Leggo ora, su L'Occidentale: una freccia al nostro arco in mezzo a tanti peana osannanti...
Un amico, sacerdote e teologo, colta intelligenza che ha per questo particolari responsabilità, interviene su un settimanale cattolico regionale. Il tema è il Concilio, la vera Chiesa e la resistenza degli ambienti ‘tradizionalistici’ (non scismatici) all’ecumenismo conciliare e postconciliare. Dopo aver ricordato la ‘scaletta di argomenti’ dettata dopo trent’anni dall’enciclica Ut unum sint (ovvero De oecumenico officio del 25 aprile 1995, Enchiridion Vaticanum 14, 2667-2884), il teologo si spinge ad affermare che per i critici (tradizionalistici) “tutto ciò [ossia le linee proposte dall’Enciclica per favorire e guidare il dialogo ecumenico] è immanentismo, antropocentrismo, irenismo ecc.”. Per concludere, dopo aver menzionato con riprovazione mons. Brunero Gherardini: “Ma con chi considera il Vaticano II un equivoco e un colpo di mano contro la Tradizione, qualsiasi confronto è del tutto impossibile”. Appare qui una semplificazione inaccettabile, anche (o tanto più) se in buona fede. Osservo due cose.
La prima. Nessun esponente della teologia cattolica che continua a fondarsi anzitutto sulla Tradizione cronologicamente ‘preconciliare’ (che è la Tradizione cattolica tout court), considera immanentismo o ‘deriva modernistica’ un ecumenismo cattolico che dichiari (come fa la Ut unum sint di Giovanni Paolo II) irrinunciabili: il legame necessario tra Scrittura e Tradizione, l’Eucarestia come memoria sacrificale e presenza reale di Cristo, il sacramento dell’Ordine, il Magistero, la Vergine Maria Madre di Dio. Tutt’altro! Altra cosa è temere che, come conseguenza di decenni di ‘dialogo’ senza regole (che provocarono la UUS e molti altri interventi disciplinanti di Roma), proprio questi dati primi e vitali della realtà e della dottrina cristiana, vengano diluiti e vanificati.
La seconda, più importante. Dove trovare, allora, “immanentismo, antropocentrismo, irenismo”, che non sono né invenzioni di Gherardini o di Antonio Livi, e dei loro splendidi, coraggiosi libri? Si trovano nel soggetto assente dal ragionamento dell’amico teologo, cioè nella cultura e nella pratica ‘ecumenica’ che non si riconobbero, né prima né dopo la UUS, in alcuno dei punti fermi dell’Enciclica.
La dimostrazione, prima che nei libri, è sotto i nostri occhi. La manierata evocazione del Vangelo, in scrittori e scrittrici di cose ecclesiali e spirituali, che sulla stampa e nell’editoria cattolica passano per ‘teologi’, non fa mai menzione significativa della Tradizione. Per l’Eucaristia circola quasi ovunque il superficiale verbiage della mensa e del mangiare insieme, contro la dimensione sacrificale e contro (più o meno consapevolmente) la Presenza reale. L’Ordine sacro è declassato quanto a sacralità e a peculiarità ontologica, ed è schiacciato sulle sue funzioni ‘umane’. Il Magistero è ignorato nella sostanza, tollerato ‘per obbedienza’. La Vergine Maria è presente dove la personale devozione lo chiede al singolo sacerdote, o a qualche teologo, ma non appartiene all’impalcatura della fede (se qualche ‘impalcatura’ vi è ancora) che essi trasmettono.
Aggiungo: in tale movimento (anzi: smottamento) indotto dall’intelligencija ecclesiale che si richiama allo ‘spirito’ del Concilio, non sorprende che l’ecumenismo sia oggi infine poco praticato, poiché nell’ordine della dottrina della fede siamo molto al di là, in termini di dissoluzione dogmatica, di ciò che la tradizione protestante non secolaristica, per non dire l’Ortodossia, credono ancora. In termini storici siamo nella somma confusione di terreni ereticali secolari. Modernismo, in senso tecnico.
