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mercoledì 20 novembre 2013

Gnocchi – Palmaro. Sull'Intervista archiviata

Ricevo e volentieri pubblico.

Accolta “con gioia” come si usa nella Chiesa d’oggi, difesa senza “se” e senza “ma”, ermeneutizzata come si conviene e poi, alla fine, ritirata dal sito internet vaticano, dove era rimasta un mese e mezzo: da famosa che era, l’intervista di Papa Francesco a Eugenio Scalfari è stata archiviata con un semplice click. 

Attendibile nel suo complesso, ha spiegato il direttore della sala stampa padre Lombardi, non lo è in alcune singole parti, anche se il controverso passaggio sulla coscienza sarebbe “del tutto compatibile con il Catechismo della Chiesa cattolica”.

Pur deposta nei faldoni della semplice cronaca, tale vicenda rimane a indicare un tasso di confusione eccessivo persino per un ospedale da campo. E’ davvero strano che nessuno si sia chiesto, preventivamente e prudentemente, se l’intervistatore della stampa volterriana fosse un malato venuto a farsi curare o un untore neanche troppo mimetizzato. Riconoscere cosa vi sia nell’animo dell’interlocutore mondano è questione che lo stesso papa Francesco, nell’omelia di Santa Marta di lunedì scorso, ha indicato come essenziale. Commentando un passo del “Libro dei Maccabei” ha messo in guardia dal rischio di fare mercimonio della fedeltà al Signore, poiché lo spirito del mondo negozia tutto. 

Ma l’istantanea della Chiesa postmoderna ritrae da decenni un luogo di mediazione più che una cittadella decisa a resistere. Un posto dove molti agiscono con aria di sufficienza nell’adozione di criteri, metodi e strumenti necessari per comprendere tanto le lusinghe del mondo quanto i lamenti della Chiesa.

La tensione al ragionevole rigore di moda sotto Benedetto XVI, che insieme all’ascesi e alla preghiera mette al riparo dalle sirene del mondo, pare evaporata. Oggi, basta solo richiamare la precisione affilata e caritatevole con cui la Chiesa si è sempre espressa su fede, dottrina e morale per passare come ideologizzati specialisti del Logos. Guai a chi osi evocare l’opera di un benemerito pioniere della teologia dogmatica come Heinrich Denzinger: si viene tacciati di voler sostituire il Vangelo con il suo "Enchiridion Symbolorum”, quel cristallino compendio dei principali testi del magistero che dovrebbe fare da argine là dove il mondo interroga, provoca, negozia, corrompe. 

Aggiornato costantemente nel corso dei decenni, il “Denzinger”, che ha preso il nome del suo primo autore, è uno dei riferimenti più sicuri per chiunque voglia conoscere e praticare il perenne pensiero della Chiesa: ma non piace più, irrita, infastidisce. Per scoprire la ragione di tale avversità basterebbe andare su Wikipedia, dove, in un’impietosa, sinteticissima riga, si legge: “Il grande teologo fondamentale gesuita Karl Rahner ha tuttavia messo in guardia studenti e studiosi sul rischio riduzionistico di una ‘teologia del Denzinger’”. Se si considera che, nella Chiesa contemporanea, l’inventore della teoria dei “cristiani anonimi” ha sostituito San Tommaso come doctor communis, diviene comprensibile l’universale avversione per il “Denzinger”, severo giudice di chiunque ami abbandonarsi a un qualunque incontro personale con il Vangelo. In qualche modo, ritorna in superficie il tema della coscienza personale che Rahner, confratello di Papa Francesco, ha descritto nella “Fatica di credere” in termini che hanno indubbiamente fatto scuola, e che scuola: “Chiunque segue la propria coscienza, sia che ritenga di dover essere cristiano oppure non-cristiano, sia che ritenga di dover essere ateo oppure credente, un tale individuo è accetto e accettato da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come fine di tutti gli uomini. In altre parole: la grazia e la giustificazione, l’unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza di un uomo”.

Posto davanti al Vangelo, un pensiero simile non può che rifuggire il cogente rigore del “Denzinger”, che è il cogente rigore della Chiesa. Ma la fede cattolica non può risolversi nel semplice incontro personale con il Vangelo. Lo spiega il domenicano padre Roger-Thomas Calmel nella “Breve apologia della Chiesa di sempre”: “Che ci sia dunque un andirivieni frequente dalla lettera della Scrittura alle formule dei Concili e del Catechismo e viceversa. Passiamo dalla lettera dell’Antico o del Nuovo Testamento alle definizioni conciliari o pontificie per meglio coglierne il contenuto esatto, il vero significato del testo sacro. Poi ritorniamo dai Concili e dal catechismo al semplice testo scritturale per non perdere mai di vista il dato vivo, concreto, soprannaturale, inesauribile, del quale le formulazioni del magistero ecclesiastico esprimono, con tutta la precisione necessaria, la profondità e il mistero”.

La guerra al “Denzinger”, e quindi all’armonioso dipanarsi e manifestarsi della dottrina perenne della Chiesa, viene da lontano. Non a caso Rahner spiega che “gli enunciati della fede tradizionale sono inadeguati, in buona parte, per lo meno per quanto concerne ciò che è necessario prima di ogni altra cosa: l’annuncio della fede (…) Proposizioni come ‘vi sono tre persone in Dio’, ‘noi siamo salvati dal sangue di Gesù Cristo’ sono puramente e semplicemente incomprensibili per un uomo moderno (…) esse fanno la stessa impressione della pura mitologia di una religione del tempo passato”. Secondo il teologo gesuita, dunque, al palato dell’uomo contemporaneo, Gesù che resuscita Lazzaro ha lo stesso sapore di Ercole che sconfigge l’Idra o di Teseo che uccide il Minotauro. Quindi non rimane che riformare l’annuncio e sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della modernità, trarre le parole dai desideri del nuovo uditorio. 

