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mercoledì 5 febbraio 2014

Resistenza e fedeltà di Padre Roger-Thomas Calmel O.P.

Abbiamo spesso citato padre Roger-Thomas Calmel (1914-1975), domenicano, teologo e tomista di grande sapienza che ci ha lasciato una testimonianza di grande fermezza e scritti di elevato spessore spirituale, esemplari sia sul piano dottrinale che su quello liturgico.
La sua di celebrare soltanto il Rito Romano tradizionale è stata una scelta radicale portata fino in fondo. Lo prendiamo come esempio di fortezza e fedeltà e intercessore anche per noi, che non ci sentiamo di condannare il biritualismo di tanti sacerdoti che conosciamo secondo il cuore del Signore e che, nella situazione in cui siamo, cercano di salvare il salvabile.
Su conciliovaticanosecondo.it, ne parla Cristiana de Magistris. Metto il link a MiL perché ne pubblica il testo preceduto dalla sentita e interessante introduzione di Cristina Siccardi, che sottolinea la Resistenza di Padre Calmel. E colgo l'occasione per proporre, di seguito, due  citazioni tratte da suoi scritti. Il secondo, sulla Messa, ripreso dal testo della de Magistris.

P. Roger-Thomas Calmel, O.P., Autorité et sainteté dans l’Église, in Itinéraires n. 149, gennaio1971, pp. 13-19.
La falsa Chiesa che si presenta fra noi a partire dal curioso concilio Vaticano II, si allontana sensibilmente, anno dopo anno, dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo. La falsa Chiesa post-conciliare si contrappone [separazione/opposizione] sempre più alla santa Chiesa che da venti secoli salva le anime (e in sovrappiù illumina e sostiene la società). La pseudo-Chiesa in costruzione si contrappone sempre più alla Chiesa vera, alla sola Chiesa di Cristo, con le più strane innovazioni, sia nella costituzione gerarchica sia nell’insegnamento e nei costumi.
Il 27 novembre 1969, tre giorni prima della data fatidica in cui entrò in vigore il Novus Ordo Missae, padre Calmel espresse il suo rifiuto con una dichiarazione d’eccezionale portata, resa pubblica sulla rivista Itinéraires.
“Mi attengo alla Messa tradizionale – dichiarò –, quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo, conformemente ad un uso plurisecolare. Rifiuto dunque l’Ordo missae di Paolo VI.
Perché? Perché, in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente, permessa o voluta dal Papa attuale, e che riveste, per il momento, la maschera dell’Ordo Missae del 3 aprile 1969. È diritto di ogni sacerdote rifiutare di portare la maschera di questa rivoluzione liturgica. E stimo mio dovere di sacerdote rifiutare di celebrare la messa in un rito equivoco.
Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante – come sostengono i due cardinali (Bacci e Ottaviani) e come dimostrano solide analisi teologiche – allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno. Come accettare di rendersene complici?

Mi chiederete: mantenendo, verso e contro tutto, la Messa di sempre, hai riflettuto a che cosa ti esponi? Certo. Io mi espongo, per così dire, a perseverare nella via della fedeltà al mio sacerdozio, e quindi a rendere al Sommo Sacerdote, che è il nostro Giudice supremo, l’umile testimonianza del mio ufficio sacerdotale. Io mi espongo altresì a rassicurare dei fedeli smarriti, tentati di scetticismo o di disperazione. Ogni sacerdote, in effetti, che si mantenga fedele al rito della Messa codificata da San Pio V, il grande Papa domenicano della controriforma, permette ai fedeli di partecipare al santo Sacrificio senza alcun possibile equivoco; di comunicarsi, senza rischio di essere ingannato, al Verbo di Dio incarnato e immolato, reso realmente presente sotto le sacre Specie. Al contrario, il sacerdote che si conforma al nuovo rito, composto di vari pezzi da Paolo VI, collabora per parte sua ad instaurare progressivamente una messa menzognera dove la Presenza di Cristo non sarà più autentica, ma sarà trasformata in un memoriale vuoto; perciò stesso, il Sacrificio della Croce non sarà altro che un pasto religioso dove si mangerà un po’ di pane e si berrà un po’ di vino. Nulla di più: come i protestanti. Il rifiuto di collaborare all’instaurazione rivoluzionaria di una messa equivoca, orientata verso la distruzione della Messa, a quali disavventure temporali, a quali guai potrà mai portare? Il Signore lo sa: quindi, basta la sua grazia. In verità, la grazia del Cuore di Gesù, derivata fino a noi dal santo Sacrificio e dai sacramenti, basta sempre. È perciò che il Signore ci dice così tranquillamente: “Colui che perde la sua vita in questo mondo per causa mia, la salverà per la vita eterna”.