Questo quadro, che corrisponde a una parte non piccola della cultura clericale e laicale, è, appunto, la parte mancante nel ragionamento dell’amico teologo. Qui vi è, certamente, immanentismo e il resto, e questo, non l’ecumenismo del Concilio e dei papi (non giochiamo, anzi non bariamo!), è il bersaglio dei ‘conservatori’; in realtà di quanti ritengono che ‘eredità’ o ‘spirito’ del Concilio vadano sottoposti, finalmente, a discernimento storico e teologico rigorosi, poiché attraverso il pretesto, e la falsificazione, del Concilio come ‘novità’ è filtrato e filtra il peggio. Va denunciata la tattica disonesta, già attiva nell’opinione pubblica ecclesiale, di presentare l’Anno della fede, e le celebrazioni del Cinquantenario dell’inizio del Vaticano II, come l’occasione per colpire i critici ‘tradizionalisti’ del Concilio.
La congiunzione dei due momenti, voluta da papa Benedetto, varrà a rendere consapevole il popolo cristiano, anzitutto, di quanto (per dono di Dio) la fede viva ancora in lui, e anche di quanto il patrimonio della Fede sia stato sconciato da utopismi e da dilettantismi. I ‘passionari’ del Concilio si chiedano, piuttosto, con serietà, in cosa credano oggi sotto l’abusivo richiamo al Concilio; e anche da quanto non leggano integralmente una Costituzione conciliare. Se in una sede di studio prestigiosa, a Roma, in un convegno di e per ‘teologhe’ ci si può domandare, tra salotto e comizio: ‘In fondo, chi esercita il Magistero nella Chiesa e a che diritto?’; se, in Italia, un parroco (uno?) può somministrare l’eucaristia ‘in memoria di Cristo’ (invece di dire: ‘il corpo di Cristo’), o nella chiesa di qualche convento importante i comunicandi si servono da soli come ad uno snack bar, questo non è uno scherzo: presuppone già o implicherà presto la negazione di tutti i punti fermi della UUS (inclusa Maria mater Dei) a vantaggio del più banale, nichilistico, ‘cristianesimo’ postmoderno.
Dunque, se qualcuno ha l’ardine di osservare che la ‘spinta ecumenica’, messa nelle mani dell’intelligencija teologica, ha favorito la liquidificazione della fede cattolica, non ha torto; lo si può dimostrare con analisi testuali. Ma non è l’ecumenismo in gioco. Cattolici e protestanti rischiano, a livelli diversi di gravità, ben altro: il magma dell’indistinzione senza dottrina né chiesa. I ‘lefevriani’ sono l’ultimo dei problemi per l’Anno della Fede.
Pietro De Marco
corrige
RispondiElimina"L'anno della fede sarà l'occasione ecc......"
(se si è un pochino realisti circa la potenza delle vulgate del regime modernista; andate sentire nelle parrocchie d'Italia, come hanno cominciato a subissare i fedeli di grandi proclami di "giubilei" e acculturazione (?) sui doc del concilio, che NESSUNO spiegherà, ma che tutti esalteranno come pilastri della NUOVA Chiesa moderna, che ha cancellato l'antica, superandola del tutto; fedeli che al 999/1000..non sanno chi sia e di che cosa si occupi la fantomatica FSSPX, creduta poco più di un "partitino" ecclesiale di estr. destra, figurarsi le parole "tradizione" e "tradizionalisti"...)
Cattolici e protestanti rischiano, a livelli diversi di gravità, ben altro: il magma dell’indistinzione senza dottrina né chiesa. I ‘lefevriani’ sono l’ultimo dei problemi per l’Anno della Fede.
RispondiEliminaQuelli che rischiano di più sono i cattolici!
Brava MIC! Come'ebbi a scriver poco tempo addietro, l'amico Pietro de Marco è studioso serio ed equilibrato, oltre che un cattolico di sicura fede.
RispondiEliminaForse qua e là dovrebbe fare lo sforzo di risalir dalle conseguenze alle cause, vale a dire all'ambiguità nella formulazione di certi documenti, in tutto o in parte, dell'ultimo concilio. Ma prima o poi ci arriverà da sé. Intanto ben si distacca dal coro degli acritici laudatores del Vaticano II, e da quel teologo (fiorentino?) che sarà anche colto come lui dice, ma che non è degno neppur di pronunciare il nome di mons. Gherardini o di mons. Livi.
Tanto a Firenze, ove si eccettuino i vecchi preti, quelli in servizio attivo si son formati più o meno tutti alla scuola rahneriana o giù di lì.
È consolante vedere che ci sono voci serie fuori dal coro osannante e acritico del Vaticano II.
