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mercoledì 4 dicembre 2013

Ariel S. Levi Di Gualdo. NUOVA PENTECOSTE O PENTECOSTE ININTERROTTA?

Il Padre Ariel S. Levi di Gualdo ci ha offerto la versione italiana di questo suo articolo che tra poco sarà pubblicato su una rivista teologica francese. Questa da noi pubblicata non è solo la versione in lingua italiana ma la versione concettuale italiana. Nel testo francese i contenuti teologici ed ecclesiologici sono gli stessi ma il taglio è internazionale e tutti i riferimenti legati a nostre specifiche realtà locali nazionali sono quindi stati omessi.
«Letta l’esortazione post sinodale Evangelii Gaudium mi sono rinchiuso nel silenzio, consapevole di quanto in certi momenti, l’efficacia della preghiera cristiana che nasce dalla fede, giovi molto più alla Chiesa di quanto non le giovi invece il prendere la rincorsa per andare a battere la testa sopra a un muro di gomma, mossi da una disperazione tutta quanta umana e forse anche poco cristiana. Con dolore e smarrimento posso solo dire che quel documento sembra un assurdo: non si sa a chi parla né che cosa vuole. Non è né teologia né omiletica ma retorica con non poche punte di ambiguità. Sembra tutto quanto dettato da quei teologi progressisti ormai al potere che mirano a “reinventare la Chiesa” con le loro rovinose “parole nuove”».

1.  QUELLA DOMANDA INSIDIOSA

Buona parte del mio tempo la trascorro tra il confessionale e gli spazi privati in cui si svolgono gli incontri di direzione spirituale, dove con frequenza sempre più crescente mi capita di sanare le ferite sanguinanti di confratelli sacerdoti, ma anche di seminaristi partiti con tutta la purezza generata delle migliori speranze cristiane, spesso disilluse, peggio a volte tradite. Affermare: “Mi accade di sanare” è un modo di dire improprio. Sappiamo bene infatti che a sanare è solo la grazia di Dio, che si serve all’occorrenza di tanti strumenti diversi, incluso un utile somaro come me.

Un seminarista, studente di teologia presso una pontificia università romana, mi ha rivolto una domanda interessante ma anche complessa; a dire il vero anche insidiosa. Per questo ho deciso di rendere partecipi i lettori di questa Rivista teologica del dialogo che si è svolto tra questo giovane appena trentenne e me, giunto ormai alle soglie dei cinquant’anni. Questa la domanda rivolta: «Il periodo del post-concilio è stato celebrato come l’era della “nuova pentecoste” annunciata da Giovanni XXIII. In realtà ha visto manifestarsi una crisi come forse mai prima la Chiesa dovette affrontare. Come spiegare una così radicale devastazione e un così lungo periodo di cecità e di silenzio da parte di chi avrebbe il dovere di custodire la fede e di guidare il gregge?».

Ho risposto con delle considerazioni teologico-pastorali incentrate sulla “ermeneutica della continuità” e sulla “ermeneutica della discontinuità” ... 
… negli anni del post Concilio presero vita due ermeneutiche contrarie, a tratti antitetiche. L’ermeneutica della discontinuità e della rottura, che ha fatto ampia breccia sui mass-media grazie alla prolifica opera di molti esponenti della teologia moderna; e l'ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità. L'ermeneutica della discontinuità porta a una rottura inevitabile tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare, con tutto ciò che di pericoloso ne consegue.

Credo che il Signore Gesù sia stato chiaro nell’affermare «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo»[1]. E spiega anche come mai  fosse «utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore. Ma, se me ne vado, io ve lo manderò»[2]. E ci rassicura: «Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto»[3].

L’evento della Pentecoste cominciato nel cenacolo dello Spirito Santo non ha mai avuto fine e da allora fermenta in un processo di ininterrotta continuità, con buona pace dei padri della Scuola di Bologna: Giuseppe Dossetti e Giuseppe Alberigo e della cosiddetta ermeneutica della discontinuità prodotta a loro dire dal Vaticano II. Teoria sulla quale suonano — mi si passi il termine affatto insolente ma solo giocondo — flautini e controfagotti come certi nostri laici cattolici italiani, da Alberto Melloni a Enzo Bianchi, circondati da un riverente coro secolare d’atei devoti assisi dentro e fuori dal Cortile dei Gentili del Cardinale Gianfranco Ravasi; e che da troppo tempo pontificano senza possibilità d’ortodosso contraddittorio dottrinale alcuno. Presenze a tratti assolute sulle televisioni pubbliche e private, promossi dalla stampa anticattolica e dalla grande editoria italiana, incluse purtroppo stampa ed editoria cattolica, a partire da quella gestita da congregazioni religiose come la Società San Paolo, o persino dalla Conferenza Episcopale Italiana, come nel caso di Avvenire, organo ufficiale dei Vescovi d’Italia, da sempre vetrina e tribuna per svariati di questi personaggi noti per la loro discutibile dottrina. 

2. QUELLA DITTATURA DISTRUTTIVA DEI MAESTRI DEL «PIÙ DIALOGO, PIÙ COLLEGIALITÀ PIÙ DEMOCRAZIA NELLA CHIESA»

Nel senso più squisitamente gramsciano del termine, flautini e controfagotti hanno da troppo tempo egemonizzato l’intera scena pubblica sul piano storico, teologico e pastorale, ponendo in atto un pericoloso processo che de facto esclude ogni voce contraria, ma soprattutto ogni voce autenticamente cattolica[4]. Un fenomeno giunto ormai al tumore con metastasi diffuse nelle nostre chiese del Nord Europa, dove da decenni s’ha persino l’ardire di chiamare il tutto: “Più dialogo … più collegialità … più democrazia”[5], mentre sempre più numerose sono le chiese antiche dei grandi centri storici urbani ormai vuote da alcuni decenni e per questo messe in vendita dalle diocesi, per essere acquistate da privati o da società e dalle stesse trasformate in eleganti ristoranti o in negozi di lusso. Credo che affiggere su questi stabili lapidi alla memoria del Padre Edward Cornelis Florentius Alfonsus Schillebeeckx O.P. o del Padre Karl Rahner S.J, per celebrare e tramandare ai posteri i concreti risultati della loro evidente opera e di quella ancora peggiore dei loro “nipotini” socio-politici camuffati da teologi, più che ironia sarebbe solo pura e semplice onestà intellettuale ed ecclesiale, proprio ciò che oggi pare mancare più che mai, in basso e in alto.

3.  LE PERLE: BRUNO FORTE E IL “PAPATO COLLEGIALE”, IL PORTAVOCE DELLA SALA STAMPA VATICANA ED ENZO BIANCHI CHE “REINVENTA LA CHIESA”

Di recente, poco dopo l’elezione del nuovo Romano Pontefice, S.E. Mons. Bruno Forte, responsabile della dottrina della fede della Conferenza Episcopale Italiana — di cui s’è occupato in recente passato il presbitero e teologo Brunero Gherardini, senza che ciò producesse i frutti da pochi o da molti sperati[6] — è tornato a deliziarci coniando un nuovo istituto ecclesiale in un’intervista rilasciata nel marzo 2013 a uno Speciale di Rai Uno: il «Papato collegiale». Nei giorni successivi, a noi presbiteri che viviamo a contatto con le membra vive del Popolo di Dio, non è stato facile rispondere a quanti hanno domandato spiegazioni a tal riguardo. Ciò non tanto per la perla ecclesiologica in sé, ma per l’autorevole bocca che via etere l’ha fatta giungere alle orecchie di milioni di telespettatori.

