Non è un discorso teorico. Il Gregoriano è il Canto della Chiesa, non l'unico, ma sicuramente quello più antico, pur se rivisitato, che tesaurizza le ricchezze esegetiche e teologiche delle generazioni passate ma, soprattutto, ci collega alle Sorgenti della nostra Fede. Vale la pena dedicarvi un minimo di attenzione e approfondimento: quell'amorosa fatica richiesta da ogni tassello dell'approfondimento della Fede e comunque per ogni acquisizione che costa ma vale. Sono mirabilia che, una volta acquisite, ma soprattutto vissute nell'esperienza liturgica, elevano l'anima e pacificano il cuore, anche di chi non ne conosce l'arte mirabile, ma vi si immerge soltanto.
Avevo denunciato immediatamente, nella giornata di ieri, proprio su questo blog, il terrificante “imbastardimento” subito dalle antifone gregoriane durante i Primi Vespri della I domenica di Avvento di sabato 30 novembre scorso presieduti da Papa Bergoglio.
Avevo denunciato immediatamente, nella giornata di ieri, proprio su questo blog, il terrificante “imbastardimento” subito dalle antifone gregoriane durante i Primi Vespri della I domenica di Avvento di sabato 30 novembre scorso presieduti da Papa Bergoglio.
Al netto di un nefasto abbandono del latino (ah già, il dogma-continuità…) da parte di un Pontefice (ah già, è il “Vescovo di Roma”…), in quelle poche righe denunciavo il letterale stupro subito da alcune antifone del repertorio gregoriano. L’esempio portato era la neo-antifona “Date l’annunzio ai popoli” partorita da un rimaneggiamento dell’originale “Annuntiate populis” tratta dal repertorio dell’Ufficio.
Ai lettori di queste pagine non dovrò certo richiamare quale sia la vera essenza del gregoriano, una sorta di esegesi musicale della Parola [vedi], basti solamente sapere che la retorica gregoriana, finalizzata a una interpretazione sonora della Sacra Scrittura, non riguarda solamente il repertorio “maggiore” della Messa, ma un discorso analogo lo si può fare anche per il repertorio “minore” (ma che minore non è affatto!) dell’Ufficio.
Per completezza di informazione tecnica, occorre precisare che, riguardo l’antifona in questione, si tratta di una “melodia-tipo”: esse erano melodie stereotipate alle quali si applicavano, di volta in volta, a seconda delle esigenze, testi differenti. Si potrebbe, dunque, obiettare che vi era già in origine una componente “contaminatrice”. In realtà, i conti bisogna farli con l’oste. E l’oste, nel nostro caso è un certo monaco Hartker. Egli compilò, tra il 980 e il 1011 (data della sua morte), un Antifonale: è il cod. 390/391 di San Gallo. Hartker compare raffigurato in apertura del manoscritto nell’atto di servire copia della sua opera a san Gallo definendosi Hartker reclusus (grazie alle fonti coeve si apprende che Hartker si rinchiuse volontariamente in una minuscola cella del monastero con lo scopo di redigere l’Antifonale). Il codice, oltre a rappresentare un vero e proprio unicum nella trasmissione del repertorio dell’Ufficio, si presenta a noi come un compendio di esegesi scritturale. Ogni antifona, infatti, non è semplicemente corredata dei neumi, ma gli stessi neumi vengono piegati, come avviene per il repertorio del Graduale, alle esigenze interpretative del passo biblico.
L’antifona “Annuntiate” ha, dunque, nell’esegesi del codice Hartker, alcune sottolineature musicali che ne veicolano altre di tipo esegetico. Vediamole.
- Adnuntiate: sulla -a- allargamento ritmico che sottolinea la componente dell’annuncio.
- et: liquescenza che amplifica la congiunzione per sottolineare il termine che segue, “dicite”, che assume, così, un’importanza data l’attesa causata dall’amplificazione stessa della sillaba che precede.
- Ecce: è tutta una sottolineatura. Entrambe le sillabe di Ec-ce risultano interamente allargate così da farne il cuore e il nucleo di tutta l’antifona. Il termine stesso “Ecce” (basti pensare alla serie delle “Antifone Ecce”) è una parola che, già di per sé, in un contesto profetico ed escatologico come quello dell’Avvento, assume una notevole importanza. Per di più se collegato al tema della seconda venuta che caratterizza proprio la I domenica di Avvento.
- Deus: la prima sillaba è amplificata per sottolineare l’intera parola, Dio.- Salvator: anche qui si assiste ad una forte articolazione della prima sillaba Sal-.
- noster: l’amplificazione sonora è, qui, posta sulla seconda sillaba –ter col fine, oltre che di sottolineatura, di maggiore articolazione e collegamento con il termine che segue, “veniet”.
Ecco, in poche righe, come l’esegesi del gregoriano si manifesta. Dopo un primo leggero accento sull’“annuncio” (benché esso sia ormai diventato il mantra della Chiesa 2.0), il compositore gregoriano sposta immediatamente il suo focus dal “dicite”, a ciò che deve essere detto: “ECCO, VIENE DIO, IL NOSTRO SALVATORE”.
