Ringrazio di cuore Luciana Cuppo per aver voluto condividere con noi questo testo, che rende giustizia ad una delle molte obliterazioni non meno nocive delle fessure che attraverso i testi conciliari - anziché l'aggiornamento coniato da Giovanni XXIII - hanno diluito o oltrepassato verità fondanti della nostra Fede oppure introdotto deleterie innovazioni già ampiamente smascherate. Un'altra pietra miliare del nostro percorso di presa di coscienza e di restaurazione.
In un un’intervista firmata da Benedetta Cortese e pubblicata il 26 aprile 2013 su Zenit, Stefano Fontana risponde ad una domanda sul suo recente libro Il Concilio restituito alla Chiesa:
“Di fatto oggi la pastorale ha preso il sopravvento sulla dottrina fino a farla sparire in molti casi. In alcuni capitoli del mio libro descrivo molti comportamenti ecclesiali che lo testimoniano ampiamente. Il problema è stabilire se questo primato della pastorale fosse presente nel Vaticano II stesso o se sia dovuto a difetti di applicazione. La tesi che espongo nel libro è che nel Vaticano II ci furono delle “fessure” attraverso le quali la tesi del primato della pastorale in seguito penetrò nella Chiesa. Fessure non volute, ma fessure. Non era intenzione dei Papi né dei Padri conciliari anche se, storicamente, si può provare che alcuni Padri conciliari avrebbero voluto introdurre forme di modernismo nella dottrina della Chiesa cattolica. Ma ciò non avvenne, per la sorveglianza dottrinale e pastorale dei Pontefici e l’assistenza dello Spirito Santo.”
Due punti della risposta di Fontana danno luogo a queste note. Il primo è l’affermazione categorica: “Ma ciò non avvenne per la sorveglianza dottrinale e pastorale dei pontefici e l’assistenza dello Spirito Santo.” L’asserita sorveglianza richiederebbe un discorso a parte, che non è il caso di fare qui; per quanto riguarda l’assistenza dello Spirito Santo, invece, si deve dire che essa non è mai automatica, e se è vero che viene offerta a tutti coloro che la richiedono, è altrettanto vero che ciascuno è libero di rifiutarla o di non ricorrervi affatto. Essa è garantita solo per le definizioni dogmatiche, ed è ben noto che nel Vaticano II non ve ne furono, se si eccettuano quelle ereditate dai concili precedenti; inoltre, l’assistenza è assicurata al Magistero della Chiesa per una più piena comprensione degli insegnamenti di Cristo tramandatici dalla Scrittura e dalla Tradizione, che si concluse con la morte dell’ultimo Apostolo. Sono questi i punti base da non trascurare, esaurientemente elucidati da Monsignor Brunero Gherardini in Tradizione-Chiesa-Magistero, che potete trovare su questo blog in “Link e documenti.”
Il secondo punto della risposta di Fontana che richiede qualche postilla è il condizionale “alcuni Padri avrebbero voluto introdurre forme di modernismo”. Una lettura attenta di Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, di Roberto de Mattei, basterebbe a far sostituire un “vollero” all’“avrebbero voluto”; ma se ciò non bastasse, c’è ancora Gherardini con “Il Vaticano II. Alle radici d’un equivoco”, particolarmente il capitolo III (‘Un colpo di mano’), [c'è un accenno anche qui] che dimostra in modo inequivocabile come, al terzo giorno del concilio, vi fu chi volle cambiare e cambiò di fatto l’ordinamento vigente allo scopo di promuovere i propri orientamenti di stampo modernista, diametralmente opposti a quelli della Curia romana e della maggioranza dei vescovi. L’intenzione dunque ci fu. E si attende ancora un’analisi di moltissimi documenti conciliari per accertare se l’eresia modernista penetrò effettivamente nel concilio, poco importa se per le “fessure,” o per la via regia della teologia; e rimando ancora a Gherardini per l’analisi-campione già da lui effettuata di alcuni testi (Alle radici d’un equivoco p. 281-302; 302-320; 320-336). Spiace dover aggiungere che non ricordo d’aver visto su Vita Nuova, il settimanale diocesano di Trieste diretto da Stefano Fontana, non dico una recensione, ma neppure uno straccetto di segnalazione, di Una storia mai scritta di de Mattei o di un libro di Gherardini. Politica dello struzzo? Così pare.