Riconosco senza esitare l’autorità del Santo Padre. Affermo tuttavia che ogni Papa, nell’esercizio della sua autorità, può commettere degli abusi d’autorità. Sostengo che il papa Paolo VI ha commesso un abuso d’autorità di una gravità eccezionale quando ha costruito un nuovo rito della messa su una definizione della messa che ha cessato di essere cattolica. “La messa – ha scritto nel suo Ordo Missae – è il raduno del popolo di Dio, presieduto da un sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore”. Questa definizione insidiosa omette a priori ciò che fa la Messa cattolica, da sempre e per sempre irriducibile alla cena protestante. E ciò perché per la Messa cattolica non si tratta di qualunque memoriale; il memoriale è di tal natura che contiene realmente il sacrificio della Croce, perché il Corpo e il Sangue di Cristo sono resi realmente presenti in virtù della duplice consacrazione. Ora, mentre ciò appare così chiaro nel rito codificato da San Pio V da non poter esser tratti in inganno, in quello fabbricato da Paolo VI rimane fluttuante ed equivoco. Parimenti, nella Messa cattolica, il sacerdote non esercita una presidenza qualunque: segnato da un carattere divino che lo introduce nell’eternità, egli è il ministro di Cristo che fa la Messa per mezzo di lui; ben altra cosa è assimilare il sacerdote a un qualunque pastore, delegato dai fedeli a mantenere in buon ordine le loro assemblee. Orbene, mentre ciò è certamente evidente nel rito della Messa prescritta da San Pio V, è invece dissimulato se non addirittura eliminato nel nuovo rito.

La semplice onestà quindi, ma infinitamente di più l’onore sacerdotale, mi chiedono di non aver l’impudenza di trafficare la Messa cattolica, ricevuta nel giorno della mia ordinazione. Poiché si tratta di essere leale, e soprattutto in una materia di una gravità divina, non c’è autorità al mondo, fosse pure un’autorità pontificale, che possa fermarmi. D’altronde, la prima prova di fedeltà e d’amore che il sacerdote deve dare a Dio e agli uomini è quella di custodire intatto il deposito infinitamente prezioso che gli fu affidato quando il Vescovo gl’impose le mani. È anzitutto su questa prova di fedeltà e d’amore che io sarò giudicato dal Giudice supremo. Confido che la Vergine Maria, Madre del Sommo sacerdote, mi ottenga la grazia di rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco. Tuus sum ego, salvum me fac (sono tutto vostro, salvatemi)”.

51 commenti:

  1. Conclude la de Magistris:

    "...Nonostante l’aperta resistenza di padre Calmel contro le innovazioni liturgiche, da Roma non giunse mai alcuna sanzione. La logica del padre domenicano era troppo serrata, la sua dottrina troppo ortodossa, il suo amore alla Chiesa e alla sua perenne tradizione troppo leale perché lo si potesse attaccare. Non si intervenne contro di lui poiché non lo si poteva. Allora si avvolse il caso nel più omertoso silenzio, al punto che il teologo domenicano – noto, in parte, al mondo tradizionale francese – è pressoché sconosciuto nel resto dell’orbe cattolico.

    Nel 1975, padre Calmel si spegneva prematuramente, coronando il suo desiderio di fedeltà e di resistenza. Nella sua Dichiarazione del 1969 aveva chiesto alla Santissima Vergine di “rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco”. La Madre di Dio esaudì il desiderio di questo figlio prediletto che morì senza aver mai celebrato la Messa nuova per rimaner fedele al supremo Giudice al quale doveva rispondere del suo sacerdozio."

    Oggi, purtroppo, non è così. Basti pensare a ciò ch'è accaduti ai FI, alla nostra Messa di Santa Maria Maggiore e a molte altre.

    Poi ci sono "punti luce" di resistenza ancora viva. Che il Signore ce li conservi e ci mandi santi sacerdoti e possibilità concrete, senza ostruzionismi paralizzanti e castranti, per crearne altri.

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  2. Il caso dei FI non è però esattamente come quello di padre Calmel. Anche lui era stato "invitato" a celebrare il Novus Ordo, però non ha obbedito o meglio ha preferite rimanere fedele alla Messa di sempre.
    Nel caso dei FI, non mi risulta che qualcuno abbia preferito ubbidire al superiore (Cristo) piuttosto che al subalterno (Volpi o papa che sia).
    È questo il punto focale della situazione, anzi ora c'è anche il precedente di papa Benedetto che ha chiaramente detto che la Messa tridentina non è mai stata abrogata.

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  3. Le parole di padre Calmel sono ferme e inequivocabili.
    Personalmente piango e gemo tutte le volte che mi trovo costretta a partecipare ad una messa riformata anche se sono consapevole solo dal 2007 delle ragioni profonde del mio disagio e sofferenza - tranne nei casi di celebrazioni di alcuni sacerdoti che conosco - che, prima di riscoprire l'antico rito, attribuivo a mia responsabilità.