Tutto questo, è evidente, non avviene ed è letteralmente perduto nella versione italiana: tutto appiattito ad un ritmo in ottavi costellato di terzine che, paradossalmente, laddove vi sarebbe da rallentare e amplificare il testo, accelerano. La frase della versione italiana “Ecco Dio viene”, che dovrebbe essere il focus, l’anima di tutta l’interpretazione dell’antifona, è totalmente sorpassata con una leggerezza che, se confrontata con le informazioni ricavate dall’originale, è davvero emblematica.
In conclusione, il raffronto dell’adattamento liturgico-musicale italiano con l’originale latino dimostra che lo “stupro” c’è stato, non solamente per la bruttezza (il termine è ancora benevolo) della neo-antifona, ma anche, e soprattutto, per la scomparsa di tutto il substrato simbolico e teologico che il gregoriano veicolava.
Rilancio l’appello: se non importa nulla del gregoriano, lo si lasci stare, lo si “ingessi”, lo si “incartapecorisca”, lo si destini al “museo” come da recenti anatemi. C’è e ci sarà ancora chi, nell’oblio di decenni, se ne occuperà amorevolmente.
Mattia Rossi
Mattia Rossi:
RispondiElimina"...se non importa nulla del gregoriano, lo si lasci stare, lo si “ingessi”, lo si “incartapecorisca”, lo si destini al “museo” come da recenti anatemi. C’è e ci sarà ancora chi, nell’oblio di decenni, se ne occuperà amorevolmente."
Concordo anche sulle virgole.
Simili esegesi del testo, le faccio ogniqualvolta mi accingo ad insegnare un nuovo brano gregoriano alla mia Schola Gregoriana. Tutti i brani di quel grande corpus che la Santa Madre Chiesa Cattolica ed Apostolica dei tempi andati (e migliori di quelli odierni) ci ha lasciato in dono, si prestano a simili analisi. Nessun brano del fondo classico ha ricevuto una "spruzzata" di note sopra il testo biblico, allo stesso modo come si sparge il formaggio sulla pasta, tanto per creare una melodia da cantare. Ogni brano, compresi quelli centonizzati, sono stati pensati in funzione della "Parola", e le varie formule o melodie tipo sono collocate nel punto giusto da porre in rilievo il messaggio teologico che vi è insito. Il gregoriano è costruito sulla Parola, esso è come un indumento fatto da un sarto su una determinata persona che deve tenere conto del ventre prominente, della gobba, delle braccia corte e delle gambe lunghe del committente. Gli esempi musicali che vengono dalla sede di Pietro, sono perfettamente in linea con il mondo commerciale, nel quale è molto più semplice (e meno costoso) vestire una persona: in poche taglie S, M, L, XL, XXL, tutti debbono per forza entrare o ri-entrare...
Sono certo che il gregoriano sopravvivrà all'odio verso il sacro che la temperie odierna sta riservando. Personalmente avrei piacere che tale canto fosse ufficialmente cacciato dalle chiese: avremmo così molta più chiarezza e meno ipocrisia da parte dei sepolcri imbiancati che stanno conducendo la nave sugli scogli. Sono altresì convinto che il gregoriano stia oggi vivendo la sua più splendida stagione interpretativa e conoscitiva. Cacciato dalle chiese, viene accolto nelle università, nelle scuole, nei conservatori e nelle molteplici associazioni culturali che lo diffondono, verrà custodito da costoro e valorizzato, e verrà un tempo in cui sarà pronto a ritornare nella SUA casa dalla quale un giorno è stato cacciato: Infatti, Cristo non permetterà che la con la SUA nave che cozza contro gli scogli, perisca anche tutto l'equipaggio; siamo certi che rimarrà un piccolo gregge, rimarrà... e conserverà la fiaccola della fede che il resto dell'equipaggio ha spento in fondo al mare. E quel piccolo gregge, che non ha bevuto l'acqua salata del mare, avrà sete di spiritualità e di CANTO GREGORIANO.
Grazie Renzo T.
RispondiEliminaConcordo e spero e prego anch'io.
Leggo estemporaneamente questo blog. Per quanto riguarda questo post, che dire?
RispondiEliminaQualcuno potrà sostenere che sotto papa Damaso la liturgia romana da greca è divenuta latina e, quindi, sotto Bergoglio, potrebbe avvenire definitivamente il passaggio alla lingua vernacolare.
Mi permetto, però, di fare delle precisazioni: al tempo di papa Damaso rimasero nella liturgia elementi greci, segno della liturgia precedente. Infatti nella liturgia cristiana la svolta radicale con l'oblio del passato è cosa senza dubbio eversiva (fu inaugurata da Lutero in odio alla liturgia papista, come diceva lui). Viceversa, i passaggi quando avvengono si "trascinano" sempre il passato perché semplicemente NON lo vogliono rinnegare! Purtroppo nella testa di questi preti novatori non penso che frullino questi concetti, ma idee rivoluzionarie con l'inevitabile disprezzo del passato!
