Riprendiamo l'articolo pubblicato di seguito da Riscossa Cristiana.
Ricordiamo che la Libertà religiosa è uno dei punti controversi sorti dal Concilio ed è tornata alla nostra attenzione in seguito alle recenti dichiarazioni del papa ai parlamentari francesi, ai quali egli richiama la "difesa di tutte le libertà religiose", in questo momento in cui sono in ballo questioni vitali per il futuro dell'umanità secondo il disegno di Dio e la legge da Lui inscritta nell'ordine naturale.
Ribadiamo che l'obiettivo - non potendosi prescindere dalla ragion d'essere della Chiesa - non è "l'inclusione nei dibattiti" delle religioni, ma l'affermazione forte e chiara di cos'è l'uomo che, se non è ordinato al suo Creatore - e noi aggiungiamo in Cristo - non è nulla e nel nulla rischia di svanire. Noi crediamo de fide che alla fine trionferà la Verità; ma di questo passo dobbiamo dire: a che prezzo?
Oggi molti si chiedono, di fronte alla demolizione che pare inarrestabile dei fondamenti etici della società, in che misura sia venuto a mancare quell'argine naturale offerto per secoli dalla Chiesa. Infatti, fino agli anni sessanta i suoi insegnamenti in tema di morale, e la speculare idea di peccato, erano rimasti indiscussi e combaciavano con il sentire comune indipendentemente dalla intensità della vita religiosa individuale.
Ma quando la ventata libertaria prese a rendere incerti i profili dell'etica che la legislazione si accingeva a ridisegnare, anche i contenuti della morale cattolica hanno cominciato ad appannarsi e a perdere univocità. Il dettato della Chiesa è diventato meno stringente man mano che si faceva strada la versione assolutoria e generalizzata del comandamento dell'amore a tutti i costi, privo cioè di ogni criterio normativo. Intanto lo stesso soggetto Chiesa si è andata frantumando al proprio interno in realtà ormai non solo differenziate ma addirittura contrapposte e ad avere voci discordanti: ad un magistero pontificio spesso illuminante e forte, ma inascoltato e svuotato della propria forza propositiva perché privo della volontà di attuarsi autoritativamente, si è sovrapposta spesso la Chiesa delle variegate conferenze episcopali, delle burocrazie diocesane e dei seminari, delle facoltà teologiche e delle parrocchie, tutti lasciati più o meno liberi di dare vita ad un cattolicesimo autogestito, spesso sedotto da marxismo e protestantesimo, quasi sempre dominato dal complesso antiromano, e comunque ansioso di adeguarsi al tempo nuovo.
Questa Chiesa, come diceva Amerio, “per volere prestare attenzione al mondo secondo la raccomandazione del Vaticano II, ha dato vita a quel cristianesimo secondario che prende a modello il mondo e le sue istituzioni piuttosto di fornire un proprio modello al mondo e facendo propria quell'idea di progresso che poco ha a che fare con la salvezza cristiana”.
Ecco dunque che di fronte alla pressione ossessivamente concentrata sulle questioni etiche e bioetiche dal nichilismo progressista, questa Chiesa ha seguito la propria nuova vocazione mondana rinunciando all'onere di orientare idee e comportamenti e attestandosi nelle retrovie della politica.
Ma di una possibile connessione tra la crisi etica e il venire meno del ruolo di guida della Chiesa, non si mostra preoccupato il cardinale Ruini; anzi, a leggere il suo lungo intervento all'assemblea di Magna Charta e certe sue affermazioni contenute in una recente intervista con Ezio Mauro, sembra compiaciuto di una Chiesa che si sublima in sapienti strategie politiche, ma che non crede più indispensabile guidare il proprio gregge anche contro un mondo avverso. Dato il suo prestigio personale e l'importanza del ruolo ricoperto per tanti anni, vale la pena di tornare sui punti salienti della lezione del cardinale.