    È un fatto soggettivo ma emblematico. Il problema purtroppo permane scottante e noi laici non abbiamo soluzioni, tranne il testimoniare, impegnarsi soffrire offrire pregare cercare e promuovere quella "stabilitas loci" così necessaria e consigliata ma purtroppo così rara.

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  4. Viandante,
    come tu dici è certo un discrimine.
    Però, nel caso dei FI, sembra sia prevalso l'afflato comunitario sulla responsabilità personale.
    Inoltre, visto il silenzio impostosi, non sappiamo quanti abbiano chiesto di poter celebrare.
    Il problema è che i trasferimenti e le chiusure di alcuni centri messa hanno comunque cancellato forse per sempre alcuni punti di eccellenza.

    Come la giri è una gran brutta storia.

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  5. chiarisco ancor meglio:

    ... tranne nei casi di celebrazioni di alcuni sacerdoti che conosco e nonostante l'evidente diminutio, che più passa il tempo più mi appare come uno scempio e basta.

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  6. Cara Mic,come possiamo ilnterpretare,secondo te e tutti voi,l'affermazione del p. Calmel,che riteneva il NO "inesistente"?.Forse che,pur esistendo di fatto,e anche con una sua promulgazione papale,quindi apparentemente anche di diritto,non esiste nel campo del diritto divino,così come il male che,pur avvenendo,non ha titolo per appartenere all'Essere?Se fosse così,se p. Calmel avesse ragione,allora potremmo esimerci (anzi dovremmo)dal soffrire partecipando allo scempio del NO,

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  7. quando leggo parole simili, o la Nota sull NO che Ottaviani e Bacci scrissero, o i tanti scritti di Lefebvre pre scomunica, o persino la supplica di A. c hristie- cito solo alcune cose- mi e vi chiedo: ma che cosa mai avra'impedito a Paolo VI di rallentare almeno l' introduzione dell' NO o di ponderare ancora un po' la riforma? perche' non tradurre semplicemente la Messa nelle lingue volgari, ma lasiandola intatta per il resto?
    possibile fosse cosi' preso dal voler aggiornate a tutti i costi? gia' stava modificando la Curia...se non fosse un Papa, verrebbe da pensare all' opera stessa del Demonio...
    Rosa

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  8. Ho letto che don Divo Barsotti,nel suo diario,vedeva superbia e orgoglio nelle innovazioni conciliari.Ora,cara Rosa,io non mi arrischio a tanto,ma,senza giudicare l'interiorità di Paolo VI,mi pare che,OGGETTIVAMENTE,uno sterminio tale,che ha gettato nella confusione, nel dubbio e nell'angoscia tanti fedeli(io ero bambina,ma ho percepito qualcosa di tutto ciò in miei parenti molto religiosi),non può non essere inganno demoniaco

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  9. C'est exactement ça : opera stessa del Demonio.

    Et pour achever de s'en convaincre, lire, ou relire, "La Conjuration antichrétienne" de Mgr Henri Delassus (rééd. aux Editions Saint-Remy), que saint Pie X honorait de son amitié. Tout y est décrit à l'avance, noir sur blanc.

    On se demandera peut-être : mais pourquoi le Bon Dieu permet-Il cela ?

    Pour éprouver notre fidélité. Pour nous donner l'occasion de nous hausser au-dessus de nous-mêmes. Jusqu'à Lui.

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  10. Segnalo questo commento critico:

    http://radiospada.org/2014/02/breve-commento-critico-al-significato-pratico-delleditoriale-contro-rivoluzione-liturgica-il-caso-silenziato-di-padre-calmel/

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  11. C'è un dato temporale che basta da solo a dare un'idea di cosa è accaduto nella Chiesa negli anni della riforma, anzi delle riforme liturgiche. Nel 1962 Giovanni XXIII riforma il messale tradizionale in latino, snellendo le rubriche e facendo qualche piccolo ritocco. Evidentemente non pensava a ulteriori riforme a breve, meno che mai a una Messa in volgare, altrimenti non si darebbe dato la pena di un simile intervento. Nel 1965 però il suo successore opera una nuova riforma: possibilità di tradurre in volgare parti della Messa, lasciando comunque il canone in latino. Nel 1967, ulteriore riforma: obbligo di celebrare interamente la Messa in volgare (ma, si noti, era sempre la Messa tradizionale, tradotta fedelmente nelle lingue nazionali). Infine, nel 1969, l'attuale messale, non solo in volgare ma profondamente modificato, con eliminazione di molte parti e aggiunta di nuove. In meno di un decennio dunque si sono succeduti quattro messali. Basta questo per smentire una leggenda diffusa negli ambienti modernisti, ovvero che l'attuale messale è il frutto di una lunga e seria meditazione. Al contrario, è stata un'operazione improvvisata in pochissimo tempo, dopo una serie di tentativi che andavano in una direzione differente, quella di "aprire" al volgare lasciando però intatta la sostanza del rito.