Giuseppe Siri, un cardinale che rischiò di diventare Papa, coglie lucidamente la questione, quando in “Getsemani” scrive: “Il grande principio di morte è il principio di secolarizzazione: il mondo contiene le forza della plenaria realizzazione degli uomini e ne è anche l’ambiente, in cui lo scopo della vita dell’uomo deve essere raggiunto; occorrerebbe dunque abolire ogni distinzione tra sacro e profano, tra Chiesa e mondo”. Diagnosi confermata da quanto Edward Schillebeeckx andava dicendo nel 1970: “In Cristo è ora possibile dire Amen alla realtà mondana e considerarla come culto poiché, dopo l’apparizione di Gesù, sulla terra abita la pienezza di Dio”. 

Se l’oggetto del nuovo culto è il mondo, diventa impossibile entrarvi in conflitto. I vescovi americani che contestano Barak Obama, evidentemente, non seguono Rahner o Schillebeeckx. Ma centinaia di gesuiti con le loro università cattoliche e centinaia di suore in rivolta dicono Amen al presidente e rendono culto al mondo. Il vero problema dell’ospedale da campo è distinguere chi vi distribuisce la medicina buona e chi eutanizza il paziente.

Se è vero che lo spirito mondano induce a negoziare finanche la fedeltà a Dio, come ha detto il Papa nell’omelia, bisognerebbe avere anche il coraggio denunciare chi, nell’accampamento cattolico, si macchia di intelligenza col nemico. Non è possibile additare le lusinghe del mondo e tollerare un Rahner che dice: “Con il progredire della storia della grazia, il mondo diviene sempre più indipendente, maturo, profano, e deve pensare ad auto realizzarsi. Questa crescente mondanità storica (…) non è una sventura che si contrappone ostinatamente alla grazia e alla chiesa, ma è invece il modo nel quale la grazia si realizza a poco a poco nella creazione”. 

Sulla scia dell’ambiguo e ossessivo “primato della Parola” e del “sola fide” di matrice luterana, la Chiesa ha finito per specchiarsi nell’orizzonte ribaltato di un pelagianesimo che nega il senso del peccato e osanna il mondo. L’esito è comunque il depotenziamento della tradizione e della funzione di mater et magistra. Il libero esame, il soggettivismo, la “sola scriptura” prendono la scena svuotando di significato il ruolo dei vescovi e del Papa. Ma l’orizzonte logico di tale operazione è debolissimo poiché è la tradizione a precedere e definire la parola: è la Chiesa a stabilire quali siano i testi sacri e come vadano interpretati. Fatto che determina l’impossibilità di parlare di “religione del libro”, posto che i testi sacri sono oggettivamente diversi nella lettera e nella loro interpretazione. La Chiesa precede storicamente e logicamente la scrittura e per questo, spiega il cardinale Siri, “colui che relativizza la tradizione relativizza la scrittura”.

La bellezza perenne e unica del cattolicesimo sta nella capacità di comporre e armonizzare tutti questi elementi. Sta nella continua tensione tra ragione e mistero, tra anelito terreno e risposta celeste che, pazientemente, crea un calco nel quale la creatura si adagia, magmatica e informe, per risorgerne solida e levigata, come la farfalla da una crisalide. Perché conoscere la dottrina significa amarla e pregarla assecondandone forme e definizioni. E’ come un dire le preghiere secondo formule dettate da altri con precisione ispirata e insondabile. Allora, lontano dai sentimenti, dalle divagazioni, dagli inutili discorsi, senza uno iota di troppo, sgorga quel che della beatitudine è concesso su questa terra, che è un dire sottovoce, un fare e un vivere invece che un discorrere: “I molti discorsi non appagarono l’anima” insegna l’”Imitazione di Cristo” “ma la vita buona dà ristoro alla mente”.

L’annuncio a Maria narrato da San Luca non produrrebbe nelle anime oranti la stessa tensione verso il “partorire Dio” predicato da Sant’Ambrogio se il Concilio di Efeso, nel 431, non avesse affilato la lama della dottrina definendo la Vergine Theotokos, Madre di Dio: “Se qualcuno non Confessa che l’Emmanuele è Dio nel vero senso della parola, e che perciò la Santa Vergine è madre di Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo che è da Dio, sia anatema”. Non vi è nulla di più amato dalla gente cristiana aliena al mondo che un tale rigore. “Tutto il popolo della città rimase in attesa dal mattino alla sera, aspettando i giudizio del santo sinodo” racconta San Cirillo d’Alessandria, che fu l’artefice di quella decisione. “(…) Alla nostra uscita dalla chiesa, fummo ricondotti fino alle nostre dimore. Era la sera, tutta la città si illuminò, donne camminavano innanzi a noi con incensieri. A coloro che bestemmiavano il suo Nome, il Signore ha dimostrato la sua onnipotenza”.

