Concilio Ecumenico Vaticano II.
Una rivoluzione travestita da aggiornamento
Una rivoluzione travestita da aggiornamento
Nell'attesa di completare l'elaborazione di un articolo con puntualizzazioni nette e mirate per fare chiarezza una volta per tutte tra il vero tradizionalismo e quello ibrido-sofista che si spaccia per tale avvolgendo nelle proprie spire subdolamente normalizzatrici molti fedeli in cerca di orientamento, me la cavo, per ora, con una semplice esposizione di alcuni elementi, eloquenti di per sé, estratti dal nostro scrigno di pensieri ed esperienze di anni di impegno e coinvolgimento.
Il fatto è che contro la menzogna e l’errore serve tenacia e audacia, altrimenti non se ne argina la diffusione, che diventa sempre più soffocante la verità e il bene che solo dalla verità scaturisce. Ed è per questo che va scossa sia l'indifferenza che la superficialità: essere a-critici sarà anche meno impegnativo, ma rende complici dei pervertitori. Mentre la perversione - in senso lato, non riferibile solo alla morale - ha raggiunto livelli tali che non esiste una terra di mezzo (né tradizionalisti né progressisti); ma ormai occorre prender posizione da una parte o dall'altra, attenti alle tendenze senza cadere nell'ideologia. Nella consapevolezza che la Tradizione, che è vita e giovinezza della Chiesa, non esclude affatto il progresso, che è altra cosa dal progressismo.
L'analisi che segue mostra come siamo sempre fermi in una situazione - di stallo nel dibattito ingravescente nella degenerazione - difficilmente sormontabile a breve termine se non intervengono ulteriori scossoni (penso a quelli prodotti dall'assise conciliare tuttora aperta). Essa gira sempre intorno agli stessi punti chiave, negati o aggirati con strategie dialettiche e pragmatiche di segno deteriore e quindi mai affrontati, ma che saranno prima o poi ineludibili.
Il fatto è che contro la menzogna e l’errore serve tenacia e audacia, altrimenti non se ne argina la diffusione, che diventa sempre più soffocante la verità e il bene che solo dalla verità scaturisce. Ed è per questo che va scossa sia l'indifferenza che la superficialità: essere a-critici sarà anche meno impegnativo, ma rende complici dei pervertitori. Mentre la perversione - in senso lato, non riferibile solo alla morale - ha raggiunto livelli tali che non esiste una terra di mezzo (né tradizionalisti né progressisti); ma ormai occorre prender posizione da una parte o dall'altra, attenti alle tendenze senza cadere nell'ideologia. Nella consapevolezza che la Tradizione, che è vita e giovinezza della Chiesa, non esclude affatto il progresso, che è altra cosa dal progressismo.
L'analisi che segue mostra come siamo sempre fermi in una situazione - di stallo nel dibattito ingravescente nella degenerazione - difficilmente sormontabile a breve termine se non intervengono ulteriori scossoni (penso a quelli prodotti dall'assise conciliare tuttora aperta). Essa gira sempre intorno agli stessi punti chiave, negati o aggirati con strategie dialettiche e pragmatiche di segno deteriore e quindi mai affrontati, ma che saranno prima o poi ineludibili.
Un tentativo di fare chiarezza da non abbandonare
Ricordo e vi ricordo che nel 2010, per iniziativa dei Francescani dell'Immacolata, si è tenuto a Roma un importante Convegno: Concilio Ecumenico Vaticano II. Un concilio pastorale. Analisi storico-filosofico-teologica. [Si può verificare dal link alla locandina dell'evento il calibro dei relatori e degli interventi]. Nelle dichiarate intenzioni, doveva essere solo il primo di una serie, al fine di tracciare un percorso articolato, col coinvolgimento di studiosi di provata serietà e competenza, per ulteriori analisi, approfondimenti, studi e proposte da portare nelle sedi adeguate. Ci abbiamo creduto, ma gli eventi ci hanno messi di fronte all'ineludibile muro del conciliarismo1 che ha continuato ad avere la meglio nostro malgrado.
Ne ho fatto qui il resoconto. Ripercorrendo la discussione, noto come la consapevolezza di allora conservasse ancora qualche speranza. Oggi la situazione, in soli 5 anni, è di gran lunga più degenerata e non solo per la triste vicenda apparentemente senza soluzione dei FI, ma per tutto il contorno e gli sviluppi che rivelano il consolidarsi della rivoluzione conciliare invece della famosa e millantata 'continuità', ben a ragione chiamata "araba fenice" da mons. Gherardini.
Mi limito ad estrarre dalla discussione, riproponendoli in quanto attuali più che mai tre interventi: una dichiarazione di padre Lanzetta prima del convegno, una mia risposta ad un lettore ed una puntuale riflessione di Luisa, basata su alcuni esiti che ora si sono più che mai consolidati.
Concludo inserendo i link ai testi che ho pubblicato sul blog - comunque sempre visibili percorrendo la colonna di destra - cui aggiungo l'informazione integrativa sulla pubblicazione degli Atti del Convegno [qui].
Concludo inserendo i link ai testi che ho pubblicato sul blog - comunque sempre visibili percorrendo la colonna di destra - cui aggiungo l'informazione integrativa sulla pubblicazione degli Atti del Convegno [qui].
Osservazioni di p. Lanzetta alla vigilia del convegno
... La ragione qui è l’ingresso della categoria “storia” nell’impianto della Rivelazione. La Rivelazione sussume in sé il momento storico e la storia guida la comprensione della Rivelazione. La fede così viene subordinata all’“evento Vaticano II”, finendo col credere all’evento più che alla Chiesa-mistero.