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  12. Siete destinati all'estinzione. Deo gratias.

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  13. Fu il primo Papa Damaso ad aprire al volgare solo le letture, sostituendo, nella "vetus latina", la 'forma'del Rito, quelle appena tradotte da San Girolamo.
    In fondo qualcosa di analogo avvenne nel messale del 1965, senza modifiche sostanziali, soprattutto del canone...

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  14. Ho letto l'esame critico segnalato da Anonimo 8:29 e mi spiego ciò che mi ha indotto a non riprendere l'intero testo e a inserire il realistico distinguo dell'accenno al biritualismo.
    Tuttavia dilemmi e oscuramento restano tutti. La soluzione non possiamo indicarla noi laici.
    Dovrà venire dalla Chiesa discente quando tornerà ad esserlo con limpidezza dogmatica e non attraverso le sabbie mobili del magistero liquido.

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  15. Nel frattempo, in coscienza, non si può fare a meno di custodire e resistere. Quale sarà l'evoluzione ulteriore dipenderà soprattutto dalla nuova generazione di sacerdoti e dalla nostra preghiera, insieme ad un'azione prudente ben centrata sull'obbiettivo.

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  16. Laudetur Iesus Christus ! Semper laudetur !

    Ci rischiamo alla domanda seguente:

    P. Calmel resistò alle trasformazioni liturgiche in corso nel suo tempo. Quale sono oggi i frutti visibili e vivi della sua resistenza ? Se prendo come esempio Mgr. Lefebvre, posso vedere i frutti della sua resistenza-desobbedienza alla trasformazione della liturgia e teologia cattolica del dopo Concilio Vaticano II ma da P. Calmel non ci sembra vedere frutti ben visibili oggi di quella sua eroica resistenza anche se silenziata dall'autorita ecclesiastica di allora.

    A mani giunte ! Preghiamo l'Immacolata.

    Radio Vobiscum - [GERMANIA]

    http://radio-vobiscum.tumblr.com
    radiovobiscum(chiocciola)gmx.de

    (((†)))

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  17. Ho letto le osservazioni di Radio Spada, ma in effetti padre Calmel non dice (o almeno non lo dice nei testi riportati) che la nuova Messa non sia valida o sia illegittima, nel qual caso si porrebbe effettivamente al di fuori della Chiesa: dice piuttosto che contiene gravi ambiguità le quali, sviluppandosi, possono condurre all'errore conclamato. E pertanto rivendica il diritto di non celebrarla, continuando invece a celebrare la Messa tradizionale. E' un po' come se un sacerdote o anche un fedele ritenesse il rito ambrosiano o mozarabico migliore di quello romano e rivendicasse il diritto di frequentare unicamente quello. Non ci sarebbe nulla di male.

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  18. A Radio Vobiscum: monsignor Lefebvre fu senz'altro più bravo nell'organizzare e coalizzare un gruppo. Ma non vedo l'utilità di stilare una hit parade della resistenza alle trasformazioni liturgiche e dottrinali. Chi ha agito ha fatto quello che era in suo potere fare.

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  19. Radio Vaobiscum:
    il padre Calmel morì poco tempo dopo l'introduzione dell'NO, e ben prima della "disobbedienza" di Lefebvre. Non possiamo sapere come sarebbe evoluta la sua pratica religiosa ed eventualmente se avrebbe avuto dei seguaci, o se si sarebbe unito ad altre realtà.
    Ne avessimo oggi di religiosi così.
    Rosa

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    1. Please: se avesse avuto dei...
      se si fosse unito...

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  20. .. e invece non avete neanche un parroco che vi guidi nel rosario...

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  21. "Siete destinati all'estinzione. Deo gratias."

    Bravo, ringrazia il tuo G.A.D.U., preparati ogni giorno al passaggio all'Oriente eterno e soprattutto evita di farci ridere. Grazie.

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  22. No, Anonimo malevolo, dunque poco cristiano, qui proprio si sbaglia.
    non confonda un fatto episodico con la realtá tutta intera e non ne tragga conclusioni sbagliate.
    Per ora di sacerdoti che ci seguono più da vicino e direttamente - solo per ora e solo a Roma - ne abbiamo almeno cinque.

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  23. Se non altro l'esperienza concreta, i primi passi - per quanto stentati date le difficoltà interne ed esterne -mettono in moto le dinamiche giuste e consentono di fare i passi ulteriori, sempre Deo adiuvante, ma noi non dormienti.