Simile modo mi piacerebbe sorvolare — ma per cattolica onestà pastorale e teologica non lo posso fare — sul pubblico discorso fatto dal portavoce ufficiale della Sala Stampa Vaticana in occasione del 70° genetliaco del “priore” di Bose, ossia quella deliziosa persona di Enzo Bianchi che «ci aiuta a reinventare la Chiesa»[7]. Un termine, quello di «reinventare la Chiesa» o di «reinventare la fede»[8], olezzante vecchia naftalina anni Settanta, tra fumosi comitati di base dove si giocava a fare sul serio quando si discuteva su “la sintesi dialettica dell’alternanza ideologica” e nei quali l’effige di nostro Signore Gesù Cristo veniva rischiosamente confusa con quella di Ernesto Guevara, noto come el Che. E se nel 2013, al riverbero delle candeline poste sulla torta di compleanno di un settantenne, presente come illustre relatore anche il portavoce ufficiale di Sua Santità, ci si trastulla ancora su questo «reinventare», francamente non ci resta che implorare: miserere nostri, Domine, miserere nostri. In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum[9]. E infine confidare: quoniam in aeternum misericordia eius.[10]

4.  NON SI GIOCA CON LE PAROLE: L’EVENTO DELLA PENTECOSTE 
È NEGAZIONE DELLA ERMENEUTICA DELLA ROTTURA

L’evento storico e reale della Pentecoste[11] è la negazione cristologica e pneumatologia dell’ermeneutica della rottura, per non parlare di certe ricostruzioni che nascono dopo devastanti decostruzioni sulle ceneri delle quali si cerca poi di reinventare la Chiesa di Cristo. Nell’esperienza cristologica noi siamo chiamati a scoprire e accogliere il Verbo Incarnato e a viverlo in unione di mutua trasformazione[12], non certo a porlo sul tavolo delle autopsie esegetiche per smembrarlo e per poi ricucirlo a nostro modernistico piacimento, prendendo del corpo di Cristo ciò che ci piace e nel modo in cui ci piace. O per meglio dire: «Si è affermato un cattolicesimo à la carte, in cui ciascuno sceglie la porzione che preferisce e respinge il piatto che ritiene indigesto» [13].

L’invito a essere «perfetti nell’unità»[14] implica come suffisso l’armonica continuità, affinché «il mondo creda che tu mi ha mandato». Affermazioni, quelle giovannee, che delineano un inizio e una continuità incessante, sino alla parusia.

Dalla Pentecoste nasce e prende avvio la storia della Chiesa e cominciano gli "Atti degli apostoli[16]. La Chiesa è dunque frutto vivo di un inizio che non ha mai avuto fine e da sempre è missionaria e pellegrina sulla terra.

Forse, con l’espressione «nuova Pentecoste», s’intendeva riferirsi in modo più accattivante che teologico, o forse meglio poetico-mediatico, non tanto a una nuova discesa dello Spirito Santo sul Cenacolo, quanto all’opera incessante sulla Chiesa del Donum Dei altissimi che Gesù ci ha promesso sino alla fine dei tempi. Perché se la Chiesa non fosse di fatto governata dallo Spirito Santo di Dio, al presente noi non saremo qua; saremo solo oggetto di studi antropologici, alla stessa stregua in cui oggi sono studiate le antiche ed estinte credenze religiose di egizi, etruschi, greci …

La teologia ha però un proprio linguaggio, diretto e preciso, basti pensare al problema teologico della Persona di Gesù che scuote i primi otto secoli di storia della Chiesa, tra eresie e problemi semantici a non finire tra Oriente e Occidente. E oggi, mentre ci avviamo sul finire di questo anno 2013, la mancanza di chiarezza e le affermazioni ambigue sembrano spesso farla da padrone in seno alla Chiesa, con uno smarrimento da parte dei fedeli cattolici che non s’era mai visto prima, tanto quanto mai, prima d’oggi, s’erano viste orde di anti-cattolici militanti e di atei devoti celebrare la liquida simpatia mediatica della persona umana in sé e fine a sé, anziché il solido ministero petrino edificato su una roccia che per mistero di grazia non dovrebbe mai essere scissa dalla persona che la incarna, posto che il Principe degli Apostoli cessa di essere Simone per diventare Pietro, la pietra sulla quale il Cristo ha edificato la sua Chiesa.

Oggi, in che misura al pescatore Simone è chiaro di essere l’universale pastore Pietro e in che misura all’universale pastore Pietro è chiaro che non può proseguire a essere il pescatore Simone perso per le periferie esistenziali dei villaggi dei pescatori della Giudea?  

La buona e sana teologia e per logica conseguenza il migliore e sano ministero pastorale, non contempla espressioni estemporanee o cosiddette comunicazioni “a braccio”, stile “mozioni” da carismatici-animisti o “risonanze” da neocatecumenali-pentecostali, ma parole chiare e precise, non circonlocuzioni che possono voler dire tutto ma volendo anche l’esatto contrario, secondo la logica delle “parole nuove” rivelatasi nel corso dell’ultimo mezzo secolo tragicamente fallimentare. 

A tal proposito è sufficiente ricordare che il mistero di quel «Verbo che si fece carne» che «era in principio ed era presso Dio»[17], era a tal punto grande che non esistevano neppure parole sul vocabolario per poterlo definire. Per questo abbiamo dovuto creare anzitutto le parole, prese perlopiù a prestito e modulate dal pensiero filosofico greco, basti pensare al concetto di ipostasi che indica la natura umana e la natura divina del Verbo fatto carne che abitano la stessa persona.

Siamo di fronte a un’architettura teologica, a un impianto di ingegneria costruito al millimetro nel corso dei secoli[18]. E, proprio da questo, nascono certi problemi: taluni filoni dell’ultimo concilio hanno insinuato diverse ambiguità nell’assisa, poi esplose in modo virulento nel post concilio, fino a creare l’idea di per sé ecclesialmente aberrante di ermeneutica della discontinuità, sfociata infine — e ciò con tutte le più drammatiche ed evidenti conseguenze — nella vera e propria dittatura del relativismo[19] di coloro che per alcuni decenni hanno giocano con “parole nuove”. E oggi, da una cattedra teologica all’altra, alcuni insegnano come superdogmatica “verità” di “fede” che il Concilio avrebbe rotto con la precedente tradizione[20]. Quel che poi è peggio e che costoro parlino della “precedente” Chiesa come se, in tutto e per tutto, fosse veramente un’altra Chiesa ... 

5.  LE ERESIE PEGGIORI COMINCIANO SEMPRE
GIOCANDO SULLE PAROLE

… asserire in modo aperto o ambiguo che la Chiesa del post concilio Vaticano II è un’altra Chiesa rispetto alla precedente è pura contraddizione teologica in termini, oltre che letale su altri delicati versanti ecclesiologici, pastorali e formativi. Procedendo a questo modo si opera una vera e propria corruzione delle menti dei nostri giovani e dei futuri sacerdoti, prima costretti ad assimilare queste dottrine ingannevoli e poi obbligati a ripeterle con le identiche parole attraverso le quali molti dialoganti docenti “liberal collegiali” esigono sentirsele ripetere in molte università e atenei pontifici romani e non solo. Salvo recidere di netto le gambe — in modo naturalmente dialogante e liberal collegiale, s’intende! — a chi osa non omologarsi alle loro fraseologie ereticheggianti, o peggio a chi osa non pensarla come loro. Non è certo storia nuova, anzi è noto da sempre in che misura ultra liberisti o eretici siano per loro intima natura sprezzanti, aggressivi e coercitivi; in modo particolare quelli mascherati dietro le velette da sposa del “più dialogo … più collegialità … più democrazia”. Né mai si dimentichi che le eresie peggiori cominciano sempre giocando sulle parole, per giungere infine a decostruire o distruggere la fede nelle membra vive del Popolo di Dio, dopo avere svuotato le parole del loro significato e averle riempite d’altro.
E il parlare ambiguo, oltre ad essere un non-parlare-teologico, sortisce sempre l’effetto di un parlare pericoloso, tanto più grave quanto più autorevoli sono le labbra dalle quali le ambiguità fuoriescono.

