Dall’epoca del modernismo, condannato da S.Pio X è in atto all’interno della Chiesa una complessa manovra dei filoidealisti per ottenere all’interno della dottrina cattolica un diritto di cittadinanza anche all’idealismo tedesco, il cosiddetto “idealismo trascendentale”, un’operazione simile - ciò sia detto senza disprezzo per nessuno - a quella per la quale sul campo politico la Turchia si sta adoperando per mostrare all’Europa di avere le carte in regola per poter far parte della Comunità Europea.
Quella dell’idealismo è una secolare questione, che si trascina dal Medioevo, dai tempi di Meister Eckhart, grande mistico domenicano tedesco, il quale ideò una spiritualità cristiana di tendenza panteista, che però non fu approvata dalla Chiesa ed anzi fu condannata. Oggi c’è chi si sforza di mostrare le buone intenzioni di Eckhart sostenendo che la sua mistica difetterebbe solo dal punto di vista del linguaggio e rifletterebbe la modalità propria della spiritualità tedesca, portata ad una specie di soggettivismo o ad un accentuato interiorismo che assomiglierebbe all’immanentismo e al panteismo ma senza esserlo, espressione di ciò che i tedeschi chiamano con un termine intraducibile il Gemüt, una specie di sintesi fra sentimento, emozione e intuizione.
Una certa presenza di idealismo o di apriorismo è sempre stata ammessa nella Chiesa: si tratta del filone platonico, che è presente nel grande S.Agostino e avvia tutta una scuola di spiritualità che rifulge per esempio in S.Anselmo e in S.Bonaventura. Nel contempo però, al sorgere del genio di S.Tommaso d’Aquino, la Chiesa, sino ai nostri giorni, non ha mai nascosto la sua preferenza per il realismo tomista rispetto al pur moderato ed accettabile idealismo proprio soprattutto della tradizione mistica.
Tuttavia c’è idealismo ed idealismo. Con Cartesio è nato un nuovo e più spinto idealismo che ha cominciato a creare preoccupazioni per la Chiesa. Già le opere di Cartesio nel 1663 furono messe all’Indice. E da allora l’idealismo cartesiano, alleatosi in Germania col luteranesimo, avviò una tendenza di pensiero la quale, pur dichiarandosi “cristiana”, culminata col pensiero di Hegel, entrò in sempre maggior conflitto con la dottrina della Chiesa Romana, fino a che si giunse alle condanne dell’idealismo in Pio IX, al Concilio Vaticano I, in S.Pio X e in Pio XII. Propaggini di questa opposizione all’idealismo immanentista si trovano ancor oggi, per esempio nell’enciclica Fides et Ratio del Beato Giovanni Paolo II.
Stranamente l’idealismo soggettivista e panteista non è stato condannato dal Concilio Vaticano II. C’è chi si lamenta che esso non ha neppure ribadito la condanna del comunismo. Ma ciò non mi pare una grave lacuna, giacchè sin dal 1937 esisteva la splendida enciclica Divini Redemptoris di Pio XI, un documento di ampio respiro col quale il comunismo veniva dettagliatamente descritto e confutato.
Nulla di simile la Chiesa ha mai fatto per l’idealismo, che pure è una dottrina complessa, non priva di valori, ma dove l’errore è sottile e fascinoso, tale da ingannare anche spiriti eletti e uomini dotti, perché si presenta col volto dell’alta speculazione, della mistica e della spiritualità. Inoltre l’idealismo tedesco, erede di Cartesio e di Lutero, si presenta con la nomea seducente di “pensiero moderno”, al di là della “teologia scolastica”, considerata ormai superata per non dire sbagliata. E ciò naturalmente coinvolge anche la dottrina di S.Tommaso. E chi non vuol essere moderno e restar fermo al Medioevo? Tanto più che abbiamo avuto cinquant’anni fa un Concilio che ha precisamente avuto tra i suoi intenti quello di assumere i valori della modernità. E dunque?