A saperlo leggere, a studiarlo in amorevole andirivieni con la Scrittura, il “Denzinger” racconta queste storie e alimenta la vita buona che, a sua volta, nutre la mente. E’ la vita della Chiesa che corre lungo i secoli dandovi forma, è la tradizione che bussa imperiosamente alle anime chiamandole a scegliere. 

Non vi è alternativa nella guerra allo spirito mondano: alla tentazione di negoziare persino sulla fede si può opporre solo l’immutabilità e l’irreformabilità del magistero. Per tutta la sua vita, la Chiesa lo ha fatto, contendendo al mondo il tempo e lo spazio, le due dimensioni in cui si espande la tradizione. 

Le definizioni raccolte dal “Denzinger” si sono tramandate senza mutare nel corso dei secoli e, senza mutare, hanno raggiunto gli avamposti più remoti della fede. Quelle stesse pagine che ora si trovano facilmente a stampa in libreria, hanno corso il mondo in itinerari avventurosi che Arold Innis ha raccontato nel suo epico “Impero e comunicazioni”. Hanno viaggiato su pergamena, “supporto pesante” adatto al permanere della verità religiosa irreformabile e perenne, a differenza di ciò che viaggiava su papiro e su carta, “supporti leggeri” che alimentavano la burocrazia civile caduca e fallace.

Così, la Chiesa di Roma ha propagato il regno di Cristo e ha conquistato, anima per anima, le intelligenze più semplici e quelle più laboriose, tutte bisognose dello stesso nutrimento. Se John Henry Newman non si fosse trovato al cospetto di verità e pronunciamenti immutabili nello spazio e nel tempo, non avrebbe mai avuto la forza e l’esigenza di lasciare la comunione anglicana per entrare nella Chiesa di Roma. Nell’”Apologia pro vita sua”, il cardinale spiega che compì il gran passo verso casa solo quando si rese conto che gli argomenti degli anglicani contro i padri del Concilio di Trento erano gli stessi di quelli contro i padri del Concilio di Calcedonia, che condannare i Papi del Sedicesimo secolo voleva dire condannare anche quelli del Quinto: “Il dramma della religione, il combattimento della verità e dell’errore erano sempre gli stessi. I principi e i procedimenti della Chiesa d’oggi erano identici a quelli della Chiesa d’allora; i principi e i procedimenti degli eretici di oggi erano quelli dei protestanti di oggi. Lo scopersi quasi con terrore”.

Ma la Chiesa non lascia da sola anima alcuna davanti a una verità che possa atterrire. A ciascuno porge la carezza rigorosa e soave del rito. La tradizione si presenta sempre all’uomo attraverso un poema sacro che nel cattolicesimo, come scrive Domenico Giuliotti, ha la sua espressione celeste nella celebrazione eucaristica: “La Messa, e non già la Divina Commedia, è il ‘poema’ veramente ‘sacro al quale hanno posto mano e cielo e terra’. (…) Dio, la Trinità e tutti gli Angeli ne formano l’argomento. La Consacrazione, che rinnova l’Incarnazione, è il punto culminante di questo immenso mistero. E il Prete n’è, al tempo stesso, il taumaturgo e il poeta”.

Emanazione del Cielo in terra, tradizione e liturgia sono quasi consustanziali persino nel metodo con cui gli uomini hanno contribuito alla loro formazione. Mentre una è il repertorio di pensieri da cui è decaduto tutto, tranne ciò che dice definitivamente il divino, l’altra è la composizione di gesti e di parole immutabili depurati da ciò che è solo umano. Sono due ingressi allo stesso mondo, dove ciascuno riceve perennemente ciò che gli spetta, in qualunque luogo si trovi e in qualunque tempo viva. Sulla terra non vi è nulla di più equo. Lo racconta con soave precisione Newman nel romanzo “Perdita e guadagno”, là dove descrive i pensieri e le sensazioni del giovane protagonista che, per la prima volta, assiste a una celebrazione cattolica: “Quello che lo colpì più di tutto fu che, mentre nella chiesa d’Inghilterra l’ecclesiastico oppure l’organo erano tutto e la gente non era niente, salvo che veniva rappresentata al funzionario laico, qui era esattamente il contrario. Il prete diceva poco o niente, almeno in modo da farsi sentire, invece l’assemblea era come un solo vasto strumento un panharmonicum che suonava insieme; cosa ancora più mirabile, pareva che suonasse da solo. (…) Le parole erano in latino, ma tutti le capivano benissimo, e offrivano le loro preghiere alla Santissima Trinità, e al Salvatore incarnato, e alla grande Madre di Dio, e ai santi nella gloria del Paradiso, con nel cuore un’energia pari a quella con cui davano voce al suono. Vicino a lui c’era un ragazzino, e una povera donna, che cantavano a squarciagola. No, qui non ci si poteva sbagliare, Reding disse fra sé e sé: ‘Questa sì che è una religione popolare’”.

A quei tempi, nella Chiesa, la stessa dottrina e la stessa liturgia erano buone per tutti, per i santi e per i peccatori, per i vivi e per i morti, per i romani e per i barbari. Per questo la religione cattolica era equanime e misericordiosa: era popolare. 

Ancora non risuonava il lamento che più tardi avrebbe vergato Nicolas Gomez Davila: “La Chiesa un tempo assolveva i peccatori, oggi ha deciso di assolvere i peccati”.
(Fonte: IL Foglio del 20 novembre 2013)

25 commenti:

  1. A proposito dell'affermazione relativista sempre più in voga, secondo la quale può anche essere sufficiente seguire la propria coscienza per trovarsi comunque bene (finanche di fronte al Giudice Ultimo), ecco una cosa che ho scritto ultimamente:



    TUTTO RELATIVO?