Da tutto questo risulta che il Vaticano II (del resto come ogni altro concilio) deve essere necessariamente interpretato (anche il dogma si deve leggere sempre nel modo giusto). Ma per un’interpretazione corretta si necessita fondamentalmente di 3 cose:
- tener conto della natura pastorale del Concilio e quindi di un progresso dottrinale o regresso, quando quel nuovo è inteso come rottura;
- tener conto del tenore dei documenti del Concilio: i documenti nel loro insieme sono espressione di un magistero solenne e ordinario autentico; infallibile2 solo di riflesso, ovvero quando si richiama a dottrine già definite o a dottrine definitive tenendae, la cui definitività è espressa dallo stesso magistero. Il progresso dogmatico del Vaticano II, che può segnare un’eventuale continuità/discontinuità, va valutato alla luce della teologia, e misurato con gli strumenti teologici, per il fatto che siamo di fronte ad un magistero ordinario e non definitorio. La teologia in questo caso funge da ancella del magistero;
- è necessario, infine, contestualizzare il Vaticano II, leggendo anche i retroscena storici che lo hanno interessato: la crisi modernista degli inizi del XX secolo; il notevole sviluppo teologico e il nuovo metodo utilizzato in teologia, non sempre però in conformità con il sentire della Chiesa; il passaggio dalla modernità alla post-modernità quale crisi degli stessi apogei conquistati dalla ragione illuminata e volontà di ribellarsi ad ogni istituzione – anche nella Chiesa entrò la contestazione –, con la rivoluzione culturale del ’68. Bisogna tener conto, in altri termini, di un mondo che è fortemente e repentinamente cambiato, per altro ora già diverso da quello presente al Concilio e previsto dall’analisi di Gaudium et spes.
Di qui la necessità di un’analisi critica che sia costruttiva per un’adeguata interpretazione del dato conciliare. La Chiesa non inizia col Concilio ma con Gesù Cristo. Il metro ultimo della valutazione della fede, infatti, non è il Concilio ma la Tradizione della Chiesa. Il Concilio porta un avanzamento della comprensione della fede certo, ma non muta la Chiesa. Se la Chiesa è mutata non è in ragione del Concilio in sé, ma di una visione scorretta della “conciliarità” e quindi della stessa Tradizione della Chiesa. La Chiesa ha convocato e approvato questo Concilio come i 20 che sono alle sue spalle.
Questo significa dunque che il progresso è indiscutibile, ma ogni progresso segna comunque anche un certo regresso, in ragione delle falsità e degli errori che vi si possono celare. Si tratta di esaminare in modo critico i punti dove queste falsità possono innestarsi e quindi fare un attento esame ermeneutico del Vaticano II alla luce della fede di sempre. Quello che ci proponiamo di fare col nostro Convegno. (Il Concilio Vaticano II è un problema?- P. Serafino M. Lanzetta su Zenit [qui])
Questo significa dunque che il progresso è indiscutibile, ma ogni progresso segna comunque anche un certo regresso, in ragione delle falsità e degli errori che vi si possono celare. Si tratta di esaminare in modo critico i punti dove queste falsità possono innestarsi e quindi fare un attento esame ermeneutico del Vaticano II alla luce della fede di sempre. Quello che ci proponiamo di fare col nostro Convegno. (Il Concilio Vaticano II è un problema?- P. Serafino M. Lanzetta su Zenit [qui])
Una risposta sulla continuità, con alcune precisazioni ulteriori
Domanda: ma questo ci assicura di poter ravvisare la famosa continuità tra la Chiesa attuale e quella di prima?
Intanto non parlerei di Chiesa attuale e quella di prima: esiste la Chiesa punto.
Se si "vuole" trovare la continuità nei testi è possibile trovarla; ma questo avviene incontestabilmente solo nel terzo dei quattro livelli che - secondo mons. Gherardini - esprimono tutti, ma con qualità teologica diversa, il supremo Magistero del concilio. In questo caso la validità dogmatica è dedotta dalle citazioni di precedenti definizioni già solennemente sancite che trattano di temi di fede e di morale. Gli altri ambiti del magistero conciliare, per la loro natura pastorale, per la loro intrinseca novità o per la loro contestualizzazione storica contingente, non comportano né l’infallibilità, né la definitività sul magistero non infallibile - e tale è quello ordinario, pastorale, quando non ripropone verità dogmatiche - al quale la Lumen Gentium attribuisce «non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà». Il che evidentemente significa che si può e si deve accoglierlo e vagliarlo attraverso la ragione illuminata dalla fede, perché l'assenso non può essere puramente esteriore e disciplinare, ma deve collocarsi nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede attinta dal Depositum fidei di cui la Chiesa è custode. L'ossequio non è adesione totale e imprescindibile. È doveroso per i cattolici chiedere chiarimenti su interrogativi insoluti. In mancanza, la coscienza guidata dalla retta ragione - che è quella illuminata dalla fede - insieme alla formazione ricevuta dal Magistero infallibile restano il criterio delle nostre scelte.
Se si "vuole" trovare la continuità nei testi è possibile trovarla; ma questo avviene incontestabilmente solo nel terzo dei quattro livelli che - secondo mons. Gherardini - esprimono tutti, ma con qualità teologica diversa, il supremo Magistero del concilio. In questo caso la validità dogmatica è dedotta dalle citazioni di precedenti definizioni già solennemente sancite che trattano di temi di fede e di morale. Gli altri ambiti del magistero conciliare, per la loro natura pastorale, per la loro intrinseca novità o per la loro contestualizzazione storica contingente, non comportano né l’infallibilità, né la definitività sul magistero non infallibile - e tale è quello ordinario, pastorale, quando non ripropone verità dogmatiche - al quale la Lumen Gentium attribuisce «non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà». Il che evidentemente significa che si può e si deve accoglierlo e vagliarlo attraverso la ragione illuminata dalla fede, perché l'assenso non può essere puramente esteriore e disciplinare, ma deve collocarsi nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede attinta dal Depositum fidei di cui la Chiesa è custode. L'ossequio non è adesione totale e imprescindibile. È doveroso per i cattolici chiedere chiarimenti su interrogativi insoluti. In mancanza, la coscienza guidata dalla retta ragione - che è quella illuminata dalla fede - insieme alla formazione ricevuta dal Magistero infallibile restano il criterio delle nostre scelte.