Tuttavia il Concilio non ha affatto abbandonato la tradizionale preferenza per il realismo tomista, espressione eccellente del realismo biblico e del tradizionale realismo della Chiesa e di tutti i Padri, i Santi e Dottori, pur nel pieno rispetto della tradizione agostiniana, il cui idealismo però è del tutto innocuo ed anzi raccomandabile, perché, nell’esaltare il vero valore della coscienza e dell’interiorità, ammette la trascendenza divina e la limitatezza dell’uomo, mentre l’idealismo moderno “trascendentale” cade nell’immanentismo e in una concezione dell’uomo che si identifica con Dio, magari sotto il pretesto dell’“Incarnazione del Verbo” e della vita di grazia.
Per questo, qui non ci siamo assolutamente e la Chiesa non può che respingere assolutamente, senza mezzi termini, questo tipo di idealismo, il quale, come ho detto, ha il suo massimo rappresentante in Hegel e nella sua scuola fino ad oggi, come per esempio in Italia Giovanni Gentile.
Inoltre questo idealismo, come è stato dimostrato dal Fabro e dal Cottier, non è che un criptoateismo, che verrà esplicitato da Marx, il quale appunto esplicitamente parte da Hegel e non fa che esplicitare le potenzialità contenute nel pensiero hegeliano. Infatti, se con l’idealismo l’uomo viene assorbito in Dio (la famosa Erhebung), nulla impedisce l’operazione contraria di un Dio che si dissolve e scompare nell’assolutezza dell’uomo, come lo stesso Marx ebbe a dire: “L’uomo è Dio per l’uomo”. L’“alienazione” (Entfremdung e Entäusserung), per la quale l’uomo è schiavo di un Dio trascendente, c’è già in Hegel e Marx non farà altro che “liberare” l’uomo da questo Dio trascendente e schiavista. E se in Hegel il Dio immanente è l’uomo stesso, in Marx resta soltanto l’assolutezza dell’uomo, che non si chiama più “Dio”, ma semplicemente “Uomo”. Ed è significativo che oggi certi atei, come riferiva il Card. Ravasi, non vogliono chiamarsi “atei” (pur restandolo), ma “umanisti secolari”.
Neppure la massoneria, che pur rifiuta ogni religione positivo-rivelata, giunge all’empietà, che è finta spiritualità, dell’idealismo hegeliano sfociante nell’ateismo marxista, giacchè almeno la massoneria ufficiale (se vogliamo escludere quella esoterica) si ferma alla religione naturale-razionale dell’illuminismo ed ammette l’esistenza di Dio.
Senza parlare dello sbocco totalitario (fascista, nazista e comunista) dei princìpi hegeliano-marxisti, che abbiamo abbondantemente sperimentato nel secolo scorso. La massoneria, almeno, per quanto anticlericale, si pone sul piano della democrazia e dei diritti umani. Ma le conseguenze ultime dell’hegelismo marxista conducono l’umanità alla più atroce barbarie.
E’ successo però che con l’atmosfera del Vaticano II, aperta come si sa al dialogo con le culture e le religioni, fino al contatto con i non-credenti, gli idealisti si sono rifatti vivi in forze più che mai decisi ad essere ammessi nell’orizzonte ufficiale della dottrina cattolica, ovvero tentando di dissolvere la tradizione dotata di univocità, precisione ed unità propri della dottrina cattolica in nome di un confuso e contraddittorio “pluralismo” che potesse dar spazio anche a Lutero, Hegel, Cartesio e magari anche Marx.
Non si può negare che l’attenzione data dalla Chiesa all’idealismo in generale abbia dato risulti positivi, portando per esempio alla valorizzazione di personaggi un tempo emarginati da una tendenza tomista forse troppo prevalente nella Chiesa: pensiamo per esempio a un Blondel, a un Rosmini, a un Newman, a un Duns Scoto, a una Edith Stein. Lo stesso Eckhart vien visto con simpatia e qualcuno ha suggerito di promuoverne la Causa di Beatificazione. Tutto ciò è certamente positivo.