Qui una sintesi, mentre qui l'audio integrale fornito da Radio Radicale della Lectio Magistralis
Qui una sintesi, mentre qui l'audio integrale fornito da Radio Radicale della Lectio Magistralis
Egli muove dal precetto evangelico che, pur delimitando lo spazio di Cesare rispetto a quello di Dio, non esclude per questo la rilevanza pubblica della religione cristiana, nata dalla predicazione pubblica di Cristo, dal suo processo e dalla condanna da lui subita pubblicamente. Anzi, il cristianesimo, in quanto religione del logos, della libertà, dell'amore e della persona può come nessun altro entrare in dialogo col mondo moderno, e le posizioni che si ispirano ad esso non sono inevitabilmente prigioniere del passato, ma capaci di aprirsi al futuro in virtù del proprio originario principio di libertà, ridefinito dal Concilio come libertà religiosa. Non a caso la moderna civiltà liberale, sull'esempio delle esperienze costituzionali americane, a quella stessa libertà religiosa ha riconosciuto il rango di diritto fondamentale dell'uomo. Più in particolare, dice Ruini, bisogna considerare che il relativismo e il determinismo naturalistico hanno indotto nelle società occidentali uno “spaesamento e un'inquietudine” legate alla perdita delle ragioni della vita che solo il cristianesimo è in grado di restituire, sia allo Stato sia al singolo uomo. Infatti poiché nessuna società può sussistere senza dotarsi di norme che valgano per tutti i suoi membri, e poiché in una società libera ciò che conta è che queste vengano stabilite attraverso il libero gioco democratico, il cristianesimo può dare un grande contributo per il superamento del grave travaglio esistenziale della società occidentale entrando con i propri esponenti nella formazione di quelle norme.
In questa prospettiva, per venire alle attuali questioni etiche, sia quelli che vogliono modificare le concezioni antropologiche ed etiche della società, sia quelli che le vogliono conservare possono concorrere a stabilire le regole necessarie. Queste ovviamente non potranno determinare ciò che è vero o falso e ciò che è giusto o ingiusto. Allora, chi per motivi di coscienza ritenga di non potersi adeguare alle norme così formate, potrà ricorrere alla obiezione di coscienza e dovrà essere pronto a subirne le eventuali conseguenze come è sempre stato testimoniato dai cristiani a cominciare dai primi martiri. Avverte infine il cardinale che, se le posizioni contrapposte possono ricondursi grosso modo alla prevalenza della libertà da un lato e della verità dall'altro, compito del nostro tempo è trovare tra esse una sintesi comunque proficua anche se difficile. Un esempio significativo di questa sintesi si è avuto evidentemente, per il cardinale, nel caso della approvazione delle leggi sul divorzio e sull'aborto. Infatti, nel colloquio con Ezio Mauro, ha tenuto a ribadire che la Chiesa su questi temi “non ha mai cercato e non deve cercare lo scontro, ma si è appellata alla coscienza personale, perché l'uomo non ha solo una libertà esteriore, bensì una, ed è quella più importante, interiore”.
Non possiamo nascondere che tutto il discorso di Ruini suscita non poche perplessità.
La prima riguarda l'eccessivo entusiasmo col quale viene attribuita al "gioco democratico" - forse per affinità con quel "dialogo" cui la Chiesa di ogni ordine e grado attribuisce poteri miracolosi - la capacità di produrre norme senz'altro idonee a regolare proficuamente la vita della società attraverso il bilanciamento dei diversi punti di vista . Eppure, se si passa dal piano della teoria a quello della realtà contemporanea, dovrebbe apparire evidente che proprio quel supposto bilanciamento tra le diverse opinioni in campo risulta totalmente falsato dalla artificiosa creazione di idee virtuali, disancorate dalla verità delle cose, imposte attraverso meccanismi mediatici che si muovono indisturbati in un deserto educativo e culturale.
Ma il problema della capacità della democrazia formale di soddisfare le esigenze autentiche e profonde della società, diventa cruciale quando lo si estende al campo delicatissimo delle questioni etiche. Oggi si verifica, sui ben noti modelli totalitari, una nuova invasione dello Stato sedicente democratico nello spazio dei valori pregiuridici fondamentali posti dalla legge naturale, attraverso interventi normativi arbitrari perché non rispondenti ad esigenze reali della collettività, soggetti alle variazioni della politica, alle sue contrattazioni e compromessi e capaci per questo di distruggere inesorabilmente le strutture etiche della società: qui il famoso gioco democratico diventa particolarmente pericoloso. Non per nulla Benedetto XVI ha fissato potentemente nei “principi non negoziabili” il limite invalicabile per ogni intervento politico e per ogni scelta guidata da retta ragione. Ed è proprio qui che va richiamato a buon diritto il precetto evangelico sulla separazione tra le cose di Cesare e le cose di Dio, perché sulle questioni che coinvolgono i fondamenti dell'esistenza umana, è Cesare che pretende oggi di invadere la sfera di Dio, e se l'etica non precede lo Stato ma è un suo prodotto, la storia non ha mai mancato di mostrare quali siano gli esiti di una tale sostituzione.