Facciamo un chiaro esempio a tal proposito: eliminare dal lessico eucaristico la parola transubstantiatione e sostituirla col termine più socio-accattivante di transignificazione e transfinalizzazione, come insegnano certi pericolosi e mediocri nipotini della Nouvelle Théologie alla Pontificia Università Gregoriana o presso quel covo di filo-protestanti che tale notoriamente è il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, non è un semplice svecchiamento della metafisica tomista, ma qualche cosa che porta alla inevitabile allegorizzazione, all’Eucaristia come mero simbolo, non più al divino mistero della presenza reale del Cristo vivo e vero.
Chi pretende di oltrepassare la metafisica deve farlo producendo un altro pensiero che sia di rigore superiore. San Tommaso d’Aquino può essere anche superato, volendo pure sostituito, in fondo è solo un santo dottore della Chiesa, non è certo la parola incarnata di Dio, oltre a non essere esente, come tutti i mortali, da svariate imperfezioni. Dubito però che questo superamento e questa sostituzione possano avvenire attraverso l’equivoca filosofia religiosa[22] dell’Aquinate dei gesuiti degli anni Sessanta, Karl Rahner, che pretende di oltrepassare la metafisica classica rischiando nella maggior parte dei casi di riassumerne, a volte senza averne alcuna coscienza e profonda preparazione, la confusa caratteristica di fondo, tendente com’è ad articolare certe sue speculazioni muovendo dalla neo scolastica decadente con l’uso del metro di Francisco Suarez, che partendo dall’aristotelismo scolastico tomista elaborò dottrine teologiche e filosofiche per così dire originali. Di fatto Karl Rahner, geniale, lo è senza dubbio, sicuro! È il genio della tuttologia-confuso-teologico-filosofica-sociologica, che come tale spazia dalla dogmatica alla patrologia alla ecclesiologia alla scolastica, senza conoscere bene e a fondo le une e le altre, riducendo tutto a una socio-filosofia religiosa che alcuni si ostinano tutt’oggi a chiamare: scuola teologica rahneriana.

È mezzo secolo che nelle nostre bocche spesso ricolme d’aria rimestiamo il concetto di “parole nuove”, dimenticando sempre più e sempre con maggiore pericolosità quella Parola viva, eterna e senza tempo che nasce dal mistero del Verbo Incarnato. È Dio ch’è parola vivente, ed è solo Dio che può dare un «cuore nuovo»[23] a noi, non siamo certo noi che possiamo dare un cuore nuovo a Dio con certe nostre frivole “parole nuove”.

Quella che taluni chiamano o che peggio bollano come “precedente tradizione”, parte dal Concilio di Gerusalemme e si sviluppa attraverso i secoli fino al Vaticano II, un concilio pastorale[24] frutto della continuità teologico-ecclesiale di tutte le esperienze precedenti. La Chiesa non nasce dalla pastoralità del Vaticano II, meno che mai dal post concilio dei teologi interpreti che hanno mutato le proprie elucubrazioni in un vero e proprio super dogma sfociato oggi in vera e propria dittatura. Dichiarare la rottura e la discontinuità con la precedente tradizione vuol dire mutare la Chiesa in altro e rompere l’unione con la continuità ininterrotta del Cenacolo. Come se d’improvviso lo Spirito Santo discendesse nella sua Chiesa per la prima volta attorno alla metà del XX secolo, pel sommo gaudio di tutti gli alti notabili della Nouvelle Théologie, o della New Theology, della Teologia della Liberazione, della Teologia Sincretista, infine della Teologia Indigenista che ha mutato la “precedente Chiesa” in una via di mezzo tra una serva al soldo dei colonizzatori e una pericolosa nemica.

6  LA TRADIZIONE SONO I PILONI CHE REGGONO L’ANTICO PONTE CHE
UNISCE L’UMANO E IL DIVINO, IL DIVINO E L’UMANO. 
I VESCOVI CHE HANNO PARTECIPATO AL SINODO, SI RICONOSCONO
NEL DOCUMENTO FINALE DELLA EVANGELII GAUDIUM?

La “radicale devastazione” che oggi abbiamo sotto gli occhi nasce dal fatto che invece di “rinnovare” la Chiesa nel rispetto e nel rafforzamento della tradizione e del dogma, molti sono andati a intaccarne i delicati equilibri che hanno preso vita e che si sono poi solidificati a partire dalla prima epoca apostolica, rafforzandosi attraverso i grandi concili dogmatici e l’opera dei grandi padri della Chiesa. Con la stagione del post concilio si è aperta la grande crisi del dogma, ed alle verità divine ed eterne hanno finito col sostituirsi le dogmatizzazioni dei pensieri umani, perché quando l’uomo non crede più alle verità fondamentali, finisce per credere in tutto, lanciandosi allo sbaraglio attraverso parole ambigue nascoste dietro alle immancabili “parole nuove” dei peggiori arruffapopoli: i falsi profeti.

La tradizione sono i piloni che reggono l’antico ponte che unisce l’umano e il divino, il divino e l’umano. All’epoca che quel ponte fu costruito, appresso ampliato e rafforzato nel tempo, non esistevano le automobili, si viaggiava a piedi o coi cavalli. È chiaro che a un certo punto l’antico ponte doveva essere reso idoneo anche per il transito delle automobili. Purtroppo però, alcuni “teologi ragazzini”, quelli che discutevano nei bar e nelle osterie di Roma coi giornalisti sulle strategie da portare nell’assemblea conciliare, sono andati a intaccare proprio i piloni. E oggi ci ritroviamo con un ponte pericolante e inagibile, grazie ai vari Giuseppe Ruggieri e ai vari Andrea Grillo lasciati incoscientemente dai nostri vescovi a insegnare negli studi teologici, per avvelenare alla radice le menti dei nostri futuri sacerdoti preposti poi a confondere e scandalizzare il Popolo di Dio nella dottrina della fede e nella sacra liturgia, giudicando impietosamente e aggressivamente coloro che si dichiarano scandalizzati dalle loro parole, dei “cattolici infantili” e “immaturi” non divenuti ancora dei veri “cristiani adulti” sotto il vento della nuova Pentecoste grazie alla quale nel XX secolo è nata finalmente la Chiesa, dopo che per XIX secoli abbiamo solo scherzato.