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  24. Il chilometrico articolo su Radio Spada non fa che rifriggere le solite assurde pretese dei 'normalisti' di ogni tempo: la promulgazione del Novus Ordo Missae di Paolo VI è magistero solenne, e la Chiesa non può ingannarci in questo campo.
    Ma possibile che dopo quarant'anni si ripetano a pappagallo sempre le stesse cose? Ma hanno tempo da perdere, o vogliono farcelo perdere a noi?
    E' ovvio che la Messa di Paolo VI, non è eretica. Ma è fortemente ambigua, e come tale porta lentamente all'eresia.
    Il famoso articolo 7 del N.O del 1969 stava lì a dimostrarlo: una definizione della Messa che non era quella cattolica, ma era imbevuta di protestantesimo. O si vuol far finta che non sia mai esistito?
    Sinceramente, la cosa più deprimente non sono i neomodernisti scatenati, sono i normalisti ad oltranza, magari tinteggiati di tradizionalismo, che ormai - a dirla schiettamente - dopo trent'anni mi stanno davvero sullo stomaco.
    Facendo salva la buona fede di molti tra il clero, se tutti, o almeno la maggioranza dei secerdoti, avessero seguito l'esempio del p. Calmel, oggi non ci troveremmo in questo dramma. Invece, anche di fronte all'immane carneficina spirituale causata anche dal Novus Ordo, si continua col paraocchi a preferire la solita arrampicata sugli specchi.

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  25. MIc, per favore NON postare più commenti come quelli dell'anonimo. Se vogliono insultare, che almeno abbiano un nickname.Se no, al macero!
    Rosa

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  26. Radio Vobiscum, non mi pare corretto contrapporre due figure , quella di mons. Lefèbvre e quella di padre Calmel,sulla base di presunti frutti visibili.
    Primo perché uno era vescovo e l'altro no, ma più ancora perché ognuno di noi ha dei carismi, ha dei talenti, che altri non hanno e viceversa.
    C'è chi semina e c'è chi zappa e alla fine ci sarà anche colui che mieterà, ma non possiamo giudicare la santità e la validità di una scelta con quel solo parametro.
    D'altronde le sue letture sono spunto interessantissimo per meditazioni e riflessioni.
    E sicuramente potè confermare nella fede molti suoi contemporanei sconvolti da quel che succedeva e anche questo non è poco.

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  27. Rosa ha ragione, queste sterili provocazioni da asilo nido anonime sono ridicole e non meritano spazio. Per il resto la quoto: non sappiamo come si sarebbero comportati molti grandi santi morti tutti in quegli anni tra i '60-'70. Penso a Padre Pio: dopo aver tanto sofferto per la Chiesa, per le anime, Dio gli ha risparmiato le sofferenze del nuovo messale. A volte mi chiedo anche se non fosse una sorta di "kathekon", di ultimo monito e appello ai cattolici nei confronti della Messa: morto lui, il diluvio.....

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  28. Un figlio di Maria06 febbraio, 2014 18:23


    Avevo lasciato un breve commento. vedo che non è pubblicato, non capisco perché

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  29. Perché invitava, con toni apocalittici e citando la Scrittura, i sacerdoti a disobbedire....

    Un conto è lanciare proclami altisonanti, un altro conto è esprimere interrogativi e/o idee e opinioni motivandole.

    Non che la situazione non sia drammatica. Ma questo non è il blog di Savonarola.


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  30. please : katechon, non kathecon
    grazie
    Rosa

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  31. Para prolongar estas reflexões acerca do padre Calmel e da necessária resistência :

    http://nonpossumus-vcr.blogspot.pt/2014/02/boletin-de-los-dominicos-de-avrille_3218.html#more

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  32. Cara mic,
    nessuno ti obbliga a partecipare con sofferenza al NO.
    Come indica anche l'articolo, nelle cui posizioni mi riconosco in pieno, il NO non può costituire un obbligo, un precetto.
    La Chiesa quando obbliga, obbliga al bene, non ad una professione ambigua della Fede.
    Il NO non può essere oggetto del precetto festivo.

    Per le preghiere del Venerdì Santo NO per i non cattolici si arriva al limite dell'eresia, forse anche oltre.

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  33. Anch'io,gent. Marco,mi sono da tempo posta questa domanda,:essendo il precetto della Messa festiva,nell'impossibilità di assistere alla Messa antica,se bisognasse assistere a quella NO.Fosse solo questione di sofferenza,la si potrebbe accettare in spirito di penitenza e umiliazione,ma per me il dilemma è sempre stato:da una parte ,rischiare un peccato mortale aggravato dal cattivo esempio dato agli altri,dall'altra quello di avallare un rito equivoco i cui frutti cattivi mi sembrano ormai indiscutibili.Grazie di questo parere,verso cui mi sto orientando,anche per la considerazione che il precetto è stato formulato quando si poteva essere sicuri di assistere a una vera Messa.A parte i frutti cattivi,poi,sembrerebbe ,contrariamente all'interpretazione di Turiferario,che addirittura p.Calmel ritenga il NOM addirittura invalido,ritenendolo non legittimo rito,ma contingente espressione di una rivoluzione liturgica sempre in atto e i fatti,ora che possiamo considerarli dopo uno sviluppo maggiore,non sembrerebbero dargli torto.Abbiamo l'esempio lampante dei riti neocatecumenali.Certo,certezze assolute su questi dilemmi non ce ne sono,occorerebbe a questo punto un intervento divino.Ma ho fiducia che Egli non manchi di assistere chi desidera solo compiere la Sua Volontà,impedendogli di cadere nell'errore(