Occorre invece bloccare e sventare una buona volta un’altra maniera di appoggiare l’idealismo, che non può portare e non porta a nulla di buono. Si tratta di una manovra idealistica che ha le sue origini esplosive nel modernismo dei tempi di S.Pio X, ma era già iniziata in sordina nel secolo precedente, allorchè la Chiesa, con Gregorio XVI e il Beato Pio IX, disapprovò il tentativo di alcuni teologi tedeschi, Hermes, Günther e Frohschammer, di conciliare il cattolicesimo con l’hegelismo.
Alla Scuola di Lovanio, all’inizio del secolo scorso, vi fu poi il tentativo, esso pure fallito, benchè abbia avuto molto successo, del gesuita Joseph Maréchal, di conciliare S.Tommaso con Kant. Tale tentativo precorse quello, ben peggiore, esso pure fallito (ma pochi oggi se ne sono accorti), di Karl Rahner di conciliare S.Tommaso con tutti gli errori dell’idealismo moderno fino ad Husserl ed Heidegger.
Quest’ultimo tentativo, benchè abbia già suscitato da quarant’anni giuste critiche, non è ancora stato condannato ufficialmente dalla Chiesa, ma attende di esserlo, come sempre la Chiesa ha condannato questi ibridismi ingannevoli, soprattutto quando si diffondono pericolosamente. Finora i rahneriani, con la loro astuzia, si sono coperti all’ombra del Concilio, ma quando sarà veramente chiaro a tutti che cosa il Concilio ha veramente detto (cosa che ancora dopo cinquant’anni è ancora da chiarire, almeno sul problema della teologia), gli errori di Rahner verranno in chiaro a tutti.
In modo simile all’Università Cattolica di Milano vi fu negli anni cinquanta-sessanta il tentativo generoso ma ingenuo e sostanzialmente illusorio di Giuseppe Bontadini, smascherato e confutato da Padre Fabro, di conciliare il cattolicesimo con l’idealismo di Giovanni Gentile, che spudoratamente si dichiarava “cattolico” (e tale era considerato da molti), nonostante il suo apertissimo immanentismo panteista.
Bontadini tentò di avviare un cattolicesimo di ispirazione idealista e addirittura parmenidea, rifiutando Aristotele. Le conseguenze ultime di tale insensata impresa le trasse un suo discepolo, Emanuele Severino, il quale cadde addirittura in una forma di monismo eternalista ateo, con l’accusa di “nichilismo” fatta al cristianesimo ed all’intero pensiero occidentale. Vogliamo forse rifugiarci nell’Oriente? Nel nichilismo buddista? C’è qualcuno che ci pensa seriamente.
E’ necessario che il genio tedesco, che si esprime nell’idealismo trascendentale, ma non solo in esso, si lasci disciplinare dalla dottrina cattolica, interprete infallibile della Parola di Dio, come ha fatto molto tempo prima di lui la cultura greco-romana dando così il meglio di se stessa nell’obbedienza a Cristo.
Il che vuol dire che bisogna che la Chiesa distingua chiaramente una volta per tutte un idealismo lecito e compatibile col Vangelo, sorgente di umiltà e santità, come quello di un S.Agostino e un S.Bonaventura, da un idealismo illecito e incompatibile con Cristo, sorgente di superbia ed empietà, come quello che iniziando con Cartesio mescolato con Lutero, culmina con Hegel.