Quella dei modernisti al Vaticano II fu opera paziente, lenta, organizzata. Per capirne i metodi e la portata sarà utile seguire il Diario del Concilio lasciato da Yves Congar con precise istruzioni per la pubblicazione postuma “dopo il 2000” (Journal p. II, Diario p. 6). Il Mon journal du Concile fu pubblicato in Francia nel 2002 ed in Italia, con il titolo Diario del Concilio, nel 2005; un diario redatto per noi, perché si sapesse, cinquant’anni dopo l’evento, come andarono veramente le cose. Quello di Congar è un resoconto parziale e soggettivo, ma altamente indicativo, poiché al concilio Congar fu un consultore che contribuì alla stesura di molti testi (un elenco nutrito nel Diario, vol. II p. 426-427), ebbe molti contatti con Padri e teologi, ed esercitò in genere una forte influenza sui lavori del concilio. Dove non agì direttamente attraverso la stesura dei documenti, Congar non fu assente, ma cercò di modificare nel senso da lui voluto i documenti già proposti all’esame dei Padri. Conviene dunque passare in rassegna alcune note tratte dal Diario di Yves Congar per vedere se veramente, come il condizionale di Fontana farebbe supporre, il modernismo rimase estraneo al Vaticano II grazie all’assistenza dello Spirito Santo. Le note di Congar sono indicative sia del suo atteggiamento di fondo, sia delle sue vedute su alcune questioni particolari; spicca fra queste la questione mariana, cui conviene dedicare maggior attenzione.
Per Congar la telefinalità (téléfinalité, tradotto con “finalità ultima” nel Diario vol. I p. 106) era l’ecumenismo, e quelli che pensavano che il Concilio dovesse invece enunciare la dottrina della Chiesa erano una “cricca oscurantista” (Diario I p. 99, “clique obscurantiste,” Journal I p. 49), nella quale Congar annovera mons. Fenton, il cardinal Ottaviani ed “il Laterano”, per il quale leggasi mons. Antonio Piolanti, allora rettore della Pontificia Università Lateranense, e p. Carlo Balic, che vi insegnò dal 1961.
Date le finalità ecumeniche del Concilio Vaticano II secondo Congar, è comprensibile che la devozione a Maria venisse considerata, da lui e da altri, un ostacolo all’ecumenismo e quindi un elemento da eliminare.
Pertanto, Congar si schierò risolutamente con i “minimalisti” del Concilio; quelli per i quali meno si parla di Maria santissima e meglio è, e se proprio si deve parlarne, lo si fa il meno possibile; agli antipodi, dunque, del de Maria numquam satis, e certo non favorevoli a definizioni dogmatiche, che si temeva venissero proposte, su Maria Corredentrice e Mediatrice [vedi: Conferenza Mons. Gheradini - e qui]; ed anche molto restii ad usare per Maria il titolo “Madre di Dio.”
Pertanto, Congar si schierò risolutamente con i “minimalisti” del Concilio; quelli per i quali meno si parla di Maria santissima e meglio è, e se proprio si deve parlarne, lo si fa il meno possibile; agli antipodi, dunque, del de Maria numquam satis, e certo non favorevoli a definizioni dogmatiche, che si temeva venissero proposte, su Maria Corredentrice e Mediatrice [vedi: Conferenza Mons. Gheradini - e qui]; ed anche molto restii ad usare per Maria il titolo “Madre di Dio.”
Il minimalismo in nome dell’ecumenismo – questo fu professato chiaramente da Congar e da altri. Ma a me pare che le radici del minimalismo vadano ricercate ben oltre tale professato ecumenismo. La sana teologia ha da sempre visto le radici del culto di Maria nella sua maternità divina: Maria è Madre di Dio e viene onorata in quanto tale. Ma chi non crede alla divinità di Cristo non crederà neppure che un onore speciale sia dovuto alla Madre; cosicché, al di là di ogni considerazione ecumenica, il negare un culto particolare a Maria è un’implicita negazione della divinità di Cristo.
E siamo così giunti all’atteggiamento specifico di Congar nei confronti della questione mariana, cioè – nell’ambito del concilio - al suo atteggiamento nei confronti del De Beata Virgine Maria (BVM), quello che è ora il capitolo ottavo della Lumen Gentium (LG). Congar ne parla spesso nel suo diario, perché quello fu un testo tribolato, originariamente preparato da padre Balic, ma soggetto poi a numerose modifiche. Fin dalle prime battute del Vaticano II (6 settembre 1960) Yves Congar condivise con Henri de Lubac le preoccupazioni per un “tentativo mariologico” (p. xxxx) al concilio da parte di padre Balic: la definizione cioè di Maria come socia di Cristo – il che, agli occhi di Congar, era né più né meno che “Corredentrice.” In quest’ottica, il 24 agosto 1961, Congar notò che il capitolo su Maria redatto da padre Balic sarebbe stato motivo di allontanamento per protestanti ed ortodossi.