Non so che cosa intenda fare chi per alto e ineffabile ministero è chiamato a custodire la fede e a guidare il gregge, ciò che so è che egli è il ponte, anzi secondo l’etimo di pontem facere, un costruttore di ponti. Il termine di pontefice prende vita nella prima epoca romana dall’antico Pons Sublicius. Così era infatti chiamato il gran sacerdote dell’antica religio[25], pontifex maximus, che assiso su quel ponte vigilava sui movimenti delle acque e sul volo degli uccelli, oltre a compiere vari altri riti. Oggi, il nostro Sommo Pontefice, rischia di ritrovarsi coi cieli sovrastanti il ponte coperti da stormi d’avvoltoi, ai quali speriamo di tutto cuore che non funga da involontario e inconsapevole richiamo. A maggior ragione confidiamo in lui per vedere di nuovo le rondini volare nei cieli e riportare la primavera di sempre, quella del cenacolo degli apostoli. La sola e vera primavera nata dallo Spirito Santo di Dio, cominciata in quel cenacolo apostolico e da allora mai tramontata, malgrado l’impegno, forte e incessante nei secoli di molti uomini, di far calare il sipario delle tenebre, ora attraverso “parole nuove” pronunciate sul cadavere disteso sopra al lettino delle autopsie dell’anatomopatologo, ora con la “ermeneutica della discontinuità” ...

Per questo ritengo ragionevole affermare che dal cenacolo dello Spirito Santo sino alla parusia non è possibile giungere al «Suo regno che non avrà fine» attraverso la discontinuità e le ambigue “parole nuove”, specie quelle dei falsi profeti che “reinventano la Chiesa”, ma solo attraverso quella continuità perfetta e di quelle parole precise di cui l’uomo, per quanto fallibile e imperfetto, è chiamato a essere fedele strumento, perché tempio privilegiato dell’azione di grazia di Dio sin dall’alba dei tempi. 

Questo il motivo per il quale, letta l’esortazione post sinodale Evangelii Gaudium mi sono rinchiuso nel silenzio, consapevole di quanto in certi momenti, l’efficacia della preghiera cristiana che nasce dalla vera fede, giovi molto più alla Chiesa di quanto non le giovi invece il prendere la rincorsa per andare a battere la testa sopra a un muro di gomma, mossi da una disperazione tutta quanta umana e forse anche poco cristiana.

La risposta a questo documento non posso certo darla io che sono l’ultimo presbitero dell’orbe cattolica, dovrebbero darla però i vescovi, in particolare coloro che a quel sinodo hanno partecipato, rispondendo a quesito semplice e ovvio: si riconoscono, in modo libero e collegiale, nella liquida mancanza di chiarezza delle parole a tratti ambigue che caratterizzano quel documento conclusivo che pare ora dire tutto e poco dopo forse il suo esatto contrario?

Con dolore e smarrimento posso solo dire che quel documento sembra un assurdo: non si sa a chi parla né che cosa vuole. Non è né teologia né omiletica ma retorica con non poche punte di ambiguità. Non si dice “si” e non si dice “no”, si dice che forse potrebbe essere un po’ no e  forse un po’ si. Sembra tutto quanto dettato da quei teologi progressisti ormai al potere che mirano a “reinventare la Chiesa” con le loro rovinose “parole nuove”.

E che lo Spirito Santo di Dio assista la sua Chiesa e assista tutti noi suoi servi fedeli e devoti.
Ariel S. Levi di Gualdo
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1. Mt. 28, 20.
2. Gv. 16, 7-15.
3. Gv. 14, 26.
4. Merita ricordare che quando il teologo e filosofo metafisico Antonio Livi contestò con pastorale e teologico garbo il pensiero di Enzo Bianchi confutandone punto per punto gli errori dottrinari, fu duramente attaccato in modo livoroso e scomposto dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che non gli consentì di replicare su quel giornale cattolico, come peraltro contempla in certi specifici casi il civile e democratico diritto al contraddittorio, che dovrebbe essere particolarmente sentito e praticato da quei filoni che invocano “più collegialità” e “più dialogo”. Antonio Livi replicherà sul quotidiano cattolico on-line La Nuova Bussola Quotidiana nel mese di dicembre 2012. Nessun intervento e  provvedimento da parte delle competenti autorità della Conferenza Episcopale Italiana fu preso nei riguardi del direttore e dell’editorialista che seguita a scrivere ambiguità teologiche ed ecclesiologiche su quel quotidiano così particolare. 
5. Nella mia opera E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disubbidienza. Analisi sulla Chiesa del terzo millennio, ho dedicato a questo delicato argomento un articolato paragrafo  titolato: «La Germania tra secolarizzazione radicale e scisma di fatto». Pagg. 157-169. Bonanno Editore, Roma 2011.
6.  Cf. Disputationes Theologicae, Il Dio di Gesù Cristo. 29 gennaio 2010. 
7 «È stato presentato ieri a Torino alla presenza di Padre Federico Lombardi S.J, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e di Massimo Cacciari, “La sapienza del cuore”, il libro con cui Einaudi festeggia i 70 anni di fr. Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, nato a Castel Boglione (AT) il 3 marzo 1943. Nel volume (760 pagine, 28 euro), definito nella presentazione “un autentico liber amicorum”, si trovano più di centotrenta interventi di personalità quali: card. Gianfranco Ravasi, mons. Bruno Forte, mons. Mariano Crociata, Alberto Melloni, ma anche Roberto Bolle, Claudio Magris, Guido Ceronetti, Giovanni Bazoli, Guido Martinetti, Federico Grom, Ferruccio de Bortoli, Ezio Mauro, Michele Serra, Barbara Spinelli. «Il tema del reinventare la Chiesa, letto attraverso queste pagine» ha affermato Padre Lombardi nel suo discorso, «ha evocato in me una forte sintonia con ciò che mi sembra avvenire sotto i nostri occhi ogni giorno in quest'ultimo periodo, in modo inaspettato e sorprendente, in questo inizio di pontificato». [Fonte: Domenico Agasso Jr. Vatican Insider, La Stampa It, 3 maggio 2013].
8. I termini «reinventare la Chiesa» e «reinventare la fede» sono espressioni molto comuni nelle cosiddette “chiese di base”, o del celebre movimento “Noi siamo Chiesa”. Termine letteralmente abusato e soprattutto ideologizzato nella Teologia della Liberazione. A tal proposito si può consultare: Leonard Boff, Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la Chiesa. Borla Editore, Roma 1978. Si segnala inoltre un interessante articolo del Padre Giuseppe De Rosa S.J.  Le «Comunità di base» in Italia.  Pagg. 221-235. La Civiltà Cattolica, vol. I, quaderno 3133 – 3 gennaio 1981.
9. Te Deum laudamus.
10. Sal. 135.
11. At. 2,1-13.
12. «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» [II, Gal. 2, 20].
13. S.E. Adriano Bernardini, all’epoca nunzio apostolico in Argentina. Da un’omelia pronunciata il 27 febbraio 2011 a Buenos Aires poco prima del suo rientro in Italia per prendere possesso della sede della nunziatura italiana (CNA / EWTN News).
14. Gv. 17, 23.
15. Gv. 17, 21.
16. Decreto conciliare Ad Gentes, 4.
17. Gv. 1,1.
18. Rimando alla mia opera E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disubbidienza, analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Bonanno Editore, Roma 2011. Cit. pag. 102.
19. Cf. Locuzioni varie di S.S. Benedetto XVI.
20. Cf. Bunero Gherardini, Quod et tradidi vobis. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Casa Mariana Editrice, Frigento, 2010.
21. Cf. Leonardo Grazzi, Arianesimo. Una tentazione antica e presente. Bonanno Editore, Roma 2013.
22.Cf. Antonio Livi, Vera e falsa teologia. Come distinguere l'autentica «scienza della fede» da un'equivoca «filosofia religiosa». Edizioni Leonardo da Vinci, Roma 2012. 
Giovanni Cavalcoli O.P. Karl Rahner. Il concilio tradito. Ed. Fede&Cultura, 2009.
23. Cf. Ez. 26.
24. Cf. Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare. Casa Mariana Editrice, Frigento, 2009.Roberto de Mattei, Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta. Edizioni Lindau, 2010.
25. Cf. Duodecim Tabularum Leges, 451-450 a.C. antica raccolta di regole di diritto romano privato e pubblico.