Il problema sta nel fatto che le applicazioni di testi conciliari da parte di molti teologi del post-Concilio sono state attuate come se si trattasse di testi dogmatici; il che, oggi, non appare reversibile, se non attraverso una pronuncia veritativa del Sommo Pontefice. Il problema è stato espresso con estrema chiarezza da don Kolfhaus: « Nei decreti e nelle dichiarazioni non si tratta dell’affermazione magisteriale di verità, bensì dell’agire pratico, cioè della pastorale come conseguenza della dottrina. Nella teologia manca un concetto per questo magistero pastorale […]. Non si può fare a meno di rimproverare a certi teologi "moderni" un atteggiamento conservatore, poiché essi non di rado guardano ai decreti e alle dichiarazioni del Vaticano II come a testi dogmatici, che definiscono "nuove" verità. Il Concilio stesso non voleva questo ».
In ogni caso qui stiamo teorizzando sull'autorevolezza dei testi, anche se dobbiamo riconoscere che le applicazioni decisamente 'innovative' non possono non aver creato 'discontinuità'.
Ed è innegabile che la prassi provoca dei cambiamenti. Inoltre la prassi presuppone una dottrina sia pure implicita; dunque la prassi sconsiderata può sviluppare una nuova dottrina.
Secondo me questo è il dramma in cui siamo immersi oggi nella nostra Chiesa. Ma è da qui che dobbiamo partire e dobbiamo poter guardare la realtà in faccia... bisogna vedere che piega prenderanno gli sviluppi futuri.
Intanto, molto mi stupisce lo strano silenzio dei maggiori organi di informazione cattolici su questo evento.
Immutata la situazione delineata, tranne che per alcuni recenti spiragli
Grazie per averci offerto questa informazione, ma soprattutto resto in attesa del seguito promesso. Io, mic, non mi meraviglio del silenzio che ti sconcerta: credo che purtroppo non sia altro che il seguito di quello che succede da oltre 40 anni. Ci sono troppe orecchie che non vogliono intendere. E tuttavia, oggi, una maggiore consapevolezza c'è e le cose che sono state dette e che attendiamo con ansia di conoscere più a fondo certamente non resteranno senza conseguenze. [...]
Risponde la lettrice Luisa e siamo costretti a prender atto che quella da lei delineata è una questione tuttora aperta ed immutata, tranne che per la posizione pubblica finalmente assunta da alcuni pastori tra i più illuminati.
Devo capire che il silenzio attorno al Convegno organizzato dai Francescani dell`Immacolata - emblematico del problema di fondo negato con ostinazione dalla gerarchia egemone - è il prezzo da pagare per poter continuare a parlare del Vaticano II ?
Devo capire che il silenzio attorno al Convegno organizzato dai Francescani dell`Immacolata - emblematico del problema di fondo negato con ostinazione dalla gerarchia egemone - è il prezzo da pagare per poter continuare a parlare del Vaticano II ?
Insomma zitti prima, zitti ora anche se in modo diverso?
Cioè parlate, discutete, ma senza far rumore, mantenete un profilo basso, nessuna pubblicità se no... Ciò confermerebbe l'impressione molto sgradevole che in fondo, anche se in apparenza hanno ritrovato la parola, i "tradizionalisti" sono sorvegliati a vista, tollerati se e quando non fanno troppo rumore, se soprattutto non esprimono con troppa fermezza le loro critiche o anche solo riflessioni.
Insomma ci sono i tradi ad hoc, quelli per bene, con un cerotto sulle labbra, riconoscenti e beati davanti ogni piccolo gesto di "generosità", mai una critica, e dunque tollerati, e ci sono i tradizionalisti che dicono ciò che vedono, mettono il dito sulle piaghe, pongono domande anche se scomode, chiedono ad esempio che la famosa ermeneutica della continuità sia finalmente documentata, reclamano le misure di autorità perché lo scempio liturgico e dottrinale continua come prima e forse peggio di prima.
Questi ultimi non sono tollerati, sono messi all'indice e lo sono anche da chi si dice "tradizionalista"... dai tradi della prima categoria. Devo dire che questo pizzino imposto anche da chi dice di essere legato alla Tradizione, non mi piace affatto e mi sconcerta.
Sintesi e testi delle relazioni presenti sul blog
- Sintesi sul Convegno
- Mons. Brunero Gherardini, autorevole esponente della Scuola Romana
- Mons. Athanasius Schneider, Vescovo di Astana in Kazachstan
- P. Serafino Lanzetta, già F.I., docente nel Seminario Teologico “Immacolata Mediatrice”, oggi chiuso d'autorità
- Prof. Roberto De Mattei, storico, docente presso l'Università Europea di Roma
- Don Florian Kolfhaus, Segreteria di Stato
- P. Rosario Sammarco, F.I.
- Editoriale di P. Serafino Lanzetta
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1. Nella storia il conciliarismo è conosciuto come l’eresia che sottomette il Papa al Concilio ecumenico.
2. La semplicistica e fallace equazione Concilio=infallibilità spinge verso il sedevacantismo o verso il conciliarismo "vaticansecondista". Dunque non può essere definito “sedevacantista” o “protestante” chi analizza criticamente documenti, atti o omissioni dell’autorità ecclesiastica non coperti dall’infallibilità, rimanendo pienamente all’interno della Chiesa cattolica, rispettandone le supreme Autorità e lasciando ad esse il compito di risolvere la questione in maniera definitoria. Può esserlo soltanto chi nega, di principio o di fatto, l’esistenza di questa autorità.
2. La semplicistica e fallace equazione Concilio=infallibilità spinge verso il sedevacantismo o verso il conciliarismo "vaticansecondista". Dunque non può essere definito “sedevacantista” o “protestante” chi analizza criticamente documenti, atti o omissioni dell’autorità ecclesiastica non coperti dall’infallibilità, rimanendo pienamente all’interno della Chiesa cattolica, rispettandone le supreme Autorità e lasciando ad esse il compito di risolvere la questione in maniera definitoria. Può esserlo soltanto chi nega, di principio o di fatto, l’esistenza di questa autorità.