    “… ma poi cos’è il bene?
    e poi cos’è il male?
    Ognuno lo ha dentro…”:

    Se questo bastasse
    a farci da metro,
    l’inferno da tempo
    sarebbe esondato!

    Ma qua combattiamo
    invece battaglie
    che prima di tutto
    son contro noi stessi,

    per dare risposta
    - ma solo assistiti! -
    al dolce comando:
    “Rinnega il tuo io!”

    Perché lo sentiamo
    che quel che dovremmo
    vorremmo anche farlo,

    ma c’è un’altra forza
    che vive al contrario
    per spingerci sotto…

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  2. In effetti mi sarei aspettato che ci venisse spiegato in quali punti l'intervista era inesatta, e magari anche perché aveva ricevuto il bollino blu del sito ufficiale del Vaticano. Non sono proprio dettagli ininfluenti visto che quel testo è andato di mano in mano per un mese e mezzo. Mi auguro almeno che il Papa abbia capito che in questa storia i ruoli degli attori sono l'opposto di quello che poteva sembrare in un primo momento: i "cattivi" volevano in realtà il suo bene, e i servi sciocchi adulatori il suo male.

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  3. Con le leggi sull'omofobia l'uomo viene demolito un pezzo alla volta nel trionfale plauso dei nemici della Chiesa.
    Il cattolicesimo si è per così dire "scavato la fossa" con le sue mani, attraverso dieci mosse clamorosamente sbagliate. Eccole:
    ..
    di Mario Palmaro
    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3034

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  4. Sto' seguendo su Rai News un sottotitolo che dice:
    ""la chiesa inglese sta' decidendo per le donne vescovo.""
    Ma non ho forse letto da qualche parte che la S.Sede abbia tempo fa' emanato qualche atto definito:""Anglicanorum coetibus""
    cioe' un certo riconoscimento del rito anglicano come cattolico?
    Cara Maria, tu che sei tra i piu' preparati, potresti dare qualche precisazione? Grazie Bernardino.

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  5. In riferimento all'omelia di lunedì a S.Marta, non per voler essere incontentabili, ma perché laddove si cerca come metodo la semplificazione comunicativa estrema, anche a danno della precisione dottrinale, nel momento in cui si accenna "come capitava allora, quando chi era trovato in possesso del libro dell’alleanza veniva condannato a morte, succede così anche oggi in diverse parti del mondo «come abbiamo letto sui giornali in questi mesi»" lo si fa così en passant e con un'evidente sordina, e quando si dice «Voi pensate che oggi non si fanno sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti. E ci sono delle leggi che li proteggono» perché non dice i loro nomi: aborto, eutanasia?
    Immaginate invece il titolo: "Aborto ed eutanasia sono i sacrifici umani di oggi in onore del demonio, introdotti per legge da tutte le nazioni apostate della fede" ? Non sarebbe stato di grande efficacia comunicativa? Quasi come la misericordina..!

    E poi quando si dice"La bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite" cos'è? E tra le usanze particolari vi sono ricomprese le "religioni" particolari?

    Io comunque preferivo la la Cristianità..
    Ah se l'Invincibile Armata avesse mantenuto fede al suo nome..

    Alessio

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  6. Ecco , questo vuol dire per me " tenere il piede in due staffe ". Dire e non dire , l'importante e' non dispiacere ! E giu' alle interpretazioni dei piu'...

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  7. Dunque, anche gli anglicani avranno le donne vescovo, i luterani le hanno già, speriamo che l'ecumenismo si fermi qua, anche se con 'questi' c'è da aspettarsi di tutto....prepariamoci ad essere sempre attenti e vegliare,cmq, povera Sposa di Cristo, come t'hanno ridotta.....Passante per caso2

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  8. Caro Bernardino, l'Anglicanorum coetibus è stato emanato da Benedetto XVI per consentire il rientro degli Anglicani che, tra le altre cose contestavano proprio le donne vescovo.
    Se digiti con le parole chiave nel motore di ricerca del blog trovi diversi documenti.

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  9. mic. Mi scusi se continuo con la solita solfa delle "categorie-ponte", ma lo considero un punto essenziale, anche in relazione alla mia storia personale.
    Non amo Rahner ma penso che abbia ragione nell'affermare l'incomprensibilità o insignificanza per l'uomo contemporaneo dei concetti di Dio come Uno e Trino e del Sangue di Cristo come necessario alla salvezza.
    Per quanto mi riguarda sono riuscito a dare significato
    ( anche esistenziale ) al dogma trinitario con l'immagine del polo positivo, del polo negativo e della scintilla che si genera tra loro: Dio come corrente di amore, non come entità statica quale sarebbe una sfera immobile.
    Quanto al Sangue Salutare di Gesù Cristo, ho dovuto recuperare l'idea di Dio come "potentia ordinata" ( contrariamente alla concezione occamista della "potentia absoluta",. cioè del tutto arbitraria ) per cui non può rinunciare alla giustizia più di quanto possa fare che 2+2 sia uguale a 5. Siccome la colpa esige l'espiazione, la giustizia di Dio non poteva non esigerla per una colpa catastrofica come il Peccato Originale; così catastrofica da poter essere espiata solo da un uomo che fosse insieme Dio. L'immagine del sangue corrisponde al'idea di una "corrente vitale", di una "energia" che gli studiosi di etnologia e fenomenologia delle religioni chiamano convenzionalmente "mana"; idea di cui l'antropologia trova corrispondenze nei campi più diversi, perfino nel "Capitale" di Marx e nella dottrina cattolica del "tesoro dei meriti" che vengono distribuiti attraverso la "comunione dei santi": un sistema circolatorio che avvolge l'umanità.
    Vita nella sua pienezza come relazione; razionalità e ordine del Divino; rapporto necessario fra colpa ed espiazione; corrente vitale; sistema, anzi sitemi circolatori dei valori: questo intendo per categorie-ponte che posso fare da "preambula" all'attenzione che un borghese acculturato può prestare alla dottrina cattolica. Non si tratta di rinunciare alla "sana dottrina", ma porre le immagini metaforiche necessarie perché possa essare presa in considerazione da chi vive nell'era della tecnologia e della critica.