RispondiEliminaSenza nessuna agressività, con toni pacati ma fermi, il prof. De Marco descrive la realtà di " quanto il patrimonio della Fede sia stato sconciato da utopismi e da dilettantismi", gli sono grata di dire in modo chiaro quel che nel nostro piccolo avevamo già osservato e scritto e cioè il palese tentativo di silenziare ogni voce critica del "mitico evento conciliare" assunto a superdogma.
Siamo sommersi giorno dopo giorno da articoli ditirambici ( si dice?) sul Vaticano II, chi avrà il coraggio di dire che non è oro tutto ciò che brilla o si vuol far brillare, chi oserà parlare del caos anarchico che dilania la Chiesa, in materia dottrinale e liturgica,chi parlerà della crisi della fede, del sacerdozio, chi evocherà lo scempio dottrinale e liturgico?
E se qualcuno lo farà, oserà andare alle cause? O subito assolverà il Concilio Vaticano II?
Ieri sera a Trento c'è stato un dibattito sul vatII, con De Mattei, don Vareschi ( prof in seminario e all'istituto di scienze religiose).
RispondiEliminaLa platea "ecclesiastica" era in fermento:in particolare si sono molte scandalizzati all'idea che esistesse la Verità ( e che diamine! non sapete ancora che ciascuno ha la sua?tutte egualmente vere e tutte egualmente apprezzabili?)Hanno sobbalzato, tossito, gesticolato, sghignazzato ad ogni affermazione cattolica del prof. De Mattei:erano rossi e rabbiosi, stile " il cortile dei tacchini" .
ma forse era il cortile dei gentili! Con loro i 13 seminaristi del seminario diocesano, adeguatamente istruiti a supportare il Vareschi. Davanti a tutto ciò ho pensato" Povera Chiesa!" Poi ho guardato i laici, in linea di massima interessati, ansiosi di capire , talvolta anche preparati e comunque disposti a mettere in discussione l'intoccabile concilio(certo non tutti, ma molti.Ho sentito i laici ricordare ai preti che l'inferno esiste ed esiste il peccato originale, che l'uomo è libero anche di dannarsi. I laici, alla domanda c'è la Verità hanno rispsoto senza ambiguità con le parole di Gesù a Pilato: sono Io che sono qui, davanti a te. E allora ho pensato che sarà molto dura perchè la frattura nella Chiesa è profonda, e d'altra parte il mondo ci assedia e ci vuole condannare all'isignificanza, ma c'è di nuovo lievito nella pasta.
Nell'anno della fede, bisognerebbe studiare la rivelazione, ciò che il Buon Dio ci ha rivelato, aproffondire la nostra dottrina, invece sento dire che in quest'anno si perderà del tempo ad approffondire
RispondiEliminae a meglio conoscere il CVII, allora è proprio vero che è un dogma. Si sono mai fatti anni della Fede per approffondire il Concilio di Trento?
Se l'anno della Fede fosse l'anno per riscoprire la Fede cattolica, la sana dottrina della Chiesa, la tradizione, la S,Messa di sempre, la Fede rifiorirebbe, invece ancora a perder tempo con Il CVII, per cercare di salvarlo, quando invece dovrebbe essere condannato in modo da chiudere definitivamente 50 anni di rovina, di apostasia,di sacrilegi, di distruzione, di rivoluzione.
Fatto così un anno della Fede a che fede porta? A quella ormai plasmata in 50 anni, la fede in una nuova chiesa che non è quella di Cristo, ma quella degli uomini di cattiva volontà.
Le consolazioni non mancano. Ci son giovani seminaristi o novizi in monasteri molto interessati alla liturgia tradizionale e, mi risulta di persona, lettori del catechismo di Pio X, di testi di teologia tradizionale ed anche di questo blog.
RispondiEliminaLorenza, i tacchini lasciali starnazzar nella loro aia, così non insudiciano i nostri più curati orti.
Sinceramente, se si ha libertà di dirlo, non vi condivido affatto.
RispondiEliminaE' in atto, iniziato oggi, l'Anno della Fede e sembra si snobbi la notizia.
L'Omelia di Papa Benedetto XVI puntualizza che non trattasi di semplice commemorazione del Concilio Vaticano II ma per "la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza"; puntualizza che la bussola del Concilio sono i documenti prodotti dai Padri Conciliari "la «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi"; puntualizza che bisogna liberarsi da certe interpretazioni fuorvianti "nostalgie anacronistiche e corse in avanti": puntualizza che bisogna"cogliere la novità nella continuità".
Qui invece leggo ancora commenti da "asserragliati nel fortino".