26 Ariel Stefano Levi di Gualdo nasce nella Maremma Toscana il 19.08.1963. È consacrato sacerdote a Roma. Dirige la Collana teologica Fides Quaerens Intellectum delle Edizioni Bonanno. Svolge il ministero sacerdotale principalmente come confessore, direttore spirituale e predicatore. È autore di diversi saggi editi dalla Casa Editrice Bonanno e di vari articoli pubblicati su varie riviste teologiche internazionali italiane e straniere.  
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Chi volesse scaricare il testo in pdf può farlo da qui.

25 commenti:

  1. Credo corretto segnalare che quest'articolo, con qualche lieve variante, e' gia' stato pubblicato nella rivista teologica DIVINITAS 56/3 (2013), diretta da mons. Brunero Gherardini. Pertanto, con la pubblicazione sulla rivista francese l'articolo verra' riciclato per la seconda volta.

    Luciana Cuppo

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  2. Ringrazio don Ariel per questa sua riflessione e mic per metterla a nostra disposizione.
    Riflessione più che attuale e pertinente.
    Condivido anche le parole sull`EG, è da mesi ormai che vedo e ascolto attorno a me le conseguenze dell`" effetto Bergoglio", chi ha devastato la Chiesa nel mio Paese si sente ormai legittimato a continuare la sua opera distruttrice, non dubito un istante che la CES farà uso di quelle competenze dottrinali che papa Bergoglio vorrebbe delegare alle Conferenze episcopali e non dubito nemmeno in quale direzione lo farà.

    Il linguaggio psicologizzante e antropocentrico privo dell`elevatezza intellettuale, teologica e, oso dire, spirituale alle quali ci aveva abituato Benedetto XVI, percorre tutta l`Esortazione, il suo contenuto non è che il compendio ( lunghissimo...)di quel che Jorge Bergoglio ha detto dal 13 marzo, nessuna sorpresa dunque nè nello stile nè nella sostanza, solo delle conferme che non fanno che alimentare le peggiori apprensioni.

    RispondiElimina
  3. Scrive don Ariel:

    "La risposta a questo documento non posso certo darla io che sono l’ultimo presbitero dell’orbe cattolica, dovrebbero darla però i vescovi, in particolare coloro che a quel sinodo hanno partecipato, rispondendo a quesito semplice e ovvio: si riconoscono, in modo libero e collegiale, nella liquida mancanza di chiarezza delle parole a tratti ambigue che caratterizzano quel documento conclusivo che pare ora dire tutto e poco dopo forse il suo esatto contrario?"


    Esatto!
    Buona domanda.
    Che papa Bergoglio faccia tutto di testa sua, che ascolti ma che poi segua la sua idea, penso sia chiaro ai più, lo ha ancora una volta dimostrato con l`Esortazione postsinodale che esprime il suo pensiero, il suo disegno, la sua volontà, il suo programma: "voglio".
    Normalmente un`Esortazione apostolica postsinodale ha lo scopo di riprendere le riflessioni e proposte emerse nel sinodo, ma papa Bergoglio da subito precisa( 16-17)

    " Ma ho rinunciato a trattare in modo particolareggiato queste molteplici questioni che devono essere oggetto di studio e di attento approfondimento. Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”.

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  4. Ariel S. Levi di Gualdo04 dicembre, 2013 09:20

    Cara Luciana.

    La ringrazio per la preziosa segnalazione.
    Non sapevo che il mio venerabile confratello Brunero Gherardini avesse pubblicato questo articolo, lo apprendo solo adesso da lei. Glielo ofrii, questo articolo, attorno alla fine di luglio, passò l'estate e non mi fu fatto sapere niente e così pensai che forse non era inseribile. Quindi lo rimaneggiai per darlo alla rivista francese Chatolica tirandone fuori due diverse versioni: una italiana, legata anche all'attualità nazionale nostra, ed una di taglio più internazionale per un pubblico non italiano e non addentro alle nostre vicende nazionali, incentrando il tutto come commento all'ultimo sinodo dei vescovi. Ho affidato quindi la versione italiana alle riviste telematiche e ai siti che solitamente pubblicano volentieri i miei scritti.
    Dunque, più che un "riciclo", è stato un disguido.
    Poi, se certe cose si ripetono, non è un male, specie se non era intenzione farlo.
    Adesso cerco di procurarmi quel numero di Divinitas che mi era sfuggito.
    Un caro saluto.

    RispondiElimina
  5. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”.

    Ulteriore frammentazione e rinuncia all'autorità. La Chiesa non sarebbe più universale ma multicefala.
    Del resto ha detto che "dobbiamo imparare dagli ordodossi"...
    Ma è questo che il Signore gli chiede? Spogliarsi della sua funzione primaziale e disperderla in mille rivoli frantumatori dell'unità (e anche dell'universalità) che solo sub Petro e cum Petro può essere garantita?

    RispondiElimina
  6. bellissimo pezzo.

    su Schillebeeckx e Rahner la critica è doverosa. I frutti li abbiamo intorno, e se ne riconoscono tutti i segni, senza possibilità di equivoci, purtroppo.

    Devo dire, Don Ariel, a me rasserena la sola idea che in Chiesa, oggi, ci sia non un "utile somaro", ma un'anima come la sua con questa chiarezza e volontà.

    La questione del linguaggio...metalinguaggio è assolutamente centrata, molte eresie, slittamenti di significato, fino allo svuotamento di senso che prelude alle eresie passano infatti proprio da lì.

    Concordo sull'unico modo spiegato di ricevere un "cuore nuovo" come in Ezechiele (36,26).

    al punto 6: qui ...di questi tempi, oltre al "costruttore di ponti" serve il "Riparatore di brecce" di Is. 58,12 !

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  7. Interessante e condivisibile articolo.
    Peccato, secondo me, che si parli sempre e solo di coloro che nel post-concilio hanno inteso questa assise come rottura. Lì le cose mi sembrano oramai abbastanza chiare.
    Mi sembra invece che non si parli mai abbastanza di chi invece il concilio lo intese in continuità e non come rottura col passato.
    Fu questa una convinzione (eventualmente riconducibile a cosa?) o fu un modo per non rovinarsi la carriera e/o continuare il quieto vivere senza porsi troppe domande, molte delle quali veramente cariche di possibili conseguenze?
    Penso che una simile analisi ci aiuterebbe anche a capire la situazione attuale e l'atteggiamento dei cattolici di fronte a questi ultimi storici cambiamenti: dimissioni di un papa, elezione di un vescovo di Roma con "aperture" perlomeno discutibili e conferenze episcopali che chiaramente si vogliono distanziare da Roma stessa!E poi, tra l'altro, chi permise ai vari Rahner di spadroneggiare, se non parte di coloro che non intendevano il concilio come rottura!

    La questione é sempre quella: la continuità va provata, non semplicemente dichiarata!

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  8. @mic scrive:
    "Del resto ha detto che "dobbiamo imparare dagli ordodossi"...
    Ma è questo che il Signore gli chiede?"