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  10. L'articolo di Vatican Insider del 15 novembre sul ritiro dell'intervista a Scalfari dal sito web vaticano affermava che "Padre Lombardi fin dai giorni successivi alla pubblicazione dell'intervista aveva dichiarato che il Papa non aveva rivisto personalmente il testo, che pure Scalfari aveva inviato in Vaticano".

    Ora, a me appaiono inverosimili due cose:
    - che Scalfari abbia pubblicato un'intervista 'taroccata', ben sapendo la figura meschina che avrebbe fatto dopo l'inevitabile smentita vaticana;
    - che il 'Vescovo di Roma' Francesco non abbia controllato la medesima intervista, correttamente inviatagli da Scalfari prima della pubblicazione, pur sapendo che avrebbe poi fatto il giro del mondo su tutti i media.
    A che gioco si vuol giocare, in Vaticano?

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  11. Franco,
    non deve scusarsi. Ha posto delle questioni fondamentali che vanno approfondite e desidero anch'io farlo, dedicandoci un'adeguata riflessione, perché sento da molto e diversi dei suoi input lo confermano che è questo il cuore del problema. Ho anche alcune osservazioni che adesso non ho tempo di formulare, ma ne riparleremo.

    Ci sono diversi punti in cui ho parlato della 'lacuna' sull'espiazione, che è anche di Ratzinger poi Benedetto XVI, purtroppo. E ne avevo accennato anche nella riflessione che inserisco nel post successivo, stralciata da altre osservazioni sulla Lumen Fidei:

    http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/08/alcune-osservazioni-sulla-lumen-fidei.html

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  12. Sulla Lumen Fidei:

    ...
    C'è da aggiungere che nel Capitolo Secondo della Lumen fidei: Se non Crederete, non comprenderete, nel sottotitolo Conoscenza delle verità e amore (punti 26, 27, 28), l'Enciclica sviluppa il rapporto tra verità amore e fede. Ma, nel precedente punto 20, nel Capitolo Primo: Abbiamo creduto nell'Amore, incontriamo una seria omissione: quella della Passione espiante liberante e redentiva. Lo cito per intero:

    20. La nuova logica della fede è centrata su Cristo. La fede in Cristo ci salva perché è in Lui che la vita si apre radicalmente a un Amore che ci precede e ci trasforma dall’interno, che agisce in noi e con noi. Ciò appare con chiarezza nell’esegesi che l’Apostolo delle genti fa di un testo del Deuteronomio, esegesi che si inserisce nella dinamica più profonda dell’Antico Testamento. Mosè dice al popolo che il comando di Dio non è troppo alto né troppo lontano dall’uomo. Non si deve dire: « Chi salirà in cielo per prendercelo? » o « Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo? » (cfr Dt 30,11-14). Questa vicinanza della Parola di Dio viene interpretata da san Paolo come riferita alla presenza di Cristo nel cristiano: « Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? — per farne cioè discendere Cristo —; oppure: Chi scenderà nell’abisso? — per fare cioè risalire Cristo dai morti » (Rm 10,6-7). Cristo è disceso sulla terra ed è risuscitato dai morti; con la sua Incarnazione e Risurrezione, il Figlio di Dio ha abbracciato l’intero cammino dell’uomo e dimora nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo. La fede sa che Dio si è fatto molto vicino a noi, che Cristo ci è stato dato come grande dono che ci trasforma interiormente, che abita in noi, e così ci dona la luce che illumina l’origine e la fine della vita, l’intero arco del cammino umano.

    Dov'è la Passione redentrice, che è la sola che libera e salva e introduce nella Risurrezione? È questo il grande vulnus della teologia e della Ecclesiologia odierne: hanno espulso il Sacrificio di Cristo Signore sul Golgota (riprodotto su ogni Altare fino alla fine dei tempi per Sua consegna fin dall'Ultima Cena), che è il vero culmine e fonte di tutto. Se ne parla, ma quasi sfiorandolo, senza più affermare e fondarsi sulla sua vis espiatrice e redentrice. Non si parla più di peccato originale, non si parla più di liberazione dal peccato che porta alla morte spirituale perché è separazione da Dio e dal suo piano di salvezza per noi. La Croce è ritenuta addirittura un concetto doloristico con grande enfasi sul "Mistero pasquale", fulcro della nostra fede che sembra quasi una riscoperta del concilio e presentato come l’anima della riforma liturgica postconciliare.