LA MANCANZA DI CONTINUITA' si vede AD OCCHIO NUDO :
RispondiElimina1. Una liturgia della Messa che ha abolito l'altare e il conseguente "introibo all'altare di Dio" (salmo 42) con il quale si iniziava la Messa, sostituito dalla tavola simil-protestante, che nelle forme degenerate di rito diventa una ripugnante "tavolata"; in volgare; con soppressione di intere parti dell'antico rito e pesanti modifiche in quelle superstiti, anche nelle formule della Consacrazione; l'officiante presentato come "presidente della sinassi eucaristica", che in qualche modo sembra concelebrare con lui; la sciatteria e la bruttezza del nuovo rito che si accoppia alla bruttezza allucinante della nuova architettura sacra, nella quale tra l'altro si mostra la tendenza a costruire chiese circolari, con l'altare al centro...
2. Preti e suore non piu' identificabili dall'abito, come se si vergognassero di mostrarsi cattolici. 3. Un linguaggio spesso incomprensibile, a tutti i livelli, fatto di slogan a sfondo umanitario, ecumenici appunto, o rivoluzionari, comunque non cattolico... 4. La lista sarebbe lunga. Ricordo solo le numerose ambiguita' del Concilio e i veri e propri errori dottrinali in esso racchiusi, sviscerati ormai da tempo da diversi e noti studiosi, Amerio e Gherardini per limitarci ai piu' significativi. (C'e' chi preferisce baloccarsi con "l'ermeneutica della riforma nella continuita'").
MA ECCO IL CASTIGO che si avvicina. Si delinea sempre piu' grave, purtroppo, la minaccia di un attacco mussulmano terroristico in grande stile nei confronti di Roma e del Papa (giornali di oggi). La nostra classe dirigente rosa-arcobaleno, come anche quella europea, non sembra in grado di far nulla, oppressa com'e' dalla pavidita',dalle sue false ideologie, da ogni sorta di vizi. Sta forse per avverarsi la tremenda visione del Terzo Segreto di Fatima, dove si vedono un Papa e tanti altri uccisi anche a colpi di freccia? I terroristi dell'Isis usano la spada...Voglio portare jella? No di certo. Anzi, invito a pregare per l'incolumita' del Papa e a premere sul governo perche' faccia finalmente il suo dovere nei confronti dell'immigrazione clandestina che ci opprime. Pero', come non rammentare che proprio la Gerarchia attuale ci ha raccontato tante falsita' sulla religione mussulmana; che ha indegnamente criminalizzato tutto il passato della Chiesa, a cominciare dalle Crociate; che va a render omaggio ai maomettani nelle loro moschee; che fa di tutto per impedire ogni difesa contro "i migranti" etc. etc. L'ora del castigo adesso si avvicina sempre di piu'. A meno che non ci sia un'inversione di rotta decisa. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che la presa di coscienza della situazione di disfacimento della Chiesa, stia avvenendo ancora in modo troppo lento da parte di molti, di troppi, anche e soprattutto ecclesiastici.
Nel frattempo c'e' chi vorrebbe "decardinalizzare" Burke
RispondiEliminahttp://www.lastampa.it/2015/02/16/blogs/san-pietro-e-dintorni/burke-vada-in-monastero-asA8se5OdA9eYH735Vd8tO/pagina.html
Intanto la Playmobil sta commercializzando un pupazzetto nelle sembianze di Martin Lutero con tanto di tesi in mano....il 2017 si avvicina, und wann das Gelde klingt.....i protestanti sono sempre in prima linea....
RispondiEliminaRingrazio RIC per la segnalazione.
RispondiEliminaHo appena pubblicato un articolo aggiungendo anche la grave (e scorretta) affermazione di Wuerl...
Sul "Corriere della Sera" di oggi leggo che il papa ha ( o avrebbe detto )in concistoro:" Il Signore e'presente anche in coloro che hanno perso la fede, o che si sono allontanati dal vivere la propria fede o che si dichiarano atei". Ci sono "due logiche di pensiero e di fede""quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata" e quella di Gesu' e della Chiesa,
RispondiEliminache e' quella di NON CONDANNARE NESSUNO ETERNAMENTE"... "senza timore di far entrare i lupi tra
il gregge".
Devo dire sinceramente che non
capisco come possa fondarsi sul testo evangelico una cosi' netta
distinzione tra "farisei - legalisti chiusi e sospettosi" e "misericordiosi - aperturisti". Nei Vangeli e in tutti gli altri libri
del "Nuovo Testamento" ci sono testi che, accanto alla promessa del regno celeste mettono di fronte alla minaccia di un castigo terribile e di una ETERNA ESCLUSIONE DAL REGNO DI DIO. Questo Dovremo dire che non conta il discorso di san Giovanni sulla "razza di vipere" che saranno come pula destinata a essere bruciata con in un fuoco
inestinguibile? E che ne e'dell'avvertenza "Entrate per la porta stretta perche' largo e' il cammino che porta alla perdizione"?
E cosi' potremmo proseguire con le citazioni ( che sarebbero numerosissime ).La Chiesa non ha mai ordinato di non amare gli sviati e i "pubblici peccatori",
pero' ha sempre ricorso all' "anathema" e al "vitandus" proprio per evitare il "contagio" e lo
"sdoganamento" come normali e ammisdibili di comportamenti vistosamente fuori norma, che con grande probabilita' sboccano nel cambiamento in peggio del costume.
I discorsi che vanno circolando sembrano portare passo dopo passo all'abolizione della distinzione fra peccato veniale e peccato mortale. Ora, un peccato e' mortale in quanto fa andare all'Inferno. E
allora usciamo dall'equivoco, perche' si tratta di un cambiamento strutturale del Cristianesimo: da un Cristianesimo che prevede il pericolo della dannazione eterna, a un altro che vede non peccati
mortali, ma solo diverse gradazioni di bene.
