Edizione riveduta e aggiornata del mio saggio «La questione liturgica. Il rito Romano usus antiquior e il Novus Ordo Missae a 50 anni dal Vaticano II», Ed. Solfanelli, pag.136, Euro 11. Ordini via mail: tabulafatiordini@yahoo.it
Il Libro:
Lo scenario della Chiesa di oggi, riformata secondo le applicazioni del Concilio Vaticano II, presenta un mosaico di “criticità” che non sfuggono ai fedeli ed agli studiosi più coinvolti. Esse non hanno risparmiato — anzi vi trovano il loro focus — la Liturgia, culmine e fonte della vita di fede nella sua espressione sacramentale (SC,10), funzione primaria della Chiesa santificante oltre che docente e guida per i fedeli. In vista dell’annuncio e della testimonianza di Cristo al mondo.
Nel presente saggio viene analizzato sul piano filosofico e teologico lo status quaestionis, in ambito liturgico, della crisi che viene da lontano ma caratterizza l’ultimo cinquantennio. Vengono quindi sviluppati in termini essenziali alcuni dei punti rilevanti di un dibattito ancora aperto, da diffondere ed allargare, al fine di alimentare una “pastorale” secondo la Tradizione che è vita e giovinezza della Chiesa.
L'autore
Maria Guarini, laureata in teologia ed esperta in Comunicazione e nuove tecnologie, ha diretto per anni la Biblioteca e le Relazioni al Pubblico del Ministero delle Comunicazioni. Continua a svolgere un’attività di Operatore dell’Informazione a livello internazionale.
È da tempo impegnata a testimoniare la presenza della Chiesa sulla Rete Internet, nuova frontiera di libertà e crogiolo per la formazione di correnti di pensiero svincolate dalle culture dominanti e tendenti al vero, in quanto radicate nella Tradizione perenne, ritrovando e rivendicando il primato della verità sull’azione, della conoscenza sulla prassi ateoretica.
Autrice dei libri «La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II» (DEUI, Rieti 2012) e «Agorà Telematica» (Edizioni Vivere in, Roma 2001).
Presentazione di Mons. Brunero Gherardini
Ho avuto, poco tempo fa, una gradita sorpresa: il testo La questione liturgica di Maria Guarini, un nome non nuovo nell’ambito della teologia e segnatamente della liturgia.
Il testo è dedicato alla questione liturgica, considerata non astrattamente o genericamente, ma in relazione al santo sacrificio della Messa. E più precisamente alla Messa secondo il rito che il Santo Padre Benedetto XVI ha definito straordinario. Il suo contenuto non è, dunque, ciò di cui il titolo potrebbe indurre l’attesa, vale a dire uno studio più o meno scientificamente condotto sul concetto di liturgia, sul suo contenuto e sulle sue singole parti, ma una serie di riflessioni, non raramente e giustamente critiche circa la situazione di fatto determinatasi sulla scia della “creatività” postconciliare, ma protese alla riconquista del terreno perduto. A tale riguardo non si può far altro che applaudire.
È bene poi rilevare il sano equilibrio che la Guarini distribuisce a piene mani nelle sue pagine. Si potrebbe pensare che essa si muova in direzione più tradizionalista che progressista; sono anzi convinto che le cose stiano esattamente così. Tuttavia il suo aperto tradizionalismo non è per lei un “paraocchi”. Ci vede anzi e ci vede bene, tanto se si volge all'indietro, quanto se guarda in avanti. Sa che la liturgia non è “immodificabile”, per usare un suo aggettivo; conosce l’evolversi del fatto liturgico attraverso tanti secoli di storia ecclesiastica e d’adattamento del culto alla sempre più profonda comprensione del mistero in esso e con esso celebrato. E presa dalla bellezza ineffabile e dalla ricchissima simbologia d'ogni azione liturgica, ne trae la conclusione in termini di coerenza cristiana: gettarsi in ginocchio, adorare e ringraziare.
Se è vero che liturgia e fissismo non vanno d’accordo, è altrettanto vero che dell’autentica liturgia non è un ottimo interprete né chi sa o preferisce voltarsi soltanto all’indietro, né chi, guardando in avanti, non ha occhi se non per l’ancor confuso domani.
Se s’è d’accordo su questo, allora si capisce perché né l’archeologismo fine a se stesso, né l’improvvisazione, fosse pur seria, devota ed edificante, potrebbero esser mai vera liturgia. Questa è sempre collegata alle sole due fonti che ne garantiscono l'autenticità: la continuità della sacra Tradizione e la sua proposta ufficiale ad opera del magistero ecclesiastico. Non è senza significato il fatto che la Tradizione perde la sua vitalità quando viene strappata dalle mani di chi, per divina disposizione, ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmetterla – ossia il magistero ecclesiastico –, così come viene letteralmente soffocata ogni volta che proprio chi ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmetterla è sistematicamente ignorato, se non anche rifiutato, tanto dal fissismo quanto dall'improvvisazione.