    Ebbene, la “teologia del mistero pasquale” è l'anima della fede cattolica, non della riforma postconciliare. Infatti, il mistero Pasquale è la Passione-Morte-Risurrezione del Signore. La riforma post-conciliare, invece, ha posto l'accento prevalentemente sulla Risurrezione, con il pretesto che la visione di Trento era troppo “doloristica” e si metteva troppo l'accento sulla Croce. Ma questo è un inganno: la Croce è una Realtà ineludibile, vera Pasqua=’passaggio’ verso la Risurrezione, perché rappresenta il fiat di Cristo Signore alla volontà del Padre, quell'obbedienza piena e libera, che ha cancellato un primigenio terribile non serviam e la tragica disobbedienza del primo Adamo e ha permesso il ricongiungimento al Padre dell’umanità redenta.

    Circa l' "enfasi sul mistero pasquale", vedi qui

    http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/08/enfasi-su-una-nuova-concezione-del.html

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  13. Dovremo poi veder bene, caro Franco, se davvero siano necessarie delle vere e proprie categorie-ponte per incomprensibilità delle precedenti o questa non dipenda piuttosto dall'oltrepassamento di alcuni contenuti, insieme all'annacquamento di alcuni significati.
    Cercherò di fare esempi concreti.

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  14. Ora, a me appaiono inverosimili due cose:
    - che Scalfari abbia pubblicato un'intervista 'taroccata', ben sapendo la figura meschina che avrebbe fatto dopo l'inevitabile smentita vaticana;
    - che il 'Vescovo di Roma' Francesco non abbia controllato la medesima intervista, correttamente inviatagli da Scalfari prima della pubblicazione, pur sapendo che avrebbe poi fatto il giro del mondo su tutti i media.
    A che gioco si vuol giocare, in Vaticano?


    Ha ragione Amicus, un gesuita naif fino al punto di tutta quella superficialità non ce lo vedo.

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  15. Scusa mic,
    chi è l'autore dell'articolo?

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  16. mic. Da qualche tempo vado riscoprendo i "libretti devozionali" di un tempo, '800 e inizio '900. Risultato: li trovo di una dolcezza e delicatezza di sentimento estreme, tali da formare anime belle. o addirittura bellissime come quelle di Santa Teresa di Lisieux e di Santa Elisabetta della Trinità ( avrà presente la meravigliosa preghiera "Mio Dio, Trinità che adoro..." in cui la teologia si fa fiamma d'amore ). Ebbene, quella devozione non si risolve in estetismo svenevole perchè è sostenuta dall'intelaiatura della dottrina tradizionale, senza svicolamenti sulla Redenzione attraverso la Croce e sui "Novissimi": ad esempio la "spiritualità vittimale" per la quale si può chiedere di espiare per altri soffrendo e offrendo le sofferenze. Atteggiamento che sarebbe inconcepibile se non sulla base del concetto della "comunione dei santi".
    Secondo me intellettuali borghesi come Scalfari e Augias possono avvertire quella dolcezza, magari provata durante l'infanzia, e fors'anche provarne nostalgia; non so quanto il loro agnosticismo derivi dal rifiuto di proseguire la ricerca religiosa con l'accanimento di un Agostino ( in realtà Augias si è interessato molto di Gesù e Maria, sia pur laicamente, segno di non indifferenza ); però credo che nel campo tradizionale siano carenti gli strumenti apologetici, a parte poche lodevoli eccezioni, come quelle di Messori e Socci in materia neotestamentaria e su Padre Pio come Grande Vittima ( non so dire de "Il Timone", che non leggo).
    Scalfari ha intitolato un suo libro "Nel vasto mare aperto" ( citazione dall'Ulisse dantesco, come "superatore dei limiti" posti da una Sacralità autoritaria. Il nucleo concettuale è il "disincantamnento del mondo" iniziato con la rivoluzione copernicana e la caduta del concetto di "legge naturale"
    ( intesa in senso etico ). Stesso discorso viene fatto dal noto e autorevole giurista Gustavo Zagrebelski; per loro rimane un vago intuizionismo etico a cui consegue una legislazione "positiva" basata sulla semplice opportunità. Siccome la "legge naturale" è il concetto-pilastro su cui poggiano i "principi non negoziabili", occorrerebbe qualche opera in cui scrittori-pensatori cattolici, come Mario Palmaro, mostrassero come esso possa essere fondato e corroborato in un'epoca con una visione del mondo non più dominata dal paradigma "fissista", in cui la metafisica dell'essere, cara a Romano Amerio, sembra obliterata e dominano storicismo, esistenzialismo,evoluzionismo darwinista,decostruzionismo e via dicendo. Magari facendo vedere che la "legge naturale" è la legge di ricostituzione della situazione edenica, come sembra suggerire l'apologeta francese Jean Guitton nel prezioso libretto "Filosofia della risurrezione".
    La differenza tra reazionario e conservatore consiste nel fatto che il primo si impunta e basta, il secondo sa offrire ragioni che possono toccare la controparte non solo nell'intimo del cuore, ma anche nel cervello.