Snobbare l'evento dell'Anno della Fede, per tema che sia come commemorare il Concilio, è un grosso, grosso errore.
Non rende giustizia nè al Papa, ancor più non la rende alla Fede, che ci vuole evangelizzatori.
Certe dialettiche credo abbiano fatto il loro tempo.
Ci sono necessità più stringenti: la desertificazione spirituale.
Questa immagine di asserragliati sulla esclusiva dialettica pre-post, non giova a nulla.
Concordo completamente con Annarita.
RispondiEliminadon bernardo
E' in atto, iniziato oggi, l'Anno della Fede e sembra si snobbi la notizia.
RispondiEliminaL'Omelia di Papa Benedetto XVI puntualizza che non trattasi di semplice commemorazione del Concilio Vaticano II ma per "la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza"; puntualizza che la bussola del Concilio sono i documenti prodotti dai Padri Conciliari "la «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi"; puntualizza che bisogna liberarsi da certe interpretazioni fuorvianti "nostalgie anacronistiche e corse in avanti": puntualizza che bisogna"cogliere la novità nella continuità".
Nesssuno di noi ha nostalgie anacronistiche né pretende correre in avanti.
Abbiamo tre anni per parlarne in maniera non affrettata e più meditata.
Cos'è tutta questa fretta?
Io non mi sento per niente asserragliato e, credo, neanche altri amici di questo blog che come me son liberi ed espongono liberamente, pubblicamente le loro opinioni e testimoniano il loro amore per Cristo Redentore.
RispondiEliminaSe per fortino s'intende l'immenso patrimonio non negoziabile della nostra Fede, non è un fortino in cui noi viviamo ma è il mondo intero che noi abitiamo ed in ogni regione della terra difendiamo la nostra Santa Religione dall'apostasia, dal riduzionismo della nostra dottrina, ch'è quella dalla Chiesa sempre professata, dal relativismo e dal degrado morale, insomma da quei mali e da quella sporcizia che offusca la Chiesa giusta il discorso di Ratzinger del 2005. E lavoriamo senza aspirar ad encomi per ripulire la nostra Casa di Dio da quel sudiciume che la insozza.
L'anno della fede comincia oggi, e da oggi cominciano le nostre preghiere perché sia correttamente riproposta ai popoli non la fede qua e là stravolta di una Chiesa che nasce col Vaticano II, ma la fede della Chiesa bimillenaria in tutta la sua interezza.
Giudicheremo i risultati non i discorsi di circostanza per quanto nobili e nel contempo petizioni di principio.
La novità nella continuità"
RispondiElimina--------------
E' inutile predicarne l'esistenza se non la si dimostra.
"desertificazione spirituale"
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è evidentissima, è sotto gli occhi di tutti. Ma chi l'ha prodotta? Il pensiero cattolico di sempre che ha creato schiere di martiri e santi, il cui sangue è semenza?
Dove trovano il limo fecondo i giovani? Nelle parrocchie sgangherate dove vanno a "cuccare", nei seminari rahneriani, nei monasteri dove tutto si fa fuori che l'ora et labora?
Come mai i confessionali son deserti? I preti parlan più di peccato nelle omelie, dei Novissimi? Conoscono i ragazzi della I comunione e della cresima i principi fondamentali della nostra fede: i Comandamenti, i Sacramenti, i precetti della Chiesa, i vizi capitali? Ma avete mai avuto a che far con ragazzini e giovanotti? Avete mai provato a spiegar Dante o Manzoni o Machiavelli ai ragazzi delle superiori? O avete mai posto domande in merito ai candidati a concorso a cattedre di lettere? Io sì. Il vuoto assoluto. La desertificazione d'onde deriva? E' possibile che la colpa sia sempre del mondo esterno alla Chiesa? Non sarà che la Chiesa s'è troppo desertificata adeguandosi al mondo?
Grazie Prof. Pastorelli per le sue osservazioni sulla "desertificazione" che mi trovano completamente daccordo.
RispondiEliminaI frutti deleteri della rivoluzione conciliare li abbiamo tutti davanti, ma non c'è l'umiltà, il coraggio, il buon senso di fare un po' di autocritica......
Oggi pensavo al proverbio popolare: Errare è umano, perseverare è diabolico.... ecco oggi molti stanno dando spettacolo di.... "perseveranza".....
"In questi 50 anni abbiamo imparato, esperito che il peccato originale esiste e si traduce sempre di nuovo in peccati personali che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c'è sempre la zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la fragilità umana è presente anche nella chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario e con tempeste che minacciano la nave e qualche volte abbiamo pensato che il Signore dorme e ci ha dimenticato".