    1) Dal CATECHISMO TRIDENTINO - Pubblicato dal Papa San Pio V per Decreto del Concilio di Trento (1545-1563)

    -CHI E’ ESCLUSO DALLA CHIESA
    109 Segue da ciò che solo tre categorie di uomini sono escluse dalla Chiesa: gli infedeli, gli eretici e scismatici, gli scomunicati. […]
    Gli eretici e gli scismatici, perché SI SONO SEPARATI DALLA CHIESA E NON APPARTENGONO PIU’ ALLA MEDESIMA, come i disertori non appartengono più all'esercito da cui sono fuggiti. Non si deve però ritenere che essi non soggiacciano alla potestà della Chiesa, che li chiama in giudizio, li punisce e li anatematizza.[…]

    -Figure della Chiesa nel Vecchio Testamento
    116. […]QUELLI CHE NE SONO FUORI [dalla Chiesa-arca] rimangono sommersi dai loro delitti: appunto come avvenne a quelli che non entrarono nell'arca.
    Altra figura [della Chiesa nell’Antico Testamento] è quella della grande città di Gerusalemme, il cui nome nella Scrittura designa spesso la Chiesa. In essa soltanto era lecito offrire sacrifici a Dio, perché nella NELLA SOLA CHIESA, E NON FUORI, si trova il vero culto e il vero sacrificio accetto a Dio.

    -Quali membri della Chiesa godono dei suoi beni spirituali
    120 Coloro che vivono una vita cristiana nella carità godono tanti e preziosi doni e benefici divini e sono giusti e cari a Dio. Mentre le membra morte, cioè gli uomini peccatori e lontani dalla grazia di Dio, pur non venendo privati del beneficio di essere membra del corpo della Chiesa, non percepiscono, perché morti, quel frutto spirituale di cui godono gli uomini giusti e pii. Nondimeno, restando sempre nella Chiesa, vengono aiutati da coloro che vivono secondo lo spirito, perché possano ricuperare la grazia e la vita perduta, COGLIENDO QUEI FRUTTI DI CUI RESTANO PRIVI COLORO CHE SONO DEL TUTTO SEPARATI DALLA CHIESA.


    2) Dal CATECHISMO MAGGIORE (San PIO X)

    124. Chi è fuori della comunione dei santi?
    E' fuori della comunione dei santi chi é fuori della Chiesa, ossia i dannati, gl'infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.

    129. Chi sono gli scismatici?
    Gli scismatici sono i battezzati che RICUSANO OSTINATAMENTE di sottostare ai legittimi Pastori, e PERCIO’ SONO SEPARATI DALLA CHIESA, anche se non neghino alcuna verità di fede.


    3) Dal CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (1992)

    2089. […] SCISMA, il RIFIUTO DELLA SOTTOMISSIONE al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti ». (CIC canone 751)


    seguono infine alcune posizioni papali...

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  9. ...segue infine dal precedente mio post in cui ho preso come spunto queste parole di @mic:

    "Del resto ha detto che "dobbiamo imparare dagli ordodossi"...
    Ma è questo che il Signore gli chiede?"

    1) PIO IX, Allocuzione SINGULARI QUADAM, 9.12.1854
    "Bisogna ammettere che, secondo il dogma della fede, NESSUNO PUO’ SALVARSI CHE SI TROVI AL DI FUORI DELLA CHIESA APOSTOLICA ROMANA”.


    2) Ancora PIO IX (dall’ Allocuzione al concistoro del 18.7.1861)

    "C’è una SOLA RELIGIONE VERA E SANTA, fondata e istituita da Cristo Nostro Signore. Madre e nutrice delle virtù, distruttrice dei vizi, liberatrice delle anime, indicatrice della vera felicità. Essa si chiama: CATTOLICA, APOSTOLICA, ROMANA"


    3) PIO XII (dalla Lettera Enciclica ”MYSTICI CORPORIS CHRISTI”)

    “[…] SI TROVANO QUINDI IN UN PERICOLOSO ERRORE quelli che ritengono di poter aderire a Cristo, Capo della Chiesa, PUR NON ADERENDO FEDELMENTE AL SUO VICARIO IN TERRA. Sottratto infatti questo visibile Capo e spezzati i visibili vincoli dell’unità, essi oscurano e deformano talmente il Corpo mistico del Redentore, DA NON POTERSI PIU’ NE’ VEDERE NE’ RINVENIRE IL PORTO DELLA SALUTE ETERNA”.


    4) PAOLO VI – “DISCOURS DU PAPE PAUL VI AUX MEMBRES DU SECRÉTARIAT POUR L’UNION DES CHRÉTIENS” [A conclusione dei lavori dell'assemblea plenaria annuale del Segretariato per l'Unione dei Cristiani]

    Vendredi 28 avril 1967
    […] “Le Pape, Nous le savons bien, est sans doute l’obstacle le plus grave sur la route de l’œcuménisme”.
    [Trad.: IL PAPA, come sappiamo bene, rappresenta senza alcun dubbio L’OSTACOLO PIU’ GRAVE SUL CAMMINO DELL’ECUMENISMO]


    5) GIOVANNI PAOLO II (dalla Lettera Enciclica
    “UT UNUM SINT” sull’impegno ecumenico)

    95. […] « Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di TROVARE UNA FORMA DI ESERCIZIO DEL PRIMATO CHE, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, SI APRA AD UNA SITUAZIONE NUOVA».

    « Rivolgendomi al Patriarca ecumenico, Sua Santità Dimitrios I, ho detto[…] Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, e illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese, AFFINCHE’ POSSIAMO CERCARE, EVIDENTEMENTE INSIEME, LE FORME NELLE QUALI QUESTO MINISTERO POSSA REALIZZARE UN SERVIZIO DI AMORE RICONOSCIUTO DAGLI UNI E DAGLI ALTRI».


    6) Il primo passaggio che ho evidenziato in maiuscolo tratto dall’Enciclica è stato poi ripreso nel documento “Il primato del successore di Pietro nel mistero della Chiesa” -CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
    (Prefetto: Card. RATZINGER)

    1. Nell'attuale momento della vita della Chiesa, la questione del Primato di Pietro e dei Suoi Successori presenta una singolare rilevanza, anche ecumenica. In questo senso si è espresso con frequenza Giovanni Paolo II, in modo particolare nella Lettera enciclica Ut unum sint, nella quale ha voluto rivolgere specialmente ai pastori ed ai teologi l'invito a « trovare una forma di esercizio del Primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova ».

    La Congregazione per la Dottrina della Fede, accogliendo l'invito del Santo Padre, ha deciso di proseguire l'approfondimento della tematica convocando un simposio di natura prettamente dottrinale su Il Primato del Successore di Pietro, che si è svolto in Vaticano dal 2 al 4 dicembre 1996, e di cui sono stati pubblicati gli Atti. “

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  10. Intanto prendiamoci per molto buone le parole di don Stefano, uno dei pochi a chiamare le cose col loro nome, coraggioso nel metterci faccia e nome, non sono molti quelli che lo fanno, anzi, tanti sacerdoti non sono d'accordo con il new deal del vdr, ma tacciono e si accodano, quanto ai vescovi ed alle CE, non vedono l'ora di staccarsi da Roma e fare di testa loro, infischiandosene della tanto conclamata collegialità.....questa situazione, di cui peraltro molti, o non se ne rendono conto, o la ignorano di proposito, (finché la barca va....),o fanno come quando a scuola mancava il prof. più severo e temuto e veniva un disgraziato supplente, cui si facevano pagare le nostre vigliacche mancanze e l'anarchia regnava sovrana, ecco mi pare che sia così, supermarket ecclesiae orario continuato, entra, qualcosa che ti piace troverai, gratis perfino.....Lupus et Agnus

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  11. "dobbiamo imparare dagli ortodossi"...
    Ma il guaio è che vuole imitare gli islamici dove non esiste Clero e tanto meno un Capo Supremo. Secondo loro, infatti, non ci può essere un intermediario tra Dio e gli uomini. Chiunque abbia un po' più di conoscenza in fatto di religione islamica può essere un Imam e, volendo, può lanciare una qualunque fatwa; chiunque abbia un po' di conoscenza dell'impianto giuridico islamico può essere un Mufti...
    Come nell'Islam, dove non c'è una vera e propria gerarchia clericale, così dovrà diventare il cattolicesimo.
    Ma già, il suo Dio non è Cattolico...

