno per l’altro e l’uno con l’altro, essendo uniti a partire da Cristo”; è vero esattamente il contrario e si sa che la prima forma istituzionale, proprio per favorire l’organismo vivente, fu strutturata da Paolo in modo piramidale: l’apostolo al vertice, poi gli episcopoi-presbuteroi, gli hgoumenoi, i proistamenoi, inouqetounteV, i diakonoi: sono distinzioni di compiti e d’uffici non ancora esattamente definiti, ma son già distinzioni d’un organismo istituzionalizzato. Anche in questo caso, sia ben chiaro, l’atteggiamento del cristiano è quello del rispetto e, almeno in linea di principio, anche dell’adesione. Se però alla coscienza del singolo credente l’adesione ad un caso come quello sopra esposto non è possibile, ciò non comporta ribellione al Papa o negazione del suo Magistero: significa solo che ciò non è Magistero.
Il discorso ritorna ora, in chiusura, al Vaticano II, per dire, se possibile, una parola definitiva sulla sua appartenenza o meno alla Tradizione e sulla sua qualità magisteriale. Su questa non cade nessun interrogativo e quei laudatores che non si stancano da ben cinquant’anni di sostenere l’identità magisteriale del Vaticano II perdono e fanno perder tempo: nessuno lo nega. Stanti però le loro acritiche esuberanze, nasce un problema di qualità: di che Magistero si tratta? L’articolo de “L’Osservatore Romano” al quale mi son inizialmente richiamato, parla di Magistero dottrinale: e chi l’ha mai negato? Perfino un’affermazione puramente pastorale può esser dottrinale, nel senso d’appartener ad una data dottrina. Chi però dicesse dottrinale nel senso di dogmatico, sbaglierebbe: nessun dogma è all’attivo del Vaticano II, il quale se ha anche un valore dogmatico, lo ha di riflesso là dove s’aggancia a dogmi precedentemente definiti. Il suo, insomma, come s’è detto e ridetto a chiunque abbia orecchi per intendere, è un Magistero solenne e supremo.
Più problematica è la sua continuità con la Tradizione, non perché esso non abbia dichiarato una tale continuità, ma perché, specie in quei punti-chiave dov’era necessario che tale continuità fosse evidente, la dichiarazione è rimasta indimostrata.
Pubblicato da Disputationes Theologicae
Il problema esiste e Mons. Gherardini lo mette in risalto, distingue i gradi di Magistero che sono in molti a confondere e continua a chiedere soluzioni che finora non sono intervenute.
RispondiEliminaLa questione teologica è posta in modo magistrale ed è un atto (che ce ne fossero!) di autentica Chiesa "docente".
Chi ama la Chiesa non può che apprezzarlo e imparare...
Saranno anni infernali si incomincia con l'anniversario dell'apertura e ogni anno avremo sontuose cerimonie per ogni anniversario di OGNi documento uscito dall'assise vaticanosecondista.
RispondiEliminaSegnalo questo articolo di "belvecchio" (pseudonimo?) che demolisce lo sprovveduto Cantoni e i tradi-conciliaristi, ovvero i perfetti modernisti in tonaca e pianeta.
RispondiEliminahttp://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV223_Conciliarismo_alla_riscossa-1.html
Bravissimi, Catholicus e don Camillo; ed adesso, perche' non dire queste cose anche su www.messainlatino.it, post 'Chiesa - Tradizione - Magistero'?
RispondiElimina...perchè non non c'è niente da aggiungere a quanto già da lei così chiaramente confutato a SdC ed altri provocatori, i quali continuano e gettare confusione e fango anche sulle persone che non la pensano come loro.
RispondiEliminaaggiungo che non è per non entrare nella "gabbia dei leoni". Per quanto mi riguarda è solo una momentanea nausea...
RispondiEliminaSimon ed altri, su Messa in Latino rappresentano alla perfezione l`ideologia postconciliare, non so se da sempre o se la sua è una recente conversione, come un disco rotto ripete senza mai stancarsi la stessa musica: il Concilio è infallibile, il Magistero non può sbagliare e comunque gli è sempre dovuto l`ossequio dell`intelletto, un intelletto castrato perchè deve, in ogni caso e comunque, arrivare alla sola conclusione tollerata e ammissibile e cioè che nessun errore ha potuto introdursi nei documenti vaticani e nel Magistero postconciliare che non possono essere che in perfetta continuità con la Tradizione della Chiesa.