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  34. Cari Murmex e Marco,
    anch'io spn tentata di orientarmi nello stesso modo.
    Recentemente mi ha tuttavia interpellata la testimonianza di un religioso, aspirante sacerdote, che quando non può pattecipare alla Messa tradizionale, non esita a partecipare al NO, pur di ricevere il Signore nella comunione...

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  35. Cari Cattolici,

    La storia non finisce con Pd. Calmel; ci sono uomini oggi che sentono una vocazione al sacerdozio, che hanno chiesto numerosi vescovi qui in Italia per farsi sacerdoti dedicati alla Messa tradizionale...tutti rifutati...

    vocazione rifutate!

    Tutti i vescovi che hanno celebrato la Messa tradizionale in pubblico durante il pontificato di Benedetto XVI hanno rifutato tali vocazioni...

    Ho visto la documentazione: quindi, le notizie sono vere...

    Osservatore

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  36. pur di ricevere il Signore nella comunione.
    Siamo al si salvi chi può, e , quindi, dichiaro esplicitamente di non aver l'intenzione di disapprovare il seminarista, però vorrei farlo riflettere su:
    a) de facto la presenza del seminarista al N.O. rappresenta una forma di tacita approvazione per tutti gli annessi e connessi, oltre che un riconoscimento di unità con e sottomissione verso chi gli sta dando l'Eucarestia. Quest'ordine di ragioni spinsero Sant'Ermenigildo a preferire la morte, piuttosto che riceve la Comunione (VALIDA) dalle mani di un vescovo eretico;
    c) se la pensa così, perchè non preferisce prendere la Comunione Extra Messa?
    Conosco delle familgie che reputano valido il N.O., ma non lecita la presenza alla sua celebrazione. Pertanto, visto che, oltre tutto, vivono in posti da dove si possono recare solo molto di rado ove si celebra Messa tridentina (o orientale) hanno trovato un accordo con un vecchio monaco. Costui, che non condivide le loro scelte, ma ne rispetta la csocienza. li va a trovare ogni 15 -20 giorni, li confessa e porta loro la Comunione, e gliela porge recitando le preci relative in latino.

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  37. Serafino,
    evidentemente il seminarista sceglie celebrazioni di sacerdoti che gli danno fiducia.
    In un tempo così buio mi sembra giusto e necessario, orientamenti. Ma una scelta così radicale, francamente, non mi sentirei di consigliarla. Non me ne riconosco l'autorità né la piena consapevolezza.

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  38. La storia non finisce con Pd. Calmel; ci sono uomini oggi che sentono una vocazione al sacerdozio, che hanno chiesto numerosi vescovi qui in Italia per farsi sacerdoti dedicati alla Messa tradizionale...tutti rifutati...


    Purtroppo posso confermare, semplicemente perché ne conosco personalmente più d'uno...
    Penso che il Signore provvederà.
    Intanto cerchiamo e sosteniamo i sacerdoti tradizionali che ci è dato incontrare e continuiamo a pregare.

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  39. Carissime.

    La sofferenza che nasce dall'assistere al NO è perchè si sente in coscienza di trovarsi di fronte ad una celebrazione che non esprime e non rispecchia la nostra Fede cattolica. Non è la "sofferenza" provata ad esempio dal dover andare alla S. Messa invece di fare altre attività la domenica. Su questo punto è bene riflettere.