Mi sembra che sia questa la griglia attraverso la quale affrontare la lettura del succoso scritto della Guarini. Affacciandosi, infatti, a codesta griglia, s’intuisce il motivo e l’obbiettività sia dei “no” sia dei “sì” che si rincorrono nelle pagine di questo testo; si capisce soprattutto “la funzione e la ragion d’essere della Liturgia” ed il perché della conservazione gelosa della lingua latina come lingua sacra – o meglio liturgica – per eccellenza. Si tratta in realtà della griglia dalla quale traspare tutto il valore – e tutto il significato – del fatto liturgico. Specialmente sul significato non bisogna sorvolare. Guai, anzi, a non assimilarlo progressivamente e sapidamente in tutta la sua portata; ministro e fedeli rischierebbero altrimenti di coinvolgersi in una pura e semplice mess’in scena e nella conseguente recita, nonché di perder il dovuto contatto con l’actio sacra per antinomasia.
Giustamente è messo l'accento sul cosiddetto rinnovamento dal basso. Dico “giustamente” non per provocare nel lettore la consapevolezza, o addirittura la presunzione, d’esser il motore della rinnovata liturgia, e men ancora l’idea che solo dal basso possa insorgere una autentica riforma liturgica. L’accorta Autrice fa capire che un’operazione di tal genere, il cui contenuto attiene all’ambito della fede e, quindi, della divina rivelazione, non potrà né dovrà mai essere, in ultim’analisi, d'iniziativa popolare o personale, ma opera di coloro ai quali Cristo affidò il presente e il futuro della sua Chiesa.
L'importanza dello scritto qui analizzato è data anche dalla “confutazione d’alcuni luoghi comuni”. A dir il vero si tratta non di semplici “frasi fatte” e di “ritornelli” privi del senso del sacro, ma anche e soprattutto di pretestuose ed infondate obiezioni contro la forma classica del Rito Romano. Questa viene felicemente riaffermata anche mediante la critica della “desacralizzazione, banalizzazione, orizzontalità di gesti”, nonché del degrado al quale è pervenuta la deformazione concettuale e pratica d'una liturgia ridotta “a cornice sacrale”.
Importante, anche in ordine alla spesso ripetuta domanda di spiegazione, appare la precisazione sul senso da dare alla cosiddetta “attiva partecipazione”, di cui il Santo Padre ha più volte parlato e all’insegnamento del quale l'Autrice significativamente si aggancia.
In special modo l’importanza dello scritto della Guarini sta nella sua riaffermazione della centralità di Cristo, soggetto ed oggetto, attraverso il ministero ecclesiastico, dell’azione liturgica e della sua preghiera.
Non mancherà qualche lettore che, non nuovo alle tematiche teologiche e al relativo dibattito, troverà nel presente scritto alcune espressioni meno felici, riscattate però dall’evidente intenzione d’aderire con tutt’il cuore e tutta l’anima al dato rivelato, alla Tradizione, alla parola magisteriale della Chiesa. Sotto codesto punto di vista, lo scritto della Guarini ha un’incidenza d’evidente portata esemplaristica e metodologica: non si nega alla discussione, ma del dibattito teologico all’interno d’un legittimo scopo di comprensione e d’approfondimento, trova sempre la soluzione nella Parola della Chiesa.
I miei più vivi complimenti e l’augurio sincero di continuare l’impresa nella direzione seguita: l’unica che consenta al teologo di sfuggire al pericolo d’esser quasi aerem verberans.
Brunero Gherardini
COmplimenti e congratulazioni.
RispondiEliminaRr
Grazie, cara Rosa,
RispondiEliminasono molto felice di aver potuto dare un contributo, perché è la questione cruciale di tutto. E spero che siano in tanti a leggere per conoscere e condividere. :)
Proprio ultimamente ne avevamo attinto per spiegare a degli amici del RnS la differenza tra VO e NO a partire dall'Offertorio sostituito dalla berakhah ebraica.
RispondiEliminaUn libro agile ed estremamente efficace. Tantissime grazie, cara signora Guarini!
Ho ora inserito anche la Presentazione di Mons. Brunero Gherardini, perché dallo sviluppo del suo commento e dalle sue sapienti sottolineature è possibile trarre diversi autorevoli spunti di riflessione.
RispondiEliminaCerto, ne sono felice. Ma lo considero innanzitutto uno dei tanti doni - e insieme solidi pilastri - di cui non ho che da ringraziare la Provvidenza cercando di rimanerne degna, nella semplicità e nell'impegno di sempre, finché e come il Signore vorrà.
Grazie, cara Maria, per il libro, che spero leggeranno anche molti sacerdoti, e per il tuo costante e lodevole impegno.
RispondiEliminaComplimenti, speriamo che lo leggano tanti......sacerdoti e ne traggano benefici. Lupus et Agnus.
RispondiEliminaW Mic!