Poco più d’un anno dopo, il 22 settembre 1961, Congar riassume così la questione mariana al concilio: “All’inizio la discussione è molto dura. Per fortuna Laurentin è coraggioso, misurato e documentato (Journal: informé). Apre (Journal: mène) la battaglia antimassimalista. Ci diciamo l’un l’altro che non dobbiamo fare un’opposizione eccessiva, per non correre il rischio di qualcosa di peggio di quello che vogliamo evitare. Vi sono, infatti, due dati incontestabili, davanti ai quali non possiamo far nulla: (1) l’esistenza di testi pontifici e di correnti mariologiche; (2) l’esistenza di più di 450 richieste di vescovi nei vota. Si può però cercare di favorire l’elaborazione di un testo relativamente sobrio (Journal: discret), facendo modificare qualche passo che i massimalisti potrebbero utilizzare per cercare di andare ancora più in là” (Diario I, p. 113, Journal I, p.67).
Fra le “richieste di vescovi” cui allude Congar spicca quella di Mons. Lefebvre, allora arcivescovo di Dakar, che a nome dei vescovi africani: “Chiede che si definisca o affermi che la Beatissima (Journal: T.S.V.) Vergine Maria è mediatrice di tutte le grazie...” (Diario I, p. 122; Journal I, p. 77). Il 22 novembre 1961 il testo del BVM era già molto modificato. Se non vi furono definizioni od affermazioni, le cause furono molteplici: l’opposizione di papa Paolo VI, a detta di Congar, ma anche l’incessante lavoro di revisione cui fu soggetto il testo di padre Balic. Il punto più sintomatico di queste revisioni è messo in risalto da Congar nella nota dell’1 febbraio 1964: “Balic vorrebbe che si dicesse che tutto questo non pregiudica ciò che si insegna nelle Scuole cattoliche o per [sic] il Magistero ordinario” (Diario II, p. 10); da confrontarsi con il testo originale: “Balic voudrait qu’on dise que tout cela va sans préjudice de ce qui s’enseigne dans les Écoles catholiques ou par le Magistère ordinaire” (Journal II, p. 12).
Il teologo Balic voleva dunque che, ferma restando l’adesione al Magistero della Chiesa e fermi restando i punti dottrinali già da esso definiti a livello d’insegnamento nelle scuole cattoliche, vi fosse piena libertà d’opinione per i punti ancora in attesa di definizione. Nulla di tutto ciò in LG VIII/54. Il Magistero è svanito nel nulla, e così l’insegnamento che dovrebbe adeguarvisi, mentre v’è piena libertà per tutte le opinioni teologiche: Servantur itaque in suo iure sententiae, quae in scholis catholicis libere proponuntur de Illa, quae in Sancta Ecclesia locum occupat post Christum altissimum nobisque maxime propinquum [Permangono quindi nel loro diritto le sentenze, che nelle scuole cattoliche vengono liberamente proposte circa Colei, che nella Chiesa Santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi]; traduzione e divisione in paragrafi sono quelli dell’edizione bilingue Massimo (Milano 1967).
Mi domando quanti Padri conciliari compresero allora che, eliminando il riferimento alle dottrine già definite dal Magistero, non solo quelle non ancora definite – come quelle di Maria Mediatrice e Corredentrice, allora di particolare attualità, - ma ogni dottrina poteva essere liberamente messa in discussione, con la benedizione della LG; il che è poi anche avvenuto. Inoltre, per quanto i paragrafi 55-69 di LG VIII siano, come hanno ben osservato alcuni teologi, un’organica esposizione di quasi tutta la mariologia che esplicita la dottrina e la pietà mariane esistenti nella Chiesa, LG VIII/54, premettendo che non intende proporre una dottrina completa e che rimane ai teologi piena libertà d’opinione, trivializza la sintesi dei paragrafi 55-69, che diviene così un’esposizione bellissima, ma non vincolante.