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  12. " quanto ai vescovi ed alle CE, non vedono l'ora di staccarsi da Roma e fare di testa loro, infischiandosene della tanto conclamata collegialità....."

    Beh, dalle mie parti,a parte qualche rarissima eccezione, se non sono formalmente staccati da Roma lo sono in pratica, solo che se prima di papa Bergoglio erano dei ribelli che si infischiavano di Roma, con Bergoglio si sentono legittimati nelle loro storture e disobbedienze che non saranno più considerate tali ma il frutto della tanto auspicata audacia e creatività.

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  13. @don Ariel e per chi legge il francese, dò il link ad un commento di un lettore del forum catholique, Scrutator sapientiae:


    "Je ne dis pas que le Pape François a raison ou tort de dire ce qu'il dit, je ne dis pas qu'il a raison ou tort de faire prévaloir l'évangélisation fraternisatrice ad extra sur l'orthodoxisation consolidatrice ad intra, mais je crois que ce positionnement ne manquera pas de conforter certains récepteurs internes de Evangelii Gaudium dans leur tendance à négliger ou à occulter la nécessité, elle aussi salutaire et salvifique, de faire connaître et recevoir, de faire comprendre et transmettre, de la manière la plus orthodoxe, le sens et les signes de l'identité du christianisme catholique, en matière dogmatique et en matière liturgique.

    Sans doute tout n'est-il pas également important, et il ne faut pas qu'un attachement démesuré aux signes fasse perdre de vue le sens, mais ce qui est idéologique, depuis déjà plusieurs décennies, dans l'Eglise catholique, au moins en France, ce n'est pas un attachement démesuré, mais c'est un détachement démesuré, vis-à-vis des signes dogmatiques et liturgiques qui sont porteurs et vecteurs du sens de la radicalité et de la spécificité du catholicisme, qu'il s'agisse de signes audibles ou de signes visibles."


    http://www.leforumcatholique.org/message.php?num=739179

    RispondiElimina
  14. Dall’udienza generale di oggi:

    "Come Gesù è risorto con il suo proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saranno trasfigurati in corpi gloriosi. Ma questa non è una bugia! Questo è vero. Noi crediamo che Gesù è risorto, che Gesù è vivo in questo momento. Ma voi credete che Gesù è vivo? E se Gesù è vivo, voi pensate che ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! LUI CI ASPETTA, E PERCHE’ LUI E’ RISORTO, LA FORZA DELLA SUA RISURREZIONE RISUSCITERA’ TUTTI NOI”.

    http://www.vatican.va/holy_father/francesco/audiences/2013/documents/papa-francesco_20131204_udienza-generale_it.html


    Che risusciteremo è certo, dipende però in vista di che cosa… Magari, mi permetto di dire, forse il concetto su esposto con una certa enfasi ottimistica andava completato riferendosi alla frase intera di Gesù:

    “Gesù riprese a parlare e disse: “[…]Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: QUANTI FECERO IL BENE PER UNA RESURREZIONE DI VITA E QUANTI FECERO IL MALE PER UNA RESURREZIONE DI CONDANNA”.
    (Gv 5, 19.28-29)

    RispondiElimina
  15. Wow!
    Lo sapevate che la Sacrosanctum Concilium è
    "oggi da leggersi insieme agli altri documenti conciliari nella prospettiva di una nuova alleanza
    fra la Chiesa e il mondo contemporaneo"
    ?

    Lo pensa Marco Roncalli:

    http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201312/131204roncalli.pdf

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  16. Non che i progressisti a largo spettro, gli spiritodelconcilioconformi, i dossettiani, i martiniani, gli architetti e costruttori della nuova chiesa conciliare, tacessero prima di papa Bergoglio, no, non hanno mai cessato la loro opera sovversiva, quel che è cambiato è che ora occupano, se non tutto lo spazio un larghisimo spazio sui media, dalle loro tribune ormai proclamano forti e sicuri il loro credo, è cambiato il Papa, con Jorge Bergoglio si sentono al sicuro, con questo Papa sono certi che quel che non sono ancora riusciti a distruggere cadrà sotto i suoi colpi picconatori.
    Vedremo se il futuro darà loro ragione.

    RispondiElimina
  17. Recentemente Papa Francesco ha sottolineato come …

    “Oggi è il denaro che comanda. La crisi mondiale che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo. E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita! In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica. Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole. L’indebitamento e il credito allontanano i Paesi dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti”. Evangeliigaudium

    Ovviamente gli psicopatici di Wall Street, i profeti della trickle down non hanno perso tempo a rispondere…
    http://icebergfinanza.finanza.com/2013/12/03/italia-il-grande-complotto/
    http://2.andreatornielli.it/?p=7017

    Papa Francesco: «Le parole cristiane senza Cristo ingannano»
    http://www.tempi.it/papa-francesco-le-parole-cristiane-senza-cristo-ingannano-e-cita-chesterton#.UqCi4LmA3yc

    Da Roma a Trento, senza passare per Bologna
    ...
    passaggio chiave della lettera del papa a Brandmüller, tradotto dal latino:

    “A Trento, i padri conciliari dedicarono ogni cura a che la fede cattolica apparisse più chiara e fosse meglio compresa. Su ispirazione e suggerimento dello Spirito Santo, fu loro somma premura che il sacro deposito della dottrina cristiana non solo fosse custodito ma risplendesse più luminoso all’uomo, affinché l’opera salvifica del Signore fosse diffusa in tutto il mondo e il Vangelo fosse propagato su tutta la terra.

    “Ponendosi con certezza in ascolto obbediente del medesimo Spirito, la Santa Chiesa del nostro tempo ribadisce e medita anche oggi la ricchissima dottrina tridentina. Infatti ‘l’ermeneutica della riforma’ che il nostro predecessore Benedetto XVI illustrò nel 2005 alla curia romana si applica al concilio Vaticano non meno che al Tridentino. Senza dubbio questo tipo di ermeneutica pone in una luce più nitida l’inconfondibile ed eccelsa proprietà della Chiesa che il Signore stesso le conferisce: ‘Essa è un soggetto che nel trascorrere dei secoli cresce e si sviluppa, rimanendo però sempre il medesimo. Essa è infatti l’unico e identico soggetto del Popolo di Dio in cammino" (Discorso alla curia romana nel Natale del Signore)”.

    almeno su questi punti non vedo come si possa criticarlo. m


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  18. peccato che poi abbia messo le volpi e le faine di wall street ed i loro amici dentro il pollaio delle finanze vaticane, ior et similia.
    rosa

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  19. Salve, se don Ariel esercita il suo ministero a Roma, gradirei un suo recapito per fissare un colloquio di direzione spirituale. E' possibile?