Sto sentendo i sermoni del Santo Curato d'Ars e, come in altri testi di "pieta'" li vedo tuTti incentrati sulla polarita' salvezza / dannazione.
Ora invece si sta passando alla polarita' "egoismo-farisaismo retrogrado / aperturismo misericordioso-progressista. Di
Novissimi si parla solo
rarissima mente e solo a proposito di dittatori terribili o di grandi criminali o corrotti di grosso calibro.
E la visione dei bambini di Fatima, nel corso di apparizioni
riconosciute? Si', certo Gesu' non scansava peccatori e prostitute; ma lui era l'uomo- Dio, il Signore, e come tale era molto piu' "robusto" del fedele qualunque, magari poco istruito e poco avvertito...
Per cui io, che dell'Inferno ho paura, perche' non mi sento affatto cosi' "a posto" chiedo: dobbiamo ancora parlare dell'Inferno? E in che termini, relativamente all'eta' e alla mentalita' dei fedeli, bambini o adulti?
Caro Paolo,
RispondiEliminanon vogliono guardare in faccia neppure la realtà del momento (mi riferisco alla Libia e all'ISIS). Stanno pensando di decardinalizzare Burke e non pensano neppure per un'istante che la punizione di Dio si potrebbe abbattere su di loro, il castigo di Dio potrebbe avvicinarsi minuto dopo minuto (io non desidero che accada) ma coloro che l'hanno desiderato da decenni (l'incontro interreligioso) si stà, forse per verificare, ma con i metodi della sharia.
Chi ha cercato di rivoluzionare la Chiesa di Cristo, la Sua Dottrina e le sue Leggi baciando il Corano, pregando nelle moschee anzichè nelle Chiese cattoliche, chi non vuole piegare le ginocchia davanti al Re dei re, ora ha davanti coloro che ha sempre pregato di accogliere a braccia aperte.
Io non lancio alcun anatema, sono razionale, guardo i fatti che accadono ora per ora nei TG di mezzo mondo, e Libia/ISIS e coste italiane sono vicinissime;Chi ha tradito Dio e la Croce, sà che c'è il terzo segreto di Fatima, ma non vuole svelarlo completamente, forse ora ha paura.
L'ISIS ha gridato ai quattro venti che isserà la sua bandiera sulla cupola Petrina. Speriamo che non succeda, che gli eserciti del mondo difendano la vera Chiesa Cattolica; ma questa gentaglia un pò di paura deve subirla per tutti i sacrilegi che ha commesso contro la Chiesa di Cristo, e che scappi da Roma e che a Roma tornino i veri Pastori che sono i veri successori di Pietro e degli Apostoli.
@Franco
RispondiEliminaIl Papa ha detto delle cose diverse, che però il corriere della sera ha manipolato ad arte:
"...La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. Questo non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32)...."
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-francesco_20150215_omelia-nuovi-cardinali.html
@Edoardo Malgarida,
RispondiElimina""ha detto cose diverse e Corsera ha manipolato ad arte""
----------------------------------
E quante volte ha/hanno detto cose diverse dal Vangelo? dalle leggi Divine? dalla Tradizione bimillenaria?
ha usato la Chiesa come cosa materiale invece che Divina?
Il Vangelo, le Leggi Divine sono altra cosa, non bisogna essere ipocriti; I medici non possono fare il giuramento di Ippocrate, poi usarlo a loro uso e consumo.
""Attenzione a non ingannare i piccoli, meglio per loro che si attacchino una ruota di macina e si gettino in fondo al mare."" Parole di Gesù.
Non si può ogni giorno cambiare versione sulle stesse cose.... e mi fermo qui.
@bernardino
RispondiEliminaL'amore per la verità richiede che questa venga professata sempre e comunque. Dunque se il Santo Padre afferma una cosa e il corriere della sera la manipola in modo che si capisca l'opposto (es. non far entrare / far entrare i lupi) è giusto farlo notare. O è sbagliato?
@ Edoardo Malgarida. Purtroppo il tablet non mi porta sull'indirizzo indicato. Dispostissimo a cambiare idea su quelle frasi "perturbatrici"; ho trovato un discorso riportato come ufficiale, che pero' e' una parafrasi dell'"inno alla carita' di san Paolo, da condividere pienamente. D'altro canto Socci ( che precedentemente non avevo letto )
RispondiEliminanella sua "pagina ufficiale" puntualizza il discorso sul tema dell'eternita' dell'Inferno, facendo la solita tirata antibergogliana, con riferimento anche all'idea Scalfariana dell'"abolizione del peccato". Vorrei capire se la giornalista del Corriere della Sera si e' inventato tutto, affermando fin dalle prime righe che era una botta ai cardinali conservatori in vista del Sinodo, oppure il sito ufficiale del Vaticano ha pubblicato una versione ridotta a
uno solo dei passaggi del discorso.
Avrei dovuto sottopormi alla fatica di controllare per sicurezza altre fonti. Cosi'forse ho peccato di giudizio temerario, di per se' riprovevole e richiedente ammenda.
Comunque grande e'la confusione. Se qualcuno potra'fornire un chiarimento mi dara' sollievo.
Rimane il discorso cruciale sullo scarto Chiesa dei Novissimi / Chiesa progressista. Il card. Marx avrebbe detto ( uso il condizionale ) che la Chiesa dovrebbe chiedere perdono per le nevrosi da minaccia infernale causate nel corso di lui secoli. Chissa' se e' da credere.
Su questo nulla da dire:
RispondiEliminaLa strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. Questo non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32).
Guarendo il lebbroso, Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge. Infatti, Gesù libera i sani dalla tentazione del “fratello maggiore” (cfr Lc 15,11-32) e dal peso dell’invidia e della mormorazione degli “operai che hanno sopportato il peso della giornata e il caldo” (cfr Mt 20,1-16).