Che nella liturgia i passaggi non possano prescindere dal passato lo vediamo pure nelle liturgie pontificali russo-ortodosse dove il vescovo viene salutato.... in greco, non in slavonico!!
(http://traditioliturgica.blogspot.it/)
Mi permetto, però, di fare delle precisazioni: al tempo di papa Damaso rimasero nella liturgia elementi greci, segno della liturgia precedente.
RispondiEliminaNon solo rimasero gli elementi greci, ma anche formule ancora più antiche e la "vetus latina" è stata redatta in una 'forma' già codificata e in un linguaggio non volgare, del quale lo stesso Papa Damaso, che inserì la Vulgata di Girolamo per le letture, non si azzardò a toccare il resto, ma appunto solo le 'letture', che in fondo rappresentano il residuo della la 'liturgia della parola' sinagogale e sono meno significative del novum introdotto dalla Liturgia eucaristica...
La volgarizzazione attuale, invece, è più calibrata sullo spirito dissacratorio luterano e va persino oltre...
Salve Mic,
RispondiEliminaCome posso scriverLe via email ?
Ho cercato sul sito ma non c'è un email di contatto.
Grazie !
dSTM
può scrivere
RispondiEliminamaria.guarini@gmail.com
RispondiEliminaTrascrivo parte di un brano di Giovanni Papini ( + 1956 ) che trovo meraviglioso. Dando voce a E. von Steinbach, costruttore della cattedrale gotica di Strasburgo afferma paradossalmente che la sontuosità dell'architettura sacra e della liturgia vale molto più per i poveri che per i ricchi:
"Era la casa di Dio e doveva essere più meravigliosa di tutte le case degli uomini...Doveva magnificare, per quanto era dato a noi uomini, la magnificenza di Dio e accogliere, illuminare, confortare i poveri di Dio... La cattedrale del mio pensiero doveva essere la reggia dei miserabili, più sontuosa della reggia degli imperatori... I poveri non potevano avere altra idea della grandezza, della bellezza, della ricchezza che nel gran duomo di tutti, aperto a tutti, dove non c'eran più separazioni e privilegi, dove al pezzente son rivolte le stesse misteriose parole che al re... La cattedrale non era, per loro, soltanto la reggia, ma anche... il porto di splendore in mezzo al tenebrore della città sudicia e ostile... I sacerdoti vestiti di seta e d'oro al par di antichi monarchi, celebravano anche per loro i misteri della Redenzione, per loro ardevano ceri e lampade nella foresta delle colonne... Per dar voce alle loro anime l'organo mormorava e tuonava, il coro dei fanciulli supplicava ed esultava, nelle messe solenni. La cattedrale era, per gli sventurati e i pitocchi, un compenso generoso alla miseria dei loro abituri, un'eco o presentimento del paradiso9 deliziano.... Lì Dio apriva le sue braccia agli espulsi dai banchetti della terra e Cristo offriva la sua carne alla fame dei famelici... Nessun altro edificio umano racchiudeva tanta felicità, nessun altro meritava amor più vivo e più forte...
( Da "Giudizio universale" Vallecchi 1957, pag 868 e segg. )
Lo conoscerete tutti senz'altro, ma non mi funziona piu il tasto cerca per verificare se se ne sia mai parlato qui.
RispondiEliminaIncollo i link di due esecuzioni del coro della Sistina diretto da Mons. Antonio Rella l' 11 aprile 1904 ( I Pius PP.X ) avvenute in S.Pietro nell'ambito del congresso di musica sacra per il XIII centenario della morte di Gregorio Magno. (Ci troviamo quindi prima della II edizione del Graduale Romanum di Solesmes del 1908)
Kyrie Eleison
http://youtu.be/T2OStk_-Gr8
Credo III
http://youtu.be/EBS4OtsiSiE
Qui una recensione delle registrazioni
http://www.arsc-audio.org/journals/v14/v14n2p72-74.pdf
Alessio
Qui
RispondiEliminahttp://www.ccwatershed.org/Gregorian/
, in fondo alla pagina tutte le registrazioni .
Meravigliosa anche l'introduzioncina di Mons. Rella rivolta a Pio X in uno stile aulico tipico del tempo(1904) ma anche devoto, personale, semplice e "caldo".
Alessio
Si una adattazione di gregoriano al testo italiano lo fa "imbastardito", che pensare di molti simili tentativi americani come p.e. Lalemant Propers o Simple English Propers?
RispondiEliminahttp://www.ccwatershed.org/lalemant/
http://musicasacra.com/additional-publications/sep/
http://www.amazon.com/Simple-English-Propers-Ordinary-Sundays/dp/1607437260#reader_B0066QJP5I?
Andris Amolins
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350652
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