RispondiEliminaSono le parole del Papa, poco fa, cinquant'anni dopo il "discorso alla luna", dalla stessa finestra.
Signore, aumenta la nostra fede!
@Daniela (1): sai chi era il cardinal Frings? Ratzinger era il suo, teologo personale al Concilio.
RispondiEliminaNe parla oggi Benedetto XVI, in veste di cronista speciale per l'Osservatore Romano nell'articolo "Vi racconto il mio Concilio"
http://it.gloria.tv/?media=344752
"Fu una splendida giornata quando, l’11 ottobre 1962 ... si aprì il Concilio..."
... infine una nota personale: "Nel cardinale Frings ho avuto un “padre” che ha vissuto in modo esemplare questo spirito del concilio. Era un uomo di forte apertura e grandezza, ma sapeva anche che solo la fede guida ad uscire all’aperto, a quell’ampio
orizzonte che rimane precluso allo spirito positivistico."
Non solo si bastona Lefebvre ma non si smete di elogiare i Martini, i Lutero, i Frings...
Il massimo del paradosso è che a liceo nei corsi di filosofia si studia San Tommaso, poi a lettere si ricollega la sua filosofia con la spiegazione della Divina Commedia.
RispondiEliminaAnzi, è proprio nei licei statali che si studia ancora il "purgatorio", l' "inferno" ed il "paradiso".
Purtroppo nei seminari attuali ho paura che parole come quelle siano bandite.
@Daniela (2) Col Concilio abbiamo avuto :
RispondiEliminaUn nuovo rito del battesimo,
nuovo rito di esorcismo,
nuovo modo di vivere i sacramenti,
nuova messa,
nuovo calendario liturgico,
nuovo modo di vestirsi dei preti,
nuovi riti di ordinazioni (sacerdotali e episcopali),
nuove regole per i seminari,
nuova architettura per le chiese,
nuovo breviario,
nuovo catechismo,
nouvo modo di ricevere l'Eucarestia (in piedi, spesso con doppie speci, spessissimo in peccato mortale)
nuovo modo di (non) parlare del peccato,
nuovo riti per i funerali,
nouva nozione di appartenenza alla Chiesa,
nuova apertura ai matrimoni misti,
nuove celebrazioni catto-protestanti,
nuovo giudizio suLutero,
nuovo approccio alle false religioni,
nuova liturgia delle ore,
nuovi movimenti e carismi (da spavento mai visti prima)
...
e la grande novità del concelebrare.
"Il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico" ha detto oggi Benedetto XVI per i 50mo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II
Eggià, me lo stavo proprio dicendo anch'io: il Concilio non ha escogitato proprio nulla di nuovo ...
ci prendono proprio per fessi !
Leggevo ieri che ancora nel 1961 il codice di diritto canonico in vigore minacciava di scomunica chi avesse partecipato attivamente a un culto non cattolico se vi fosse stato un qualche rischio di scandalo.
Da papa, Ratzinger ha già benedetto (almeno due volte) l'assemblea dei fedeli riuniti in una funzione catto-protestante
in tandem col pastore(pastoressa) di turno...
Anch'io come Daniela non ho potuto non vedere il silenzio dei blog e siti tradizionalisti sulle molte cose importanti che il Papa ha detto e fatto in questi giorni (Magister ne fa un comodo riassunto). Salta agli occhi, ma non ne sono sorpresa, solo rattristata. Il Papa ha indicato con chiarezza la direzione di marcia che la Chiesa intende prendere. A partire dal CVII, col quale bisogna rifare i conti che evidentemente ancora non tornano. Conosco, capisco, come ho detto tante volte, il vostro dissenso, che ho talvolta condiviso e mai giudicato. Ma a mio avviso è tempo di voltar pagina. Non per smentire, per carità, o abbandonare la vostra sacrosanta difesa della Tradizione, ma per convogliarla nell’alveo della Chiesa, quella Chiesa che proprio in questi giorni, per bocca di Pietro (non di Simone) ha mostrato il suo volto senza veli retorici né affanni dialettici. Una Chiesa che non vuole tradire il suo passato, ma neppure restarvi segregata. Una Chiesa che ha oggi come non mai l’urgenza di darsi e dirsi al mondo, di testimoniare la Verità che ‘diventa in noi carità’. Una Chiesa che ha bisogno di voi sentinelle vigili, come di me cattolica dell’ultimo banco.