Sono andata all'originale, al link segnalato da Edoardo Malgarida, che ringrazio. Anch'io sono sempre dell'idea di verificare le fonti e riconosco che, in alcune omelie il papa dica cose anche molto cattoliche.
RispondiEliminaE quando le dice è giusto non equivocare...
Di quel discorso, leggendo ora, mi ha colpito questo:
...E Gesù non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali, a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica. Egli ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento (cfr Gv 10).
Sono due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti. Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio....
Dice cose giuste di per sé; ma non mi piace la sua allusione, credo neppure tanto velata, a chi ama la Tradizione e che confonde con la caricatura del tradizionalismo e non mi piace neppure l'impropria assimilazione al "farisaismo" e al ritualismo. Abbiamo più volte spiegato il perché.
Semmai, riferito a "certi tradizionalisti"...;) ma con i dovuti distinguo.
Il problema è il suo pregiudizio più volte manifestato nei confronti della dottrina, annessi e connessi.
Mi spiace non aver il tempo di dire e approfondire come vorrei.
Mic, non hai letto fino in fondo
RispondiEliminaCari fratelli nuovi Cardinali, guardando a Gesù e alla nostra Madre, vi esorto a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani - edificati dalla nostra testimonianza - non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale. Vi esorto a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda; il Signore che è presente anche in coloro che hanno perso la fede, o che si sono allontanati dal vivere la propria fede, o che si dichiarano atei; il Signore che è in carcere, che è ammalato, che non ha lavoro, che è perseguitato; il Signore che è nel lebbroso - nel corpo o nell’anima -, che è discriminato! Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato! Ricordiamo sempre l’immagine di san Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione. In realtà, cari fratelli, sul vangelo degli emarginati, si gioca e si scopre e si rivela la nostra credibilità!
@ Sull'omelia del Papa.
RispondiEliminaNella versione originale e completa non sembrano esserci elementi eterodossi. Ci sono anche bei concetti cattolici. Tuttavia noto, da parte mia, la tendenza, che emerge alla fine, a portare il discorso sempre sul tema sociale e terreno, quello degli "emarginati", con apertura praticamente nulla al soprannaturale, alla vita eterna.
Nella parte iniziale si nota il richiamo al "figliol prodigo pentito". Occorre, dunque, pentirsi e cambiar vita. Cristo e' venuto "per i malati, per i peccatori". Bene. Pero' troviamo: "misericordia e integrazione" al posto di "misericordia e conversione". Sappiamo cosa vuol dire oggi "integrazione". Viene riproposta l'immagine della Chiesa che "deve uscire dal proprio recinto per andare a cercare gli emarginati etc.". Quest'immagine che tanto ha colpito, la trovo falsa, come se la Chiesa del passato non andasse a cercare i peccatori dovunque si trovassero,come se se ne stesse chiusa nel proprio "recinto". Quale "recinto"? I peccatori, per l'appunto, non i semplici "emarginati", parola chiave del politicamente corretto, che include tutti, anche i divorziati risposati che vogliono far la comunione senza pentirsi e cambiar vita, etc. etc. Accogliere "in modo autentico l'emarginato" (che vuol dire?) non e' affatto lo stesso che adoperarsi per convertire il peccatore e farlo pentire della sua vita, per la sua salvezza. Forse che il santo Curato d'Ars "accoglieva in modo autentico"? Analizzando questa terminologia si va a finire nell'assurdo e nel ridicolo. E alla fine si riafferma che il vero vangelo e' quello "degli emarginati". Insomma siamo sempre alla "chiesa dei poveri", alla teologia della liberazione.
@ Bernardino [continua]
@ Bernardino -
RispondiEliminaLa conquista di Roma ha sempre avuto un significato escatologico per i mussulmani. Gli eserciti turchi la chiamavano "la mela rossa", la cupola di s. Pietro da tagliare con un minareto, dopo la conquista, piu' alto della cupola. Ci vorrebbe un Papa guerriero, come Leone IV, che organizzo' la difesa e le flotte che davanti ad Ostia nell'AD 849 distrussero una grande flotta mussulmana che veniva a conquistare Roma. Ci avevano gia' provato nell'estate dell'846, gli arabi, ed erano stati respinti dopo una movimentata e feroce campagna; dopo aver saccheggiato e semidistrutto le Basiliche, allora situate fuori le mura. Sotto Roma, furono sanguinosamente respinti, il popolo combatte'sulle mura e poi attacco' i maomettani all'esterno, mettendoli n fuga. In tanti libri ancora si legge del saccheggio mussulmano di Roma nel 486 ma e' falso. Dentro la citta' non penetrarono mai. Adesso vi hanno la piu' grande moschea d'Europa, eretta con l'appoggio e l'incoraggiamento di GPII, se ben mi ricordo, colui che ha osato baciare il Corano. Si', per tutte le offese e blasfemie perpetrate da questa Gerarchia a partire dal Vat II, sembra ormai imminente il giorno del redde rationem. Speriamo comunque che qualcosa cambi, speriamo contra spem. Insistiamo nella preghiera e nell'azione, nella lotta culturale, nella battaglia teologica in difesa del dogma della fede, sperando che qualcuno (per grazia di Dio) si svegli di colpo da questo inconcepibile letargo.
RispondiEliminahttp://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=1135
Cara Mic., sai per caso dove si celebrano le Ceneri? in quale delle due chiese? Grazie.
RispondiEliminaTuo aff.mo Bernardino.
Scusi, mic, ma non ho capito bene. Le parole ammirevoli del padre Lanzetta mi sembrano una definizione perfetta dell' ermeneutica della continuità: "fare un attento esame ermeneutico del Vaticano II alla luce della fede di sempre." La continuità sta nella "fede di sempre" e non in qualcosa come "ecco il concilio, guarda che bello, dice tutto quello che si diceva prima". E la "araba fenice" di Gherardini è la "pastoralità", non la continuità. Ma sono 200% d'accordo con lei sulla necessità di chiarezza concettuale in questi tempi di bergogliane tenebre.