Il proemio al capitolo VIII fu dunque una soluzione di compromesso, il che è come dire una non-soluzione. Esempio: dicendo che Maria “nella Chiesa Santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi” si dà un colpo al cerchio massimalista (“il posto più alto”) ed uno alla botte minimalista (“il posto più vicino a noi”); senza contare che a fil di logica, se Maria ha il posto più alto e se questo è il più vicino a noi, vuol dire che noi siamo tutti molto in alto – e scusate se è poco. Cinquant’anni dopo la necessità di definire Maria Mediatrice e Corredentrice è più viva che mai, perché una delle conseguenze del compromesso del Vaticano II fu che di Maria Corredentrice nella pastorale si parla poco; e se non se ne parla, non si ricorda neppure ai fedeli che, come Maria soffrì con Cristo per riparare al peccato, così anche noi siamo chiamati a riparare con la penitenza e la mortificazione.
A livello teorico, la soluzione di compromesso di LG VIII/54 spianò la via ad atteggiamenti quali quelli di “La Madre del Signore memoria presenza speranza” della PAMI (Pontificia Accademia Mariana Internazionale), un’istituzione fondata, ironicamente, da padre Carlo Balic.
Il documento prende in considerazione solo la mariologia posteriore a LG e spiega il perché (p. 5 dell’edizione in rete): con Pio XII si era giunti ad un “massimalismo pericoloso”, ancora presente al Concilio Vaticano II, ma poi eclissato da una mariologia con molte opinioni e nessun dogma. Già, e non perché i dogmi mariani non esistano, ma perché (nel caso della PAMI) si preferisce non parlarne. “La Madre del Signore” naviga invece a vele spiegate sul mare magnum dell’antropologia, forte dell’esortazione apostolica Marialis cultus di Paolo VI che, recita la “La Madre”, “fa presente alla mariologia la necessità di assumere l’istanza antropologica.” (PAMI p. 5), per approdare poi fra le braccia dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso (PAMI p. 7).
E l’assistenza dello Spirito Santo? Per quanto riguarda la coscienza dei singoli, Dio solo sa chi abbia invocato tale assistenza e chi no, chi vi abbia resistito e chi vi abbia corrisposto. Per quanto riguarda i documenti del Concilio Vaticano II e gli studi che li accompagnarono, si attende ancora l’auspicato ed imprescindibile esame da parte delle competenti autorità ecclesiastiche per vedere se, in assenza di definizioni dogmatiche conciliari, essi siano o meno conformi alla Tradizione. Finché ciò non avvenga, ciascuno è libero nelle proprie opinioni. Per parte mia, mi è difficile discernere l’assistenza dello Spirito Santo nel giubilo di Congar sul voto che il 9 ottobre 1963 approvò (peraltro di stretta misura) l’inserimento dello schema De Beata Maria Virgine nella LG, ritenendolo espressione della “salute di una mariologia guarita dal cancro massimalista” (Diario I, p. 415; Journal I, p. 413); o nel rifiuto di riconoscere Maria Mediatrice e Corredentrice. Ma voi fate come meglio credete, poiché si è lasciato libero campo alla discussione – parola di Concilio.
Grazie a mic e Luciana Cuppo.
RispondiEliminaNei documenti del V2 non ci sono solo "fessure", ma anche voragini.
Vabbè, è l'ennesima arrampicata sugli specchi per 'dimostrare' che la torta avvelenata del superconcilio è in realtà ottima. Buon appetito...
RispondiElimina...Non era intenzione dei Papi né dei Padri conciliari anche se, storicamente, si può provare che alcuni Padri conciliari avrebbero voluto introdurre forme di modernismo nella dottrina della Chiesa cattolica. Ma ciò non avvenne, per la sorveglianza dottrinale e pastorale dei Pontefici e l’assistenza dello Spirito Santo.”
RispondiEliminaNon ho letto il libro, ma mi riprometto di farlo, se non altro per confutare, come ha già cominciato a fare egregiamente Luciana, questa visuale distorta e distorcente. E dunque mi chiedo se e in che modo l'autore abbia dimostrato questa sua affermazione.
A proposito di "alcuni padri conciliari", ricordate il discorso di Benedetto XVI del 14 febbraio?
Un accenno, sulla liturgia, è stato fatto qui.
Vabbè, è l'ennesima arrampicata sugli specchi per 'dimostrare' che la torta avvelenata del superconcilio è in realtà ottima. Buon appetito...
RispondiEliminaCaro Amicus,
questo è evidente; ma è desolante e frustrante vedere come simili testi 'preconfezionati' siano diffusi e vadano per la maggiore, creando seguito e alimentando il mito del concilio insieme alla superficialità di analisi e la mancanza di discernimento, mentre testi più seri vengano silenziati e assoggettati alla damnatio memoriae subìta a suo tempo ad esempio da Romano Amerio, che abbiamo cercato di colmare con qualche risultato ma senza poter bonificare acque troppo torbide...