    Da una sofferenza interiore può nascere intellettualmente la stessa convinzione di Padre Calmel. Da questa considerazione intellettuale poi consegue un atteggiamento pratico e morale. E' chiaro che la sofferenza nasce anche dal trovarsi un un ambiente ostile e che è impregato degli errori modernisti, nonstante la buona fede delle singole persone e nonostante il loro buon cuore. A questo punto o si tenta di far quadrare il cerchio dottrinalmente ed arrampicarsi sugli specchi con relative ed inevitabili crisi (tentare di elaborare una impossibile ermeneutica della continuità) e ricadute a livello intellettuale. Oppure si trova un ambiente tradizionale stabile al riparo da questi errori dove si ha la stessa dottrina senza compromessi e dove si partecipa senza sofferenze e con devozione alla Liturgia (per me è stata la FSSPX, con tutto il rispetto per le altre realtà). Il girovagare da un posto all'altro non fa bene. Soprattutto non fa bene essere cattolici tradizionali e frequentare ambienti più o meno modernisti . Alla fine è come con i Francescani dell'Immacolata, si deve fare una scelta. Si può servire due padroni fino ad un certo punto, ma si è costantemente in uno stato di perplessità, di inquietudine, di stallo intellettuale, di non coerenza ed infine di dolore, sofferenza ed infelicità nonstante la florida situazione affettiva, familiare e lavorativa.
    Poi però prima o poi i nodi vengono al pettine. Basta una causa scatenante.
    Capisco le vostre perplessità quando si ha di fronte le persone care verso le quali siamo responsabili del nostro comportamento.
    Soprattutto è dura comportarsi di conseguenza quando dobbiamo assistere passivamente a celebrazioni NO in occasione di matrimoni, battesimi o funerali di altre personea noi vicine. Purtroppo in quest'ultimo caso gli altri potrebbero non capire il nostro atteggiamento e scambiarci per non-credenti o persone di altra religione. A me è capitato. L'unica possibilità è andare via al momento dello scambio della pace o della recita del Padre Nostro mano nella mano, oppure inginocchiarsi in preghiera. In parte è vero. Siamo di altra religione rispetto al modernismo, siamo non credenti verso il modernismo.

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  40. Lo so che non è facile con le persone care, con gli amici che conoscono il nostro passato, ma provare a spiegare le vostre (nostre) ragioni con un linguaggio chiaro e semplice. Il riassunto del breve esame critico non è facile. Non è detto che capiscano subito e molto probabilmente potrebbero all'inizio reagire anche male. L'importante è non forzare nessuno. Per capire alcune questioni legate alla tradizione possono passare anche degli anni, nonostante l'assiduo "impegno" (è ironia sia chiaro) di Papa Francesco nel mostrare come tra il CVII ed il dopo ci sia discontinuità dottrinale, liturgica e teologica.
    Attenzione che il NO è valido se c'è l'intenzione del celebrante. Purtroppo però per avere questa intenzione non è più sufficiente la volotà di fare quello che fa la Chiesa, di celebrare il rito NO. Questo accade perché il NO, che è ambiguo, non trasmette più l'intenzione e la volontà della Chiesa riguardo alla S. Messa. E' scritto nell'articolo. Il celebrante dovrà formarsi una retta intenzione in modo esterno al NO, ad esempio con studi personali o con la celebrazione del VO (biritualismo).
    Come affermato dal breve esame critico il rischio di invalidità con il NO è molto alto, dato che i nuovi Sacerdoti non sono più formati correttamente e possono non avere l'intenzione necessaria, tuttavia non si può affermare che il NO è di per sé invalido.
    Per affermare una cosa del genere è necessario un pronunciamento del Magistero, così come è successo per le "ordinazioni" anglicane, ben due secoli dopo!
    Per quanto riguarda le attuali autorità romane, posso solo dire che NON MI FIDO neanche un po'. E' stato ignobilie il loro comportamento nella vicenda del noto commissariamento. Per non parlare dello stillicidio di incontri, iniziative contro ogni tradizione soprattutto nella preghiera per l'unità dei cristiani.

    Quando Roma si convertità alla Tradizione, allora ricominverò a fidarmi di loro

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  41. Marco,
    effettivamente il fossato generazionale si va facendo sempre più profondo. Non sembra ci sia una soluzione umana.
    Resta da vedere se le oasi che ancora restano potranno crescere.
    Ma è molto difficoltoso. Occorre raddoppiare preghiera ed impegno.
    Ma la scelta è inevitabile.

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  42. C'è un tema, al contempo soggettivo e oggettivo, che è quello della partecipazione dei fedeli "tradizionali" alla messa NO. Molti di noi, almeno in alcune circostanze, sono costretti a partecipare alle messe NO. Forse riteniamo che siano illecite, ma, almeno per doveroso spirito di prudenza, vi partecipiamo assumendo che siano valide. Speriamo.
    Tuttavia, il problema è la loro "sopportabilità". Certo, c'è Novus Ordo e Novus Ordo, ne conveniamo tutti.
    Tuttavia, non posso non ammettere che la partecipazione a questo tipo di messa mi genera problemi. Certo, i principali sono quelli dovuti ai ben noti motivi dottrinari. Ma esistono anche quelli estetici. I canti senili, le chitarre e i tamburelli, le casule svolazzanti, l'ipertrofia verbale, la vicina molesta che vuole scambiare a tutti i costi il molesto segno della pace, l'infantilismo del Padre Nostro a mani congiunte, le prediche sgangherate, interminabili e totalmente insignificanti, le "pie donne" che ti guardano male se t'inginocchi, gli avvisi a fine messa, dettagliati, imperativi, così inaccettabilmente "polically correct" (no, spiacente, caro Parroco, ma non sono per niente "inclusivo" e l' "accoglienza" la esercito con chi non mi molesta e con chi mi aggrada), i bovini richiami degli attivisti della Caritas all'uscita, bene, tutto ciò mi rende la messa Novus Ordo una penosa, dolorosa penitenza che accetto - certo non volentieri - nella speranza che rappresenti una sorta di Purgatorio anticipato (ammesso che io possa, un giorno, accedere al Purgatorio).
    Sono il solo ad avere questi sentimenti?