RispondiEliminaMa a mio avviso è tempo di voltar pagina. Non per smentire, per carità, o abbandonare la vostra sacrosanta difesa della Tradizione, ma per convogliarla nell’alveo della Chiesa,
RispondiEliminaQuando mai la nostra difesa della Tradizione è stata avulsa dall'alveo della Chiesa?
Credo che il problema sia che il flusso della corrente sia in parte uscito da quell'alveo, nel quale noi cerchiamo con fermezza fedele, che non è ostinazione, di tenerci ben orientati!
Anch'io come Daniela non ho potuto non vedere il silenzio dei blog e siti tradizionalisti sulle molte cose importanti che il Papa ha detto e fatto in questi giorni
RispondiEliminaSpesso il problema deriva dal fatto che il Papa dice cose che ci allargano il cuore e, poi, esprime anche il loro contrario.
Il silenzio, peraltro relativo, per quanto mi riguarda deriva dal fatto che mi devo ancora orientare nella pletora di testi, spesso contraddittori; per cui mi devo dare il tempo di parlarne con cognizione di causa.
Stamane ho inserito un articolo di Le Figaro in cui è adombrato un inizio di esame; ma il bello deve ancora venire!
Mic, per Chiesa intendo quella di oggi, quella che è emersa dalle parole del Papa di questi giorni. Ovviamente, lungi da me offendere l'ortodossia delle vostre scelte e della vostra fede.
RispondiEliminaMic, per Chiesa intendo quella di oggi, quella che è emersa dalle parole del Papa di questi giorni. Ovviamente, lungi da me offendere l'ortodossia delle vostre scelte e della vostra fede.
RispondiEliminaIo non ho ancora ben chiaro QUALE Chiesa è emersa dalle parole del Papa in questi giorni, che sono diverse in diverse occasioni ed ancora non ho avuto tempo di leggerle con attenzione.
Alcune contraddizioni le ho colte a prima vista. Contraddizioni che in ogni caso, al di là delle parole, poi vediamo nei fatti.
E' ovvio che io sono e resto in QUESTA Chiesa, pur soffrendone l'innegabile Passio, in attesa che si diradi la confusione, nella fiducia (che è solo nel Signore), che prima o poi avverrà.
Condivido il pensiero di hpoirot....
RispondiElimina@Daniela e Giovanna dico:
Certo amiamo il Santo Padre, preghiamo per lui, ma non possiamo non cogliere le contraddizioni evidenti in quello che dice.
Accanto a considerazioni belle e profonde che metterebbero in dubbio la mentalità "conciliare", prosegue l'irrazionale e per certi versi patetico peana del mitico Concilio Vat. II......
POIROT, quelli che tu imputi generalizzando al concilio sono mali che non risultan dai testi conciliari, ma ricadon sotto la responsabilità delle autorità postconciliari.
RispondiEliminaSe il papa regnante, nel suo magistero altalenante, vuol davvero interpretar cattolicamente i testi del concilio, di tanti mali deve far tabula rasa.
Cara Giovanna, è difficile oggi dire che gli uomini di Chiesa - non la Chiesa - non abbian tradito il passato, né si può dire che ieri la Chiesa fosse segregata nel suo passato.
RispondiEliminaProprio in questi giorni ho avuto una corrispondenza amichevole con un diacono, in cui facevo notare come da Leone XIII a Pio XII, in virtù dei mutamenti della storia, si fossero evoluti gli atteggiamenti della Chiesa nei confronti delle istituzioni e delle forme di governo, sempre restando fermo che il potere ai governanti proviene da Dio.
Ieri c'erano imperi, regni, granducati ecc.( alcuni gruppuscoli li rimpiangono senza ricordar quanto male abbian fatto alla Chiesa tanti loro altissimi esponenti), oggi ci son repubbliche. Le encicliche di Leone XIII e quelle, specie la Quas primas, di Pio XI vengon interpretate nella Summi Pontificatus di Pio XII, nei suoi radiomessaggi natalizi e di Pentecoste, soprattutto in quello natalizio del 1944: qui parla decisamwente di democrazia, fissandone i paletti alla luce del Magistero e del Vangelo.
L'evoluzione eodem sensu eademque sententia qui la si ritrova, altrove c'è la rivoluzione, purtroppo, o, se preferisci, la rottura. La continuità, ripeto, va dimostrata: proclamarla è facile quanto inutile.