Meno male che è rimasta quest'ultima frontiera di libertà di Internet e, Deo adiuvante, il nostro quotidiano impegno anche altrove.
Luciana cita due testi fondamentali, di De Mattei e Gherardini, che già smentiscono autorevolmente e documentatamente, la tesi dell'autore.
RispondiEliminaSintomatico il fatto che non ne siano stati presi in considerazione i contenuti.
Appena posso, metterò a disposizione sul blog le pagine di mons. Gherardini indicate da Luciana.
Oggi p. Kramer ha officiato col rito di Paolo VI. Come mai?
RispondiEliminaE' una provocazione?
RispondiEliminaE' una provocazione?
RispondiEliminaAssolutamente no.
Beh, il fatto non desterebbe troppa meraviglia. E' vero che la FSSP è nata per offrire la Messa tradizionale Latina e i Sacramenti secondo i libri liturgici del 1962 nonché la pastorale corrispondente.
RispondiEliminaSe non mi sbaglio, però, al pari delle comunità ED, i suoi sacerdoti - se il vescovo lo richiede - non possono esimersi dal celebrare anche la forma ordinaria.
Il "come mai" bisognerebbe chiederlo a lui...
Posso dire la mia sulla S.Messa a Trinita' dei Pellegrini - probabilmente anche la FSSP e' biritualista. Molto tempo fa' andai una domenica alla Messa Solenne delle (allora 10,30) subito dopo in un altare laterale un altro sacerdote si e' messo ad officiare il rito postconciliare per due persone ferme davanti alla balaustra.
RispondiEliminaSe oggi si e' celebrato quel rito in modo generale alle 11, potrebbe esserci stato o una forzatura di curia oppure e' successo qualcosa che non conosciamo.
Sarebbe il caso che qualcuno del blog si accerti e lo pubblichi, anche perche' siccome saltuariamente la domenica mattina ci vado,
proprio perche' si celebra il vetus ordo, mi dispiace aver sorprese, altrimenti so' dove andare magari il pomeriggio.
Grazie a Mic. se riesce a saper qualcosa.
E' vero che il vetus ordo e' forma extraordinaria e la forma ordinaria e' il N.O., ma sarebbe bene che sapessimo che rito si celebra.
@mic
RispondiEliminatesto molto interessante, grazie.
scusa se mi permetto di appuntare che la traduzione dell'espressione "ou par le Magistère ordinaire" è più precisamente "attraverso il Magistero ordinario".
Grazie
Pax Vobiscum
R.
No (Alpitour) FSSPX? Ahi ahi ahi ahi ahi...
RispondiEliminaCerto che, nei primi anni, il p. Bisig non l'avrebbe mai permesso (e per questo è stato 'giubilato').
Grazie a te, R.
RispondiEliminaCaro Amicus,
RispondiEliminacredo cbe p. Kramer ne abbia delusi molti.
Pax tibi, Anonyme del 9 giugno alle 22:26.
RispondiEliminaOttimo appunto il Suo, che pero' va al traduttore del Journal per l'edizione italiana della San Paolo, non a Mic.
Certo, "par" vuol dire "attraverso" ed anche "da", ma non "per", come si legge nel testo della San Paolo; per questo avevo messo un [sic] dopo il "per" della traduzione italiana, (come Lei ben sa il [sic] segnala un'espressione insolita od errata), ed ho poi citato il testo originale francese a scanso di equivoci.
Siete degli ipocriti.
RispondiEliminaNo, Alessandro, non siamo degli ipocriti. Pubblichiamo solo notizie circostanziate e verificate e non pettegolezzi sommari buttati lì, che servono solo a intorbidare le acque e non risolvono nulla.
RispondiEliminaUn mio carissimo amico, seminarista per la FSSP mi raccontò che la fraternità anni fa ebbe una forte crisi, dividendosi fra chi diceva ammississibili entrambi i riti, e chi diceva (ad esempio padre Konrad di Venezia) che si doveva usare solo il VO. Per quanto ricordo la cosa finì con la decisione di ammettere SOLO il VO. Quindi la FSSP non è, per quanto ne so, biritualista.
RispondiEliminaQuindi la FSSP non è, per quanto ne so, biritualista.
RispondiEliminaPer quanto ne so anch'io non dovrebbe esserlo.
C'è peraltro da osservare che sulle critiche al concilio sono molto abbottonati e non si sbilanciano.
Resta da verificare se quanto è stato comunicato è una notizia (e cosa eventualmente stia a significare) o una provocazione trollesca.