RispondiEliminaIl concilio può essere letto in continuità se si espungono tutti gli errori che vi sono penetrati.
RispondiEliminaÈ lo stesso assunto del vescovo Schneider. Nonché di Gherardini, con la sua "Supplica" trasformata in un "Discorso mancato".
Che la sua "araba fenice" sia riferito alla continuità, sempre proclamata e mai dimostrata, l'ho sentito con le mie orecchie.
Il concilio può essere letto in continuità se si espungono tutti gli errori che vi sono penetrati.
RispondiEliminaÉ proprio questo il senso dell'ermeneutica della continuità bene compresa. E è proprio così che la Chiesa ha sempre trattato i problemi nell'interpretazione del dogma. Non c'è niente di nuovo. E anche il fatto di essere proposta dal Papa Benedetto XVI è una ragione più che sufficiente per essere accolta favorevolmente da tutti i fedeli, come lo fanno di modo esemplare i Francescani dell Immacolata. Sdegnare i passi già compiuti dal Papa su questa via, come i chiarimenti sul "subsistit" e sulla libertà religiosa degli martiri romani del bergoglismo imperiale (e anche la libertà di questo blog), non mi sembra il buon cammino.
Ci sono dunque due "arabe fenici" per Gherardini, perchè nel video della conferenza ho sentito chiaramente che fosse la pastoralità.
"Ennesima dichiarazione d’intenti pastorali, che, rimanendo entro il limite del generico, non scoprono ancora il volto o i lineamenti dell’Araba fenice."
RispondiEliminaUno dei tanti riferimenti dell'intervento di Gherardini si riferisce alla "pastorale della continuità".
Tant'è che ci scrive un libro" Vaticano II. Un discorso da fare", con tanto di supplica finale per dimostrare la "continuità" solo proclamata... che è diventato un "Discorso mancato", titolo del libro successivo, per non parlare del seguente: "Il Vaticano II. Alle radici di un equivoco".
Ed è proprio quella "pastorale della continuità" di cui al famoso discorso di Ratzinger del 2005, quella oggi perfettamente attuata da Bergoglio. E' la continuità nella riforma del soggetto Chiesa, interpretata ed applicata appunto in senso storicista, cioè mutevole con i tempi. Il ritratto delle recenti aperture sinodali...
L'abbiamo detto (e dimostrato) miriadi di volte. E' sfiancante questo fraintendimento.
Non mi metto a ridiscuterlo qui e adesso. Sono veramente esausta.
Importante è che lo capisca chi lo deve capire. Il resto è nelle mani del Signore.
Del resto è proprio quella famigerata "pastoralità", anch'essa sempre nel vago e mai definita, sulla quale è stato imperniato tutto il pragmatismo riformatore post-conciliare.
RispondiEliminaE il fatto che l'"Araba fenice" riguardi più specificamente proprio la "pastorale" che si oppone alla "dogmatica", non cambia un'acca di quanto detto e scritto sulla continuità, attribuita ad una pastorale che ha abbandonato il dogma per farsi nuovo dogma indiscutibile...
So che sono un po' troppo scemo, ma per piacere, solo per chiarirmi una ultima volta le idee: Lei dice che Gherardini ha detto no all'invito all'elaborazione di un'ermeneutica della continuità fatto dal Papa Benedetto XVI a tutti i teologi?
RispondiEliminaLuiz, non mi pare di aver detto questo.
RispondiEliminaSecondo quel che ho detto si dovrebbe arguire che Gherardini non ritenesse impossibile quella lettura in continuità, ma la vedesse sempre proclamata e non dimostrata e affermasse che fosse necessario che il papa la dimostrasse autoritativamente.
Ho detto semplicemente che Gherardini ha concluso il suo Vaticano II. Un discorso da fare" con l'invito al papa nel senso sopraddetto. E certo che si è basaao sull'invito del papa stesso all'"ermeneutica della continuità", dicendo espressamente:
""...Per il bene della Chiesa - e più specificamente per l'attuazione della "salus animarum" che ne è la prima e "suprema lex" - dopo decenni di libera creatività esegetica, teologica, liturgica, storiografica e "pastorale" in nome del Concilio Ecumenico Vaticano II, a me pare urgente che si faccia un po' di chiarezza, rispondendo autorevolmente alla domanda sulla continuità di esso - non declamata, bensì dimostrata - con gli altri Concili e sulla sua fedeltà alla Tradizione da sempre in vigore nella Chiesa."
...
Pare, infatti, logico e doveroso che ogni suo aspetto e contenuto venga studiato in sé e contestualmente a tutti gli altri, con l'occhio fisso a tutte le fonti, e sotto la specifica angolatura del precedente Magistero ecclesiastico, solenne ed ordinario. Da un così ampio ed ineccepibile lavoro scientifico, comparato con i risultati sicuri dell'attenzione critica al secolare Magistero della Chiesa, sarà poi possibile trarre argomento per una sicura ed obiettiva valutazione del Vaticano II in risposta alle seguenti - tra molte altre - domande:
1. Qual è la sua vera natura?
2. La sua pastoralità - di cui si dovrà autorevolmente precisare la nozione - in quale rapporto sta con il suo eventuale carattere dogmatico? Si concilia con esso? Lo presuppone? Lo contraddice? Lo ignora?
3. È proprio possibile definire dogmatico il Vaticano II? E quindi riferirsi ad esso come dogmatico? Fondare su di esso nuovi asserti teologici? In che senso? Con quali limiti?
4. È un "evento" nel senso dei professori bolognesi, che cioè rompe i collegamenti col passalo ed instaura un'era sotto ogni aspetto nuova? Oppure tutto il passato rivive in esso "eodem sensu eademque sententia"?
È evidente che l'ermeneutica della rottura e quella della continuità dipendono dalle risposte che si daranno a tali domande. Ma se la conclusione scientifica dell'esame porterà all'ermeneutica della continuità come l'unica doverosa e possibile, sarà allora necessario dimostrare - al di là d'ogni declamatoria asseverazione - che la continuità è reale, e tale si manifesta, solo nell’identità dogmatica di fondo.