RispondiElimina@ Mic. Io devo riprendere in mano tutta la questione della liturgia, studiandola con l'amore, il rispetto e l'attenzione necessaria, servendomi anche dei suoi testi. Però mi sento fin d'ora di dire che le formule liturgiche acquistano il loro senso pieno quando si è consapevoli delle affermazioni dogmatiche da cui sono espressione e delle battaglie che si sono combattute per arrivarvi.
RispondiEliminaDa quando mi sono reso conto di quale
sia stata la battaglia che ha portato
al dogma di Nicea ( Gesù Cristo come Dio a pieno titolo, e non come "Dio minore" o uomo divinizzato o adottato da Dio ) la recita del Credo durante la messa ha assunto una
importanza ben maggiore.
Lo scrittore Papini, ancora ateo, durante la messa di prima comunione delle sue bambine rimase commosso e turbato sentendo l'espressione "Lumen e lumine" del Simbolo Atanasiano. Fu l'inizio della sua conversione.
Congratulazioni!
RispondiEliminaComplimenti!
RispondiEliminaRomano
Grazie di cuore, Maria.
RispondiEliminaAnna
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RispondiEliminaRingrazio epiphanio,
RispondiEliminami perdonerà se ho cancellato il suo commento; ma non voglio ombre in questa che considero una questione troppo seria per discussioni da trivio.
E non mi riferisco evidentemente a lei.
Naturalmente accetto le critiche nel merito, che possono essere utili a me e a tutti noi per approfondire; ma gli insulti e le volgarità appartengono ad altro, quando non sono vera e propria diffamazione.
RispondiEliminaGrazie Mic.
RispondiEliminaAppena capito alla Leoniana, lo prendo . congratulazioni.
Speriamo che in tanti ne vengano a conoscenza e vogliano comprarlo e leggerlo, così riescono a capire qualcosa.
Trovare sempre la soluzione nella Parola della Chiesa.
RispondiEliminaGiustissimo. In una Parola della Chiesa che non può mai contraddire se stessa, quando pronunciata in modo infallibile. In una Parola che non può essere messa a tacere in favore di una prassi che ha la presunzione di attuare un vago “Spirito”, di fonte incerta, che soffia dove vuole, anche contro la Parola.
Riaffermazione della centralità di Cristo, soggetto ed oggetto, attraverso il ministero ecclesiastico, dell’azione liturgica e della sua preghiera. Gettarsi in ginocchio davanti al mistero celebrato nella e con la santa messa, adorare e ringraziare.
Giustissimo: avrà le sue manie di protagonismo, questo Cristo, sarà un po’ egocentrico, toglierà un po’ di spazio alla “attiva partecipazione” di noi fedeli, non sarà tanto democratico ed egualitario – si poteva pensare ad una turnazione o ad un elezione di volta in volta da parte dell’assemblea …però, via, glielo possiamo anche concedere, visto il prezzo che ha pagato per stare lì, al centro, e poi vuoi vedere che magari ci fa anche bene stare un poco zitti, contemplare senza fare zapping, esercitarci a piegare le ginocchia, magari potrebbe pure aiutarci a comprendere che Lui è veramente lì, che Lui veramente continua ad offrirsi in sacrificio per noi, che veramente in quel momento si apre come uno squarcio profondo in cui tutta la Chiesa, vivente e non, é presente come un solo corpo. E poi, via, c’è pure l’assemblea di condominio o la riunione di partito dove andare a partecipare “attivamente” e democraticamente, c’è pure la discoteca dove andare a manifestare la nostra allegria coi balletti e le canzoncine , la pizzeria per un banchetto divertente e poi, usciti fuori dalla Chiesa, possiamo battere il cinque a chi ci pare e stringere la mano a tutti. E poi vuoi vedere che magari scopriamo anche di avere uno spirito e un cuore con cui partecipare “attivamente”, magari anche unendoci al Suo sacrificio e offrendo le nostre piccole croci uno spirito che ci consente di vederlo velato in quella piccola mollica di pane e di adorarlo.
C’è un prete che distingue, a ragione, i sedicenti cattolici in due categorie: i “credenti” non praticanti e i “praticanti” non credenti. Ad entrambe le categorie, che non riescono a percepire il mistero che si celebra nella santa Messa, andrebbe rivolto lo sguardo quando si affronta la questione liturgica.
Anna
Complimenti Maria e continua così:)
RispondiEliminaCome sai ho qualche altro tuo scritto :) posso essere annoverato nella tabella dei fan?
Scherzo, so che non è questo l'intento....
Mi unisco ai complimenti ed alle congratulazioni.
RispondiEliminaLa questione liturgica è la questione tout-court, il resto viene di conseguenza in un senso o nell'altro e la realtà ce lo sta dimostrando.
Caro Marco,
RispondiEliminane sono sempre più convinta.
Josh,
un abbraccio e ben tornato. Ci manchi.