Tuttavia la cosa sembra sfuggire alla sensibilità del cardinale. Come abbiamo visto, egli ha ben presente che la politica e le leggi dello Stato lasciano irrisolto il problema del giusto e dell'ingiusto, del bene e del male, ma ad evitare lo scontro con Cesare pensa che si possa salvare capra e cavoli esiliando quel problema nella coscienza individuale. Così facendo però, il piano del rapporto col potere politico viene sovrapposto a quello del proprio credo religioso. La Chiesa che abbandona allo stato la definizione dell'etica tradisce la propria stessa vocazione e, di fronte alla aggressione portata alle strutture etiche della società, finisce per ignorare quale sia la propria missione, come questa abbia a che fare con la legge divina e come non sia identificabile con la composizione di una dialettica politica o culturale. Nel campo etico ogni suo intervento deve essere misurato sulla verità cristiana che è misurata sulla legge di Dio. Qui si inserisce il tema, cruciale anch'esso, del rapporto tra la verità e la libertà, sulla quale ultima insiste come abbiamo visto il ragionamento del cardinale, appoggiandosi soprattutto alla discussa dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae.
La libertà, per la dottrina cristiana, è condizione per aderire alla fede in quanto capace di garantire la purezza dell'intenzione. Dalla libertà come condizione della fede si è fatta discendere coerentemente il dovere di tolleranza e l'imperativo di non costringere alcuno con la forza a professare la religione cattolica, presupposti che hanno costituito come abbiamo visto la migliore credenziale per rivendicare dal potere politico una adeguata tutela giuridica. Ma da diritto da rivendicare nei confronti dello Stato, la libertà religiosa è rifluita pericolosamente nel pensiero stesso della Chiesa, inoculando con alterne fortune il germe di uno strisciante indifferentismo religioso, anche a dispetto del primo comandamento. Essa si è tradotta paradossalmente, proprio a partire dalla Dignitatis humanae, in un allentamento della certezza che quella cristiana sia l'unica religione vera e che rinnegare tale verità di fede significhi rinnegare la fede nell'unico vero Dio. La dichiarazione conciliare ha esasperato questo slittamento, come ha sviscerato in modo esemplare monsignor Brunero Gherardini, fino al punto non solo di tollerare la compresenza della verità e dell'errore, ma di vedere in essa il mezzo per accreditare il valore assoluto quanto surreale dell'autodeterminazione. Quando Ruini esalta il valore della dialettica democratica, senza porsi il problema della posta in gioco e relegando la difesa dei principi “non negoziabili” nello spazio di una coscienza individuale che assomiglia molto a quella di matrice protestante, sembra proprio adeguarsi a questa riduzione della verità cristiana di cui non si valutano mai abbastanza le conseguenze.
Se la libertà di abbracciare la fede senza costrizioni risponde alla esigenza di misurare la bontà dell'intenzione, questo significa che essa si realizza proprio nella capacità riconosciuta al soggetto di scegliere tra il bene e il male e di assumere il peso dell'errore. Implica la responsabilità, perché senza il dovere di rispondere delle proprie scelte la libertà perde di significato. La libertà è misura della responsabilità perché segna la superiorità dell'essere umano messo in grado di riconoscere la volontà di Dio. Il paradigma della libertà cristiana è quello originario dei progenitori di fronte alla possibilità di raccogliere il frutto proibito: la violazione non è senza conseguenze, il prezzo è la cacciata. Dunque la libertà di Adamo è legata alla sua responsabilità ed è libertà di scegliere tra l'osservanza e la violazione della legge divina, cui seguirà ineluttabile il castigo.
Anche quando si esplica nei confronti del potere politico, cioè sul terreno dei domini umani, la libertà del cristiano porta con sé la obbligazione fondamentale di scegliere la verità che sola darà corpo alla libertà, che la realizza, se è la verità che ci fa liberi. Illuminante come sempre, J.Ratzinger osservava che la parola eleuteria nel greco biblico indica uno status, quello di uomo nel pieno possesso dei propri diritti, la sua appartenenza al popolo di Dio, la sua figliolanza divina.