RispondiEliminaInsomma, usate il vostro intelletto ma alla sola condizione che non contraddica la volgata postconciliare, nel caso il vostro intelletto dovesse suggerirvi che qualcosa è andato storto, tacete, state zitti e obbedite.
Se poi si fanno sentire sempre più voci di persone che, ascoltando il loro intelletto, non aderiscono alla volgata dominante non resta a quest`ultima che aumentare il suono della musica che da decenni sta assordando i cattolici.
Non mancano di mezzi questi ideologi postconciliari che, pur ammettendo che il Concilio Vaticano II si è voluto pastorale e non dogmatico, in modo subdolo lo stanno trasformando in un dogma indiscutibile e infallibile.
Questa musica si farà sempre più assordante in vista della celebrazione dell`anniversario del Concilio Vaticano II, prepariamoci.
D'accordo, Catholicus, credo di capirLa bene, e mi creda che i momenti di nausea li ho avuti anch'io. Ma Lei lusinga la mia vanita', il che - poiche' son donna - non mi dispiace affatto.
RispondiEliminaRispondere a chi? a dei poveri idioti che non sanno cosa sia un manuale di teologia? mocciosi che fanno le pulci a Gherardini che mi fanno i versi dicendo "e chi è sto Gherardini"? sinceramente cara Luciana non mi sono mai sottratto dal potere e dovere insegnare, a chi mi ha posto domande ho risposto come meglio ho potuto e sempre con in mano la Dottrina Cattolica! ma a tutto c'è un limite! Evangelicamente ho gettato Semi di Luce (perchè la nostra Tradizione tale è) perchè lo ritengo di primaria importanza. Ma ho anche compreso il monito di Nostro Signore che ci metteva in guardia, dal non gettare le perle ai porci, la Redazione di MiL li aveva più o meno gestiti, ma ora ne sono diventati i padroni, sbranando tutto e tutti..... e no!
RispondiEliminaPerchè si è arrivato a tutto ciò?
Mil (Enrico) dopo Assisi3, si è ritenuta soddisfatta di tale spettacolo (per me assolutamente desolante) quindi ora tutto è ben fatto????, anzi TUTTO deve essere meraviglioso????, anche il preAssisi3???? Dire in faccia al Papa e alla curia che c'è qualcosa che stona, fa perdere punti??? quindi, Evviva Carradori, Evviva Simon??? Viva Cantoni???, Viva Morsellone??? che conciliano l'inconciliabile???
grazie, don Camillo.
RispondiEliminaTrovo Belvecchio sempre molto convincente, difficile da confutare (e amaro come la verità dei fatti, per chi li voglia vedere senza paura della Verità, per quanto spiacevole sia).
Attenzione, però: purtroppo quel link postato non si apre (tit.: "Conciliarismo alla riscossa").
E' leggibile solo questo:
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV217_Bongi_Libro_don_Cantoni.html
(art. di Bongi che critica il libro di don Cantoni).
Ester
pardon, va meglio se cliccate su questo:
RispondiEliminaBongi sul libro di don Cantoni
Ester
Sono entrata due volte nel thread corrispondente di Messa in Latino.
RispondiEliminaNon mi pronuncio su Simone de Cyrène; ma quel che ho notato è una drastica 'caduta' del numero di interventi.
Alcuni, di qualità, non mancano; ma c'è stata una vera ecatombe di presenze!
Grazie, don Camillo: Lei mi ha fatto capire che e' facile per me, nel mio cantuccio di provincia al nord, spronare all'eroismo. D'altra parte vengo a Roma, non troppo spesso ma regolarmente, e la tensione dei Sacri Palazzi e' cosa palpabile persino per un'esterna-pendolare come me.
RispondiEliminaMi scusi e non me ne voglia. Pero' pensi che quando si butta un seme, non si sa mai dove cada; e non si sa mai chi legge 'Messa in latino.' Ci sono anche persone in buona fede, e c'e' anche chi apprezza don Camillo.
Quanto al dar addosso a Gherardini, la' batte lingua dove dente duole; e si vede che Mons. Gherardini provoca loro forti dolori.
navinternetica è un altro mio account che viene fuori quando non esco dalla casella di posta elettronica.
RispondiEliminaDi solito cancello e riscrivo; ma penso sia meglio spiegare.
Pero' pensi che quando si butta un seme, non si sa mai dove cada; e non si sa mai chi legge 'Messa in latino.' Ci sono anche persone in buona fede,
RispondiEliminaè la ragione per cui non ho desistito, nonostante attacchi anche feroci che hanno superato ogni limite, anche se adesso intervengo con meno assiduità.
amici,
RispondiEliminaho trovato l'art. di Belvecchio !