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  17. @Per il dottor MArio Palmaro Dottor Mario Palmaro vi porgo i miei più fervidi auguri e, sopratutto vi garantisco che, per quel che valgono, posto nelle preghiere mie e della mia famiglia per lui ci sarà sempre, vi invito, se vuole, a prendere contatto contatto con me e, comunque, vorrei che legga il seguente testo.
    Se è vero che ha un cancro, ormai pre-terminali, Non si dovrebbe fare scrupoli ad integrare le sue cure con uno degli ingredienti della terapia Di Bella: l'Ascorbato di Potassio. Prodotto che ha alle spalle una lunga storia di uso anche singolo e, che, tra l'altro è assunto con ottimi risultati dal Dottor mauzizio Blondet, che ha problemi di salute simili. Vi dico che, in caso di AGONIZZANTI, con entrambi i piedi ABBONDAMENTE nella fossa, ha ottenuto il 3% di GUARIGIONI TOTALI.
    QUELLE che seguono sono delle FAQ su tale sostanza.
    DIO ci benedica vostro
    UomochenonfuMAI

    PS
    Oltre e più e meglio che con me, è bene contttare l'istituto "Gianfranco Pantellini", intitolato al chimico fiorentino che, negli anni '60, scoprì le proprietà di tale composto Che cos'é l'ascorbato di potassio?
    E' un sale derivato dall'acido ascorbico ed un fortissimo antiossidante Come funziona l'ascorbato di potassio?
    Agisce come antiossidante all'interno della cellula. L'ascorbato di potassio è un sale bianco microcristallino facilmente
    solubile in acqua alquanto instabile per la sua facile ossidabilità. Si ottiene per salificazione dell'acido ascorbico in soluzione acquosa a freddo. Evaporando sotto vuoto lo si ottiene allo stato puro. La soluzione ha sapore metallico ferroso, non presenta nessuna tossicità e può essere usato per lungo tempo, segue biologicamente il destino dell'acido ascorbico (la vitamina C). Esperimenti su malati di cancro (volontari) la somministrazione di circa 1 gr di ascorbato di potassio, refratto in tre dosi di gr 0.33 tre volte al giorno tre quarti d'ora prima dei pasti principali, ha portato netti miglioramenti: ripresa delle forze, dell'appetito, diminuzione dei dolori, aumento di peso, normalizzazione della formula ematica. IN concreto si tratta farsi preparare dal farmacista delle capsule di un terzo di grammo di bicarbonato di potassio e, al momento della somministrazione, svuotarla, unitamente ad un compressa di Cebion effervescente, in un mezzo bicchiere di acqua minerale e premuta di limone (e/o succo d'ananas non zuccherato). Unica precauzione, quando si assume l'ascorbato, è tenere sotto controllo la pressione. In rari casi di forti sbalzi in su o in giù, diradare le somministrazioni. Come immunostimolante e, quindi, preventivo anche delle virosi, (dalle più "banali" come raffreddore e influenza all'epatite) è sufficiente una dose a giorni alterni.. "La somministrazione di Ascorbato di Potassio migliora le condizioni generali di un malato di cancro"

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  18. La differenza tra reazionario e conservatore consiste nel fatto che il primo si impunta e basta, il secondo sa offrire ragioni che possono toccare la controparte non solo nell'intimo del cuore, ma anche nel cervello.

    Grazie, Franco, sono d'accordo.
    Il problema è proprio la messa all'angolo della metafisica.
    Ritengo però necessario non confondere il 'rigore' col 'fissismo', perché rigore è la limpida e chiara esposizione dei concetti attraverso la scelta di parole dal significato preciso che connotano la Realtà in maniera netta e non ambigua. Fissismo, invece, è la rigida (non rigorosa) attestazione su posizioni che non accettano discussione.
    Come giustamente lei sottolinea, invece, è necessario fornire le ragioni che tengano conto delle posizioni nei confronti delle quali ci si deve esprimere e calibrare il discorso su quelle.
    Il discorso sul "diritto naturale", insieme alla teologia e all'antropologia della caduta e conseguente salvezza in Cristo, è il cuore del dibattito ma anche degli indirizzi teologici ed antropologici attuali.

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  19. Aggiungo che il problema odierno, almeno in ambito ecclesiale, è che si usano le stesse parole alle quali è stato cambiato il significato: ho fatto più volte l'esempio di tradizione "vivente" intesa come vivente in senso storicistico, cioè in evoluzione insieme al soggetto). Senza tener conto che è invece il soggetto che deve evolvere in base alla Tradizione, oggettiva, e non mutevole a seconda dei tempi.
    Ed è proprio questo il motivo per cui si stanno 'diluendo' i fondamenti sui quali costruire l'intero impianto dei concetti da assimilare per acquisire strutture che attingono al Soprannaturale e conseguenti scelte e comportamenti.

    L'articolo successivo e il discorso del presidente Napolitano calibrato su certe "deviazioni di rotta" di Bergoglio, lo dimostra ancora una volta.

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  20. Poi ci sono le parole che non si usano più: abbiamo visto espiazione, redenzione, i cui concetti nel tempo rischiano di diluirsi fino a scomparire dall'orizzonte del credente, che non si accorge di vivere un'altra fede.
    Comprendo il suo tentativo di rivisitarne il senso con le categorie odierne (forse è proprio quel che voleva fare il concilio, ma lo ha fatto in un'ottica esclusivamente antropocentrica e storicista). Non sono sicura che le categorie del passato risultino oggi incomprensibili. Credo che manchino gli interpreti e i divulgatori, ma i contenuti non appartengono ad un linguaggio obsoleto.
    Mi viene anche da considerare di dover vagliare attentamente l'idea di esprimere i concetti che ci stanno a cuore dal linguaggio tecnico o scientifico, perché la scienza e la tecnica, se se ne veicolano le strutture portanti oggi, hanno i loro limiti, che vengono spesso oltrepassati. E dunque si può rischiare di introdurre questo limite anche nella trasmissione delle idee fondamentali.