A queste condizioni il genio tedesco darà veramente il meglio di se stesso nel concerto pluralistico del pensiero cattolico e della piena comunione ecclesiale, secondo la sua più bella tradizione che inizia con S.Alberto Magno, prosegue con Corrado Köllin per arrivare ai Kleutgen, ai Weiss, agli Schmaus, ai Bartmann, ai Pieper, ai Guardini, fino a giungere alla stella attuale della sapienza tedesca, lo stesso Joseph Ratzinger, oggi Sommo Pontefice felicemente regnante, Papa Benedetto XVI. Il Papa, come dottore privato, è evidentemente padronissimo di seguire S.Agostino o S.Bonaventura o Guardini, anche se ufficialmente raccomanda S. Tommaso, ma non troveremo mai un Ratzinger, neppure come dottore privato, seguace di Lutero o di Hegel.
Così pure anche Giovanni Paolo II, come Papa, non poteva non raccomandare S.Tommaso, ma, come dottore privato - come ebbe un giorno a dirmi Padre Fabro che aveva sentito questa cosa dal Papa stesso - Wojtyla preferiva Duns Scoto. Il pluralismo teologico è una della ricchezze e dei vanti della Chiesa Cattolica, ma nel cammino sulla via della verità ci sono dei paletti che non si possono oltrepassare.
non troveremo mai un Ratzinger, neppure come dottore privato, seguace di Lutero o di Hegel.
RispondiEliminaah no ? beh però P. Cavalcoli dovrebbe anche spiegare perchè il Papa a Erfurt disse che Lutero (sia pure in anni giovani) è da ritenere un maestro di spritualità che dovrebbe forse suscitare la nostra ammirazione o più (imitazione?)...
Cara Mic,
RispondiEliminal'articolo mi sembra un poco confuso e impreciso.
Questo passo ad esempio:
"In modo simile all’Università Cattolica di Milano vi fu negli anni cinquanta-sessanta il tentativo generoso ma ingenuo e sostanzialmente illusorio di Giuseppe Bontadini, smascherato e confutato da Padre Fabro, di conciliare il cattolicesimo con l’idealismo di Giovanni Gentile, che spudoratamente si dichiarava “cattolico” (e tale era considerato da molti), nonostante il suo apertissimo immanentismo panteista.
Bontadini tentò di avviare un cattolicesimo di ispirazione idealista e addirittura parmenidea, rifiutando Aristotele. Le conseguenze ultime di tale insensata impresa le trasse un suo discepolo, Emanuele Severino, il quale cadde addirittura in una forma di monismo eternalista ateo, con l’accusa di “nichilismo” fatta al cristianesimo ed all’intero pensiero occidentale. Vogliamo forse rifugiarci nell’Oriente? Nel nichilismo buddista? C’è qualcuno che ci pensa seriamente."
Innanzi tutto una piccola nota biografica: Bontandini si chiamava Gustavo e non Giuseppe.
Il tentativo di Bontadini non consisteva poi nel tentare di conciliare l'attualismo con il cattolicesimo. Il significato sovrastorico che Bontadini attribuiva a questa filosofia era di natura puramente filosofica. Per Bontadini il pensiero di Gentile rappresentava la risoluzione di quello che definiva il carattere "gnoseologista" della filosofia moderna, ovvero sia di quel pregudizio consistente nel presupporre uno iato originario tra pensiero ed essere. "L'andare in se del pensiero moderno" riapriva la possibilitá di una filosfia dell'essere e del costituirsi poi di una metafisica di trascendenza essenzializzata e liberata da ogni scoria di naturalismo.
Il ritorno a Parmenide non significava poi il rifiuto ma una rigorizzazione del pensiero aristotelico.
La continuitá infine tra il pensiero Bontadiniano e quello di Severino puó riguardare (forse) l'ultima fase della produzione del filosofo milanese, ma di sicuro non il cosiddetto "secondo" Bontadini.
Un ultimo apputo riguardante Severino: Non credo che lo si possa definire un monista. A me Severino sembra semmai un iper-pluralista.
Roberto
L'articolo di P. Cavalcoli contiene, come osserva Roberto, numerose imprecisioni, ma senza volerlo ha il pregio di evidenziare nel modo più sintetico tutti i limiti della riduzione del Cristianesimo a tomismo.
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