Il vero volto
dell'ermeneutica della continuità
L'insegnamento tradizionale va meglio capito
alla luce del Vaticano II
di Belvecchio
su
http://unafides33.blogspot.com/
che dire ?
impareggiabile, tagliente, inoppugnabile....
formidabile .
Mi riconosco in tutte le sue considerazioni, punti e virgole.
Ester
(meno male che c'è ancora qualcuno al mondo che non ha perso la logica delle persone semplici e lineari, il buon senso.... o anche senso della REALTA').
Sei molto gentile, mic( e per niente rancorosa) di non pronunciarti su SdC, eppure sei stata, con me e altri, uno dei suoi bersagli preferiti!
RispondiEliminaÈ il limite di un blog che, se non è seguito con attenzione dai gestori, può diventare rapidamente un ring, un vomitorium, ed è vero che ci sono personaggi che sono incapaci di discutere senza porsi in una situazione di superiorità dall`alto della quale considerano con alterigia e arroganza i contradditori.
Comunque osserveremo nei tempi futuri, che vedranno le pagine dei media "cattolici" riempite di elogi e panigirici del mitico evento conciliare, chi, nei blog e siti legati alla Tradizione, avrà saputo e saprà resistere alle pressioni del religiosamente corretto, della nuova volgata, pressioni che già si fanno sentire in modo subdolo ma molto abile e i cui effetti sono già visibili.
meno male che c'è ancora qualcuno al mondo che non ha perso la logica delle persone semplici e lineari, il buon senso.... o anche senso della REALTA'.
RispondiEliminaCara Ester,
peccato che articoli come quello di Belvecchio non escono dal circuito della Tradizione perché, purtroppo, le grancasse mediatiche risuonano altrove.
Ma c'è almeno questa frontiera di libertà nella quale ancora chi cerca può trovare molte perle.
A proposito di grancasse mediatiche e di Agorà che ospitano e fanno echeggiare gli eventi, bisognerebbe che chi ama la Tradizione creasse sinergie e organizzasse adeguatamente gli antidoti!
Qualche idea l'abbiamo lanciata, vedremo se e come maturerà...
Belvecchio è un ...vecchio amico, combattente della prima ora.
RispondiEliminaI suoi scritti, posso assicurare, arrivano dove devono arrivare.
Quanto all'intervento di don Brunero che avevo segnalato, c'è poco da commentare: v'è espressa la sana teologia cattolica cui molti di noi si sono abbeverati e che, senza la sua competenza, hanno sempre diffuso.
Non mi sembra corretto parlar di commentatori di altri blog senza peraltro citare il testo: cerchiamo di non far come un certo neocatecumeno parolaio e ignorante.
Non mi sembra corretto parlar di commentatori di altri blog senza peraltro citare il testo: cerchiamo di non far come un certo neocatecumeno parolaio e ignorante.
RispondiEliminaFacevamo considerazioni generali che chiunque ci legge ha già verificato senza necessità di travasamento di testi, caro Dante, e siamo stati peraltro mossi dalla sollecitazione di chi invitava la buona volontà di nostri lettori a intervenire in quel contesto.
E' un'esperienza ormai comune a molti di noi...
E' opportuno evitare polemiche a distanza con gente che oltretutto non merita d'esser citata.
RispondiEliminaCarissimi,
RispondiEliminaSembra che il contenuto del testo di mons. Fernando Ocariz ha alcuna relazione con il preambolo della dottrinale, dato la FSSPX. Ricordiamo il contenuto:
"Tale Preambolo enuncia alcuni principi dottrinali e criteri di interpretazione della dottrina cattolica, necessari per garantire la fedeltà al Magistero della Chiesa e il "sentire cum Ecclesia", lasciando nel medesimo tempo alla legittima discussione lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo". Comunicato Vaticano - http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/09/aggiornamento-quasi-in-diretta.html
Si noti che il testo del Vicario dell'Opus Dei, ruota attorno a quanto affermato nella dichiarazione del Vaticano:
1) Enuncia alcuni principi dottrinali;
2) "Criteri" per l'interpretazione;
3) Fa una apoliogia la fedeltà al Magistero della Chiesa (alla "luce" del CVII).
Questo testo pubblicato nel L'Osservatore, non sarà il preambolo dottrinale, dato a FSSPX?
Un saluto dal Brasile!