Tutto questo deve valere a maggiore ragione per la Chiesa, che per la sua missione evangelizzatrice, è comunque destinata ad incidere sugli assetti della società. Dal momento in cui le è stato affidato il compito di pascere il gregge ha assunto una responsabilità che deve onorare con tutta la forza di cui può disporre, perché se si sottrae ad essa viene meno la sua stessa ragione di esistere.
Patrizia Fermani
Il card. Burke su "Vita e famiglia
RispondiEliminahttp://www.lanuovabq.it/it/articoli-vita-e-famiglia-il-tradimento-dei-cattolici-6690.htm
"......
Appena accennato nel discorso di Burke è un secondo punto, che a me sembra decisivo. La cultura della morte vince non solo perché un certo numero di cattolici tradisce la verità sul terreno della morale. Vince perché milioni di cattolici, che sul piano dottrinale si dicono fedeli al Catechismo, sul piano della teologia e della visione della storia, quindi sul piano psicologico, sono stati fatti prigionieri dalla dittatura del relativismo. Il problema, su cui dobbiamo molto riflettere, è che tantissimi cattolici accettano, silenziosamente, la tesi della presunta «irreversibilità» delle «conquiste» rivoluzionarie. Pensano che «non si possa più tornare indietro» perché certi processi sono irreversibili. Questa idea della irreversibilità ha convinto non solo teologi e vescovi progressisti ma anche tanti conservatori, tanti dirigenti cattolici e sacerdoti che non negano le verità morali del Catechismo."
Sostanzialmente combattono una "battaglia di retroguardia" perché ritengono certi processi irreversibili.
In tal modo si dimostrano vittime del mito del progresso e dell’idea illuminista della storia lineare, i quali sono pilastri della visione del mondo relativista per cui la verità non è mai assoluta ma è sempre figlia del tempo.
Il problema - non riconosciuto dai più - è che è la stessa Chiesa ai suoi vertici, oggi, ad esserlo...
RispondiEliminahttp://www.giuristiperlavita.org/joomla/scrittideisoci/21-la-cassazione-e-la-rivoluzione-culturale
"Resta a rischio l'inviolabilità della persona umana e della sua vita. «Da qui l'urgenza e per la Chiesa e per ogni credente -- dice l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari -- di riaffermare la propria fede come impegno che incide direttamente, nell'ambito sia professionale sia privato, sulla promozione e sulla difesa del valore della vita umana e della sua intangibile dignità». L'arcivescovo, in questa intervista al nostro giornale, alla vigilia della celebrazione in piazza san Pietro con il Papa Francesco, in programma domani, domenica 16 giugno, per ricordare l'Evangelium vitae riflette sui principali punti del documento di Giovanni Paolo II.
RispondiElimina...."
http://ilblogdiraffaella.blogspot.it/2013/06/quelle-continue-minacce-alla-persona.html
Attenzione all'omelia del Papa nella messa di oggi sull'Evangelium vitae!
"Il dettato della Chiesa è diventato meno stringente man mano che si faceva strada la versione assolutoria e generalizzata del comandamento dell'amore a tutti i costi, privo cioè di ogni criterio normativo. "
RispondiEliminaAppunto, la tenerezza e la misericordia senza la giustizia...
Appunto, la tenerezza e la misericordia senza la giustizia..
RispondiEliminaChe è anche il prevalere del sentimento sulla conoscenza, della prassi ateoretica che rivoluziona senza spiegare, definire, impartire insegnamenti dogmaticamente validi per tutti i tempi e non nel divenire storico --com'è stato nei millenni trascorsi, altrimenti non avremmo ricevuto la Verità tutta intera--.
La Tradizione è vivente, perché viva, incarnata e feconda in ogni generazione, nella sua immutabilità (come lo stesso è sempre il Signore). E può essere approfondita, ma non riformata. Dunque essa è 'vivente' non nel senso storicistico mutevole e cangiante a seconda dei tempi...
Grazie per questa documentazione così pertinente.