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  43. Se devo essere sincera molte delle discrasie elencate da Silente fanno parte degli elementi negativi di segno contrario rispetto a ciò che 'disturba' i denigratori del rito antiquior.
    Ciò che mi fa star male, spiritualmente più che per idiosincrasie in fondo superabili (tolti molti canti), è l'ascoltare formule alle quali il mio cuore e la mia mente non può aderire, perché esprimono "altro" rispetto a ciò che il Santo Sacrificio è e compie.

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  44. Quando, per motivi puramente sociali (funerali e matrimoni), mi reco al N.O., mi comporto come la Chiesa prescrive che ci deve comportare alle cerimonie non cattoliche. Ovvero con la "dignitosa indifferenza" di guareschiana memoria.
    Però, è più forte di me, non appena vedo una Comunione (che "*spero*" invalida, ma, ohimè, temo che potrebbe essere valida) ESCO di chiesa.

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  45. Infatti, carissima Mic, come dicevo sopra: "Certo, i principali [problemi] sono quelli dovuti ai ben noti motivi dottrinari". Tuttavia, non definirei "superabili idiosincrasie" quelli che ho definito, forse impropriamente, "problemi estetici". Nel Sacro, forma e sostanza coincidono. Il Bello e il Vero sono intimamente consustanziali. Ma, lo ammetto, può darsi che il mio soggettivo sentire sia solo snobismo antropologico. Tuttavia credo di essere in buona compagnia.
    Silente.

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  46. Non tutte le messe NO sono orribili, ce ne sono anche di belle e celebrate con raccoglimento, ho ascoltato anche belle omelie, dipende molto dal celebrante, cmq uscire al Padre nostro non mi sembra una genialata, si sta fino in fondo o non ci si va per niente è anche una questione di rispetto verso il Padrone di casa che è sempre lo stesso, se proprio sono inaccettabili, si evita, ma se non ci sono alternative penso sia peggio saltare la messa o no? Anonymous.

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  47. Caro Anonymous, la sua affermazione: "dipende molto dal celebrante" è significativa. Mentre la sacralità della S. Messa di sempre prescinde dalle qualità del celebrante, perché oggettiva e dovuta al canone, quella della nuova messa deve contare sulle buone intenzioni del sacerdote. Non è un differenza da poco. E ciò senza considerare gli errori, le ambiguità, le deviazioni della nuova messa, che mi sembra inutile richiamare qui, perché ben note.
    Silente.

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  48. Aggiungo, caro Anonymous, riguardo alla sua affermazione: "ma se non ci sono alternative penso sia peggio saltare la messa o no?" che è da molto che ci rifletto. Ovviamente, vado alle S. Messe tradizionali, anche con sacrifici logistici. Se non posso, vado, obtorto collo alle messe moderniste, con forti sofferenze spirituali ed estetiche. Vi assisto con rabbia e disgusto, il che, lo ammetto, non contribuisce alla mia edificazione. Mi sforzo di farlo come atto di penitenza e, poiché si tratta di una penitenza non da poco, spero di trarne quale merito. Ma vi assisto solo in nome di un principio di prudenza: pur essendo ragionevolmente convinto che siano illecite, voglio peraltro illudermi che siano anche valide.
    Ognuno ha le sue debolezze.
    Silente.

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  49. @Silente, la mia riflessione, se così si può chiamare, non aveva intenti provocatori, ma avendo molto viaggiato in paesi ex impero asburgico e quindi cattolici o ex-cattolici, ho assistito a varie celebrazioni e, a parte la lingua, i canti e le musiche sono sempre qualitativamente di altissimo livello, specie in Austria e Polonia, a Roma ho assistito a messe molto partecipate, ben celebrate e assai più del dignitoso, poi ho visto cose inenarrabili alla kikko per intenderci e purtroppo anche kermesse cnc avendoci un mare di parenti dentro, poi ho fatto una scrematura delle altre 'normali' e ne ho trovate di buone, se non altro senza troppe storture, mi affido molto alla preghiera davanti al SS.mo Sacramento che per fortuna è sempre esposto da qualche parte, insomma bisogna di necessità far virtù. Grazie dell'attenzione. Anonymous.

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