Qualora questa, o in tutto o in parte, non risultasse scientificamente provata, sarebbe necessario dirlo con serenità e franchezza, in risposta all'esigenza di chiarezza sentita ed attesa da quasi mezzo secolo. ""
Mi pare che la domanda n.4 già escluda la continuità storicista e nella supplica non viene menzionato il "sottile" discorso del 2005, al quale mi sono riferita per individuar meglio il senso proprio della la cosiddetta "Ermenutica delle riforma", del rinnovamento nella continuità del nuovo soggetto chiesa che attribuisce la continuità (nel senso dell'"ermenutica della riforma", al soggetto chiesa anziché all'oggetto-rivelazione.
O no?
.. segue
In ogni caso nel suo Libro "Quod et tradidi vobis. La tradizione vita e giovinezza della Chiesa", Casa Mariana, Frigento 2010 Mons. Gheradini Scrive:
RispondiElimina«Oggi, l'estrema incoerenza o la strana dabbenaggine di chi è "maestro in Israele" propone una tradizione vivente, nella quale il sì della verità da sempre trasmessa non elide il no dell'opposta dottrina, ma a questa affida i propri contenuti per un'"autoricomprensione" di essi, nell'ambito di un pluralismo incolore e insensibile allo stridore dell'antitesi. Non è un paradosso, è l'assurdo, il logicamente contradditorio, l'antitesi assurta a validità esemplaristica e ideale. »
Cos'è se non la tradizione vivente nel senso storicista?
Mi pare che la domanda n.4 già escluda la continuità storicista e nella supplica non viene menzionato il "sottile" discorso del 2005, al quale mi sono riferita per individuar meglio il senso proprio della la cosiddetta "Ermeneutica delle riforma", del rinnovamento nella continuità del nuovo soggetto chiesa che attribuisce la continuità (nel senso dell'"ermenutica della riforma", al soggetto chiesa anziché all'oggetto-rivelazione.
RispondiEliminaDi fatto non la esclude; ma semplicemente chiede che si dica una buona volta se è vera l'una o l'altra visione del concilio, da cui discende ovviamente l'ermeneutica di rottura o di continuità, visto che la prima è una visione antitetica a quella tradizionale.
Ho detto che la esclude perché è noto il suo pensiero sul discorso dei professori bolognesi.
@ DISCUSSIONE SULL'ERMENEUTICA DELLA CONTINUITA'. Se mi e' concesso un inserimento, vorrei postillare quanto segue:
RispondiElimina1. I passi di mons. Gherardini citati da Mic mi sembrano piuttosto chiari. Li riassumerei cosi: a.le novita' introdotte dal Concilio vanno interpretate in continuita' col Magistero precedente. Cio' e' ineccepibile in linea di principio. Pero', b. la continuita' va effettivamente dimostrata non data per scontata, solo perche' le riforme sono state introdotte da un Concilio ecumenico.
2. Obiezione: ma un concilio ecumenico non ha un'autorita' indiscutibile? Ce l'ha nelle proclamazione dogmatiche, non in quelle semplicemente "pastorali". Il Vaticano II non ha voluto espressamente esser dogmatico, attribuirgli carattere dogmatico significa operare un falso storico.
3. Appare evidente che, nell'intenzione del Papa, la chiave di lettura del Concilio come "riforma nella continuita'" non significa che tale continuita' debba esser dimostrata da una libera analisi dei testi: essa deve considerarsi presunta, un apriori cui nessuno puo' sfuggire. Le due critiche avanzate dallo stesso Ratzinger al Concilio, sono rimaste allo stato embrionale, perche' evidentemente non ritenute tali da portare a sviluppi contrari al dogma della "riforma nella continuita'". 4. Il canone interpretativo della "riforma nella continuita'" e' dunque minato da un'ambiguita' di fondo: da un lato sembra affermare che la continuita' si possa dimostrare, dall'altro che debba considerarsi presuposta ed indiscutibile. La contraddizione e' a mio avviso insanabile. Benedetto XVI non ha risposto alle suppliche per lasciar aprire un discorso approfondito e coraggioso sul Concilio. A parte la possibile influenza di elementi contingenti, cio' significa che per lui la continuita' in questione deve considerarsi presupposta ed indiscutibile. 5. Il criterio di riformare un domani il Vat. II, cassando cio' che non e' conforme al dogma della fede e' giustissimo, in teoria. Penso pero', che in tal caso, del Vat. II vero e proprio non rimarrebbe quasi nulla. Del resto, Roncalli, disse nella famosa Allocuzione di apertura, che, per ribadire la dottrina di sempre "non occorreva un Concilio". Per cosa occorreva, allora? Per "l'aggiornamento", appunto.
Grazie, Paolo.
RispondiEliminaServiva per la riforma travestita da aggiornamento. Non a caso Benedetto parla di "ermeneutica della riforma" ma, come dico e ripeto, nella continuità del soggetto chiesa e non dell'oggetto rivelazione. È una rivoluzione copernicana, antropocentrica anziché Cristocentrica. Il vizio di fondo di tutto il concilio è l'antropocentrismo...
Infatti , come detto e ridetto , , il nodo è l'antropocentrismo , che tramuta la continuità della Tradizione perenne , nel suo contenuto approfondito ma non mutato , in continuità del soggetto Chiesa . Da questo punto di vista , Benedetto aveva ragione a parlare di continuità e non sentire il bisogno di dimostrarla , la continuità del soggetto si dimostra da sè . Purtroppo questa è l'insidia della mentalità modernista , di cui mi pare dimostrato che anche Benedetto fosse non immune : mantenere i termini tradizionali , financo i dogmi , fare discorsi edificanti , ma sottintendendo un cambiamento del loro significato .Per questo il modernismo è più di un'eresia , ma come affermato da S Pio X . porre la scure alla radice stessa della Fede .,
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