RispondiEliminaMolto chiaro questo passo dell'Autrice:
"... da diritto da rivendicare nei confronti dello Stato, la libertà religiosa è rifluita pericolosamente nel pensiero stesso della Chiesa, inoculando con alterne fortune il germe di uno strisciante indifferentismo religioso, anche a dispetto del primo comandamento. Essa si è tradotta paradossalmente, proprio a partire dalla Dignitatis humanae, in un allentamento della certezza che quella cristiana sia l'unica religione vera e che rinnegare tale verità di fede significhi rinnegare la fede nell'unico vero Dio. La dichiarazione conciliare ha esasperato questo slittamento, come ha sviscerato in modo esemplare monsignor Brunero Gherardini, fino al punto non solo di tollerare la compresenza della verità e dell'errore, ma di vedere in essa il mezzo per accreditare il valore assoluto quanto surreale dell'autodeterminazione. Quando Ruini esalta il valore della dialettica democratica, senza porsi il problema della posta in gioco e relegando la difesa dei principi “non negoziabili” nello spazio di una coscienza individuale che assomiglia molto a quella di matrice protestante, sembra proprio adeguarsi a questa riduzione della verità cristiana di cui non si valutano mai abbastanza le conseguenze..."
Grazie per questa sottolineatura. L'avevo già rilevata e mi dà lo spunto per riportare quest'affermazione già espressa e per ripropormi di pubblicare a breve le pagine del testo di Gherardini che si riferiscono alla Dignitatis umanae.
RispondiEliminaChi fosse interessato agli approfondimenti su Nostra Aetate e Gaudium et Spes, può digitare le parole chiave nelle stringa di ricerca.
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...L’equivoco antropocentrico trova per Gherardini le sue radici nella dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae), nella dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane (Nostra aetate) e nel decreto sul dialogo ecumenico (Unitatis redintegratio). L’antropocentrismo ha contaminato tutta la cultura moderna e il pensiero maggioritario conciliare, e nulla «nel modernismo e nella sua assatanata reviviscenza neomodernista è risparmiato del tesoro di verità ricevute e trasmesse», ovvero la Sacra Scrittura, i dogmi, la Liturgia, la morale. Oggi quel tarlo modernista che erodeva dal di dentro è emerso con spavalderia, ma l’aula conciliare ne fu già testimone quando si trattarono tematiche nodali, che si distanziavano, nella loro elaborazione, dalla Tradizione.
...
Dalla recensione del suo libro: Il Vaticano II alle radici d’un equivoco (Lindau, pp. 410, € 26.00).
RispondiElimina"Attenzione all'omelia del Papa nella messa di oggi sull'Evangelium vitaedi oggi" scriveva mic...
Ebbene l`omelia c`è stata.
Non so come si possa nell`omelia di una celebrazione in ricordo dell`Enciciclica Evangelium Vitae riuscire nell`exploit di non rammentare, in modo inequivocabile, non solo quell`Enciclica che aveva suscitato le reazioni violente anche presso i cattolici, ma anche di non ricordare con parole chiare e tonde, anche se non politicamente corrette, i principi non negoziabili per i quali si battono sul terreno tante organizzazioni pro-life, per non nominare gli interventi che non rispettano l`inviolabilità della persona umana e della sua vita, per non riaffermare in modo forte e chiaro il rispetto della vita umana dal suo inizio fino alla sua fine naturale.
Papa Bergoglio ci è riuscito.
Sull'omelia:
RispondiEliminaQuesto corrisponde, secondo me, e a un dato caratteriale e a una considerazione di prudenza vista la passata esperienza del predecessore. Probabilmente il Papa pensa che sia meglio così per evitare scontri e polemiche che, mi sembra evidente, rifugge come la peste.
Se così sono evitate le polemiche, non è però che non ci siano conseguenze. Soprattutto nell'eco di questo comportamento nei vari episcopati mondiali che non si segnalano per l'indomito coraggio. Per non parlare di quei cattolici che, a dirla con sincerità, non condividono nemmeno di sbieco la dottrina della Chiesa su queste questioni e non intendono farsene testimoni.
Inoltre quelli che hanno preso sul serio i pontificati precedenti su questi temi, al di là delle scarpe e delle croci che portavano al collo i papi, sono obiettivamente disorientati per usare un eufemismo.
Naturalmente , chi non ha voglia di rifletterci troppo può sempre dimenticarsi di quello che può destabilizzare, considerare solo quello che si adatta a una ricostruzione edificante e felice e continuare a ripetere che il momento attuale è bellissimo.Se poi ama i poveri come Celentano è a posto.