    Gesù è stato il primo, parlando in parabole, ad usare un linguaggio che trae dagli elementi della vita quotidiana le leggi universali. E devo dire che, lo ha fatto da vero Maestro e Signore, perché quel che ha detto non ha bisogno neppure dopo 2000 anni di trasposizione nelle categorie correnti.
    Il Regno (e la sua intrinseca vis trasformante) come seme e come lievito ; il gregge e il pastore (lo stesso Bergoglio non ha mancato di usare ilo linguaggio, ma malauguratamente lo ha fatto in maniera distorta lo scorso giovedì Santo) ; Il cammello che non può attraversare la "porta stretta" (quella della "cruna") se ha lungo i fianchi un carico che glielo impedisce (evidente metafora degli interiori appesantimenti del 'ricco', che non è solo il ricco in denaro)... Potrei continuare molto a lungo.

    Il problema non sta nei concetti o nel linguaggio ma in chi non ha assimilato correttamente i contenuti e quindi trasmette "altro", e il tutto è aggravato dall'odierno linguaggio approssimativo, fluido e non definitorio, dal quale si può interpretare tutto e il contrario di tutto.

    Ciò non toglie che non solo si possa ma anche si debba tentar di calibrare un discorso sulle più gettonate affermazioni di oggi. Quelle di Mancuso, ad esempio... che io ho sempre lasciato da parte considerandole marginali e che invece risultano sempre più emergenti ora anche all'interno della Chiesa.

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  21. credo sia una tecnica della rivoluzione ideologica...m

    "La vera rivoluzione cambia il senso delle parole, come insegna la storia del marxismo teorico e realizzato".
    http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=print&sid=3584

    Mancuso, comunque è eresia, chiaramente influenzato dall'immanentismo new age...(così come L. Boff)

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  22. Caro m,
    Che sia eresia non c'è alcun dubbio. Il problema è che personaggi come lui e il pripre di Bose, et similia, siano i più gettonati nelle università pontificie dove si formano (o si de-formano?) i futuri sacerdoti e teologi.

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  23. E, come suggerisce Franco, è bene fare qualunque tentativo per allargarla.

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  24. Contrordine compagni!

    La verità di Scalfari sull'intervista al Papa
    Il giornalista: «Ho aggiunto frasi che Francesco non aveva detto. Ma il suo segretario Xuareb mi ha dato l'ok»

    http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/scalfari-francesco-francisco-francis-29988/

    Anche il papa fa autocritica.
    E corregge tre errori
    Abbassa il "rating" della sua intervista a Scalfari. Rettifica i suoi giudizi sul Concilio Vaticano II. Prende le distanze dalle correnti progressiste che l'hanno fin qui più applaudito.
    di Sandro Magister

    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350668

    Scusate se sdrammatizzo..

    Contrordine compagni! La frase pubblicata sull'Unità: "Bisogna scendere in piazza con bandiere e porci, alla testa delle masse", contiene un errore di stampa, e pertanto, spostando una virgola, va letta: "Bisogna scendere in piazza con bandiere, e porci alla testa delle masse".
    (Giovannino Guareschi, Candido, 14 marzo 1948)

    Alessio

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  25. Gent.ma Maria, ritorno sul mio commento posto nell'art. di "Gnocchi-Palmaro sull'intervista archiviata" del 20 novembre, dove domandavo della Costituzione Apostolica Anglicanorum Coetibus.
    I fatti sono fatti: un gruppo di sacerdoti e fedeli anglicani, si sono staccati dall'anglicanesimo per riunirsi alla comunione con Roma: Benedetto XVI per mezzo di detta Costizione Apostolica li ha accettati, lasciando loro tutto il rito loro precedente, ecc. ecc. - Ora rientrando nella Chiesa di Roma, questo blocco trova l'ecumenismo e piano piano si ritrova in poco tempo nelle stesse identiche condizioni da dove proviene.
    Infatti tra non molto, il famoso referendum delle 38 domande per il prossimo sinodo del 2014, concludera' una delle fasi che poi proseguira' col celibato dei preti, con la richiesta delle donne prete ecc.ecc.
    Dunque l'anglicanorum coetibus si risolve in una bolla di sapone per quel gruppo che avrebbe voluto la tradizione della Chiesa di Roma Cattolica ed Apostolica.
    Comunque vediamo come proseguiranno le cose. Queste persone sono uscite perche non erano d'accordo per le donne vescovo ed altro e a Roma si ritrovano il celibato e le donne prete (poi vescovo). cosa cambiera' per questo gruppo? Molto probabilmente entreranno con piu' facilita' in crisi di fede.
    Ma non vedete che la strada tracciata dal Conciliabolo va avanti imperterrita contro tutto e tutti?
    L'aiuto puo' venire solo dalla potenza di Dio, e qui ritorno al Vangelo: Se trovero' 50 giusti non distuggero' col fuoco e non distruggero' neanche per 10. Non ne ha trovati neanche 10.
    Che la Santa Vergine ascolti i nostri lamenti.
    Non dimentichiamo comunque che oggi la chiesa di Roma e' guidata da Bergoglio e dai Bergogliani.

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