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  20. Lettore assiduo, puoi scrivere al padre Ariel all'indirizzo della collana teologica da lui diretta:
    bonannoeditore.collanateologica@hotmail.it

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  21. Grazie, Atanasio

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  22. Gentile padre Ariel,
    l'ho letta con molto piacere e interesse. Prego per Lei, e la invito a fare altrettanto per me. Prima o poi spero di conoscerLa. Grazie.

    RispondiElimina
  23. Ammiro Don Ariel per essere un vero gesuita e per tutto quello che so di lui, me sembra essere un prete esemplare. La domanda con che comincia l'articolo è geniale: infatti, non può avere una nuova Pentecoste nella Chiesa. Lo Spirito Santo è stato promesso per insegnare tutte le cose a noi cattolici, una nuova pentescote sarebbe un segno di conttradizione dello Spirito Santo e Dio non se può conttradire.

    La domanda fatta per il seminarista a che Don Ariel, ma la risposta data per lui ripete la soluzione di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e questa sembra avere in sè stessa la rottura. Perchè prima del Concilio Vaticano II non se poteva interpretare un Concilio Ecumenico contra il senso definito per la Chiesa senza se cadere in eresia. Adesso una interpretazione dei testi magisteriale viene considerata solo "una ermeneutica della riforma nella continuità" o "una ermeneutica della rottura". Sapiamo che cosa sia l'ermeneutica della rottura, ma che cosa sia l'ermeneutica della continuità non sapiamo. Questa doveva essere il vero senso dato per la Chiesa ai testi conciliare, ma dove è questo senso che il magistero non lo difende?

    Per rispondere dobbiamo ricordare le parole dell'allora Cardinale Ratzinger che diceva nel libro Principles of Catholic Theology, p. 391:

    “Questo vuol dire che il Concilio in se debba essere confutato? Certamente no. Vuol dire solo che la vera accettazione del Concilio non è in realtà mai veramente cominciata. Quello che ha rovinato la Chiesa dopo il Concilio non è stato il Concilio stesso, ma il rifiuto di accettarlo ... l’obiettivo quindi è quello di scoprire il vero concilio e di approfondirne le sue vere intenzioni — alla luce dell'esperienza corrente, non di sopprimerlo” . Citato in “L’Abbatimento dei bastioni”, capitolo 7 del libro La battaglia finale del diavolo, http://www.devilsfinalbattle.com/it/ch7.htm

    Qui se parla di un "riffiuto del Concilio per la Chiesa" e di "se scoprire il vero Concilio", se parla anche che l'accetazione di lui che non aveva cominciato, ma come questo è possibile se già aveva una ermeneutica della riforma nella continuità (gioco di parole) nella Chiesa? Un Concilio che la Chiesa ha riffiutato e che deve essere scoperto, come capire questo? Lui qui non parla di nessuno incontro ermeneutico, non parla di un Concilio che è stato rubato per i mass media. Nello stesso libro lui dice:

    "Il fatto è che come disse Hans Urs von Balthasar già nel 1952 … essa [la Chiesa] deve abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato. Essa deve abbattere gli antichi bastioni ed affidarsi solamente allo scudo della fede".

    Un Concilio Ecumenico è uno dei più importante bastioni della Chiesa. Se vediamo il Concilio e il post-Concilio, possiamo dire che il Concilio Vaticano II è un bastione della Chiesa come è stato, per esempio, il Concilio di Trento? Lui stesso ha parlato in "abatere i bastioni" e adesso il problema è solo ermeneutico? Me sembra che il desafio fatto per Mons. Gherardini ai difensori del Concilio di mostrare la continuità tra concilio e tradizione, rimane in piedi.

    Il destacco parla per sè: "abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato". Allora, che cosa la Chiesa ha abbandonato con il CVII? Sicuramente molte cose hanno abbandonato, perchè interpretare un Concilio al di fuori del senso dato per la Chiesa, non è più eresia come è stato nei 20 Concili prima del CVII.

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  24. Il vero problema è che anche in ciò che riguarda al CVII tutti quelli che hanno una idea di bene e del male (Come ha detto Francesco a Scalfari) hanno la libertà di seguirlo in una ermeneutica della riforma nella continuità o della rottura. La prima non viene dal Papa e dal magisteto, inquanto è il proprio Papa che chiede alla Chiesa di fare questa ermeneutica (Vedere: L’ermeneutica dell’ermeneutica Riflessioni sulle implicazioni e sulle conseguenze ultime dell’ermeneutica della continuità; http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV131a_Ermeneutica_dell-ermeneutica.html). Quindi non se può ridurre tutto alla ermeneutica, quando sappiamo che i modernisti come Hans Kung che ha partecipato del Concilio, solo per dire l'esempio più noto, è stato docente in una università cattolica fino al 1979 quando è stata rivocata la sua missio canonica per insegnare in nome della Chiesa (questo in raggione di avere negato il dogma dell'infalibilità Papale in 1970). Allora, gli uomini di Chiesa non sapevano quale erano le persone che facevano l'ermeneutica della rottura? Kung ha perso la missio canonica per insegnare una facoltà cattolica, ma essendo chiaramente un eretico ha mantenuto il suo sacerdozio cattolico. Quindi, se nega il dogma e se rimane sacerdote?

    Finisco con le domande del Prof. Roberto de Mattei fatta nel ano scorso nell'articolo "Interrogativi sul Concilio Ecumenico Vaticano II" dove scriveva:

    "Legittime domande

    La tesi ermeneutica ufficiale rappresenta una proposta di lettura, degna della massima attenzione, se non altro per la sua autorevolezza. Ma non è un’affermazione dottrinale: è una interpretazione che, come tale, soprattutto quando si sposta dai documenti ai fatti, può essere fallace. Nessuno può dire al Papa che sbaglia. Con che autorità potremmo giudicare il Supremo Pastore della Chiesa? Ma ogni fedele, in quanto battezzato, ha il diritto di porre al Papa delle domande, perché il Vicario di Cristo ha il dovere di confermarci nella fede. E allora pongo queste domande.

    Se c’è stata un’interpretazione falsa e abusiva dei documenti del Concilio, di chi è la responsabilità? Solo dei cattivi ermeneuti o non anche dei documenti che, a causa di equivoci o di ambiguità, hanno permesso questa cattiva lettura?

    Se c’è stata un’interpretazione falsa e abusiva dei documenti del Concilio, di chi è la responsabilità? Solo dei cattivi ermeneuti o non anche delle autorità che hanno mancato di condannare con sufficiente fermezza le cattive interpretazioni?

    Se un’interpretazione falsa e abusiva dei documenti del Concilio ha prevalso nei media di chi è la responsabilità? Solo dei media o non anche dell’evento storico che questi documenti ha prodotto. E’ estraneo il Concilio, come evento, alla crisi del nostro tempo?

    L’evento; i documenti o almeno alcuni documenti che questo evento ha prodotto; gli uomini di Chiesa che questo evento hanno promosso e che di questo evento hanno curato l’applicazione e propongono l’interpretazione: ecco i responsabili della crisi della fede attuale. Tacerlo sarebbe fare torto alla verità." http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/interrogativi-sul-concilio-ecumenico-vaticano-ii/

    Rispettosamente,

    RispondiElimina
  25. millenarismo «gioachimita»
    http://www.timmylove.altervista.org/tl/zr/gioachimita.html

    RispondiElimina

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