E' un bel casino.
Informo tutti voi che ora Mons. Gherardini ha un articolo su Wikipedia. Qualcuno lo ha creato e qualcun altro, però, ne ha messo subito in dubbio l'eniclopedicità; a quel punto sono intervenuto e ho cercato di allungarlo, migliorarlo nella forma e dargli una bibliografia e delle fonti, ma ancora tanto deve essere fatto. Se c'è qualcun altro che può dare una mano, bisogna aggiungere altre informazioni alla biografia: da quelle più semplici (tipo in quale parrocchia ha svolto il ministero pastorale a Prato) a quelle più complesse sulla sua formazione. Sarebbe poi importante che qualcuno che ne fosse in grado allungasse il paragrafo "Pensiero", specificando meglio le posizioni del nostro ... e, magari, aggiungendo altre opere alla bibliografia. Se poi avete qualche altra fonte cartacea importante che si riferisce con una voce a monsignore potete scriverne i riferimenti nel paragrafo "Fonti". L'articolo su Wiki lo trovate semplicemente andando su quel sito e cercando per nome e cognome. Grazie mille a tutti!
RispondiEliminaSul commento delle 16:41
RispondiEliminaVi può essere un'altra ipotesi e cioè che il papa e molti altri ritenganp ormai ineluttabile il processo in atto da parte del laicismo illuminista e quindi perdente in partenza qualunque intervento. E cerchino l'intesa solo su certi punti pragmatici condivisili.
Ma questo è un calcolo solo umano. La lotta non è culturale è spirituale e alle persone di buona volontà sarà indicata la via giusta cbe e' quella della Chiesa di sempre.
RispondiEliminaNon ha nominato l`Enciclica Evangelium Vitae nell`omelia e non lo ha fatto nemmeno prima dell`Angelus, ha detto:
"Al termine di questa Eucaristia dedicata al Vangelo della Vita,"
Volontà dunque, quella di papa Bergoglio, che sembra deliberata nell`ignorare il perchè di quella giornata e celebrazione particolari, il motivo per cui sono arrivate a Roma associazioni e gruppi che operano in difesa della vita.
Mah!
Così, invece, parlava Benedetto XVI a dei parlamentari europei nel 2006.
http://www.zenit.org/it/articles/benedetto-xvi-espone-i-principi-non-negoziabili-per-la-chiesa-nella-vita-pubblica
Ho letto adesso il testo dell'omelia:
RispondiEliminaMi colpisce che solo l'incipit parli del Vangelo della Vita, ma anziché ricollegarlo al l'anniversario del documento del predecessore, lo ha direttamente ricondotto al tema.
E poi, la solita meditazione sulla lettura con l'esegesi di stile ignaziano con si soliti tre spunti di meditazione essenziali e elementari.
E' rimasto perfettamente in tema, ma mi pare che il suo stile pragmatico gli impedisca di rimanere sulla scia dei documenti e di riferirsi esclusivamente al Vangelo (una sorta di sola Scriptura?) e in termini molto concreti calati nella realtà di tutti i giorni; il che è molto efficace come impatto...
I temi ricorrenti son sempre gli stessi.
mic, non ha menzionato l`Enciclica!
RispondiEliminaNon ha menzionato il perchè di quella celebrazione particolare, e nemmeno Giovanni Paolo II, non lo ha fatto all`omelia e nemmeno all`Angelus, non è una caso.
Non ha parlato chiaro, non vedo dove possa essere l`impatto quando non si chiamano le cose con il loro nome.
E questo è per me, come minimo, sconcertante, anche se non dovrei più stupirmi di nulla e cominciare a prendere le distanze .
Che splendido lavoro ha fatto l'Anonimo delle 17:23 sulla voce "Brunero Gherardini" in Wikipedia. L'appello andra' raccolto in modo sommamamente obiettivo ed enciclopedico.
RispondiEliminaLa scelta del papa di non affrontare direttamente il problema è perchè lo lascia ai vescovi.
RispondiEliminaAnonimo,
RispondiEliminama non ti viene in mente che i vescovi hanno giurisdizione limitata (a prescindere da quelle che assumono posizioni inquietanti) e che Urbi et Orbi e in modo univoco per tutta la Chiesa è SOLO il papa e dover parlare?
Ammesso che voglia fare il Papa.